Dottoressa Vale auguri!!!!!!!!!! *maracas, trombette da
stadio, coriandoli, stelle filanti, spogliarellisti che escono dalle torte,
possibilmente rossi…(riferimenti a cose, fatti e persone puramente casuali)*
^_______________^ Amica, sei una laureata, altresì definibile… donna libera!!!
*invidia gocciolante* Poteva mancare un
mio regalo? Ovviamente no! Devo dirti che grazie a te molti degli appassionati
della coppia Simon/Mel troveranno pace con questa shotty… benefattrice! ^____-
Ti lascio al tuo dono… complimentoni giganti e schioccosi!!
P.S.:…diciamo che quello che vedrete accadere è successo un
anno prima degli eventi di FMI, o giù di lì…
P.S.2: si ringraziano gentilmente Usher e Alicia Keys,
perché la loro canzone è proprio azzeccatissima!
MY BOO
There's always that one person
That will always have your heart
You never see it coming cause
You're blinded from the start
Know that you're that one for me,
It's clear for everyone to see
Ooh baby, you will always be my boo
My
Boo, Usher and Alicia Keys
***************
Mel sorrise largamente contro le labbra
del suo ragazzo, senza nemmeno provare ad allontanarsi da lui. “Ti rendi
conto che stai facendo tardissimo a lavoro?”
Simon annuì, con un sorrisetto vispo e allegro. “Sono
disperato per questo, consolami con un bacetto…”
Mel rise e lo accontentò ben volentieri. Con lui era sempre
un sogno, non c’era mai niente di banale… era come vivere una favola ancora più
bella perché reale. Simon aveva una predisposizione naturale ad amare, era talmente
perfetto ogni volta che apriva il suo cuore a qualcuno… e con lei era
semplicemente divino. Anche i baci non erano come quelli ricevuti da altri, i
suoi erano… speciali. Pieni d’amore. Lui dava tutto, senza trattenere niente… e
lei non era da meno. Tutti li prendevano in giro, li chiamavano la coppia
perfetta, quella incapace di scoppiare… scaramanticamente Mel avrebbe preferito
che si fossero risparmiati questi commenti, ma non le importava più di tanto…
amava troppo il suo ragazzo per lasciarsi condizionare da quelle idiozie.
E la cosa più bella era che dopo cinque anni, ancora sentiva
il cuore che le batteva all’impazzata quando la baciava… come quella mattina.
Avevano fatto in modo di incontrarsi per fare colazione e andare a lavoro
insieme, ma al momento opportuno non erano stati capaci di scollarsi… Mel aveva
accompagnato Simon fin fuori dal suo allevamento, tanto era di strada per il
suo giornale, ma quando gli aveva dato il primo bacio poi era arrivato il
secondo, poi il terzo… e non erano stati più in grado di fermarsi, erano lì a
baciarsi da un quarto d’ora buono.
“…amore…” Mel ridacchiò, mentre cercava di staccare la testa
di Simon dal suo collo. “…amore!”
Simon mise un adorabile broncio. “Odiosa.”
Mel rise e gli accarezzò il viso. “Se tu mi tenti, dolcezza
mia, io non me ne vado più da qui… resto tutto il giorno con te, mi faccio
licenziare dal giornale, non avremo i soldini per la vacanza…”
Simon arricciò il naso. “Un quadretto positivo, niente di
meglio per incominciare la giornata.”
“No, purtroppo per noi è un quadretto fin troppo realista.”
Mel gli sfiorò il naso con le labbra. “Voglio finire presto oggi, così mi
faccio bella per te e andiamo a mangiare fuori… magari in quel bel ristorantino
con i lampioncini, quello del mese scorso.”
“Sissignora.” Simon le fece un sorrisetto dolce e allegro.
“I lampioncini vuoi, e i lampioncini avrai.”
“Quando è finita questa produzione industriale di miele…
Weasley, per caso ti ricordi che hai un lavoro?”
Simon ridacchiò e si voltò. “Si, Sam, me lo ricordo…”
“Scusalo, è colpa mia.” Fece Mel, sfoderando il suo sorriso
da cucciolo.
Sam West, il migliore amico di Simon, era un ragazzone
piuttosto grasso e simpatico, buonissimo e anche molto insicuro di sé. Fin dai
tempi di Hogwarts aveva sempre seguito fedelmente Simon in tutte le sue
decisioni, e anche quando si era trattato di scegliere un lavoro… il buon
ragazzone si era convinto che lavorare insieme al suo migliore amico gli
avrebbe fatto solo bene. E infatti così era stato… presto anche lui si era
affezionato al mondo dei draghi, quello tanto amato dal suo amico, e aveva
imparato proprio bene il suo mestiere. Ma per certe cose ci voleva il tocco
magico… “E’ inutile che mi fai quella faccia, Mel, tanto resta sempre colpa
sua.”
Simon rise e annuì. “Va bene, gigante, adesso che mi hai
ricordato che devo venire a passare con te il resto della mattina, me li dai
cinque minuti per salutare il mio angelo?”
Sam scosse la testa. “Non ce li ha cinque minuti, genio… ti
sei dimenticato che oggi è giorno di compratori?”
Simon alzò gli occhi al cielo e sbuffò. “E ti pareva.”
Mel gli accarezzò dolcemente la schiena. Il giorno dei
compratori era il dramma mensile di Simon… una cosa che odiava. Una volta al
mese si presentavano lì gruppi di persone – generalmente molto ricche – che per
i più svariati motivi decidevano di comprare un drago… e pochissimi di loro lo
facevano per amore nei confronti di quella razza animale, il più delle volte
era per esibizionismo e basta… possedere un drago era un marchio di eleganza
per alcune famiglie dal sangue nobile. Cosa che, Mel sapeva bene, il suo
ragazzo trovava orribile.
“Dai, andiamo…” Sam fece una piccola smorfia. “Il capo ha
bisogno di te… pare che ci sia un riccone americano interessato ad Hector.”
Simon fece un sorrisetto. “Ah, allora ci possiamo fare due
risate.”
Mel si accigliò. “Perché?”
“Hector è un drago terribilmente irascibile.” Le spiegò Sam.
“Simon è l’unico che riesce a calmarlo per più di cinque minuti.”
