Dejimon Reberu

di Karugaru
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ICHI

 

Ieri o visto una grande ombra. Era piu’ piccola de l’ombra gigante che o visto laltro ieri ma era grande anche questa di ieri. Ma laltro laltro laltro laltro ieri però ho visto una piccola ombra e anche oggi. La piccola ombra scappa via sotto il leto, ma io lo vista.
Quindi oggi o deciso che vado a cercare le grandi ombre che magari mi dicono dove scappano le picole ombre. Le grandi non scappano mai, le piccole scapano. Questa scappa sempre che la vedo.

Si grattò la testa, continuando a fissare la donna davanti a lei.
Poi stanutì.
“Allora?”, chiese la donna.
Lei fece spallucce e si passò la mano sotto il naso colante.
“Paola!”
“Cosa!”
“Non permetterti di rispondere così!”
“Non sto rispondendo!”
La donna scosse la testa, appoggiando, disperata, la fronte sul palmo della mano.
“Facepalm!” proruppe Paola, ridendo
“Vado a chiamare i tuoi genitori. Non capisco – davvero, non ho idea di come tu abbia fatto ad allontanarti dalla scuola per tre ore senza che nessuno se ne accorgesse, ma almeno potresti avere il buon senso di dirmi dove diavolo eri andata”
“Maestra" fece la bambina, annoiata "ma te l’ho già detto mille volte che cerco le grandi ombre, io.”
Sì, le ombre.
Chi diamine se lo aspettava che dietro a uno stupido temino estivo si nascondessero quelli che erano dei chiari problemi comportamentali e – ahilei – probabilmente psicologici?
La maestra si alzò, e Paola con lei: si fissarono per un momento, mentre ognuna elaborava la propria strategia.
La maestra, quel giorno, aveva i tacchi: poteva essere un vantaggio, per la bambina.
Paola, dal canto suo, con i suoi sette anni e un metro e venti di altezza, avrebbe avuto una falcata molto piccola: la maestra non si preoccupava. Anche perché la bambina era intabarrata in una felpa gialla di almeno otto taglie in più di lei, e portava un cappello che le schiacciava la frangia sugli occhi – quindi ci vedeva anche poco.
Non sarebbe stato un problema, si ripetè la maestra.
Andò alla porta, e la bambina non si mosse.
Fece per aprire la maniglia, e la bambina  non si mosse.
Aprì uno spiraglio, e la bambina non si mosse.
Fece per uscire, e qualcosa di dannatamente veloce schizzò via dalla porta. Sgranò gli occhi, spalancando l’uscio in cerca della figura di Paola nel corridoio: “No! Merda! Come cazzo ha fatto a scappare!?”
Si voltò, intenzionata a correre al telefono per avvisare i bidelli o chiunque potesse essere avvisato in una situazione del genere: ma si bloccò.
Paola era ancora là, dove l’aveva lasciata poc’anzi. In piedi, a fissare l’uscio, e il corridoio verso cui portava, esterrefatta.
Le due si fissarono un attimo inebetite.
Poi Paola scattò, approfittando (con ritardo, ok, ma approfittando) del varco rimasto aperto.
La maestra non ebbe la lucidità per imprecare una seconda volta.
“L’Ombra!” urlò la bambina, in mezzo al corridoio “Ombra! Ombra! Aspetta! Ombra!”

Vabé, dai.

Almeno non era un problema psicologico.

… O forse sì, ma suo.








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