Blue
Boy.
“Vedrai Vitya, la vista dall’alto non è poi così male, ti
ci abituerai. Fama, successo, ammiratori... E sarai il punto di riferimento di ogni pattinatore su ghiaccio, presente e anche futuro.
Sei un campione Vitya, lo hai dimostrato, guarda dove sei arrivato ora,così giovane. Sei nato per fare la storia.”
Era
passato qualche anno da quel discorso, ma
la voce di Yakov risuonava
prepotentemente nella testa del giovane Victor, così
violentemente da
coprire il rumore dei passi che stava facendo in quella landa desolata
insieme al suo fedele Makkachin.
Da
lì si vedeva il mare e Victor, nonostante il clima freddo,
aveva intenzione di vederlo, non lo spaventava, bastava avere addosso
una sciarpa ed un cappotto abbastanza pesante da far sopportare il
pungente vento russo.
Victor aveva tutto quello che ogni adolescente potesse mai sognare,
proprio quello che diceva Yakov: soldi, tantissimi, così
tanti da aver cambiato il suo modo di vestire, passando da dozzinali
magliette sportive a completi eleganti delle più prestigiose
firme dell’alta moda; followers, innumerevoli, pronti ad
acclamarlo e idolatrarlo in qualsiasi momento.
Per loro Victor era una statua fatta del materiale più
prezioso, perfetta e intangibile, non sbagliava un passo sul ghiaccio,
era l’incarnazione di ciò che i comuni mortali non
avrebbero mai potuto essere.
E forse per questo era tanto adorato. Tutti cercano qualcosa in
più e spesso ci si aggrappa con ogni forza ad un idolo che
dia una speranza, che permetta anche alla gente comune di sognare.
Veniva invitato a qualsiasi festa, poteva uscire fino a tarda sera,
tutti erano disposti accontentare ogni suo capriccio, tutti i giovani
pattinatori lo guardavano esibirsi mentre esclamavano entusiasti:
”Da grande
voglio essere come Victor Nikiforov!”
Questo doveva essere un motivo di orgoglio.
Era un modello per il mondo intero, un pianeta irraggiungibile, la
stella più lontana e luminosa.
Ogni foto sui giornali, ogni video su internet, ogni sua performance
era una dimostrazione di quanto la sua vita agli occhi degli altri
fosse perfetta, eterea, inscalfibile come la sua immagine di ragazzo
androgino, dai lunghi capelli argentati e gli occhi azzurri come il
cielo più sereno.
Era veramente così?
La gente non sapeva cosa ci fosse dietro a una foto mentre correva
sorridente insieme al suo cane, non sapeva minimamente cosa volesse
dire aver lottato così duramente, sin da bambino, per
arrivare in cima alla montagna e guardare tutti dall’alto
verso il basso, dai comuni mortali ai pattinatori in erba che tanto
aspiravano a sedere accanto a lui in quell’Olimpo fatato.
Non sapevano cosa volesse dire giocare a fare il dio a
quell’età.
Per Victor un gioco lo era all’inizio; man mano che che
cresceva però, le difficoltà lungo la salita
aumentavano, le rinunce diventavano sempre di più e si era
ritrovato improvvisamente grande in un corpo da adolescente.
Perché era chiaro che per essere i più grandi di
sempre, per essere sempre i migliori, per fare la storia e per essere
ricordati, sarebbe stato necessario impegnarsi e rinunciare alle cose
belle che l’adolescenza comporta.
L’amore.
La vita stessa.
Non aveva conosciuto niente Victor, ma la gente era così
stupida da pensare che avesse tutto, mentre lui avrebbe dato via ogni
singola cosa in suo possesso per poter uscire e mangiare una pizza, o
una qualsiasi schifezza ogni giorno, salire su uno skate e lanciarsi da
una scalinata, andare al cinema più spesso, ma soprattutto
fare tutto ciò con degli amici fidati, amici che non ti sono
accanto per godere della luce riflessa che Victor, il sole, donava
loro.
E Victor lo sapeva che quelle persone non erano suoi amici, era dovuto
crescere in fretta, doveva conoscere bene il mare in cui navigava e
Victor non era certamente uno stupido.
Victor aveva rinunciato a frequentare una scuola normale, aveva
rinunciato ad ogni relazione con i suoi coetanei, Victor aveva
rinunciato all’amore.
Non poteva innamorarsi Victor, non avrebbe avuto il tempo di occuparsi
di qualcosa che necessitava continue cure, come se fosse una rosa
delicata, soprattutto non poteva legarsi ad una persona in questo mondo
di squali dove tutti sono disposti ad utilizzare ogni mezzo per
brillare.
