The Goodbye Kiss

di Alfred il sanguinario
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Steve appoggiò la lettera sulla mensola e la fissò. Sapeva da dove venisse, conosceva quel carcere, perché sapeva che era dove avevano mandato lui. Non era nemmeno più riuscito a ripetere il suo nome, dopo quella notte. Anche nella sua mente, cercava di evitarlo. Ma non si poteva dire lo stesso del suo viso; quel viso ovale, slavato, con gli occhi azzurro ghiaccio e le labbra carnose, scure e in contrasto con la pelle diafana, che vedeva quasi ogni volta che chiudeva gli occhi. 
Aveva troppa paura ad aprire quella lettera, e rimase in piedi a fissarla con sguardo vacuo. Il sapore della sigaretta ancora gli invadeva il palato, e questa volta non sembrava in grado di dargli nemmeno quel minimo conforto che solitamente gli arrecava. 
Lentamente, come se temesse delle conseguenze, si avvicinò alla mensola su cui l'aveva adagiata. La prese in mano e, chiudendo gli occhi, la aprì. Sentiva che doveva farlo, era come se una parte di lui avesse vinto il timore nonostante tutto. Una parte di lui, forse, era curiosa, e quasi sperava che fosse qualcosa riguardante lui, quel lui. Voleva sapere che fine avesse fatto.
Hey Steve
Non so come te la passi, non ci vediamo da un po', giusto? 

Qui ho molto tempo libero, e quindi ho potuto vedere tutte quelle trasmissioni sulla nostra storia. Ti chiamano il 'final boy', di solito è una final girl a restare, ma direi che oggi le cose stanno cambiando. 
Comunque, in tutti quei programmi ti descrivono come l'eroico sopravvissuto, ma io e te sappiamo la verità, giusto? 
E anche Bryan la saprà, ovunque sia. 
Con amore, 
Bryan


Il foglio gli cadde dalle mani. Ripensò a ciò che aveva letto, e ripensò a ciò che ricordava di quella notte. Nulla, praticamente. Sapeva che Bryan lo aveva ferito alla spalla, perché è ciò che gli avevano detto quando si era risvegliato all'ospedale. Dicevano che avesse probabilmente assistito a quando Bryan aveva stuprato Thomas, e che non potevano escludere avesse provato a stuprare anche lui. Dicevano fosse stato legato. 
Ma la verità è che Steve non ricordava nulla, nulla di tutto ciò. Poteva scavare quanto voleva nella sua mente, ma tutto ciò che riusiva a rievocare era il momento in cui, confuso e dolorante, gattonava sul cornicione del palazzo, e quando, pochi istanti dopo, aveva afferrato la mano del pompiere, perdendo conoscienza non appena aveva appoggiato i piedi a terra, nell'oscurità della notte illuminata da psichedeliche luci rosse e blu a intermittenza, provenienti dalle auto della polizia circostanti. 
Ricordava anche un'altra cosa, molto prima. Quando lui, Bryan, gli aveva aperto la porta d'ingresso di casa sua, con quel viso che ora lo terrorizzava su cui era stampato un sorriso. 
Ma c'era qualcos'altro che sentiva. Non era un ricordo, o forse in parte lo era. Ma percepiva un fondo di senso di colpa, nel rievocare quella notte. Colpa verso Thomas, ma colpa anche verso Bryan. 




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