Potter era in ritardo.
Draco gettò uno sguardo
all’orologio, come se potesse costringere le dannate lancette a tornare
indietro solo con la forza di volontà… beh, probabilmente avrebbe potuto farlo,
usando la magia più che la forza di volontà, ma questo non avrebbe di certo
fatto scorrere il tempo all’indietro, semplicemente avrebbe rovinato l’orologio
e fatto comparire uno sguardo scocciato sul viso del cameriere.
Potter era in ritardo. Ne
avevano discusso. Ne avevano discusso con irritazione la prima volta: sette
minuti di ritardo. Ne avevano discusso con cieca rabbia la seconda: dodici
minuti di ritardo. Ne avevano discusso piangendo la terza: quattro minuti di
ritardo… beh, era lui che piangeva, Potter si limitava a sussurrare le sue
scuse con sul viso la faccia di uno che ha appena dovuto soffocare a morte il
proprio cane.
Draco cercò di
concentrarsi sulle possibili motivazioni per cui uno dovrebbe soffocare a morte
il proprio cane, era arrivato alla terza quando si rese conto che stava
stringendo i denti tanto forte da riuscire a sentire i primi sussurri amorosi
di un’emicrania.
Il punto non era il
ritardo, non solo, ovviamente odiava l’idea di aspettare e odiava il fatto che
lui non era mai in ritardo, per cui Potter poteva anche fargli il piacere di mostrare
lo stesso rispetto che gli veniva riservato… ma il punto non era quello…
Potter era un Auror, Draco
avrebbe amato pensare che fosse un lavoro esaltante, non lo era. Sapeva cosa
facevano gli Auror, lo aveva vissuto di propria mano sia come indiziato che
molti anni dopo tra le loro fila come riottoso consulente.
Non era orgoglioso di lui
e non trovava eccitante vederlo in uniforme. Il lavoro da Auror era pericoloso
e lui di pericolo ne aveva mandato giù abbastanza per se stesso e le sette
generazioni a venire, grazie tante.
Non si trattava di
aspettare il proprio compagno in ritardo per la cena, si trattava di aspettare
un agente operativo Auror che al mattino era uscito con la divisa delle
missioni.
Potter gli aveva promesso
che sarebbe tornato per cena e la sedia davanti a lui era vuota.
Potter era in ritardo.
Dopo la terza volta, dopo
aver passato tutto il pranzo in assoluto silenzio a costringere boccone dopo
boccone attraverso la gola ancora stretta dall’ansia. Dopo non essere riuscito
nemmeno a guardarlo negli occhi perché sapeva che non sarebbe stato in grado di
farlo senza far scoppiare la bolla di emozioni che gli stringeva il petto... di
certo non dopo aver passato quattro minuti a riflettere sulla possibilità di
non poter mai più alzare gli occhi su di lui. Dopo aver lasciato il ristorante
e aver raggiunto casa. Dopo che Potter era esploso perché erano solo quattro
dannatissimi minuti ed era ora che la finisse di fare i capricci. Dopo che
aveva avuto una mezza scena isterica e vomitato tutta la cena. Dopo avergli
confessato che non era arrivato in ritardo di quattro minuti, ma che nella
testa di Draco per tutta la durata di quei quattro minuti lui era morto . Dopo averlo sentito sussurrare
le sue scuse direttamente contro il suo orecchio con le braccia strette tanto
forte attorno a sé da sentire male alle costole… Dopo quella terza volta Potter
non era mai più stato in ritardo, mai.
Draco guardò l’orologio: Potter
era in ritardo.
Deglutì e per un momento
la gola sembrò tanto stretta da temere che la saliva gli sarebbe uscita dal
naso. Potter stava bene, Potter stava bene, Potter stava bene.
