tritone cap 3
Disteso sopra un piccolo scoglio, Sasuke s’inebriava del
calore del sole. Le gocce d’acqua sul suo corpo come piccole
perle riflettevano la luce riproducendo i colori
dell’arcobaleno.
Naruto a bordo della
Kaeru-maru, la bagnarola di zio Jiraiya, se ne stava coricato con le
braccia incrociate dietro la testa. Un delizioso torpore si era
impossessato di lui. Cullato da onde gentili osservava il tritone; il
profilo dritto del naso, le palpebre chiuse e le ciglia scure che gli
adombravano le guance, e si chiese con ingenuità se per caso
non si trattasse di un Dio.
Sasuke aprì
gli occhi e Naruto si calcò il cappello sulla fronte
fingendo di dormire.
Sentì il
rumore di un tuffo e alzò il capo giusto in tempo per vedere
degli schizzi d’acqua alzarsi a mezz'aria. Si sporse
dall’imbarcazione.
Fu un attimo. Sasuke
riemerse all’improvviso a pochi centimetri dal suo volto.
Barcollò all’indietro, non che si fosse
spaventato, ma non si era mai ritrovato il tritone così
vicino. La barca ondeggiò paurosamente e Sasuke dovette
appoggiarsi alla falchetta con un braccio per riequilibrarla.
“Datti una
calmata.” Lo ammonì con aria annoiata.
“Sei tu che
mi sei apparso davanti alla faccia dal nulla!”
Sasuke
assottigliò gli occhi e Naruto capì che lo stava
prendendo in giro. “Ti sei spaventato.”
“No!”
Abbaiò Naruto.
Sasuke si
aggrappò anche con l’altra mano facendo oscillare
la barca con veemenza.
“Hai
intenzione di passare tutta la giornata in questo modo? Sei un ragazzo
indolente.”
“Cosa
c’è di male? Credevo fossi dello stesso
avviso!”
Naruto si
avvicinò a carponi e lo guardò dritto negli
occhi, arricciando il naso.
“Stavi
facendo il sirenetto addormentato sullo scoglio!”
Sasuke si
issò sulle braccia, doveva avere molta forza
perché sorreggeva il torso fuori dell’acqua senza
mostrare alcuna fatica.
“Stai ancora
urlando, idiota.”
Naruto
serrò i denti e tutto il torpore di poco prima
sparì dal suo corpo una goccia di sudore dopo
l’altra. Il sole batteva incredibilmente forte sopra le loro
teste.
“Devo farti
vedere un posto.” Disse Sasuke. Naruto inarcò le
sopracciglia incuriosito e prima che potesse ribattere il tritone si
immerse.
“Ehi, che
posto?” Il ragazzo si mise alla prua, seguendo con lo sguardo
la sagoma di Sasuke un dito al di sotto della superficie del mare.
Il tritone riemerse
una ventina di metri più in là, Naruto era molto
abile a percepire le distanze in mare.
“Muoviti!”
“In barca o
a nuoto?”
“Vieni in
barca, ma poi dovrai proseguire a nuoto.”
Naruto
impugnò i remi e gli sorrise.
Faceva una gran fatica e aveva la schiena imperlata di sudore. La coda
cangiante del tritone che spuntava tra le piccole onde sembrava un
miraggio frutto delle alte temperature.
“Per quanto
ancora?” Gridò. “Merda!
Aspettami!”
Ma Sasuke non si
voltò nemmeno una volta fino a quando, percorsi almeno due
chilometri in prossimità della costa, non si
fermò. Le alture scoscese non avevano alcunché di
particolare, erano semplicemente belle come ogni altra cosa
dell’Isola. Sulle cime si scorgevano le chiome dei
pini e in alto nel cielo un’aquila dalla coda bianca
remeggiava lenta, disponendo le grandi ali a seconda delle correnti.
Sembrava sempre sul punto di piombare in picchiata a filo
dell’acqua, ma poi desisteva e rimaneva lassù come
una sagoma di carta sospesa nel vento.
Naruto
ormeggiò nei pressi di un’insenatura.
“Finirà per rompersi con queste onde.”
Disse preoccupato per la sua barca. Le onde confluivano con
più forza a causa del passaggio ristretto tra gli scogli, ma
non aveva a disposizione altri punti di attracco. La Kaeru-maru
oscillava disperata e il rumore dello sciabordio dell’acqua
contro la carena era molto forte. Una lunga fessura tra le assi di
legno lasciava intravedere la schiuma biancastra.
“Il mare
è calmo.” Commentò Sasuke con
pacatezza. Naruto sapeva di potersi fidare, eppure aveva un lieve nodo
alla gola.
“Non so se
hai notato ma questa bagnarola è piuttosto
fragile.” Disse. “È di mio zio e ci sono
molto affezionato, voglio dire, mi dispiacerebbe se le succedesse
qualcosa.”