“Non mi piace…” Mel scosse la testa. “Mi fai preoccupare… se
questo drago è pericoloso…”
“Non è pericoloso, amore.” Simon ridacchiò. “E’ pestifero, è
un bambinone capriccioso, nulla di più.”
“Comunque non sono tranquilla.”
“E allora vieni con me, ti farò vedere che non c’è proprio
nulla di cui preoccuparsi.”
Mel esitò… poi pensò che arrivare tardi a lavoro non sarebbe
stato un problema, avrebbe scattato qualche foto lungo la strada e si sarebbe
giustificata dicendo che aveva trovato dei soggetti interessanti… ora la
precedenza su tutto ce l’aveva la sicurezza di Simon. “Va bene, andiamo… ma se
ti fai anche solo un graffietto sul ginocchio…”
“Capita l’antifona.” Simon le passò un braccio attorno alle
spalle e si diresse verso l’allevamento.
Era una bella giornata primaverile di sole, l’ideale per un
gruppo di buontemponi alla ricerca di un lusso in più da aggiungere alla
propria villa di sei o sette piani… e mentre si dirigeva a passo sostenuto
verso il recinto nella vallata, Simon intuì anche chi era il compratore della
situazione. C’era un gruppetto di quattro uomini, tutti rigorosamente in giacca
e cravatta, vestiti con completi di diversi colori ma tutti elegantissimi. E si
poteva individuare facilmente il capo del branco, perché aveva un vistoso fermacravatta
d’oro a forma di falce con tanto di anello altrettanto notevole, in oro bianco,
alla mano destra.
Decisamente tu tendi
ad essere e non ad apparire, eh amico?
“E adesso… oh, eccolo
qui.” Richard Sommers, il direttore dell’allevamento, vedendo arrivare Simon
gli passò un braccio attorno alle spalle, e gli battè una pacca affettuosa
sulle spalle. “Lui è il nostro miglior allevatore, Simon Weasley. Simon, i
signori sono della Toyos Corporation.”
“La compagnia che sta lavorando al nuovo progetto di
Nottetempo.” Simon strinse la mano dell’uomo in abito bianco col fermacravatta
d’oro. “E’ piuttosto inattesa la vostra visita.”
“Non sai quanto hai ragione, ragazzo mio.” L’uomo si guardò
in giro con aria disgustata. “Questi animali fanno un rumore assordante, senza
contare che ci sono più escrementi qui che in una fabbrica di concime.”
Simon s’incupì… non aveva gradito già quel tono da uomo
vissuto, visto che l’uomo davanti a lui non poteva avere più di trent’anni, ma
l’ultima frase fu la scoccata vincente. “Sentiamo, cosa ci deve pubblicizzare
con un drago?”
L’uomo inarcò un sopracciglio. “Prego?”
“Considerando che in genere riceviamo le visite di veri
intenditori o esperti, e voi non mi sembrate parte né dell’una né dell’altra
categoria, resta fuori la soluzione pubblicitaria. Che con voi casca a
pennello, visto il nome piuttosto noto. O sbaglio?”
Sam si trattenne a fatica dal ridere soprattutto quando vide
lo sguardo in tralice che il loro capo stava lanciando a Simon, che dal canto
suo non sembrava aver intenzione di prendere in considerazione. Anche gli altri
tre uomini in giacca e cravatta si lasciarono scappare qualche sorrisetto.
L’uomo col fermacravatta si tolse gli occhiali da sole. “Sei
un attento osservatore, figliolo.”
Simon replicò con lo stesso sorrisetto falso e di
circostanza.
Sommers si schiarì la gola. “Ehm… come ti stavo dicendo,
questo è il signor Tyler Toyos in persona, ed è qui per scegliere uno dei
nostri ragazzi. Da portare con sé in America.”
Simon lo squadrò dall’alto in basso. “Posso chiederle a che
cosa le serve questo drago?”
Sommers sentì le mani che gli sudavano. “Simon…”
“Non la prenda come una domanda indiscreta.” Continuò
tranquillamente il ragazzo. “Ma li allevo, mi affeziono a loro, e mi piace
sapere se dove andranno saranno trattati bene.”
“Sarà trattato benissimo a casa del signor Toyos.” Rispose a denti stretti Sommers, dominando a fatica la
rabbia.
Tyler Toyos, l’uomo del fermacravatta, guardò il ragazzo
dritto negli occhi senza battere ciglio. “Voglio farmi un ritratto.”
Simon non scoppiò a ridere per miracolo. “Un… ritratto?”
“Un enorme quadro da esporre nel mio salone, e nel mio
ufficio naturalmente.” Tyler sorrise. “Con un drago alle mie spalle, perché
come sapete bene i draghi sono simbolo di potere e dominio… sono sempre fuori
per lavoro, il mio ritrattista dovrà prendere numerosi appuntamenti con me
prima di poter finire questo quadro… è per questo che il drago non lo noleggio
ma lo compro.”
Simon trattenne a fatica una risata. “E lei crede veramente
che un drago resterà fermo dietro di lei, per lasciarsi ritrarre?”
“Da questa parte, signori.” Intervenne subito Sommers,
lanciando un’occhiataccia al suo allevatore. “Vi mostro i nostri draghi più
belli.”
Simon guardò con aria di pena il gruppetto che si
indirizzava verso la discesa della vallata, dove tutti i draghi erano liberi di
restare all’aria aperta sotto gli occhi vigili degli altri allevatori. Quel
riccone voleva un drago… per farsi fare un quadro…
Sam gli appoggiò una mano sulla spalla. “Non te la prendere…
dai, andiamo.”
Sommers indicò la vallata piena di draghi. “Ecco, come
potete vedere qui abbiamo parecchie razze, le più svariate dimensioni ed età,
e…”
“Me ne serve uno grosso…” Tyler osservò gli animale senza
togliersi gli occhiali scuri. “Uno che incuta tutto il terrore necessario…
ecco, quello lì.”
Simon fece una smorfia. Aveva appena indicato un drago molto
alto e grosso che se ne stava in disparte rispetto agli altri, lontano dagli
abbeveratoi e all’ombra di una grande quercia; un drago il cui carattere era
quasi impossibile tenere a freno.
“Hector?” Sommers si grattò la nuca. “Oh, ehm… s-si, il
problema è che…”
“Mi piace. E’ maestoso.” Tyler gli si avvicinò
ulteriormente. “E’ proprio quello che cerco.”
