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Epilogo - Uroboro
È tornato a casa, il Cane a tre teste; con lui il Corvo e il
Cavallo a sei zampe, la Volpe e un pugno di morti.
È tornato a casa e si è guardato intorno spaesato
- confuso.
Capitano, cosa facciamo?
gli chiedevano, e lui non sapeva cosa rispondere.
Capitano, la regina
è morta, gli dicevano, ma non c'era
più nessuno da accusare e giustiziare.
Capitano, capitano, capitano,
ed era stata la Volpe a intervenire, mettendo a tacere ogni voce.
Tocca a te,
gli aveva mormorato, ritirandosi poi nella sua tristezza.
La monarchia
è caduta, Chris; forse è il tempo di costruire
qualcosa di nuovo.
Davanti a lui il palazzo reale è uno scheletro annerito e
senza più forza.
Lyas Gionne accoglie la notizia della vittoria del re - di Redfield - con
un quieto cenno del capo.
Chiede di sua figlia; di dove sia.
Non sanno cosa risponderle.
Forse l'hanno seppellita
da qualche parte, le dicono, ma Lyas sa che non
è così.
La immagina divorata dai vermi, rovinata dalla decomposizione.
Immagina il suo bel viso ridotto a brandelli di carne e ossa, orbite
vuote e putride, in cui galleggiano occhi azzurri e spenti - sua figlia.
Immagina il re mentre la uccide - l'avrà soffocata con le
sue mani, oppure sarà stato abbastanza clemente da darle una
morte veloce?
Avrà sofferto, Excella?
Avrà avuto
paura?
Lyas si siede sul bordo della finestra, osserva un cielo terso, pulito:
un sole che non trova alcuna nuvola e illumina la Rosa dei Gionne in
un'ultima beffa.
Sorride, e beve un sorso di vino, scuro come i suoi capelli,
reclinandosi all'indietro.
Sì, è proprio una splendida giornata per morire.
I soldati della Valentine lo trovano riverso sul corpo del proprio
figlio - morto.
Jill si piega in avanti, lo scosta leggermente - nota la gola
squarciata, la pozza di sangue che si è raffreddata sotto i
suoi piedi.
Neil ha la stessa ferita, solo più precisa - più netta.
Ingrid la fissa, un'espressione dura sul volto segnato.
"Sono morti." le dice "Prima ha ucciso suo figlio, poi se stesso."
Ingrid sputa per terra, piega le labbra in un sorriso a metà.
"Non ha avuto neppure la dignità di affrontare un processo
davanti al Concilio nascente."
Jill si scosta i capelli dalla nuca con la mano rimasta, ordina che i
corpi vengano presi e seppelliti nella cripta dei Lansdale.
"Io li avrei gettati in pasto ai cani." insiste Ingrid, e lo sguardo di
Jill scivola sulle mura della sala, lungo le scanalature delle pietre -
povere, mal levigate.
Jill storna lo sguardo, posa il suo unico occhio sullo stendardo
rovesciato del Ragno.
La pietà è la prima cosa che ogni guerra ti
toglie.
Segregata, ignorata;
Carla è un grumo di carne cicatrizzata e piagata dal Fuoco
Eterno.
Non ha più nulla in lei, se non il veleno dello scorpione
che le scorre nelle vene, sotto la pelle.
Non ha più un regno, un trono, una promessa, un futuro.
Galleggia, Carla, in una bolla di
niente, e viene considerata innocua: un carnefice
diventato vittima.
Ha le palpebre incollate tra loro, la bocca asciutta - crepata.
Non sente le dita delle mani, quelle dei piedi.
Non sente nulla, Carla, se non un odio vorace nel petto, una forza
distruttiva che pare aver assorbito tutte le altre.
Brucia, Carla, di una rabbia che la scioglie - croste nerastre sotto
alle quali dimora una bestia ributtante e che non conosce pace.
È come morta, dicono, e l'abbandonano al suo destino.
È solo un guscio vuoto, ripetono, e la lasciano sola nel
buio - nell'assenza.
Appoggiano la penna sul tavolo, lasciano asciugare l'inchiostro -
vergano la parola fine alla sua triste e delirante storia.
Sotto la sabbia, dimenticato, lo scorpione uccide la locusta - si nutre
del suo stesso veleno e aspetta.
"Non esisterà più un trono." proclama Chris, e
cala il primo colpo sullo schienale in oro e velluto - chiude gli occhi
mentre lo fa perché i ricordi mordono.
"Vivremo da uomini liberi." afferma, ed è un bel sogno, in
fondo.
"Sarà istituito un Concilio. Ognuno di noi avrà
un rappresentante, una voce." e allunga la mano verso Claire.
"Saremo tutti uguali." promette, ed è fragile la sua voce -
incerta.
Claire gli prende il polso tra dita sottili e forti, si siede alla sua
destra - il posto della regina, di Alex.
La crudele simmetria di quel momento non sfugge nemmeno a lei.
Il re è morto, hanno detto.
La guerra è finita, hanno esultato.
I nemici della corona sono caduti, hanno dichiarato.
Non ci sarà più alcuna monarchia, la decisione di
Redfield, e cade lo stendardo dei Wesker, viene bruciato - dimenticato.
Stuart osserva il serpente ripiegarsi tra le fiamme, avvolgersi nelle
sue spire e sgretolarsi - Eve un profilo addormentato tra le sue
braccia.
Si rilassa contro il suo petto l'ultima erede dell'Uroboro, respira il
suo odore - al collo tutto ciò che resta di una storia e una
tragedia.
Stuart getta un'ultima occhiata al palazzo reale - alle sue guglie
appuntite, geometrie verticali e impossibili.
Ricorda la prima volta che era giunto da nord per diventare il servo
personale di Lady Alex - i suoi occhi, la sua forza.
