Il racconto di mamma

di Bheiroze
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Mamma raccontò, di quella volta in cui si ammalò, di tristezza, insoddisfazione.
Parlò a me piccina, in un letto, tra coperte soffocanti.
Ero io a voler urlare, per essere incapace di fuggire. Ma mamma non capiva, non voleva farlo affatto.
Così si avvicinò, parlando un po' più forte, voleva che sentissi, che in qualche modo ascoltassi.
"E' per te che piango adesso, che con occhi vuoti osservi la tua ombra, tremante. E' un mostro quello, sì o no? Puoi parlare se vuoi, puoi parlarmene se vuoi".
Ma non importa quanto forte parlasse, non volevo ascoltarla, vedere gli occhi suoi.
E la mia ombra crebbe, grande e forte. In contrasto con me, che divenivo sempre più scarna, piccola.
Il suo racconto rintronava, sotto le lenzuola, nella galleria formatasi dentro alla mia testa. Era la mia ombra a parlare? Era mia madre a urlare?
Confusione.
Un aggrovigliarsi di immagini insensate, in una folle sequenza che continuava a ripetersi, in bianco e nero, come l'oscurità della mia stanza e la luce dalla finestra. Che colori offriva il mondo?
Lo dimenticai, cancellai.
Era notte quando mamma si intrufolò dentro al mio letto.
Ridacchiava, era illogico.
E risi a mia volta, cercando di compiacerla, ma lei smise, tacendo. Nell'oscurità non riuscivo a leggerle il volto.
Mamma mi abbracciò, allacciandomi le sue mani attorno al collo.
"C'è qualcosa che non va? Puoi dirmelo lo sai, scriverlo semmai".
Era caloroso, era amore il suo, lo sapevo, me lo ripeteva sempre.
Rivolsi lo sguardo al soffitto, vedendo tutto bianco.
Il racconto di mamma si ripeté, ma in un ronzio s'infranse.
Desiderai di tornare, in quel luogo di luce e calore. Fu il mondo al di fuori, a fare tal rumore?

No, fu il suo pianto, che oscurava l'umore mio.
L'orologio rintoccò, il rumore fastidioso dello scorrere del tempo.
Guardai il fianco del letto, oramai vuoto.
Il suo racconto si concluse, con un cappio attorno al collo.
Era una premonizione quella? La mia ombra divenuta adulta?
Mamma...
Mamma.
Ti prego, raccontami.





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