Ormai
Chuch passava più tempo fuori casa che dentro.
Non era mai stato
così anzi, da piccolo aveva paura anche ad affacciarsi alla
finestra
e adesso non tornava per giorni: Alec si sentiva come un
papà severo
che sgrida il figlio che sfora il coprifuoco -e probabilmente lo era-
ma quello stupido gatto sembrava proprio non capire.
Una volta
era sparito per una settimana intera e il ragazzo era così
preoccupato che aveva passato l'intero pomeriggio ad attaccare
volantini, una volta tornato a casa aveva trovato Church sul
tappetino di benvenuto che miagolava indignato, probabilmente
perché
nessuno era li per accoglierlo. Per sicurezza, il padrone aveva
lasciato i volantini rimasti nel cassetto del comodino. Non si sa mai
con quel dannato gatto.
Alexander
Lightwood era un ragazzo di quasi ventitrè anni che abitava
da solo
-escludendo il gatto ovviamente- in un piccolo appartamento vicino
Central Park a meno di un chilometro di distanza dall'appartamento
dei suoi genitori. Non perché non volesse separarsi da loro,
anzi a
sedici anni si era arruolato nell'esercito proprio per andarsene da
quella casa, ma per non separarsi dai suoi fratelli: Jace aveva
ventidue anni e si era arruolato anche lui pochi anni dopo, Isabelle
aveva invece ventun'anni e le mancavano poco più di due anni
per
concludere la scuola di moda, infine c'era Max, il più
piccolo della
famiglia, che aveva appena compiuto quattordici anni e iniziato il
primo anno di liceo. Per nessuna ragione al mondo si sarebbe
allontanato da loro, erano i suoi fratellini.
I
ragazzi in effetti passavano più tempo a casa sua che a casa
dei
genitori ma ad Alec non dispiaceva, gli facevano compagnia.
Si
trovò a constatare, dopo circa due mesi di continue
sparizioni da
parte di Church, che era iniziato tutto quando il gatto aveva
conosciuto Isabelle e la ragazza lo aveva quasi avvelenato dandogli
del pesce cucinato da lei. Il ragazzo pensò che doveva fare
una
seria chiacchierata con la sorella.
Si era ormai arreso alle
varie scappatelle quando un giorno capì, Church era tornato
dopo
essere stato fuori tutta la mattina e non solo profumava di lavanda
ma al collo aveva un fiocchetto azzurro.
Andava
da un'altra famiglia.
Passò
i giorni successivi a guardarlo sparire, da dietro la finestra e solo
quasi una settimana dopo si decise: doveva seguirlo. Era un
soleggiato lunedì pomeriggio quando il gatto si
attivò di nuovo e
il ragazzo non esitò ad afferrare la giacca e seguirlo fuori
dalla
porta e attraverso il parco. Camminò per dieci minuti buoni
quando
Church
finalmente svoltò verso una strada trafficata e
entrò dentro un
portone. Alec si guardò intorno titubante e poi lo
seguì. Si fece
guidare dal miagolio familiare e salì tre rampe di scale
quando lo
vide: Church era davanti ad una porta che si aprì non appena
Alec
mise piede sull'ultimo scalino.
“Sei
già qui biscottino? Non ti aspettavo fino a
domani!”
Alec
rimase confuso e stranito, aveva appena chiamato il suo gatto
'biscottino'? Come si può dare un nome del genere ad un
gatto? Parlò
senza neanche pensarci su: “Allora è da te che
viene tutti i
giorni!”
L'uomo
alzò la testa confuso. “Come scusa?”
Non
riuscì a spiaccicare nemmeno una parola, davanti a lui si
trovava
l'uomo più bello che avesse mai visto. Era alto, ma non
superava il
metro e ottantacinque centimetri di Alec, aveva i capelli scuri
tirati su con del gel con i brillantini e gli occhi, gli occhi erano
di un verde tendente al giallo dal taglio orientale, ma la cosa che
più lo colpiva era la forma della pupilla che assomigliava
tremendamente a quella allungata di un gatto. Indossava dei pantaloni
di pelle neri e una camicia viola aperta che lasciava vedere le
collane appese al collo, Alec si sentì tremendamente a
disagio e si
strinse nella vecchia felpa nera che stava indossando.
