Can anybody find me somebody to love?
1977.
La
stanza era buia e vuota. C’era solo lui, seduto sul letto dalle travi antiche e
cigolanti, con la chitarra acustica e malamente accordata tra le braccia, lo
sguardo perso nel vuoto e le dita che pizzicavano le corde un po’ a casaccio,
senza far suonare loro alcuna precisa melodia. Brian sospirò, facendo sollevare
un ricciolo che gli cadeva sulla fronte. Appoggiò la chitarra alla parete,
posando il mento sul dorso della mano battendo il piede sinistro a terra
nervosamente. Era annoiato. Annoiato e sconnesso, distratto. Ascoltava
distrattamente John, che suonava il suo basso nell’altra stanza, accompagnato
dalla voce di Freddie. Si alzò in piedi, sistemando i suoi libri impolverati
nella libreria. E poi, da fuori, un insistente bussare lo fece sospirare.
- Chi
desidera l’attenzione di Brian May?
- Apri,
cazzone.
Brian
ruotò gli occhi nelle orbite, scuotendo la testa e dirigendosi verso la porta,
aprendola. – Un po’ meno maleducato la prossima volta, Rog.
-
Scusami, Bon Ton. – il biondo si buttò sul letto di Brian, appoggiando un
braccio sugli occhi e sospirando. Brian lo osservò, deglutendo. Aveva capelli
disordinati e vestiti stropicciati, forse proprio come lui, i cui capelli erano
diventati ispidi e crespi per colpa dell’umido. Però, Roger riusciva, anche in
quelle condizioni, a farlo sentire un completo idiota invaghito perso, come lo
era da anni. John gli aveva sempre detto che lo guardava come un bambino guarda
le nuvole e le stelle, la sabbia e gli animali. Lo guardava affascinato, grato,
ammaliato, ogni volta che lo guardava era un po’ più ammirato della precedente.
Roger gli abbacinava la vista e i sensi, gli faceva perdere ogni tipo di
ragione. E come sempre pregò che il ragazzo non se ne accorgesse. E come sempre
sperò che Roger non notasse il rossore sulle sue guance, le sue mani tremanti.
Era tanto che si conoscevano, eppure lui si era accorto di ciò che Roger gli
faceva sentire solo un anno prima, durante la registrazione di Somebody To Love,
quando erano stati talmente vicini da poter sentire l’uno il respiro
dell’altro. E per quanto si sforzasse a non pensarci, il sentimento diventava
sempre più forte ogni volta che lo guardava, che lo sentiva suonare, che era
vicino a lui.
Roger
si sedette, fischiettando proprio quella canzone tra sé e sé. Brian distolse lo
sguardo, accarezzandosi il braccio. – Cosa… Cosa ci fai qui?
- Non
riesco a dormire.
- No?
Perché?
Dalla
camera adiacente si sentì un acuto. Roger alzò un dito, puntandolo in direzione
della stanza in questione. – Per questo.
- E in
tutto ciò che c’entro io?
Roger
sbuffò. – Sei intelligente. Puoi arrivarci da solo. Mi annoio.
-
Suona.
- Non
mi va.
-
Allora ascolta Freddie cantare. Come sto facendo io.
- Sì,
vabbè. Lo sto facendo. Ma mica passo il tempo.
Brian
rise, scuotendo la testa. – I fan del grande Freddie Mercury ti fucilerebbero
se ti sentissero.
Roger
sollevò le spalle. – Me ne farei una ragione.
- Da
morto?
-
Probabilmente.
Il più
alto lo guardò sorridendo, sedendosi affianco a lui. – Rog.
- Che
vuoi?
Brian
alzò gli occhi al cielo nel sentire la risposta, ma ci passò sopra. Ci era
abituato, tutti ci erano abituati, alle sue risposte scocciate, disinteressate.
- Tu…
Tu ci tieni a me?
- No.
-
Prendi per il culo?
- Forse.
- Rog.
- Cosa?
-
Rispondimi.
- A
cosa?
Brian
sospirò pesantemente, alzandosi. – E’ impossibile.
- E
dai, che palle. Certo che ci tengo a te. Sei come un…
- No. –
lo fermò Brian, chiudendo gli occhi e serrando i denti. – Non… Non dirlo.
- Ma
che cazzo hai stasera? – fece Roger aggrottando la fronte. – Prima mi chiedi
una cosa, poi ti rispondo e mi fermi. Sicuro di non avere un disturbo di
personalizzazione o cose così?
-
Personalità.
- Sarei
dovuto essere un dentista, non un neurologo.
- Non
c’entrano niente i neurologi.
-
Cazzo, secchione, vuoi arrivare al punto o no?
Brian
sospirò, guardando fisso la parete. – Non c’è un punto.
Roger
lo guardò con gli occhi azzurri assonnati. – Perché questa domanda?
-
Perché… Perché io tengo molto a te. P-più di quanto pensi.
Il
biondo allargò le braccia. – Lo so. Mi conosci più di qualsiasi persona. Ed è
proprio per questo che non riesco a capire il senso di questa tua domanda.
Brian prese
di nuovo la chitarra tra le mani, accordandola come poteva, sedendosi a terra. E
Roger riconobbe la canzone che lui stesso stava fischiando poco tempo prima,
nonostante gli altri due ragazzi della band stessero provando. Abbassò la
testa, mentre Brian continuava a suonare. Iniziò a battere il piede a ritmo,
schiarendosi la gola e iniziando a cantare sottovoce.
Each
morning I get up, I die a little.
Can
barely stand on my feet.
I take
a look in the mirror and cry.
Lord,
what you're doing to me?