Sasuke si
limitò a osservare le ampie spalle del ragazzo che
trafficava con le corde, erano nere e disseminate qua e là
da macchioline chiare dovute alle spellature. Non sapeva che dire, si
pentì di averlo condotto fino alla costa ovest,
perché se la barca si fosse rovinata sarebbe stata in parte
colpa sua. “Non sapevo ci tenessi tanto.”
Mormorò infine.
Naruto si
girò sghignazzando. “Questo vorrà dire
che se si affonda… mi porterai a cavalluccio!”
Il tritone
avvampò di rabbia. “Che diavolo, te lo scordi
idiota!”
Naruto scese in acqua.
Ridacchiava ancora con un’espressione in volto che Sasuke non
sopportava proprio. Eppure in fondo non gli dispiaceva quella sua
leggerezza, forse un po’ da sciocco, ma era ammirabile come
fosse attento a smorzare i toni per non dare mai inutili preoccupazioni
agli altri.
Fece schioccare la
lingua contro il palato, stizzito. “Falla finita.”
Naruto si
grattò il naso e si guardò attorno.
“Dove andiamo?”
“Sott’acqua.
Riesci a resistere?”
“Sì!
Ma per quanto?”
“Un paio di
minuti saranno sufficienti.” S’immerse e Naruto
dovette seguirlo temendo di essere lasciato nuovamente indietro.
Sott’acqua
lungo la parete rocciosa si apriva una fenditura, un passaggio della
grandezza di un tursiope. Vide Sasuke infilarsi lì dentro
seguito da una scia di bolle.
Naruto fece lo stesso, cercando di non perdere di vista la coda
flessuosa del compagno che si muoveva con estrema abilità;
il suo corpo sembrava scivolare nell’acqua come se fosse
ricoperto da un’impalpabile sostanza.
In alcuni punti il
passaggio diventava così angusto che era necessario tenere
le braccia adese ai fianchi e nuotare con il solo ausilio delle gambe.
In lontananza una vaga luce rischiarava l'oscurità, eppure
l’uscita non era ancora in vista.
Naruto iniziò a sentire i polmoni bruciargli nel petto, una
sensazione che divenne presto insopportabile. Gonfiò le
guance e dovette resistere all’impulso di spalancare la bocca
alla ricerca di ossigeno. Scansò un grosso cefalo
proveniente dalla direzione opposta. Anche se era sull’orlo
della disperazione nemmeno per un momento pensò a un crudele
inganno da parte di Sasuke. All’improvviso il cunicolo
virò verso l’alto e infine si aprì su
un vasto bacino. Sasuke si voltò verso Naruto e accorgendosi
del suo stato di sofferenza gli tese la mano. Il ragazzo
l’afferrò saldamente ed emersero insieme in
superficie. La luce del sole li investì quasi
accecandoli. Si ritrovarono in una conca d’acqua
cristallina. La vegetazione cresceva rigogliosa tutt’attorno
tra le rocce cangianti, le grandi foglie dei pandanus smosse dal vento
producevano un rumore simile a un tac tac, secco e vibrante.
Naruto spalancò gli occhi.
“È
fantastico!” Esordì con un sorriso aperto. Aveva
ancora il fiatone.
Sasuke non disse
niente, rimase a osservare gli occhi dell’altro, colmi di
meraviglia e limpidi come solo quelli di chi ha sempre vissuto
guardando il mare possono essere. Pensò di non aver
sbagliato, fin dall’inizio.
“Pazzesco,
avevo sentito parlare di questo luogo, dicevano che passando per la
foresta fosse troppo difficile da raggiungere.”
Si stavano ancora
tenendo per mano, Sasuke lasciò la presa cercando di far
apparire il gesto naturale. Naruto lo fissò negli occhi e,
anche se fu solo per una manciata di istanti, Sasuke dovette sviare lo
sguardo.
“Come vedi
esisteva un’altra strada via mare, c’è
sempre un modo basta saper cercare.”
Naruto rise.
“Tu non sembri affatto il tipo da mettersi pazientemente a
cercare.”
Sasuke non
capì bene quell’affermazione, ma si
sentì comunque in qualche modo offeso. Aveva trascorso tanti
di quegli anni a cercare insistentemente qualcosa di così
indefinito che ora non sapeva più bene per quale motivo
fosse partito.
“Vieni, c’è
dell’altro.”
L’acqua era talmente trasparente da permettere di vedere il
fondale in ogni suo dettaglio. C’erano delle rovine antiche
costituite da una piramide a gradoni e due colonne smozzate,
ormai integrate completamente da secoli nell’ambiente marino,
difatti erano ricoperte da basse formazioni vegetali e coralli di un
rosso fremente. I pesci nuotavano attorno alla piramide in branchi e
quando una murena si avvicinò fluttuando sulla sabbia alcuni
esemplari guizzarono via dentro le fessure dei blocchi di pietra e
negli angoli più remoti trovando rifugio.