“Il problema, signor Toyos, è che ha scelto un drago di rara
bellezza, ma molto difficile da gestire.” Fece
rammaricato Sommers. “Hector ha un carattere particolare, e se…”
Con un sorriso beffardo, Tyler si voltò verso Simon e Sam,
che erano in piedi a braccia conserte a poca distanza. “Tu quale di questi
animali mi consiglieresti, ragazzo?”
Simon increspò le labbra in un sorrisetto. “Nessuno di
quelli che ha più di due zampe.”
L’uomo proruppe in una risata. “Mi piace questo ragazzo, ha
del carattere. Ma resta il fatto che io voglio questo drago, e lo voglio
subito.”
Sam scosse la testa. “Ne parla come di un oggetto.”
Tyler schioccò le dita. “John, scattami una foto col drago
alle mie spalle, voglio vedere che effetto fa.”
“No, aspetti!”
“Si fermi subito!”
Simon e Sam non fecero in tempo a fermare l’uomo che
estrasse la macchina fotografica… lo scatto ebbe luogo con tanto di flash, e il
drago, che era rimasto immobile e silenzioso fino a un momento prima, spalancò
i grossi occhi, gettò indietro la testa ed emise un ruggito che fece tremare
anche l’aria. Inevitabilmente, presto fu seguito anche da tutto gli altri
draghi della vallata, e gli allevatori ebbero il loro da fare per tentare di
calmarli. Hector sembrava il più arrabbiato di tutti… si sollevò sulle due
zampe posteriori e sbattè a terra le anteriori con forza, facendo cadere a
terra Tyler.
“…io là ti lascerei!” ruggì fra i denti Simon, mentre
balzava su una scopa e volava velocemente all’altezza del muso di Hector. “Ehi!
Ehi, Hector! Frena tutto, fratello, sono io… sono io, mi riconosci?” il drago
spalancò le fauci ed emise un altro suono assordante. Simon fu più veloce di
lui: scattò in avanti, saltò giù dalla scopa e si aggrappò al suo collo. “Ok,
ok bello… hai ragione… hai ragione, ragazzo, hai ragione… sshh… sono io… senti
la mia voce, Hector… sshh… senti la mia voce… sono io… non ti farò del male…
buono…”
Poco alla volta le carezze di Simon sul collo calmarono i
ruggiti e i movimenti del drago… il grosso animale si placò definitivamente e
tornò a posizionarsi come stava prima, sdraiato sulle zampe, e nel farlo
abbassò il collo per far scendere Simon. “Bravissimo, sei sempre il migliore.”
Il ragazzo gli diede un bacio sul musone duro e rugoso e lo lasciò alle cure
premurose di Sam, mentre anche gli altri allevatori a poco a poco riuscivano a
calmare gli altri draghi.
Tyler si spolverò il vestito. “Santo cielo, questi bestioni
incomprensibili… se sapessero quanto l’ho pagato questo accidenti di vestito
dubito che…” l’uomo s’interruppe quando vide Simon che marciava verso di lui
con un cipiglio decisamente oscuro sul viso.
“Mi stia bene a sentire, signor Come-Si-Chiama.” Gli disse
duramente, fermandosi a un passo da lei. “Vada a comprarsi un grosso pelouche e
usi quello per farsi il suo dannato quadro, perché se pensa di trattare uno di
questi draghi come un oggetto solo perché non è abbastanza intelligente da
capire che è di un essere vivente che parliamo, allora farà molto meglio a
prendere i suoi amici clonati e a uscire da questa riserva nel minor tempo
possibile!”
Sommers lo spinse indietro e fece un larghissimo sorriso di
circostanza. “Mi perdoni, signor Toyos, il ragazzo è giovane e irruento, non
deve assolutamente pensare male, se vuole Hector lo facciamo preparare subito,
sono certo che possiamo anche raggiungere un ottimo accordo sul prezzo…”
Tyler inforcò nuovamente gli occhiali da sole. “Hai ragione
tu, figliolo, questi bestioni sono decisamente troppo pericolosi. Userò la foto
che ho appena scattato come sfondo al mio quadro.”
“Buon per lei.” Replicò asciutto Simon.
“N-no, aspetti un attimo…”
“Arrivederci, Sommers.”
L’uomo osservò il gruppetto di elegantoni allontanarsi verso
il recinto e dunque l’uscita della vallata, quindi perse le staffe e si voltò
furibondo. “Weasley!!!”
Simon lo guardò impassibile, a braccia conserte. “Non
urlare, dai fastidio a Hector.”
“Stammi bene a sentire, ragazzino, ti rendi conto cos’hai
appena fatto?!”
“Si, perfettamente.”
“Bravo!! Perché mi hai appena fatto perdere un cliente con
nove seri al seguito! Un dannatissimo impresario di quelli col nome scritto in
oro zecchino sulla targhetta!” Sommers si passò una mano sulla faccia. “Come
diavolo ti è saltato in mente di pizzicarlo in quel modo?? Come diavolo ti è
saltato in mente?!”
Simon s’incupì. “Ehi, io allevo draghi, non carne da
macello. Se ti sta bene mi tieni, altrimenti licenziami perché vuol dire che di
questo lavoro non ho capito niente.”
Sommers lo vide dargli le spalle e tornare ad accarezzare il
muso rugoso del gigantesco drago ostile, che ora sembrava dolcissimo. “Razza di
bastardino… vieni qui!” l’uomo fece un passo avanti, ma si fermò quando si
ritrovò sulla sua strada un accigliatissimo Sam West. “Guarda che non finisce
mica così!” proseguì, ma in tono meno minaccioso. “Adesso tu vai su, rincorri
Toyos, gli offri anche dieci draghi se li vuole…”
“Scordatelo.”
“Weasley!!”
“Eh dai, capo, lascialo in pace…”
“Tu sta’ zitto, Sam!!!”
Tyler Toyos imprecò sottovoce mentre
risaliva la vallata fino alla recinzione… aveva appena pestato l’ennesima
piccola montagna di escrementi di drago. Si chiese come gli fosse saltato in
mente di entrare in un posto simile, e di farlo per giunta con le scarpe nuove
addosso, ma decise che avrebbe semplicemente lasciato perdere. Si asciugò la
patina di sudore che aveva sulla fronte e gettò uno sguardo al recinto davanti
a lui… e fu lì che la vide. E la riconobbe.