I
spent all my years believing you,
but
I just can't get no relief, Lord.
Somebody,
oh somebody.
Can
anybody find me somebody to love?
Brian
iniziò a cantare con lui, concentrandosi sulle note e sugli occhi di Roger,
persi sul ponte della chitarra.
I got
no feel, I got no rhythm.
I
just keep losing my beat,
I'm
OK, I'm alright.
I
ain't gonna face no defeat.
I
just gotta get out of this prison cell,
someday
I'm gonna be free, Lord.
Roger
respirò profondamente, buttando poi fuori tutta l’aria in un sospiro, mentre
Brian smetteva di suonare, appoggiando la chitarra a terra.
- Ne
avrei bisogno anch’io. – disse il biondo.
Brian aggrottò
la fronte. – Di che cosa?
- Di…
Qualcuno da amare. Oh, qualcuno può trovarmi qualcuno da amare? – rise Roger. -
Stronzate. Sarebbe una rottura.
Il ragazzo
coi ricci deglutì, drizzando la schiena. – Perché?
- Mi
spaventa, l’amore. E poi, sarebbero troppe responsabilità. Anzi, prego di non
innamorarmi mai.
- Non…
Non sei mai stato innamorato?
- Ho
fissato tanti culi in vita mia, ma non me ne sono mai innamorato. Mi va bene
così. Ho tante ragazze intorno, va alla grande così com’è. Non mi importa avere
qualcuno da amare.
Brian
sentì gli occhi farsi lucidi e pregò che Roger non lo notasse. – Tu… Tu non sei
in grado di amare. Non sei disposto ad amare e non sei disposto ad essere
responsabile. Tu non hai paura dell’amore. Semplicemente non sai amare, e non
sai nemmeno pensare alle cose che dici prima di farle uscire da quella bocca. A
te interessa solo di te stesso e delle ragazze che ti porti a letto senza poi importartene
un cazzo di loro. Senza importartene niente delle ferite che procuri a qualcuno
con le tue parole da stronzo. Sei questo, Roger. Sei solo un codardo egoista.
Quando finì
di parlare, il cuore gli batteva a mille, sentiva il sangue pulsare nelle
tempie e teneva i pugni chiusi. Non era riuscito a restare calmo, non era
riuscito a stare zitto, non era riuscito a sopportare. Non poteva riuscire a
sopportare.
Roger lo
guardò fisso negli occhi. Era calmo, ghiacciato. – Tu non hai capito niente
della vita.
Brian strinse
più forte il pugno e si morse il labbro, talmente tanto da farlo sanguinare. –
No, Roger. Sei tu, sei tu che non hai capito niente. E non capirai mai niente. Non
capirai mai, cazzo.
- L’ultima
cosa che può far star bene qualcuno è l’amore, Brian. E’ così stupido, così
inutile, è da masochisti stronzi e sognatori che non guardano la realtà negli
occhi. Stupidi.
- Stai
zitto.
- Perché?
Perché hai paura di sapere la verità? Hai paura di sapere quello che penso,
Brian May? Hai paura di sapere cosa realmente è l’amore?
-
Smettila! – gridò Brian. E perfino le voci nell’altra stanza si fermarono. Si fermò
il basso, si fermarono le risate di John e gli acuti di Freddie. – Tu non
riesci davvero a capire.
- Perché
ti incazzi in questo modo, Brian? Perché ti interessa così tanto?
- Perché
sei tu, cazzo! Sei tu quel qualcuno! Sei tu la persona da amare. Sei tu quella
persona che vorrei al mio fianco. Perché ti amo, e ti amo dal primo giorno. Ti amo
ogni volta che ti vedo sorridere. Ti amo da anni e me ne rendo conto solo da
uno. E ti amerò anche dopo le stronzate che dirai, e io soffrirò, soffrirò
talmente tanto da farmi sanguinare il cuore. Perché amare, dopotutto significa
anche questo. Significa anche soffrire come dei cani, sanguinare, piangere,
sudare. E tu non saprai mai amare. E soprattutto non saprai amare un uomo. Non saprai
amare me. E io non saprò amare nessun’altro che te.
Roger lo
fissava con una freddezza disarmante, un gelido distacco nello sguardo, mentre
Brian recuperava energie e fiato dopo quelle parole che erano state forse le
più difficili della sua vita. Era stato come ingoiare una pallina di ferro che
gli occhi chiari e ghiacciati di Roger gli stavano bloccando in gola
impedendogli di respirare. Brian lo vide alzarsi. Lo vide dirigersi verso la
porta e sentì di nuovo il cuore essere trapassato da mille spade gelide. Gelide
come quello sguardo. Ma quelle spade diventarono calde e morbide, fiorirono e
gli fecero battere il cuore così forte, quando si sentì strattonare, e in un
attimo si ritrovò attaccato alle labbra di Roger. Del suo Roger. E Dio solo
sapeva quante volte avrebbe voluto che accadesse, ed era esattamente come lo
aveva sempre immaginato. Roger sapeva di fumo e dentifricio, le labbra erano
soffici e delicate. Continuò a baciarlo dolcemente, avvolgendo le braccia
intorno alla sua schiena accarezzandogli con i polpastrelli le scapole. Roger teneva
le mani appoggiate sul suo collo, alzandosi sulle punte per raggiungere le sue
labbra. E proprio in quel momento, sentirono un pianoforte suonare le stesse
note che loro stessi avevano suonato in precedenza. Freddie cantava, John
cantava. E Roger si staccò per un attimo, sorridendo e scuotendo la testa. –
Potrei non essere capace di amare. Forse hai ragione. Ma forse… Vale la pena
provare.
Somebody
find me somebody to love.