manhattan
Era ormai scesa la notte sulla Grande
Mela. Il signor Gold percorreva le strade di New York con la solita
andatura claudicante che gli era propria e che a Storybrooke, lungi
dall'essere considerata motivo di pena o compassione, era ormai
diventata un tratto distintivo dell'uomo più potente e temuto della
città.
La grande metropoli in cui lui, Emma ed
Henry erano approdati alla ricerca di suo figlio l'aveva messo a dura
prova, più di quanto s'immaginasse. Era difficile accettare il fatto
di ritrovarsi senza magia, privo di alcun potere o influenza in un
labirinto intricato e sconosciuto di grattacieli, edifici di ogni
tipo e strade percorse da auto e mezzi strombazzanti a qualunque ora
del giorno e della notte. Era difficile essere uno dei tanti, un
semplice uomo sulla cinquantina in giacca e cravatta che doveva
camminare con l'ausilio di un bastone da passeggio e che per le
migliaia di persone che lo circondavano non rappresentava nulla di
più di una singola insignificante goccia in quella marea umana.
Nessuno gli scoccava occhiate
intimorite o ostili, come succedeva spesso a Storybrooke, dove tutti
lo conoscevano e gli portavano un timoroso rispetto; nessuno sembrava
fare caso alla sua presenza se non nel momento in cui lo sorpassavano
con il passo rapido e spedito che pareva essere una caratteristica
dominante che accomunava gli abitanti eterogenei di quell'enorme
agglomerato urbano.
Gold stesso, d'altra parte, si
ritrovava senza il minimo punto di riferimento, perso in quella
miriade di suoni e movimenti caotici che sembravano orientati a
nient'altro che a una sterile e vuota entropia.
Forse non era stata una mossa saggia
quella di uscire dal lussuoso hotel dove lui e i suoi compagni di
viaggio alloggiavano per fare una passeggiata serale, ma dopo le
emozioni di quel giorno aveva decisamente bisogno di allontanarsi
dalle chiacchiere incessanti di Henry e dalle occhiate preoccupate e
apprensive che Emma gli rivolgeva di continuo.
La zona in cui era ubicato l'hotel non
si trovava molto distante da Central Park e l'uomo ne aveva
approfittato per concedersi un paio d'ore di quiete in quella macchia
verdeggiante che sorgeva come un'isola al centro di un mare di
cemento, metallo e vetro.
Starsene in solitudine in mezzo alla
vegetazione gli aveva fatto decisamente bene e nonostante si sentisse
ancora frastornato da quell'ambiente dove i ritmi, i paesaggi e le
regole spazio-temporali gli risultavano del tutto estranei, avvertiva
che una parte di lui era molto più calma e fredda, più vicina al
suo solito temperamento distaccato e calcolatore. Avrebbe avuto
bisogno di tutta la sua lucidità l'indomani, poiché lui, Emma ed
Henry sarebbero andati alla ricerca di Bae.
Fosse dipeso esclusivamente da lui,
avrebbe iniziato le ricerche quella sera stessa, ma il viaggio era
stato stancante per tutti loro, senza contare che la notte prima lui
ed Emma non avevano chiuso occhio a causa dei tragici avvenimenti che
si erano abbattuti su Storybrooke come fulmini durante una tempesta.
La signorina Swan aveva saggiamente suggerito che quella sera si
riposassero e iniziassero la loro missione il mattino seguente,
ristorati da una bella dormita. Suo malgrado, Gold si era ritrovato a
doverle dare ragione, ma non avrebbe sopportato di passare la serata
in compagnia della Salvatrice e di suo figlio, il cui ingenuo
entusiasmo per quel viaggio non faceva altro che irritarlo.
Tuttavia si era fatto tardi e l'antico
orologio di ottone nella reception dell'hotel segnava ormai le 23.30
quando l'uomo rientrò dalla sua passeggiata.
L'ascensore raggiunse in un baleno
l'ultimo piano dell'edificio, dove si trovava il grande appartamento
che egli si era fatto riservare per la loro permanenza. Gold girò
piano la chiave nella porta a due battenti e quando varcò la soglia,
si ritrovò immerso nella semioscurità. Dalle finestre, insieme al
frastuono ovattato dei clacson e degli allarmi, penetravano alcuni
sprazzi delle luci elettriche della città e una piccola abat-jour
era accesa sul tavolino posto a lato di un grande divano di pelle
nera, sul quale era distesa la Salvatrice, profondamente
addormentata.
Emma indossava una morbida vestaglia
sotto la quale s'intravedevano una canotta celeste e dei pantaloni di
cotone abbinati. Tra le mani, appoggiate sul ventre, c'era un piccolo
libro molto simile ad altri tre che erano sparsi sul tavolo basso di
fronte a lei, tutti aperti e con segni e orecchie alle pagine per
individuarne con facilità i punti salienti.