“Melanie? La piccola Melanie Mitchell?”
Mel si voltò sentendosi chiamare, e inarcò le sopracciglia…
lo sconosciuto elegantissimo che le stava venendo incontro aveva un’aria
familiare, ma non riusciva ad inquadrarlo…
“Ti ricordi di me?” Toyos si tolse gli occhiali da sole.
Mel lo guardò bene… e finalmente le tornò in mente. “Ma
certo, sei Tyler! Eri un collega di mamma quando lavorava alla Progettazione
del Ministero!”
“E ti ho vista che eri alta meno di un metro e mezzo.” Le
disse affezionatamente Tyler, salutandola con un bacio su ciascuna guancia.
“Ah, ma adesso ti sei decisamente fatta una donna… e che donna, sei veramente
bellissima.”
Mel arrossì. “Grazie, anche tu sei in forma.”
“Come mai sei qui?”
“Ho accompagnato il mio fidanzato.”
“Il tuo fidanzato?” Tyler sorrise. “Lavora qui?”
Mel fece un sorrisetto. “E’ allevatore… il migliore di
questo posto.”
Tyler seguì lo sguardo adorante che la ragazza stava
rivolgendo verso la vallata… era diretto al ragazzo castano che lo aveva
affrontato con tanto coraggio e determinazione, e che in quel momento era preso
a ignorare il suo capo urlante. Tyler rise e annuì. “Ah, è lui il fortunato… è
molto… sanguigno, direi.”
“E’ la persona più in gamba che conosco.” Disse subito Mel,
mettendo bene in chiaro dalla parte di chi si era schierata durante
l’incontro/scontro di prima. “Ha degli ideali e li difende con tutto se stesso,
e io lo ammiro infinitamente per questo.”
Tyler sorrise. “Assomigli molto a tua madre, sai.”
Mel fece un sorriso malinconico. “E’ bello sentirselo dire.”
“Che cosa stai facendo al momento? Lavori?”
“Oh, si… sono fotografa al Cavillo.”
“Non lo conosco.”
“E’ un giornale… uhm… si, ecco, è una rivista a caccia di
scoop.”
Tyler inarcò un sopracciglio. “Un giornale scandalistico?”
Mel era rossa come un pomodoro. “E’ solo una sistemazione temporanea,
mi serve un po’ di gavetta…”
“Sei appassionata di fotografia?”
“Infinitamente.”
“Perché non me lo hai detto prima!” Tyler estrasse dal
taschino della giacca un piccolo biglietto e glielo porse. “Forse non lo sai,
ma mia sorella Felice è la direttrice della Felice Toyos Academy School… una
prestigiosissima accademia che si occupa di arte
fotografica, è a New York ed è per maghi e streghe di talento. Basta che tu me
lo dica, e io ti ci faccio entrare anche domani.”
Mel rimase per un attimo senza parole, a girarsi e rigirarsi
il biglietto fra le mani. Conosceva la fama di quella scuola, e più di una
volta ci aveva pensato… ma aveva sempre gettato in un angolo della sua mente
quel tipo di pensieri. Il suo mondo era lì in Inghilterra…
“Melanie.” Tyler le appoggiò una mano sul braccio. “Stiamo
parlando di alta fotografia qui… arte, non scandaluccio da quattro soldi. Sono
certo che è frustrante dover lavorare per qualcosa in cui non si crede, ma
possiamo fortunatamente porre rimedio a questo.”
Mel scosse la testa. “Ti ringrazio per la tua generosa
offerta, Tyler, ma New York è un po’ troppo lontana… tutto il mio mondo è qui,
e soprattutto c’è Simon…”
“Simon ti capirà.” Tyler scrollò le spalle. “Il corso a
scuola dura due anni e non di più, se lui ti ama saprà anche rispettare te e i
tuoi sogni.”
Mel si morse le labbra. “No, io non credo che si possa fare…
sono io la prima che non riuscirebbe a stargli lontana per tanto tempo.”
Tyler sospirò e le indicò i tre uomini che lo stavano
aspettando poco più indietro. “Adesso devo scappare, ma c’è segnato il mio
numero e il mio indirizzo su quel biglietto… puoi contattarmi quando vuoi, se
ci ripensi. E porta i miei saluti a tuo padre, mi raccomando.”
“Grazie ancora.” Mel lo guardò andare via, poi tornò a fissare
il bigliettino… e non si accorse della presenza di Simon, che la fece
sobbalzare bruscamente. “Oddio, sei tu! Mi hai fatto morire!”
Simon era piuttosto accigliato. “Che voleva quello da te?”
“Oh… oh no, non voleva niente.” Mel gli sorrise largamente.
“Era un collega di mia madre, si ricordava di me e mi ha riconosciuta.”
“Mh.” Simon inarcò un sopracciglio. “Nient’altro?”
Mel gli prese il viso fra le mani e gli stampò un bacio
sulle labbra. “Torna a lavoro, il tuo capo mi sembra furibondo… ci vediamo a
pranzo al Paiolo Magico, va bene?”
“Va bene. Sta’ attenta.” Simon la salutò, ma rimase a
guardarla mentre andava via finchè non fu scomparsa oltre la collinetta.
***************
Simon percorse di corsa l’ultimo tratto di
Diagon Alley che lo separava dal Paiolo Magico. Era in ritardo, tanto
per cambiare, ma la mattinata era stata parecchio strana e confusa dopo la
visita di quel tizio col nome strano… Hector era stato più nervoso del solito,
e il suo capo si era profuso in una litania di motivi per cui meritava il
licenziamento in tronco per avergli fatto perdere un simile acquirente… più
confusione del solito, insomma. E così aveva perso la cognizione del tempo.
“Ciao.” Simon salutò a volo il proprietario del locale e si
sedette al tavolo dove stava Mel. “Lo so, amore, sono in ritardo ma non è stata
colpa mia… che mattinata, non immagini neanche cosa… Mel?”
Mel volò il viso verso di lui, mostrandogli due grosse
lacrime in discesa dagli occhi blu.
“Ehi…” Simon subito le prese la mano. “Amore, che è
successo?”
Mel si asciugò dignitosamente le lacrime. “Sono stata
licenziata.”
“Licenziata?” Simon si accigliò. “Tu? E perché?”
