Cenere al vento
Cenere al vento
Batte, il cuore batte nella cassa toracica. Non sembra voglia fermarsi,
pompa il sangue come ostinato, trasportando ossigeno, trasportando la
vita accecato dal suo fine ultimo.
La macchina che lo muove segnala ogni suo movimento, e senza
pietà scandisce il ritmo lento che ti mantiene ancora in questo
mondo.
Crudele, spietato, come annoiato dal tedioso compito che gli è stato affidato.
Non si ferma, non si ferma.
Il sangue rosso lo gonfia ripetutamente, alzando i muscoli del torace
ormai tiepido, soffocato dalle lenzuola bianche, stretto tanto che
l’occhio non può accarezzarlo, non può toccarlo
neanche.
Bip. Bip. Bip. Bip.
Sulle coperte spesse c’è ancora una macchia di lacrime.
Una giovane donna ha pianto per te, non mi ricordo il suo volto, non mi
ricordo la sua voce, non l’intonazione del suo pianto, non il
profumo della pelle.
Aveva gli occhi verdi di mare e la pelle bagnata di sale.
Tra questa sedia e il tuo letto ci stanno solo dieci piastrelle bianche.
E sono tante, davvero tante, ma non abbastanza per fermare il verso freddo di quella macchina.
I miei occhi sono pieni del tuo volto, ma non sembrano accorgersi del
tubo che dalla gola sale fino a coprirti tutto il viso, nascondendolo
sotto di una barriera di plastica.
I tuoi radi capelli sparsi sul cuscino sono dello stesso colore del grano maturo che la mia memoria conserva.
Non voglio vedere altro, non voglio sentire altro.
Mi basta annegare nel tuo oro.
Bip. Bip. Bip. Bip.
Sono distese lungo i tuoi fianchi le braccia morbide, sono così magre ora che paiono stecchi di un albero secco.
La pelle è secca, rimasta troppo a lungo in un riposo forzato.
Non sembrano le stesse braccia che più volte m’hanno
stretto, che più volte m’hanno cercato, che più
volte m’hanno accolto come una tana sicura.
Ora sono solo l’immagine di una morte che non riesce a prenderti nemmeno dopo sforzi immani.
Le dita serrate a pugno come quelle di un bambino che ha appena
scoperto la luce del sole, o come le zampette di un insetto che cessa
di vivere dopo agonizzanti secondi interminabili.
I muscoli molli sono gelatina al tatto.
Orribili, orribili.
Bip. Bip. Bip. Bip.
Il tuo corpo è stato aperto con una mazza da baseball.
La chiazza color carne sulla tua testa, là dove dovrebbero
esserci morbidi e biondi capelli, dove la mano non dovrebbe fermarsi ad
incontrare una crosta color sangue, mi ricorda ogni istante il buco che
ti hanno aperto sul cranio.
Non avevo visto tanto sangue, non avevo visto mai un cervello in vita mia. Era così rosa…
E’ stato aperto anche da altre mani, mani guantate e da lame
precise, perché i calci che il tuo ventre ha ricevuto hanno reso
troppo molle il tuo stomaco, troppo viola la tua pelle, troppo
dolorante il corpo tutto.
Hanno salvato il corpo, ma il cervello non ha retto.
Bip. Bip. Bip. Bip.
Sembri addormentato, in quel letto così bianco. In questa stanza
così bianca, in questo posto così bianco, l’unica
nota di colore sono i vestiti che indosso. Perché la nostra
pelle è della tonalità di queste pareti tanto perfetto.
Ci assomigliamo così tanto, in questo momento, che non mi pare ci possano essere così tante barriere a separarci.
Eppure la tua coscienza vaga, non ascolta queste parole, non recepisce né dolore né gioia.
E’ crudele, perché danza senza poter essere vista.
Chissà cosa stai dicendo, così muto, così silenzioso, Naruto.
Bip. Bip. Bip. Bip.
Un po’ del sangue che ti circola in corpo è anche mio.
Posso dire di appartenerti in questo momento come mai sono riuscito ad
essere. Dovevo aspettare di vederti le interiora per riuscire a
raccattare i pezzi del tuo corpo.
Prima le mie mani non sentivano, le mie orecchie non udivano, i miei occhi non vedevano.
Era insensibile come il corpo privo di spirito vitale.
Ora pagherei con la mia stessa vita per riuscire a sentire anche una sola tua parola.
Bip. Bip. Bip. Bip.
Egoista.
Ci si accorge del valore delle cose quando le si perde. Non ho voluto
comprendere cosa nascondessero i tuoi occhi, il tuo sorriso, e ora mi
ritrovo con un pugno di mosche in mano. Con l’aria che diventa
sempre più pesante ad ogni respiro, come se catturarla e
introdurla nei miei polmoni fosse una fatica che il mio corpo non vuole
fare.
Nemmeno il rumore di un sospiro riesce ad arrivare alle mie orecchie.
Non è la mia voce ciò che cerco, non è il mio odore, non sono le mie sensazioni.
Non vedrò altro che un corpo fermo, immobile, su di un letto, ad
aspettare che il suono di una macchina fredda cessi d’essere
assieme a lui.
Bip. Bip. Bip. Bip.
Non ho capito la ragione, non ho capito il motivo.
Essere tanto geniali a volte fa correre il rischio di ritrovarsi
domande troppo ostiche, troppo difficili da essere poste con
leggerezza. E le risposte rifuggono, fuggitive della coscienza che non
vuole accettarle, non vuole nemmeno vederle.
Vivere significa condurre un viaggio proprio alla ricerca di queste
risposte, ma questo vuol dire, forse, che la conoscenza equivale alla
morte?
Se fosse così, saresti il più vivo dei cadaveri, Naruto.
Bip. Bip. Bip. Bip.
Non voglio sentire più, non voglio sentire più, non voglio sentire più.
Non voglio sentire una macchina che parla al posto tuo. Che respira al posto tuo, che vive al posto tuo.
Non voglio sentire più
Bip. Bi…
Ecco.
Finalmente, ora c’è solo il silenzio…
Holà, signori miei ^^
Quella che avete appena letto è la mia seconda (e spero ultima) SasuNaru.
Una piccola
shot senza alcuna pretesa ^^ Come dire, non è che mi fossi
stancata del Clan Aburame, tutt'altro... Volevo solo riprovarci ^^ La
prima volta è andata male, la mia ff SasuNaru non m'è
piaciuta per niente... Spero che questa volta sia andata meglio ^^
Il punto di
vista è unicamente di Sasuke, immagino si sia capito. Come
immagino si sia capito come mai Naruto sia su di un letto d'Ospedale a
lottare tra la vita e la morte. E' una what if..? nel senso che non
penso che mai Naruto e Sasuke possano ritrovarsi in una situazione del
genere ò_ò ne mai glielo auguro ò_ò
Detto questo... grazie di aver letto ^^
Alla prossima ^^
Meg
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