Forse aveva avuto dei
problemi a scegliere la cravatta, era sempre in imbarazzo quando pranzavano in
un ristorante a cinque calderoni. Draco sapeva che avrebbe preferito una di
quelle trattorie in periferia, non che non ci andassero fin troppo spesso. Ma a
lui piacevano i ristoranti a cinque calderoni, gli piaceva provare sapori nuovi
ed insoliti, gli piaceva rincorrere con la lingua i mille piccoli sapori nel
suo vino italiano invece di mandare giù un sorso di birra solo per togliersi la
sete, gli piacevano i tovaglioli di seta e il modo in cui gli occhi di Harry
brillavano alle luci soffuse. Gli piaceva vedere la smorfietta scettica al
piatto che gli veniva posato di fronte e il piacere sorpreso quando il
minuscolo boccone di assaggio colpiva le sue papille gustative nel modo giusto.
Gli piaceva il bisogno istantaneo che aveva di dirgli che qualcosa era
particolarmente buono, come se non glielo avesse già letto sul viso. Gli
piaceva come storceva il naso di fronte al piatto dello chef, non lasciando che
gli ingredienti da capogiro e l’opinione del resto del mondo influenzasse la
sua: sembra purè di patate con un po’ di muffa mescolata dentro.
Draco prese un sorso di
champagne e lo sentì asciutto e scivoloso sulla lingua. A Potter non piaceva lo
champagne, preferiva i vini dolci, Draco non pensava si potesse avere
un’opinione sullo champagne, sulla sua qualità sì, ovviamente, ma non aveva mai
creduto che si potesse non amare, che fosse un’opzione valida. Era champagne,
tutti amano lo champagne… beh, tutti tranne Potter, Potter lo aveva assaggiato
e non gli era piaciuto, nulla di più semplice. Draco lo aveva ordinato quella
sera solo per dargli fastidio, solo per vedergli arricciare il naso, o forse lo
aveva ordinato perché a volte si era ritrovato a chiedersi se a lui piacesse
davvero o se si era tanto abituato al sapore da crederlo soltanto. Quand’era la
prima volta che aveva assaggiato lo champagne? Non lo ricordava… e adorava
quando Potter arricciava il naso.
Il sorso scese
disgustosamente nella sua gola, ma in quel momento anche un Chateau
Cheval Blanc gli sarebbe
sembrato acido… beh, forse non un Chateau Cheval Blanc…
Il cameriere lo raggiunse
con un sorriso per poter riempire nuovamente il suo bicchiere, Draco scosse la
testa e lasciò che l’uomo risistemasse la sedia dopo che si fu alzato.
Camminò lentamente tra i
tavoli, sul viso un’espressione imperscrutabile mentre qualche viso si alzava
con simpatia, un altro con compassione. Pagò per lo champagne e la prenotazione
e raggiunse l’ingresso per Smaterializzarsi. Quando sentì il pop suonare forte
nell’aria la speranza che fosse Potter lo inondò tanto intensamente che tutta
la calma che era riuscito a mantenere svanì all’improvviso e lo sconosciuto con
la bella ragazza attaccata al braccio ricambiò il suo sguardo scioccato con
vago timore prima che Draco riacquistasse la compostezza.
Le mani gli tremavano
ancora quando si decise infine a Smaterializzarsi, ma non sarebbe riuscito a
fare nulla per quello.
Si Smaterializzò davanti
al portone di Harry e quando vide le luci accese dentro casa dovette
aggrapparsi alla maniglia per ritrovare l’equilibrio. Non significava nulla,
Potter aveva decine di amici che usavano la sua casa come stazione di posta.
Magari, magari i suoi amici stavano decidendo chi tra loro avrebbe dovuto…
Draco sentì il singhiozzo
lasciargli la gola e si piegò sui fianchi, cercando di riprendere fiato. Era
una crisi di panico, non era la prima e non sarebbe stata l’ultima, doveva solo
aspettare che passasse.