Victor non poteva contare nemmeno sui suoi genitori; per loro avere un
figlio con una dote così grandiosa era
un’occasione troppo grande da sprecare, quel figlio era una
miniera d’oro vivente, poco importava se nella notte lo
sentivano piangere perché avrebbe voluto smettere quello
sport che inizialmente tanto amava.
Perché con una mente così tanto piena, con
un’anima che non era libera, rinchiusa in una prigione
d’oro, come le medaglie che vinceva ad ogni gara, la passione
se n’era andata, ma lui sul ghiaccio continuava a danzarci.
E Victor se lo domandava anche quel giorno, mentre camminava in quel
deserto ghiacciato:
“Cosa mi
spinge a restare?”
Le risposte in cuor suo le trovava e la più forte di tutte
era la sua ambizione, che si era sviluppata durante gli anni e che
aveva finito con il mangiarlo vivo, con un meccanismo sconosciuto, come
un cane che si morde la coda, un cerchio infinito che lo portava a
pensare di dover essere ad ogni costo il migliore, quasi fosse
l’unica ragione di vita.
Perché era inutile negarlo, Victor di vita aveva conosciuto
solo quella.
L’altra poi era l’amore per quello sport,
perché il pattinaggio, il poter esprimersi volteggiando su
una superficie così pura come il ghiaccio, era tutto
ciò che aveva sognato e a lui, il suo sovrano, aveva dato
tutto, anche la sua giovinezza.
Ma Victor in cuor suo sapeva che non avrebbe più stretto i
denti come il soldato che era stato fino ad allora e Victor si sentiva
proprio come si sentiva in quella landa: c’era
l’immenso da ogni parte, ovunque si girasse, così
vasto da far risuonare l’eco di ogni movimento e dei pensieri
ed era una sensazione così spaventosa perché gli
ricordava di quanto fosse solo, di quanto non fosse felice e di quanto
avrebbe voluto ribellarsi e liberarsi da quelle catene che da bravo
codardo non riusciva a spezzare.
“Cosa
c’è al di là di quel mare?”
“Vecchiaccio!”
“...”
“Testa pelata!
Che cazzo fai lí impalato a guardare il mare? Non ti ricordi
come è fatto il mare?”
“Yurio, per
favore, non essere così vol...”
“Porchetta! Tu
stai zitto, io sto congelando, voglio tornare in città
...”
Victor però oggi lo sa cosa c’è oltre
quel mare e lo benedice questo sport, perché è
grazie ad esso che fra un mondo dove lui era un morto vivo ha
incontrato delle persone splendide.
Persone che gli hanno dato un motivo per vivere ed essere veramente, un
motivo per vivere a colori, per dedicarsi a quello sport con
l’amore e la sana dedizione che merita; Victor non
è solo oggi in quella stessa landa di allora e non prova
quella sensazione vertiginosa orribile, non sente quel silenzio
assordante, ma le urla di Yurio, le gentili proteste di Yuri e
l’abbaiare frenetico di Makkachin.
La maggior parte delle persone lo chiamerebbe casino, ma per Victor
è musica, la stessa musica che lo ha portato a pattinare con
amore di nuovo, la stessa che gli ha concesso di innamorarsi
perdutamente del suo Yuuri, che corre verso di lui per sfuggire alle
violente proteste del piccolo russo.
Tendono le braccia entrambi e Victor lo accoglie e lo stringe
così forte da far sembrare al mondo esterno che nelle sue
braccia sia racchiuso l’universo, perché
è da Yuuri che è tutto iniziato.
“Resta con me
e non te andare mai.”
Angolo
dell' "autrice".
Beh, non ci sono molte cose da dire.
Ho pianto male e anche troppo dopo l'annuncio di "Ice Adolescence" e
sono estremamente contenta della locandina del film e del titolo; non
mi stancherò mai di ripetere che per me questo film, su
questa (probabile, perchè di teorie se ne possono fare
tante, ma nell'effettivo non sappiamo la trama del film) tematica
è un passo necessario perchè si capiscano i gesti
e i pensieri di Victor nella prima stagione.
In più, potrebbe essere un buon terreno per capire
più i personaggi e le relazioni fra di esse (i Victuuri sono
sempre nel mio cuore) , qualora ci fosse una seconda stagione.
Detto ciò, mi piacerebbe spiegare il titolo: "Blue Boy" vuol
dire letteralmente "Ragazzo Blu". "Feeling Blue" è
un'espressione inglese che è traducibile come "sentirsi
giù, essere infelice, depresso".
Perchè il blu? Perchè è il colore
associato alle tempeste, alla pioggia ed in più in passato,
era uso issare la bandiera blu quando il capitano o un ufficiale della
ciurma moriva.
Ringrazio chi leggerà e recensirà e lascio di
seguito il link, per chi vorrà leggerla, della long che sto
cercandodi scrivere: Apnea
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