Mel fece una smorfia di sarcasmo. “Perché secondo il mio capo
non ho il talento del giornalista dotato di vero intuito… perché invece di
fotografare i personaggi famosi nei loro atteggiamenti più intimi, mi perdo a
fare foto d’arte che lui giudica anche scadente.”
“Quanto credi che valga il giudizio di uno scribacchino che
per arrivare alla fine del mese si inventa cazzate a sacchi?” Simon le
accarezzò la guancia. “Lo abbiamo sempre detto che in quello schifo di
rivistucola non potevi restarci a lungo.”
“Si, ma ora sono senza lavoro.”
“Ne troveremo un altro, ti aiuterò anch’io.”
Mel si strinse nelle spalle. “Vuoi sapere la verità? La
verità è che mi sento così… così fuori luogo…”
Simon inarcò un sopracciglio. “Fuori luogo?”
“Tutti quelli che conosco, e tu per primo, sono innamorati pazzi
del lavoro che fanno.” Mel tirò su col naso. “Cosa dovrei amare io del mio?”
“Tu ami fotografare…”
“Infatti è vero, io amo fotografare… ma fare foto
artistiche, o almeno foto che raccontino la società in cui viviamo.”
“Un giornale serio, ecco quello che ti ci vuole.” Simon si
grattò la nuca. “Forse una soluzione ce l’abbiamo… non è il nostro stile, ma…”
Mel si accigliò. “A che ti riferisci?”
Simon fece una piccola smorfia. “Papà ha salvato la vita al
direttore della Gazzetta del Profeta qualche mese fa, e lui da allora gli è
molto devoto…”
Mel storse la bocca. “Credevo che io e te fossimo una realtà
a parte… credevo che avessimo intenzione di lasciar fuori dal nostro mondo le
cariche importanti dei nostri genitori. Altrimenti spiegami perché per andare
in vacanza stiamo risparmiando come due scemi, a questo punto facciamocela
pagare da papà…”
“Non mi fraintendere, Mel.” Simon scosse la testa con
decisione. “Non sto dicendo che voglio l’aiuto di qualcuno per farti fare
carriera… ma sai che ti dico? Sono un dannato essere umano, e come tale voglio
essere libero di commettere degli errori perché non sono perfetto. Io ti voglio
vedere felice, e se per farlo devo venir meno a uno dei miei principi… così
sia.”
Mel si morse le labbra e abbassò gli occhi… Simon era un
legittimista, non cedeva mai quando combatteva per un ideale giusto e onesto,
eppure per amore suo avrebbe gettato all’aria tutto. Questo la spinse a
sporgersi in avanti a cercare un piccolo bacio consolatorio. “Amore, io non…
non lo so, però non capisco… tu la tua strada l’hai trovata subito e senza
aiuti, perché io non riesco a fare altrettanto?”
“Non è mica detto che si deve essere tutti uguali.” Simon le
sorrise incoraggiante. “Per trovare la tua di strada non devi mica battere il
record dei velocisti. Io ho molta fiducia in te, bimba, e sono certissimo che
troverai un lavoro che ti piace e ti farà sentire soddisfatta. Ok, lasciamo
perdere le raccomandazioni… compriamoci un giornale e vediamo le offerte di
lavoro. Facciamolo finchè non troviamo una soluzione. Ti va? Ti aiuterò io.”
Mel strinse forte gli occhi per un momento. “Io… vorrei
dirti una cosa, ma non qui. Andiamo fuori, ti prego.”
“…va bene…” Simon si accigliò… non gli piaceva quel tono,
era sicuramente preludio di qualcosa di spiacevole. Uscirono insieme dal locale
dopo aver pagato, e si avviarono lungo la stradina alberata e assolata che
conduceva verso la periferia di Diagon Alley, una zona molto
più tranquilla e silenziosa. Simon le appoggiò una mano sulla spalla.
“Allora, cosa volevi dirmi?”
Mel sospirò e si fermò, appoggiandosi di schiena a un
muretto. “Sai, quel… quel tizio di stamattina, il compratore…”
Simon fece un sorrisetto. “Mister T.”
“Si, lui.” Mel ingoiò a fatica. “Lui era un amico di mia
madre… mi ha riconosciuta, è stato molto gentile… e in nome della vecchia
amicizia che lo legava alla mamma mi ha fatto una proposta.”
Simon si accigliò. “Una proposta?”
Mel trovò il coraggio di guardarlo negli occhi. “C’è una
scuola in America, un’accademia della fotografia molto prestigiosa che dirige
sua sorella, è a New York, e…”
Simon si irrigidì. “Non mi dire… scommetto che si è offerto
generosamente di farti inserire a tempo di record nella lista degli iscritti.”
“Esatto.”
“E tu gli hai detto che non andava bene?”
“Si.” Mel si morse ancora le labbra. “Gliel’ho detto, ma a
questo punto sto cominciando a pensarci su…”
Simon rimase immobile per qualche istante, poi sorrise. “E’
uno scherzo, vero?”
Mel scosse la testa. “Non ho detto che ci voglio andare, ho
detto che ci sto pensando…”
Simon fece tanto d’occhi. “Ci stai pensando?”
Mel si voltò di spalle. Non riusciva a guardarlo in faccia e
vedere la sua delusione. “E’ una scuola molto prestigiosa, lì si studia la
fotografia come piace a me… è arte, non giornalismo scandalistico…
probabilmente è quello che avrei sempre voluto fare, solo che non ho mai avuto
il coraggio di andarmene da qui… di andarmene da te…”
Simon le si parò davanti. Voleva guardarla dritta negli
occhi e capire… “Stai dicendo che c’è qualcosa che non va fra noi?”
“Non c’è niente che non va fra noi!” gli disse subito lei,
prendendogli le mani. “Io ti amo come e più di prima, e la nostra è una
bellissima favola che voglio vivere giorno per giorno perché è la cosa più
bella che ho… questa scuola non ha niente a che fare col nostro rapporto…”
Simon arricciò il naso. “Certo, assolutamente niente,
peccato che ci metta un oceano intero in mezzo.”
“Sarebbe solo per due anni.”
“Mi stai chiedendo un parere su una decisione già presa?”
“Ti sto chiedendo un consiglio perché non ho deciso, e non
lo farò se non so cosa ne pensi tu.”