La porta si aprì prima che
la crisi si esaurisse, Harry aveva dei sistemi di sicurezza, se qualcuno
entrava nel vialetto la casa glielo faceva sapere.
Draco ci mise un po’ a
capire che erano le sue mani, che erano effettivamente le sue mani quelle sui
fianchi e non la sua immaginazione, che erano effettivamente le sue mani e non
quelle di qualcun altro. Ci mise un po’ e l’improvviso sollievo non fece che
rilassarlo abbastanza da permettere alla sua crisi di panico di peggiorare.
Sentì il bicchiere di
champagne riproporsi nella sua gola e riuscì appena a spostare il viso così da
non vomitarsi sulle scarpe in pelle di drago… beh, non erano davvero in pelle
di drago, Potter lo avrebbe ucciso, ma erano la cosa più prestigiosa appena
dopo la pelle di drago.
Solo quando ebbe finito di
rigettare, solo dopo aver sentito il proprio stomaco entusiasticamente provare
a proporgli anche quello che aveva mangiato a pranzo, solo allora si rese conto
che Harry, che il vero Harry in carne ed ossa e, per quanto poteva giudicare
dalla stretta forte attorno ai fianchi, decentemente in salute, Harry insomma,
gli stava parlando:
“…tutto bene, respira,
respira, va tutto bene, sei a casa, va tutto bene…”
Draco provò a sbuffare, ma
non ne aveva né la forza né il necessario controllo polmonare, avrebbe voluto
alzare gli occhi al cielo, ma era ancora piegato a metà, Potter non sarebbe
riuscito a vederlo.
Potter stava bene.
Draco ebbe una seconda
crisi di panico e cedette ad essa mentre Harry lo faceva sedere sul piccolo
scalino d’ingresso.
Harry voleva eliminarlo,
era un scalino minuscolo e le persone finivano solo per inciamparci… in realtà
voleva toglierlo perché Ted ci si era inciampato una
volta, Draco aveva fatto appena in tempo ad infilare una mano fra il mento del
bambino e le mattonelle del vialetto, alla sua mano non era piaciuto, il
marmocchio era ripartito come se niente fosse, ma Harry aveva dichiarato guerra
allo scalino… il che era semplicemente assurdo dato che Ted
inciampava in qualunque cosa, Ted inciampava anche se
non c’era assolutamente nulla, Ted stava imparando a
camminare, per Merlino!, era ovvio che inciampasse, era inciampato anche sui
suoi piedi… Draco prese un respiro profondo, cosa stupida da fare dato che era
ad appena mezzo metro da una pozza di vomito… chissà se Potter avrebbe
dichiarato guerra anche ai suoi piedi, che poi non è che a lui importasse molto
del destino di quello scalino, tuttavia…
Non sembrava così male ora
che ce lo aveva sotto al sedere, non sembrava così diabolico con Harry che lo
stringeva forte al petto continuando a sussurrare stupidaggini. Mentre Draco
perdeva il controllo del proprio corpo per la seconda volta in dieci minuti non
gli sembrarono pessime nemmeno le suddette stupidaggini.
Restò ad ansimare contro
la sua spalla per un tempo infinito, si stava disordinando i capelli, ne era
certo, capelli che per la cena aveva pettinato maniacalmente, Harry aveva un
debole per i capelli ordinati, Draco sapeva che li odiava, sapeva che più li
teneva ordinati più il compagno avrebbe avuto voglia di metterglieli in
disordine e non c’era nulla di meglio dal momento che difficilmente lo faceva
usando le mani, o meglio le mani le usava eccome!, ma non necessariamente fra i
suoi capelli…
Cercò di tirarsi su e
Harry lo aiutò, tenendolo da un gomito mentre lo accompagnava fino al divano
prima di tornare indietro per chiudere la porta, quando lo vide fare le scale a
due a due fino alle camere da letto Draco sentì la rabbia fare capolino
attraverso la spossatezza. Dove diavolo pensava di andare?