I
Stagione
3
Guai
Era
furioso.
Quell’uomo l’aveva fatto di nuovo. Strinse forte il pugno destro,
mentre digrignava i denti.
“Lurido maledetto!”.
Pensò. Intanto la macchina correva veloce verso Londra. Verso l’uomo
che più odiava.
Prese tutto ciò che le serviva e le ficcò nel piccolo zaino. Era
felice. Euforica. Presto avrebbe visto gli elfi e le creature magiche
di quel bosco.
Sorrise felice, mentre afferrava il suo prezioso libro.
“Voglio mostralo a uno di loro”.
Pensò.
Si cambiò, s’infilò gli stivali da equitazione e uscì dalla stanza, ma
molto cautamente. Non doveva farsi scoprire da Christine. No! Questo
mai! Sarebbe stato un bel guaio per lei. Una bella punizione fatta di
studio extra e niente muffin.
Rabbrividì al solo pensiero.
Prese un profondo respiro e si avviò verso lo studio di suo nonno,
doveva prendere un oggetto indispensabile per la sua gita.
Scese le scale pian piano, di tanto in tanto si nascondeva dietro la
balaustra quando vedeva una cameriera passare.
Per sua fortuna non fu mai scoperta. Scese le scale e con scatto felino
s’intrufolò nello studio di suo nonno dove, avrebbe trovato l’oggetto
dei suoi desideri.
Chiuse la porta dietro di sé, senza fare troppo rumore e si diresse
spedita verso la scrivania. Aprì il primo cassetto e niente. Aprì il
secondo e sorridendo esultò.
“Finalmente ti ho trovato!”.
Brillava nelle sue piccole mani. Una vecchia bussola. Ricordo di
gioventù di suo nonno quando viaggiava per il mondo.
Veloce come un lampo la mise nello zaino e uscì dalla stanza. Ora
doveva andare nelle scuderie dove, il suo cavallo l’attendeva, ma anche
qui non doveva farsi scoprire da Peter lo stalliere.
Per ora tutto sembrava andare liscio, ma poi si ricordò.
“Devo prendere qualcosa da mangiare…da offrire ai miei amici”.
Pensò, mentre tornava indietro e si dirigeva verso la cucina.
Anche qui entrò di soppiatto. Il cielo volle che la cuoca non fosse
nella stanza in quel momento. Sorrise furbamente e corse verso la
mensola dove, avrebbe trovato qualcosa. E li trovò. Delle pagnotte
all’uvetta e qualche muffin della colazione.
Prese anche qualche bottiglietta d’acqua e corse veloce fuori dalla
stanza. Era euforica.
Corse verso le scuderie. Entrò nel padiglione.
“Lady Nathalie, che ci fa qui?”.
Sobbalzò. Era stata scoperta. Si voltò e si trovò di fronte Peter che
la guardava curioso.
“Allora? Che cosa la porta nelle scuderie?”.
Era sempre più curioso.
“E ora che faccio?”.
Pensò, quando un’idea le balenò nella mente.
“Beh…io…sono…venuta a trovare White...”. Disse. “…vedi è sempre solo…e
sono venuta a fargli compagnia”.
Finì la frase con una punta di tristezza. Lo stalliere sospirò.
“Lady Nathalie, White non è solo ci sono io…e gli altri cavalli”.
La piccola abbassò il viso. La sua fuga era stata scoperta.
Peter notò lo zainetto della piccola e ancora più curioso le domandò il
perché lo avesse. Nathalie sgranò gli occhi. E ora che cosa poteva
fare? Che cosa poteva inventarsi? Dirgli che voleva il cavallo per
andare a cercare le creature magiche era insensato. Oppure dire una
bugia con le lacrime. Optò per la seconda.
“Scusami Peter, ma volevo portare fuori White fino al piccolo ruscello
e fare merenda lì”.
Piagnucolò.
“Oh, Lady Nathalie, sa bene che non può portare White da sola”.
“Ma…Peter io…non mi allontanerò molto…fino al ruscello. Ti prego”.
L’uomo sospirò, mentre si passava la mano destra sul volto rugoso.
“Sa bene che non posso. E se poi le capitasse un’incidente come
reagirebbe suo nonno? A questo ci ha pensato?”.
“Beh, no…ma ti prego…farò attenzione lo giuro”.
Lo pregava. No, doveva andare. Correre da loro. Il suo cuore le diceva
che oltre quelle fronde verdi loro l’attendevano.
Lo pregò piangendo fino a che, l’uomo impietosito accettò. Nathalie era
contenta e corse da White che, fu sellato.
Salì sopra.
“Piccola Lady, mi raccomando solo un’ora e dopo la verrò a prendere. Se
disubbidirà sarò costretto a dire tutto a suo nonno e Christine…sa bene
che cosa le accadrà”.