Simon si passò una mano fra i corti capelli castani. “Mel…
non c’è bisogno di andare oltre oceano per realizzare il tuo sogno. Ci sarà una
benedetta scuola di fotografia qui in Inghilterra, se non vuoi fartela pagare
da tuo padre posso pensarci io, ho messo da parte un piccolo gruzzoletto…
magari non andiamo a fare la vacanza dei nostri sogni, però almeno tu sei
contenta…”
Mel sentì le lacrime pungerle gli occhi. Simon era sempre
così meraviglioso con lei, e cosa poteva dargli in cambio? Perfettamente
niente. Uno come lui al suo fianco avrebbe dovuto avere una donna di successo,
una donna in gamba almeno quanto lui, e invece…
“…parliamone prima, per favore…”
Mel lo guardò con gli occhi lucidi. “Se tu credi che per me
due anni senza di te siano facili, ti sbagli sul serio.” Gli mormorò, con la
voce che le tremava per il pianto in arrivo. “Troverei il tempo anche dove non
c’è per venire da te appena possibile, perché so già che ogni minuto senza di
te sarebbe una pugnalata al cuore… mi mancherebbe l’uomo che amo, il mio
migliore amico, la mia spalla e il mio sorriso…”
“E allora cosa ti spingerebbe ad andare, scusa?”
“Il mio bisogno di trovare la mia strada.” Mel si asciugò
una lacrima. “Voglio essere alla tua altezza, non voglio che tu abbia al tuo
fianco una fallita.”
“Una fallita?!”
Simon si passò una mano sulla faccia. “Fallita per cosa, perché ti hanno
licenziato da una topaia e ora sei alla ricerca di un nuovo lavoro? Cosa ti
rende una fallita, Mel, me lo spieghi?”
“Il fatto che io sia insoddisfatta della mia professione ti
basta?”
“A me questa sembra piuttosto una crisi di insicurezza… hai
perso fiducia in te stessa e pensi che l’unica soluzione possibile sia la più
radicale, ma non è così. Io ti voglio aiutare, e tu non me lo lasci fare…
perché?”
“Perché sento che la mia personalità è debole!” strillò Mel.
“Perché non riesco a fare qualcosa da sola senza il tuo aiuto! Ma guardami, non
riesco nemmeno a prendere una decisione da sola!”
“Ma questo è assurdo!”
“No, il problema è che è maledettamente vero!”
Simon fece una smorfia di puro sarcasmo. “La raccomandazione
che ti voglio offrire io l’hai rifiutata, però quella del tuo amico Mister T va
bene, eh? Non mi sembri molto sicura del fatto tuo!”
“E hai ragione, è vero!” Mel sentì nuove lacrime di rabbia e
tristezza bagnarle le guance. “E’ vero, io non sono sicura di me stessa… ti
amo, e ti ho chiesto aiuto per questo…”
“Aiuto??” urlò Simon. “Tu mi hai messo con le spalle al
muro!”
“L’aiuto non doveva essere questo!” urlò più forte Mel.
“Quella scuola sarebbe il mio sogno… quello che provo per te non potrebbe
cambiare né ora né mai, per me gli altri ragazzi non esistono neanche, e ho la
massima fiducia che anche per te vale la stessa cosa… un amore come il nostro
può reggere qualsiasi prova, perché non vuoi appoggiare una mia scelta?!”
“Perché sono un maledetto egoista, ok?!?” urlò a pieni
polmoni Simon. “Perché ti amo tanto che se non ti vedo mi sento scoppiare il
cuore, perché per me non c’è quotidianità se non ci sei tu, e non riesco a
passarla una giornata senza vedere il tuo viso! Ecco perché!!”
Mel singhiozzò e chiuse forte gli occhi. “Pensi che per me
sia diverso?”
“Penso che ti sbagli, Mel. Dici di essere troppo dipendente
da me, ma la realtà dei fatti è che il vero incapace qui sono io… sono io che
dipendo da te, e non il contrario. Perché se quella proposta l’avessero fatta a
me, io non sarei riuscito a prenderla in considerazione nemmeno per un
momento.”
Mel scosse la testa. “Non lo puoi dire… ami alla follia i
tuoi draghi, e ti fidi di me, potresti benissimo tirare le somme e decidere che
senti il bisogno di trovare te stesso.”
Simon sospirò profondamente e scosse la testa, appoggiando
le mani sul muretto e restando in silenzio per un attimo. Dire quello che
doveva dire gli costava troppo. “Mel… la decisione è tua. Devi scegliere tu. Io
non posso fare altro che dirti che non è così che supererai la tua crisi di
identità, ma so già che non mi ascolterai… non mi resta altro che aspettare il
tuo verdetto adesso.”
Mel sentì il cuore stringersi in una morsa nell’udire la
rassegnazione nella sua voce. “…ma se io trovassi una soluzione di
compromesso…”
“Non c’è una soluzione di compromesso. Non c’è perché tu ora
ce l’hai con me perché non penso alla tua carriera, non lo dici ma è così.”
Mel tirò su col naso. “Si, è così.”
“Appunto.” Simon chiuse gli occhi per un breve momento.
“Prendi liberamente la tua decisione, ma ragionaci… ragionaci a fondo, perché
deve essere una decisione definitiva.”
Mel lo guardò andare via e provò un turbine di emozioni
diverse… avrebbe voluto fermarlo, abbracciarlo, stringerlo a sé e ricordargli
che qualunque decisione avesse preso, l’amore non era in discussione… e allo
stesso tempo avrebbe tanto voluto sentirgli dire che l’appoggiava, che
l’avrebbe aspettata… che proprio perché il loro amore era inossidabile
l’avrebbe aiutata a trovare mille soluzioni per far funzionare quella
situazione passeggera… e sapeva che lui tutto questo non lo avrebbe mai detto.
Perché Simon era l’esemplare umano più vicino che conoscesse alla perfezione, e
la perfezione è tale perché lo è in bene e in male.
***************
Amelia rise forte e si aggrappò ancora di più alle spalle
del suo migliore amico. “Sei cretino, se salti mi fai cadere!” fece ridendo.
“Questo è il prezzo da pagare, caro il mio Koala!” replicò
Jack, mentre entrava in casa dei suoi genitori saltellando con lei sulla
schiena. “Hai osato atterrarmi in pieno allenamento davanti a tutti, mi hai
reso uno zimbello… e adesso mi devo vendicare.”