Stando attento a non fare rumore, Gold
si sfilò il cappotto, che appese ad un gancio d'argento affisso alla
parete, si avvicinò lentamente al tavolo e si accorse con stupore
che si trattava di copie ed edizioni diverse della guida di New York.
Evidentemente Emma aveva cercato di portarsi avanti e di prepararsi
al meglio per il compito che li attendeva il giorno dopo.
Un sorriso increspò le labbra sottili
dell'uomo, che avvertì un moto di gratitudine e rispetto per la
giovane donna addormentata di fronte a lui. Certo, gli doveva un
favore ed egli l'aveva praticamente costretta a seguirlo fino a New
York senza lasciarle alcun margine di scelta, trascinandola
letteralmente in quell'avventura che non la riguardava, lontano da
Storybrooke e dalla sua famiglia, ma non si sarebbe aspettato che la
Salvatrice mettesse tutto quell'impegno nel cercare di fargli avere
successo nell'impresa per la quale aveva atteso tanto a lungo, e che
ormai era diventata da secoli l'unica sua ragione di vita.
Il petto della giovane si alzava e
abbassava lievemente al ritmo del suo respiro calmo e regolare e,
nell'osservarla, Gold si sentì improvvisamente animato da una
fiducia e una tranquillità che aveva ricercato per tutta la sera.
C'era qualcosa in Emma Swan che lo spingeva a mettere da parte i
timori e a credere che tutto sarebbe andato per il meglio. Forse era
quello il potere della Salvatrice: portare speranza e forza nei cuori
di chi stava cercando disperatamente di raggiungere il proprio lieto
fine. Aveva avuto modo di sperimentare la stessa sensazione proprio
quel giorno all'aeroporto, quando aveva dovuto cedere la mantella di
Baelfire e il suo bastone per poter passare sotto il metal detector.
Aveva guardato Emma negli occhi e lei l'aveva rassicurato con
decisione: non avrebbe permesso che i suoi ricordi svanissero una
volta separato dall'indumento incantato. Senza sapere con esattezza
il perché, Gold le aveva creduto e, in effetti, la sua memoria non
ne aveva risentito minimamente.
A un tratto, la donna si mosse nel
sonno e la guida che teneva tra le mani cadde a terra, producendo un
lieve rumore che però bastò a ridestare Emma, i cui sensi erano
pronti e in allerta anche mentre dormiva, forgiati da una vita di
espedienti.
La Salvatrice si stropicciò gli occhi
con un mugolio, si tirò su a sedere sul divano e sobbalzò quando si
accorse dell'uomo, in piedi accanto a lei.
- Maledizione, Gold! Mi hai fatto
prendere un colpo! Si può sapere che diamine ci fai qui? -
Lui riacquistò immediatamente il
contegno arcigno e sarcastico che gli era proprio, ogni traccia della
piccola scintilla di sentimentalismo di poco prima svanita. - Fino a
prova contraria, dearie, - disse. - questo appartamento è anche la
mia provvisoria sistemazione. -
- Mmm... - fece Emma, ancora intontita
dal sonno.
- Dov'è Henry? - chiese l'uomo,
segretamente sollevato di non vedere il ragazzino in giro per il
salotto.
Emma indicò una porta chiusa che
conduceva a una delle due camere con bagno di cui era dotato l'attico
e che lei condivideva con suo figlio. - Sta dormendo. È andato a
letto presto ed è crollato immediatamente. -
- Al contrario di te, dearie. -
commentò Gold, scrutandola con un sogghigno appena accennato. Solo
in quel momento Emma parve rendersi conto di essere in pigiama
davanti a lui e si affrettò ad avvolgersi stretta nella vestaglia.
- Be', non riuscivo a dormire e così
ho pensato di cercare qualche informazione che possa esserci utile
per domani. Se c'è una cosa che ho imparato quando lavoravo come
cacciatrice di taglie, è che, se vuoi avere successo, devi conoscere
bene il terreno di caccia. -
Gold annuì. - Un insegnamento saggio.
-
Emma recuperò da terra la guida che
stava consultando prima di addormentarsi e fece scorrere le pagine
aggrottando le sopracciglia con aria pensierosa. - Il problema è che
New York non è esattamente il luogo ideale per cercare di
rintracciare qualcuno che non vuole essere trovato. Ci sono centinaia
di posti che costituirebbero un ottimo nascondiglio, senza contare il
caos delle strade che rende difficili gli inseguimenti. - rifletté,
più rivolta a se stessa che a lui.
Gold la osservava quasi affascinato.