“Sono..
Lui.. Cioè, quello è il mio gatto.”
Arrossì leggermente
maledicendosi per come aveva esordito e distolse lo sguardo da quello
dell'altro, imbarazzato.
“Biscottino
è il tuo gatto?” Il dio -come lo aveva appena
rinominato Alec
nella sua testa- lo scrutò attentamente sollevando
leggermente il
gatto che aveva precedentemente preso in braccio per enfatizzare il
concetto.
“Si
chiama Church” Non ne poteva davvero più di
sentirlo chiamare in
quel modo “E si, è il mio gatto.”
“Beh
biscottino, potevi dirmi di avere un padrone così carino, ti
avrei
riportato indietro subito!” Borbottò l'uomo
mettendo il gatto per
terra. “Il tuo Church ci prova spudoratamente con il mio
Presidente.” Continuò poi.
Alec
era sempre più confuso, aveva appena detto che lo trovava
carino? Si
schiarì la leggermente la voce alternando lo sguardo dal
gatto
all'uomo “Il.. il tuo presidente?”
L'altro
non fece in tempo a rispondere che un gatto gli passò tra le
gambe
fiero e si fermò acanto a Church. “Beh padrone di
biscottino ti
presento Presidente miao, Presidente, questo è il padrone di
bisc-mh
Church.” Chiarì l'altro muovendo leggermente la
mano.
Il
ragazzo si avvicinò ai due gatti curioso e
allungò la mano per
accarezzare il nuovo arrivato, vide l'uomo fare due passi in avanti
“Non ti conviene farlo, quel gatto è un vero
stron-” le parole
gli morirono in gola. Il gatto si stava strusciando contro la mano di
Alec e aveva anche iniziato a fare le fusa.
Dopo appena un minuto
il ragazzo tornò in posizione eretta e sorrise leggermente
vedendo
la faccia stupita dell'altro.
“Piaci
al mio gatto.” Disse semplicemente guardandolo con un
sorrisetto.
“Mi..
fa piacere” sorride leggermente, confuso, in risposta.
“Come
ti chiami, bel faccino?” Ammiccò l'uomo
spostandosi dall'uscio
della porta, i gatti entrarono di corsa.
“A-Alec,
Alec Lightwood.” Mormorò imbarazzato, non riusciva
a staccare gli
occhi da quelli dell'uomo.
“Alec
sta per qualcosa?” Lo guardò interessato.
“Alexander,
ma preferisco solo Alec.”
“Bene,
Alexander, io sono Magnus Bane.”
E'
vero, Alec odiava il suo nome, ma pronunciato da quelle labbra e in
quel modo gli era sembrato il nome più bello del mondo.
Magnus
indicò casa sua con un gesto della mano “posso
offrirti un drink,
Alexander?”
Alec
si irridigì leggermente e si guardò intorno, a
disagio. “Non so
se..”
“I
gatti ne avranno ancora per un po' fidati” Magnus gli fece
l'occhiolino e sparì all'interno dell'appartamento.
Il
ragazzo esitò qualche secondo, poi lo segui dentro.
L'appartamento
era arredato in modo elegante e decisamente poco sobrio, le pareti
rosso fuoco gli saltarono subito all'occhio e il tappeto di pelliccia
bianco sembrava estremamente costoso. Raggiunse l'altro sul divano di
pelle bianca e si sedette accanto a lui “Non vorrei
disturbare,
signor Bane.”
“Oh
per favore chiamami Magnus” gli fece l'occhiolino porgendogli
un
bicchiere di quello che sembrava vino. “Non sono
così vecchio.”
Alec
sorrise leggermente e prese il bicchiere “Grazie,
sig-Magnus.”
“Di
niente, fiorellino.”
Aggrottò
leggermente la fronte per il soprannome ma non disse niente, li
limitò a bere un sorso di vino.