L’acqua
confluiva in un passaggio più stretto all’interno
della costa. Si trattava di una piccola spelonca. La luce del sole
filtrava dalle fenditure nelle rocce disegnando ombre multiformi sulle
pareti. Un’aragosta blu
camminava placida sul fondale.
Naruto
si issò su una gradinata naturale che formava una specie di
bordo, mentre Sasuke nuotava a pelo dell’acqua.
L’umidità del luogo conferiva alle pareti di nuda
roccia un aspetto morbido e malleabile. Naruto si soffermò a
guardare la schiena bianca del tritone e la linea appena percettibile
lungo la quale la pelle a un certo punto si fondeva con le brillanti
squame. Quel corpo sprigionava forza e giovinezza.
Sasuke si accomodò su una sporgenza muovendo lentamente la
coda. Sul suo viso si agitavano ombre incerte dovute ai riflessi della
luce sull’acqua. Naruto si avvicinò e Sasuke
iniziò a cantare. La sua voce era quanto di più
bello avesse avuto mai la fortuna di poter udire. Non fu più
in grado di muoversi, come se anche un respiro di troppo o un movimento
azzardato avrebbero potuto spezzare quel momento.
La voce di Sasuke era morbida come il velluto, era sola ma al contempo
ne racchiudeva altre cento, più simile per le sue
qualità alla natura di uno strumento, complesso e
bellissimo, che a quella umana. Nel suo canto non c’erano
parole che Naruto potesse comprendere, eppure riusciva ugualmente a
cogliere un senso, un messaggio ancestrale proveniente direttamente
dalla sua stessa anima. Era come se Sasuke riuscisse a far
emergere dal profondo ciò che li rendeva simili, un ideale
comune. E mentre con sguardo vacuo osservava le labbra di Sasuke
intonare quel canto, muovendo impercettibilmente il capo per seguirne
la melodia, immaginò l’oceano incontaminato e
l’alba tingersi di rosa, il cielo ancora ricoperto di stelle.
Un formicolio gli percorse tutte le membra, aveva la sensazione che lo
spirito lo stesse abbandonando e ne fu spaventato e felice allo stesso
tempo. Quando il canto terminò fu come se avessero levato il
sole.
Deglutì a
fatica, aveva le fauci completamente secche. “Questo
è il canto delle sirene?” Biascicò.
“Che cosa
hai visto Naruto?” La voce dura e sommessa di Sasuke
risuonò nella grotta.
“L’oceano,
ma era diverso da quello che conosciamo.”
“In che
senso?”
“Come se non
fosse mai stato visto e toccato prima.”
“Era
puro.” Chiarì Sasuke.
Naruto si
rannicchiò di fianco a lui, non aveva mai guardato Sasuke da
così vicino. I capelli neri bagnati gli aderivano al viso,
aveva le sopracciglia scure e le ciglia unite da minuscole gocce
d’acqua. Senza capirne il motivo, sentì il cuore
stringersi in una morsa dolorosa.
“Un tempo il
mare era puro e incontaminato, ma la cupidigia dell’uomo ha
distrutto ogni cosa.”
Naruto
aggrottò la fronte. “Quasi ogni cosa.”
Lo disse con convinzione, proprio quella che gli mancò nel
modo incerto con cui gli sfiorò il braccio.
“Hanno
letteralmente rastrellato il mare.” Sasuke usava spesso
termini forti che lasciavano Naruto turbato. “I pesci muoiono
schiacciati, trascinati, infilzati. Gli uccelli del cielo vengono
ricoperti di nero. Gli squali privati delle loro pinne. I delfini
massacrati nelle conche fino a rendere l’acqua del colore del
sangue.”
Piccoli pesci
argentati, simili ad aguglie, nuotavano vicino alla superficie. Sasuke
abbassò le palpebre e la malinconia del suo sguardo trafisse
il cuore di Naruto.
“Laggiù
al largo, la plastica ha ricoperto la superficie dell’acqua.
Ma la marea riporta tutto indietro, nulla sparisce e nulla viene
dimenticato. Io per primo non riesco e non voglio dimenticare. Odio gli
umani con tutto me stesso e mi sento impotente perché non
c’è modo di fermarvi.”
“Come puoi
fermare l’umanità?” Naruto lo
guardò incredulo.
“So che non
è possibile. È come un gigantesco macchinario in
movimento e io sono disarmato, se ci metto un braccio dentro gli
ingranaggi me lo tranciano. Ho rotto reti con i denti, sabotato barche,
liberato i vostri animali seviziati, ma nonostante i miei sforzi,
nonostante tutte le volte abbia messo a repentaglio la mia vita, non
sono riuscito a cambiare nulla. Quello che faccio rappresenta
ironicamente una goccia nell’oceano.”
