Il cipresso

di Luci28
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Quando era piccolo c'era un cipresso di fronte all'istituto. Era solo un albero. Lì sotto un giorno scavò una piccola buca e vi nascose delle ghiande, raccolte nel cortile. Ogni sera, poco dopo il tramonto, durante l'estate, si sedeva ai piedi del cipresso e aspettava il buio. Aveva paura del buio, ma vicino all'albero tutto era diverso.

Il cipresso era alto, toccava il cielo secondo il suo punto di vista di bambino. Era come una scala verso il Paradiso, verso la Luna e per lui lì in alto c'era sua madre. Così ascoltava il respiro dell'albero e sperava che il vento potesse portare le sue parole lassù e invece quest'ultimo era come una ninna nanna per lui, come se fosse il cielo, o forse la Luna, a parlargli.
 

Un tempo c'era un cipresso nel giardino dell'istituto e ora non c'è più. Era malato e hanno dovuto tagliarlo. Hanno tagliato anche il ponte tra lui e il cielo; la scala verso il Paradiso. Adesso il vento non gli canta più la ninna nanna, nemmeno figurativamente. Ora non ci sono più le sue ghiande nascoste lì sotto.

Quando hanno tagliato quell'albero hanno reciso anche ogni legame col passato. E' come se di colpo Lucifero fosse cresciuto. Ora quando guarda fuori dalla finestra della sua camera, il ragazzo vede solo il cancello. E' come una gabbia fredda, senza suoni familiari. Eppure a volte pensa che quel cipresso non sia mai morto. E' ancora lì e il vento lo muove appena. A volte si sente anche lui come quel cipresso.





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