“Andiamo
Alexander, raccontami qualcosa di te” Magnus lo guardava
attentamente e questo lo metteva leggermente a disagio.
“Uhm..
Mi chiamo Alexander, ho ventitrè anni e abito a meno di un
chilometro da qui” Alzò leggermente le spalle
“Non c'è molto da
dire.”
“Invece
mi sembri un ragazzo pieno di cose da dire, sai?” Non disse
altro,
avvicinò elegantemente il bicchiere alle labbra e bevette un
sorso.
Alec era rapito dai suoi gesti, dalla bellezza di quell'uomo.
Distolse
leggermente lo sguardo alzando l'angolo della bocca in un accenno di
sorriso “Sono sempre stato piuttosto silenzioso,”
“Ma
questo non vuol dire che tu non abbia niente da dire”
osservò
l'altro scrutandolo.
Alec
si lasciò andare in una lieve risata “Non ti
arrendi, mh?”
“Mai.”
Sorrise soddisfatto. “Allora, non hai intenzione di dirmi
niente?
Magari devo invitarti a cena per scoprire qualcosa?”
Alec
spalancò gli occhi, le guance gli andavano a fuoco
“Vorresti
invitarmi a cena?”
“Tu
verresti? Sono anche disposto ad aspettare il prossimo incontro
amoroso dei nostri gatti per vederti, se devo.”
Al
ragazzo venne da ridere per la parte che riguardava 'l'incontro
amoroso' ma lo shock superava tutto. Quell'uomo bellissimo davvero
voleva uscire con lui?
“Io..
Sono molto impegnato con il lavoro e.. non so se..” Si
ritrovò a
balbettare come un idiota mentre l'altro lo guardava attentamente
alzando leggermente le sopracciglia.
“Venerdì
alle otto?” Sorrise tranquillo Magnus. “Al posto ci
penso io,
fiorellino.”
Alec
lo guardò, ma non ebbe il coraggio di contraddirlo, voleva
uscire
con quell'uomo, conoscerlo. Si limitò ad annuire in
silenzio.
Restarono
a guardarsi per qualche secondo quando un miagolio li distrasse e li
fece girare entrambi verso l'ingresso. Church li guardava
indispettito e grattava leggermente la porta miagolando forte.
“Qualcuno
ha finito la sua visita” ridacchiò leggermente
Magnus.
“E'
meglio che vada” Alec si alzò appoggiando
delicatamente il
bicchiere sul tavolino davanti al divano e si avvicinò a
Church
prendendolo in braccio. “Grazie per l'ospitalità,
Magnus.”
“Allora
a venerdì, Alexander.” Sorrise l'uomo aprendogli
la porta senza
staccare gli occhi dai suoi.
“A
venerdì” mormorò Alec stringendo
leggermente il gatto a sé e
avviandosi verso il parco.
Una
volta arrivato all'entrata si girò a guadare indietro, il
portone
adesso era chiuso. Grattò dolcemente il gatto dietro
l'orecchio e
sorrise “Grazie, Church.” Sussurrò
appena prima di avviarsi
verso casa.
Heey!
I'm
baack.Come state?
Adesso che è iniziata l'estate ho intenzione di scrivere
tutto quello che mi passa per la testa, a partire da questa Malec.
Giuro che finirò anche l'altra a breve, ve lo prometto.
Se vi va di farmi sapere cosa ne pensate di questa one shot o avete
voglia di leggere i miei altri lavori siete i benvenuti, davvero.
Volevo fare un ringraziamento speciale alla mia migliore amica, la mia
Magnus che mi spinge a scrivere e migliorarmi sempre. Ti amo
infinitamente.
Un altro ringraziamento voglio farlo alla meravigliosa Ylpeys che
sopporta tutti i miei scleri e a qualsiasi ora si ferma a leggere tutto
quello che le mando. Come farei senza te e i tuoi bellissimi banner?
Detto questo, spero vi sia piaciuta.
A presto!
Vostra,
Arey
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