Naruto non sapeva che
dire, non voleva che Sasuke si arrendesse, non voleva che provasse
tutto quell’odio senza uscita… e soprattutto non
voleva che morisse.
“Quel giorno non è stato uno sbaglio.”
Alzò gli occhi sul tritone.
“E non ci
siamo nemmeno incontrati per caso.” Continuò
Sasuke. “Il mio corpo… è come se il mio
corpo si fosse mosso da solo. Qualcosa dentro di me mi suggeriva di
uscire allo scoperto.”
“È
stata una follia!” Disse Naruto, allargando un sorriso.
“Lo
so!” Disse. “Ma vederti fare una cosa
così stupida…”
“Stupida?”
“vederti
tuffare nel mare in burrasca per recuperare un sacchetto di plastica mi
ha dato speranza.”
Naruto
sghignazzò. “Non è male essere stupidi,
a volte ti porta a fare cose incredibili.”
Sasuke
agganciò il braccio intorno al collo dell’amico e
lo gettò in acqua, trascinandolo con sé. Naruto
riemerse ridendo e si scostò all’indietro i
capelli fradici.
“Ora non
montarti troppo la testa.” Sbuffò Sasuke.
S’era alzato
il vento e l’acqua pareva fremere, cosparsa dei bagliori
dorati del sole ormai al tramonto. Sasuke si appoggiò con
l’avambraccio alla falchetta della barca.
“Ora
è meglio che vai, è tardi.”
Per cosa fosse tardi
Naruto non lo capì al principio, però poi
pensò che il cielo sarebbe divenuto lilla e con la sola luce
della luna sarebbe stato difficile fare ritorno.
“Sì,
allora ci salutiamo.” Disse. Si mise in ginocchio,
afferrò la nuca di Sasuke con entrambe le mani e lo
baciò. Fu un bacio dettato dall’urgenza.
Arricciò il naso contro il suo, poi inclinò il
viso e premette con forza le labbra sulle sue come se volesse annullare
anche la più infinitesimale distanza, tra loro non poteva
intercorrere nemmeno una molecola di ossigeno. I capelli neri e umidi
tra le sue dita erano sorprendentemente morbidi. Sasuke
spalancò e strinse gli occhi in una frazione di secondo.
Tenendosi con una mano all’imbarcazione puntò
l’avambraccio al collo di Naruto e lo allontanò
con violenza, ricadendo all’indietro nell’acqua.
“Che diavolo
ti prende?” Sbraitò e fu lì con il
dorso della mano pronto a pulirsi le labbra.
“Cos’era questo?
“Un
bacio.”
“’Fanculo.”
Sibilo sputando nell’acqua. “E che
significa?” Odiava l’espressione calma di Naruto,
mentre il suo animo era tutt’altro che tranquillo.
Naruto si
grattò il collo. “È…
“ strascicò le parole. “È un
modo per salutarsi.”
“Tra
amici.” Specificò.
Sasuke
indurì lo sguardo. “Saluti in questo modo tutti i
tuoi amici?” La sua voce era fredda.
“No, beh,
solo con te.” Naruto era arrossito fino alla punta delle
orecchie e non sapeva più in che modo sostenere lo sguardo
di Sasuke. Afferrò un remo e si osservò
attentamente le nocche sbucciate, le schegge di legno divenute piccoli
puntini conficcati sul lato esterno dell’indice.
Sasuke
serrò la bocca in una linea severa e dovette metterci tutta
la buona volontà per trattenersi dal picchiarlo.
“Non osare mai più.”
A Naruto
tremò il labbro, sentiva la necessità di dire
qualcosa di stupido anche se aveva inteso quanto Sasuke fosse
incazzato. Fortunatamente non fece in tempo a peggiorare la situazione
perché il tritone s’immerse sott’acqua.
“Non
sparire!” Sbraitò Naruto, ora iniziava ad
arrabbiarsi anche lui. Iniziò a remare.
Sasuke lo
seguì per un breve tratto, nuotava appena sotto la
superficie del mare, zizzagando sotto l’imbarcazione.
La sua coda brillava
dei colori del tramonto, come cosparsa di gemme. Naruto
l’osservò sospirando, era sul punto di staccarsi
dai remi per immergere un braccio e provare a sfiorarla. Per dargli
fastidio o che altro non sapeva nemmeno lui. In un attimo il tritone
scomparve nel nulla tra un’onda più gonfia delle
altre e la bianca schiuma. Gabbiani dalla livrea giovanile volavano
bassi emettendo versi striduli, poi risalivano in alto nel cielo e
contro il sole spiegavano le ali nere.
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