Ricorda il re - la sua arroganza, la sua debolezza.
Ricorda i loro silenzi, le loro parole nascoste.
Ricorda, e incide ogni immagine, ogni momento nella sua memoria - un
testamento postumo.
Eve si agita nel sonno, si porta alla bocca l'anello di sua madre.
Stuart china il capo (solo un attimo) libera un singhiozzo (solo uno) -
sprona il cavallo fuori dalle stalle, verso i cancelli della
città.
Alle loro spalle un'eredità di sangue e polvere.
Un attacco suicida. Un atto di martirio.
A Sherry racconteranno questo.
Le diranno che suo padre è morto con onore, vendicando sua
madre.
Le diranno che ha salvato il regno; che la sua pioggia di fuoco ha dato
la possibilità alla casata Redfield di distruggere il mostro
della favola - di creare un nuovo equilibrio, più giusto,
forse.
Le diranno che le voleva bene, e che l'ha fatto per una promessa a un
suo vecchio amico - il re.
Albert Wesker.
Le diranno che andrà tutto bene; che Claire sarà
sempre con lei, pronta ad aiutarla.
Sherry ascolterà tutte le loro parole e piangerà
per un padre che l'ha abbandonata troppo presto.
"Te ne vai."
Stuart si ferma, trattiene le redini del cavallo attorno al polso.
"Ti pensavamo morto."
Si gira, e regala il suo sorriso migliore alla secondogenita della
casata dei Redfield.
"Mi deve aver scambiato per qualcun altro, mia signora."
Claire lo ignora, si avvicina alla sacca imbottita che è
già legata sul dorso del cavallo.
"È piccola." contempla, e scosta leggermente le coperte che
nascondono la neonata "Una settimana neanche."
"Mia nipote." replica prontamente Stuart, e irrigidisce i muscoli delle
spalle "Sua madre è morta di Febbre."
Claire annuisce, distratta.
Sfiora con la punta delle dita la fronte della bambina, i capelli
biondissimi, gli occhi così azzurri da essere quasi
trasparenti.
"Lo so." e lo fissa con un'intensità spaventosa "Lo so."
Stuart scivola con la mano sull'elsa del pugnale, deglutisce; si
prepara.
Claire sposta lo sguardo sul suo fianco, abbozza un sorriso.
"Non ce ne sarà bisogno, nonno; puoi andare." e si scosta
dal cavallo, dandogli qualche pacca sul collo "Raccoon non è
un posto adatto a una bambina così piccola."
Stuart le cerca gli occhi, interdetto; Claire amplia il sorriso, lascia
cadere qualcosa tra le coperte della bambina - si porta poi le mani
dietro la schiena.
Un ciondolo.
Stuart coglie l'orbita del serpente brillare, le fauci spalancate - le
spire arrotolate su loro stesse, strette in un pugno di morte.
Il suo simbolo. Loro.
"Le racconterai di sua madre?"
"Sì."
"E di suo padre?"
"Anche."
"La consegnerai a un fardello piuttosto pesante."
"La menzogna è un fardello, signora; non la
verità."
"Uhm." mormora Claire, alzando un sopracciglio "Forse."
Un contadino passa loro vicino trascinando una carriola di verdura,
urla qualcosa che si perde per le strade del mercato.
"Vai, nonno." ripete, e scuote una mano verso i cancelli "Vai. E non
voltarti mai indietro."
Non tornare mai più dove ci sono solo disperazione e
tragedia ad attenderti.
Stuart si copre il viso con il cappuccio del mantello e diventa
l'ennesimo fantasma di quella guerra senza redenzione.
"All suffering originates from craving,
from attachment, from desire."
- Edgar Allan Poe -
Si chiude il sipario, cala il silenzio.
Sono storditi i teatranti, attoniti.
"È finita." dice loro la Voce.
E china allora il capo il Cane a tre teste, stanco.
Si arrotola attorno alla Serpe bianca quella nera - intreccia le
proprie spire alle sue fino a quando non è possibile capire
dove inizia uno e finisce l'altro.
Uno il Tutto.
Il Cavallo a sei zampe lascia che si posi sul suo dorso il Corvo,
dovrà convivere con la colpa dell'ignavia l'Orso.
È solo il piccolo Falco, e si accovaccia vicino al Cane a
tre teste - smarrito.
Giacciono dietro le quinte la Libellula e il Ragno, schiacciati.
Li osservano la Volpe e il Leone, e vola ancora la Farfalla - quieto
è invece il Cinghiale, rassegnato.
Viene ignorata la Locusta diventata Scorpione, immobile - ingannevole.
La Voce raccoglie da terra una Rosa sfiorita, nera - le accarezza i
petali rimasti, e se la porta al petto in un gesto pietoso, clemente.
"Potete riposare, adesso." dichiara la Voce, e si spengono le luci - i
rumori.
L'ultimo atto è infine stato compiuto - recitato - e, per un
attimo, tutti loro hanno brillato.
Insieme hanno iniziato questa tragedia; soli si sono consegnati al
proprio destino.
Buio.
Note dell'autrice: non c'è
speranza, non c'è redenzione. Resident Evil non è solo
una storia di zombie, no; ci sono tragiche umanità strappate,
deformate. Ci sono mostri umani, sconfitte, rimpianti e rancori - amori
che bruciano ogni cosa, compresi loro stessi.
Un grazie speciale a ccr456, perché senza di lei questa storia non ci sarebbe mai stata - non avrei mai trovato la spinta giusta.
Grazie a Multieleonora96, perché attraverso le sue illustrazioni Alex e Albert hanno preso vita - respiro. (1, 2, 3, 4)
Grazie a tutti voi, lettori silenziosi e non: ci si rivede sotto il segno del Serpente e tra le sue spire.
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