“Se tu non fossi rientrato a casa stamattina alle cinque,
dormendo solo un’ora, non saresti stato così moscio.” Fece pungente Amelia,
mentre cercava disperatamente un appoggio a cui aggrapparsi per liberarsi da
quella presa e saltar giù dalle spalle del ragazzone rosso.
Jack rise. “L’invidia ha le gambe corte…”
Alla fine Amelia trovò lo stipite della porta e ci si
aggrappò saldamente, riuscendo così a tornare coi piedi per terra. “Beh,
vendicatore solitario, metti da parte i tuoi piani di odio e rimboccati le
maniche, perché non ho proprio intenzione di fare tutto il lavoro da sola.”
Jack fece una smorfia. “Veramente qui dovrebbe esserci anche
il Pannolone a dare una mano, teoricamente questa è casa sua…”
“E piantala, hai dato la tua parola a tua madre…”
E in effetti a Jack non era stata data molta scelta. Per
festeggiare il loro anniversario di matrimonio, Jack, Amelia, Simon e Katie
avevano messo da parte un piccolo gruzzoletto e avevano pagato l’anticipo su un
viaggio di crociera romantica e bellissima per Ron e Hermione. Inutile a dirsi,
i due coniugi avevano gradito infinitamente e senza perdere tempo avevano
versato la differenza sulla quota ed erano partiti per quelle due settimane di
vacanza. Ma Hermione si era fatta promettere da Jack e Amelia che avrebbero
dato una mano a Simon con le pulizie, visto che con Katie a Hogwarts era
rimasto completamente solo e stava fuori a lavorare la maggior parte del
giorno.
“Avanti, cominciamo dal salone così ci togliamo di mezzo la
stanza più grossa…” Jack afferrò al volo il secchio e una scopa, ed entrò
fischiettando nella stanza… ma si fermò immediatamente quando video quello
spettacolo infinitamente triste davanti a sé.
Simon era seduto a terra, a testa china, e sulle sue
ginocchia aveva il suo vecchio cagnolone Spock… lo stava accarezzando
lentamente, dolcemente… e fu allora che si capì che il cane era troppo immobile
per essere ancora vivo… drammaticamente troppo.
“Spock…” sussurrò addolorata Amelia, chinandosi all’altezza
di Simon ed accarezzando il cagnolone. “…no…”
Jack mise via la scopa e il secchio e s’inginocchiò a terra,
dando anche lui una grattatina amorevole al cane. “Mi dispiace, Simon…” disse
piano. “…lo sapevamo tutti che era vecchio…”
Simon annuì e tirò su col naso, guardando suo fratello e
facendogli un piccolo sorriso nonostante gli occhi rossi e gonfi. “Non ha
sofferto… è venuto da me, mi ha leccato la mano, poi si è sdraiato per terra e
non si è più mosso.”
Amelia gli accarezzò ripetutamente una guancia e gliela
baciò. “Mi dispiace tantissimo, piccolo…”
“Ti aiuto a seppellirlo, se vuoi.” Gli disse mesto Jack.
“Scegli un posto, per me va bene dove decidi tu.”
Simon fece una piccola smorfia amara e continuò ad
accarezzare il suo cane. “Forse non ci crederete, ma anche se mi mancherà da
morire, non sono triste per Spock… so che lui è andato a stare meglio. Nel
paradiso degli animali, voglio dire.”
Jack fece un sorriso affettuoso e annuì. Simon aveva la
fissa del paradiso degli animali da quando era piccolo, era una storia che gli
aveva raccontato sua madre quando aveva quattro anni e aveva visto morire un
gattino cadendo da un albero, e aveva pianto a dirotto per più di un’ora fin
quando Hermione non gli aveva detto che il gattino era più felice ora che
poteva correre felice nel paradiso degli animali.
Amelia gli sorrise nel più solare dei modi possibili. “Sarà
felicissimo lì.”
“Si.” Simon fece una smorfia amara. “Però perché tutti hanno
improvvisamente deciso di andarsene da me ultimamente?”
Amelia si accigliò. “Tutti chi?”
Simon sospirò stancamente. Per tre lunghi giorni si era
tenuto per sé la storia di Mel, rimpiangendo abbastanza l’assenza dei suoi
genitori a cui avrebbe chiesto volentieri un consiglio, ma ora si sentiva così
stanco di quel segreto…
“Mel vuole andarsene in America.”
“In America?” Amelia fece tanto d’occhi.
Jack si accigliò. “Perché?”
“Perché sono settimane che è in crisi col lavoro… l’hanno
licenziata e ha perso fiducia in se stessa. Ed è convinta che la soluzione ai
suoi problemi sia iscriversi a una famosa accademia di fotografia che sta a New
York.”
“Tutto questo è assurdo.” Amelia scosse la testa. “Tu e Mel
siete inseparabili, lo sappiamo tutti…”
“Aspetta, aspetta un secondo.” Jack cercò lo sguardo di suo
fratello. “Mel ha sempre sognato di andare in un posto come questo, o sbaglio?”
Simon inarcò un sopracciglio. “Stai dicendo che farebbe bene
ad andarsene?”
“Assolutamente no.” Jack scosse la testa. “Sto solo dicendo
che conosco le donne abbastanza da sapere che se le hai detto di non andare ti
sei fottuto con le tue stesse mani.”
Amelia lo guardò male. “E con questo che vorresti dire?”
“Semplicemente che Mel è in crisi con se stessa, ma è anche
arrabbiata perché non trova un lavoro che le piace… e il rifiuto di Simon
comporterebbe che tutta quella rabbia e quella frustrazione si scaricherebbero
alla grande su di lui, con tanto di benservito finale… non so se mi spiego.”
Simon rise ironicamente e lasciò cadere la testa all’indietro,
contro il divano. “Mi rifiuto di credere che tu abbia ragione.”
“Purtroppo si, fratellino, le ragazze sono una macchina da
guerra che conosco abbastanza.” Jack fece una smorfia. “Dimmi che non le hai
detto di non andare…”
“Ma con chi credi di avere a che fare, con una macchina?!”
protestò con forza Amelia. “E’ il suo ragazzo, la ama! E’ normale che il primo
istinto sia quello di volerla trattenere a tutti i costi!”