L’ammonì. La piccola rabbrividì sapendo dell’atroce punizione, ma poi
pensò a loro. Accettò, ma non sapeva che il ritorno sarebbe stato arduo.
Si era persa e il sole calava. Era sola. Il suo cavallo era fuggito
dopo aver sentito un rumore nel bosco, e ora era lì. Tutta sola e
tremante.
Aveva utilizzato la bussola ma quella lancetta girava a destra e poi a
sinistra quando si muoveva, e non capiva che verso prendere.
Era disperata. Eppure suo nonno tempo fa le spiegò come utilizzare la
bussola e ora…ora non ricordava più nulla. La paura aveva azzerato ogni
nozione utile.
“Sono davvero una stupida…non devo mai dare retta alla mia testa…ecco!
Ora sono sola…”. Piagnucolò.
Era stata una vera incosciente, ma oramai il danno era fatto e indietro
non poteva tornare.
Camminò per ore nella speranza di trovare il sentiero, ma niente. Quel
bosco lentamente si chiudeva su di lei come se volesse tenerla con sé.
Era stanca, si sedette su di un tronco secco e prese dal suo zaino una
bottiglietta. Aveva sete. Alzò il viso e vide che il cielo lentamente
diventava violaceo. La notte stava arrivando, come anche il freddo.
Nathalie rabbrividì, mentre la paura e lo sconforto crescevano. D’un
tratto un rumore misto a una sorta di ululato la fece sobbalzare. Che
cosa era?
Corse via senza sapere dove andare, l’unica cosa di cui era sicura era
fuggire…di salvarsi.
Intanto sentiva dietro di sé quel ululato sinistro. Ma non era un lupo,
questa ne era certa. Ma quale animale poteva produrre quel verso
orribile?
Correva. Correva senza sosta. Dei piccoli rami le graffiavano il viso,
le mani, le strappavano i capelli ma lei non si fermava quando, d’un
tratto una piccola radice la fece cadere. Ruzzolò a terra su un manto
muschioso. Non si fece molto male per sua fortuna. Si rialzò, si ripulì
i pantaloni sporchi di terra, quando sentì quei versi troppo vicini.
“E ora che faccio?”.
Pensò in preda al panico, quando vide un po’ più in là un albero. Un
albero maestoso. Rimase qualche secondo a fissarlo. Era meraviglioso,
il suo tronco nodoso rappresentava un ottimo nascondiglio. Infatti,
senza farselo ripetere due volte corse a nascondersi dentro di esso. Si
accucciò ben bene, e nascose il viso tra le ginocchia. Intanto delle
lacrime silenziose rigavano in suo visino graffiato.
“Nonno aiutami”.
Pregò. Perché aveva dato retta alla sua pazzia? Perché?
Pianse fino a che, un rumore vicino all’albero la fece tremare di più.
Alzò il viso verso l’insenatura.
“Deve essere vicino. Sento il suo odore”.
Una voce gutturale le fece sgranare gli occhi. Non era di certo umana.
“È un umano!”. Gracchiò. “Un cucciolo…carne tenera”.
Ridacchiò felice, mentre si avvicinava. Nathalie si appiattì di più al
tronco. Non voleva essere presa.
“Dove sei?”.
Disse, mentre annusava l’aria. Aveva fame e quel cucciolo era una manna
dal cielo.
“Esci fuori”.
“Nonno…aiutami…ti prego…”.
Pregò, quando d’un tratto qualcosa afferrò la sua gamba tirandola
fuori. Urlò come una pazza. Scalciò, ma lui era forte.
“Trovato!”.
Esultò, mentre la tirava fuori dal suo nascondiglio. Come era felice.
“Lasciami! Lasciami stare! Aiuto!”.
Urlò Nathalie con tutto il fiato che aveva in corpo. Gli diede un
calcio, ma lui non mollava…anzi la prese per il collo e alzò da terra e
lì la piccola poté vederlo.
Un orchetto dall’odore ributtante che sogghignava felice per il suo
bottino.
“Non ti lascio andare carne tenerella! Tu sei il mio pasto dopo giorni
di digiuno”.
La piccola urlò a più non posso, mentre il suo aguzzino rideva di
gusto. Amava il terrore dipinto sul viso degli umani prima del
trapasso. Strinse di più, in fin dei conti il collo dei bambini è
fragile un’altra leggera pressione e sarebbe morta. Sorrise, mentre
pregustava il futuro banchetto quando la presa sul collo della piccola
si allentò e lei cadde a terra. Un sibilo. Un tonfo.
Che cosa era successo? Perché l’orchetto era a terra morto?
Nathalie lo guardò con disgusto e veloce corse a nascondersi, mentre in
lontananza sentiva delle voci.
Di chi erano? Presto lo avrebbe scoperto.
Continua…
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Mah, non so come sia venuto…spero che vi piaccia un bacio e al prossimo
capitolo.
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