Era evidente che, da ex cacciatrice di taglie, fosse abituata a
progettare quel genere di operazioni, anzi sembrava perfino che la
cosa la intrigasse. Be', aveva tutto da guadagnare se Emma metteva in
campo l'esperienza e i trucchi imparati negli anni addietro. Ancora
una volta, si sentì afferrare da quel senso di fiducia
incondizionata nei confronti della donna, che stava ancora fissando
con espressione seria e assorta una pagina della guida che teneva in
grembo e che raffigurava la cartina con i percorsi delle linee
metropolitane.
Passò qualche istante in cui nessuno
dei due disse nulla, ciascuno perso nelle proprie riflessioni; alla
fine Emma soffocò uno sbadiglio, chiuse il piccolo manuale e lo
ripose sul tavolo, insieme ai suoi compagni.
Sotto lo sguardo di Gold, si alzò dal
divano e si diresse verso un mobile di legno lucido all'interno del
quale erano stipate diverse bottiglie di liquori pregiatissimi e
bicchieri di cristallo.
Con disinvoltura, Emma scelse una
bottiglia di scotch whisky, afferrò due bicchieri e tornò a
sedersi, sparpagliando le guide sul tavolo per fare spazio.
Gold la osservò senza dire nulla
mentre stappava la bottiglia e versava sapientemente il liquido
ambrato nei bicchieri con una calma e una concentrazione quasi
maniacali. Quando ebbe finito, si alzò di nuovo e gli porse uno dei
due drink. - Ecco. Un piccolo rito portafortuna che ogni cacciatore
di taglie che si rispetti dovrebbe osservare prima di una caccia. E
poi... credo che stanotte tu ne abbia un disperato bisogno. -
Gold prese il bicchiere dalla mano di
lei, provando una sgradevole fitta di disagio nell'udire quelle
parole. Chiaramente non era riuscito a dissimulare l'ansia e la
preoccupazione per ciò che sarebbe accaduto il giorno seguente e ad
Emma non era sfuggito il suo nervosismo.
Decise che, in effetti, un drink non
gli avrebbe fatto male.
La Salvatrice fece tintinnare il
proprio bicchiere contro il suo. - Alla famiglia. -
- Alla famiglia. - replicò lui,
dopodiché buttò giù il liquore tutto d'un fiato, godendo della
sensazione di calore che gli scendeva giù per la gola e scioglieva
immediatamente gran parte della tensione, come coraggio liquido.
Emma sorbì il suo drink con calma e
alla fine fece schioccare la lingua, soddisfatta.
- Be', ora credo proprio che me andrò
a dormire. Ci aspetta molto lavoro domani mattina. - disse,
stiracchiandosi e reprimendo un nuovo sbadiglio.
Gold non rispose e si limitò ad un
lieve cenno del capo. La Salvatrice lo scrutò intensamente per
qualche secondo, poi allungò piano il braccio e gli strinse una
spalla. - Ehi, lo troveremo. Andrà tutto bene. Capisco che questo
non sia il tuo mondo, ma è il mio; e trovare le persone è la mia
specialità. Non falliremo. -
L'uomo incrociò gli occhi verdi di
Emma, colmi di quella ferrea determinazione che aveva apprezzato in
lei fin dal loro primo incontro, e si sentì più forte e sicuro che
mai. Sapeva che la Salvatrice non l'avrebbe deluso e che avrebbe
fatto tutto ciò che era in suo potere per onorare l'accordo e
aiutarlo a ricongiungersi con Baelfire. Aveva riportato a tutti gli
abitanti di Storybrooke il lieto fine, e ora l'avrebbe fatto anche
con lui. Era il suo destino. A un tratto ebbe la certezza che tutto
sarebbe andato per il meglio.
Emma non aspettò una risposta, che in
ogni caso non sarebbe arrivata, gli voltò le spalle e si diresse
verso la porta della camera che divideva con Henry. L'aprì piano e
poi sparì dietro di essa, silenziosa come un'ombra.
Rimasto solo, Gold si lasciò cadere
sul divano con un sospiro e si riempì nuovamente il bicchiere,
lasciando che una seconda ondata di calore invadesse il suo corpo e
dissipasse le ultime preoccupazioni.
Da qualche parte un orologio batté la
mezzanotte e in quel momento Gold ringraziò il cielo che Emma Swan
fosse con lui in quel viaggio.
Da Stria93: Rieccomi, dearies!
Questa breve shot nasce soprattutto
grazie al rewatch che, grazie a Rai4, mi sto godendo da qualche
settimana. Avendo rivisto la 2x14 mi è balenata in mente l'idea per
questo scorcio del soggiorno newyorkese di Rumpel, Emma ed Henry e
quindi ecco qui il risultato del mio trip mentale.
Spero vi piaccia! Grazie come sempre a
tutti coloro che leggeranno e magari vorranno farmi sapere le loro
impressioni.
Baci, dearies! :)
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