La
bambina strinse forte la mano dell'anziano signore, i lineamenti delle
labbra piegati all'ingiù.
Non aveva paura di quel posto nuovo, no; la paura era un sentimento
forte e devastante, la paura era un tornado, non era per niente
paragonabile alla morsa che percepiva allo stomaco in quel momento. Lei
era solo intimorita. Continuava a ripeterselo: solo timore, niente
paura.
«È bello qui?» le chiese l'anziano
signore. Non era molto alto, ma la sua figura era slanciata ed
elegante, accarezzata da un cappotto nero in abbinamento con la federa
nera che copriva i suoi capelli color cenere. La bambina riusciva solo
a scorgere due folti baffi bianchi e un sorriso tiepido sotto di essi,
contornato da qualche ruga. «Ti piace?»
La bambina osservò ciò che la circondava, facendo
saettare i suoi grandi e dolci occhi verde chiaro da una parte
all'altra. Vide dei sentieri di ghiaia, erba ben curata e alberi
altissimi, i cui rami venivano mossi, fatti danzare pacificamente dal
tenue vento primaverile. Sull'erba c'erano dei bambini e delle bambine
che la stavano guardando con curiosità, nonostante fossero
abituati ai nuovi arrivi, anche se questi si facevano sempre meno
frequenti col passare degli anni.
La piccola nuova arrivata annuì, in risposta alla domanda
che le era stata precedentemente posta, poi s'incamminò con
l'uomo sul sentiero principale che, a differenza degli altri, non era
in ghiaia ma pavimentato, diretto alla grande struttura che
padroneggiava negli occhi di chiunque guardasse nei dintorni.
L'anziano aprì l'uscio principale della costruzione e
invitò la bambina ad entrare; lei obbedì e,
subito dopo aver oltrepassato la soglia d'ingresso, schiuse le labbra,
ammaliata dalla bellezza dell'arredamento, in particolar modo dal lungo
tappeto rosso che attutiva i passi frettolosi di alcuni bambini, poco
più in là. Le erano sempre piaciuti i tappeti,
sin da quando non sapeva ancora reggersi in piedi a dovere; li trovava
confortevoli e caldi, e le piaceva stare seduta su di essi a guardare
un film della Disney in pieno inverno, quando la finestra del salotto
della sua vecchia casa era appannata dalla condensa.
«Adesso» disse l'uomo, richiamando la sua
attenzione «ti porterò in un'altra stanza.
Lì ci sarà il Signor Roger. Sarà lui a
prendersi cura di te.»
«Ma Signor Watari» fece la piccola, con un accenno
di tremolio nella voce, «io voglio restare con te.»
Il vecchio s'inginocchiò, arrivando così
all'altezza della fanciulla. «Purtroppo io non posso restare,
però ti farò visita ogni tanto. Il Signor Roger
è mio amico, ti tratterà bene.»
«Perché non puoi restare?»
«È un segreto.»
«Voglio venire con te.»
«Non puoi, piccola mia. Non ti troverai male qui, ci sono un
sacco di bambini con cui potrai giocare.»
Lei restò in silenzio.
«Mi prometti che farai la brava?»
La bambina esitò per qualche attimo, poi rispose:
«Va bene.»
I due ripresero a camminare. Salirono due rampe di scale e la piccola
ne contò i gradini, poi percorsero tutto il corridoio che si
stagliava alla fine della seconda scalinata, fino ad arrivare ad
un'entrata a doppio uscio; all'interno c'era solo una scrivania con
delle sedie, dietro di questa una libreria traboccante di tomi
dall'aria malandata, che divideva due grandi finestre con la veduta sul
cortile anteriore della tenuta. Dietro la scrivania in quercia c'era un
uomo di mezza età comodamente seduto su una poltrona, che
stava leggendo alcuni fogli, probabilmente documenti; aveva i tratti
tipici di un europeo, eppure la forma degli occhi faceva pensare a
tutt'altro. Roger - doveva essere lui -, accortosi della presenza dei
due, si alzò dalla poltrona e, dopo aver dato loro il
benvenuto, invitò l'uomo e la bambina ad entrare e a prender
posto sulle due sedie che fronteggiavano la cattedra, poi si
accomodò nuovamente.
«Chi è questa bambina?» chiese Roger con
uno spiccato accento inglese.
Lei fece per rispondere, ma Watari la precedette. «Era da
sola nei pressi della Stazione Centrale di Londra. Ero lì di
passaggio e mi ero accorto di lei, pertanto ho deciso di portarla
qui.»
L'altro si portò una mano al mento. «Capisco.
Tuttavia non può restare qui, a meno che non possieda il
livello standard di quoziente intellettivo che cerchiamo. Hai fatto
delle verifiche?»
«No. Pioveva quando l'ho vista, non avrei potuto verificare
se avesse i requisiti richiesti qui» rispose Watari.
«Ma ora lei è a conoscenza della posizione di
questo posto. Potrebbe essere un problema, dovresti saperlo.»
«Cosa avrei dovuto fare? Lasciarla lì a morire di
freddo?»
«Io...» I due uomini si voltarono verso la bambina.
«Io non so dove sono mamma e papà.»
Roger tentò di mostrarle la sua espressione più
dolce, nonostante la situazione venutasi a creare non glielo
permettesse. «Neanche noi lo sappiamo, purtroppo...»
«Ho visto solo bambini fino ad ora. Questo è un
orfanotrofio, vero?» I due uomini annuirono. «Se
sono qui, vuol dire che i miei genitori sono morti? Non rispondetemi,
tanto so che è così.»
Solo allora Watari notò l'ombra che attraversava gli occhi
grandi della bambina, uno strato di oscura consapevolezza che era
calato su di lei, come un velo, e l'aveva coperta dalla testa ai piedi.
Guardò Roger e disse: «Credo che possa restare
qui.»
«Sono d'accordo» rispose l'altro, annuendo. Poi si
rivolse alla fanciulla. «Da oggi fino al tuo diciottesimo
compleanno, vivrai qui» esordì. «In
questo posto vige una regola fondamentale, che vale per tutti i bambini
e anche per me e Watari: non bisogna rivelare a nessuno il proprio vero
nome, mai.»
«È per la sicurezza di tutti?» chiese la
bambina.
«Proprio così. Presentati a tutti con un
soprannome a tua scelta.»
La piccola annuì, poi restò in silenzio per
alcuni attimi, persa tra le centinaia di parole che occupavano la sua
mente. Poi disse: «Voglio chiamarmi Blanca.»
Watari sorrise. «Ti calza a pennello.»
«Bene, Blanca. Da oggi in poi, il tuo nome sarà
questo» esordì Roger, per poi porgerle una mano,
che la nuova arrivata strinse. «Benvenuta alla Wammy's House.
Benvenuta a casa.»
Angoletto dell'Autrice!!
Sì, sono incredibilmente viva. So che dovrei completare
altre innumerevoli fanfiction (chi mi segue sugli altri fandom lo sa
bene), ma ho comunque deciso di iniziare questa; Death Note
è un'opera molto importante per me: la trama, la grafica, i
personaggi... Mi hanno conquistata all'unisono, tanto da farmi
appassionare nel giro di pochi giorni (ho visto TUTTI gli episodi in un
giorno, e non vi dico il manga e i vari gadget...)
E quindi, eccomi qui.
-Channy
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