“No, invece, trattenere qualcuno è il peggior errore che si
possa commettere, fidati!” replicò Jack, sicuro del fatto suo. “E’ vero che per
lui sarà un sacrificio enorme, ma avendo un rapporto solido come quello che
hanno loro è chiaro che lei gli chieda una cosa del genere, voglio dire… si
sente tranquilla, si sente amata, cerca comprensione…”
“Sai perché non ti interrompo e ti lascio nelle tue
convinzioni, Jack?” gli rispose calmo Simon. “Perché non sei innamorato, non
sai che vuol dire. Non lo sai neanche lontanamente, o non parleresti così…
forse un giorno verrai da me e mi dirai che hai perso la testa per una ragazza,
e allora ne riparleremo.”
“Io stavo solo cercando di aiutarti.”
“Lo so, e ti ringrazio… ma l’amore è troppo difficile da
capire se non lo provi in prima di persona. Se ami non riesci a stare lontano
dalla persona amata neanche per cinque minuti, devi per forza vederla,
sentirla… devi poter accarezzare il suo viso, sussurrarle che è la cosa più
importante per te… devi essere certo che qualunque cosa succeda, tu puoi
correre da lei ad abbracciarla, a tenerla stretta a te, a sussurrarle che
comunque vada tu ci sei… devi essere tranquillo che puoi proteggerla in ogni
momento, non puoi pensare che mancano giorni interi per rivedere il suo sorriso
altrimenti puoi perderci la testa… l’amore ti obbliga a provare delle sensazioni
che scopri di voler provare tu stesso. Non ti lascia in pace.”
Amelia annuì malinconicamente, evitando di guardare in
faccia Jack. “Dall’amore non scappi facilmente… ti insegue dovunque vai. Non ti
risparmia mai. E’ la più bella delle delizie, ma può anche essere la peggiore
delle torture.” Simon le coprì la mano con la sua… la tristezza nella sua voce
aveva una nota familiare che conosceva bene.
Jack sospirò. “E’ per questo che io l’amore non lo voglio,
perché non sono ancora pronto a soffrire tanto… vedi anche tu, se lei dovesse
veramente partire dovresti superare due anni difficilissimi e…”
“No.” Simon scosse la testa. “Se lei dovesse scegliere New
York… significherebbe che io non ho capito niente della nostra storia.”
Amelia sbattè gli occhi. “Vuoi dire che non la
aspetteresti?”
“E se ti facessero qualche buona offerta di lavoro laggiù?
Se i due anni diventassero tre, quattro o cinque? Non ce la farei.” Simon
chiuse gli occhi per un attimo. “Perché questa non è l’unica soluzione che ha a
disposizione… e su una cosa Jack ha ragione, credo che lo voglia fare perché ha
bisogno di mettersi alla prova… ma se fa una cosa del genere, vuol dire che non
vuole il mio aiuto. Non vuole le duecento soluzioni alternative che le sto offrendo…
quindi vuole essere indipendente da me e da quello che abbiamo creato insieme
per tutto questo tempo. Abbiamo sempre affrontato tutto insieme, il fatto che
ora non sia così è un chiaro sintomo di malessere della nostra storia.”
Jack scosse la testa. “Non sono d’accordo, l’amore non è in
discussione… è un momento di crisi, passerà…”
“Non passerà con mille miglia di oceano fra me e lei, Jack.
Lo so io e lo sai anche tu.”
Jack sospirò. “Questo si.”
“Io posso solo sperare che alla fine si ricordi di tutto
quello che abbiamo…” Simon sospirò profondamente. “Ma purtroppo qualunque
decisione spetta a lei.”
“Andrà bene, piccolo.” Amelia gli accarezzò la mano. “Mel ti
adora, sono certa che alla fine risolverete tutto.”
“E poi questo momento difficile è una mano santa, sai?” Jack
gli strizzò un occhiolino. “Doveva arrivare prima o poi il momento nero,
altrimenti non era neanche una cosa reale, e ora che è arrivato… ve lo togliete
subito dalle palle e si ritorna a fare i bravi bambini.”
Simon fece un piccolo sorriso… non credeva che risolvere
quella situazione sarebbe stato così facile, però una parola di conforto gli
aveva restituito un po’ di speranza. Almeno un pochetto.
***************
Quando anche l’ultimo raggio di sole fu calato, Mel cominciò
a mordersi le unghie nervosamente. Più non lo vedeva arrivare, e più le si
stringeva lo stomaco nell’attesa. Aveva un bisogno folle di lui… voleva
sentirsi di nuovo fra le sue braccia, ma soprattutto voleva la sua comprensione
e la sua fiducia… e le tremavano letteralmente le gambe al pensiero che la sua
decisione potesse ferirlo. Tutto voleva meno che vederlo star male per lei… lei
che voleva ritrovare se stessa, capire cosa voleva veramente da sé e cosa
chiedeva alla sua personalità che ancora non si era rafforzata abbastanza… lei
che voleva meritarsela quella stima così amorevole che lui nutriva nei suoi
confronti, ma che a volte le sembrava scaturita solo dall’amore. Era talmente
abituata a risolvere i problemi col suo aiuto che prendere una decisione completamente
da sola le sembrava così strano…
I suoi passi di corsa. Ogni pensiero si dileguò dalla sua
mente quando lo vide arrivare correndo… e un piccolo sorriso affettuoso le
comparve sul volto.
Non ci riesci proprio
mai a essere puntuale, eh amore mio?
“Scusa.” Simon la raggiunse in pochi passi frettolosi. “Non
ho visto l’ora.”
“Non ti preoccupare.” Mel gli sfiorò la guancia con la mano,
poi la ritirò… lui sembrava sulle spine, era chiaro che voleva sapere quella
risposta prima ancora di doverla fare una domanda. Dopo aver inspirato molto
profondamente, la ragazza trovò il coraggio di non abbassare lo sguardo. “Ho
preso la mia decisione.”
“Cosa farai?”
Mel deglutì a fatica. “Vado all’accademia.”
Simon strinse forte gli occhi e si voltò di spalle, incapace
di guardarla in faccia un istante di più.
“Ti prego, ascoltami!” Mel lo costrinse a voltarsi. “Non lo
sto facendo perché non ti amo, o perché penso di poter fare a meno di te per
due anni, semplicemente sento il bisogno di prendere una decisione tutta da me…
di intraprendere qualcosa che mi restituisca un po’ di fiducia in me stessa…
voglio meritarmela la tua stima, voglio meritare di stare accanto a una persona
come te… voglio sentirmi forte, una volta nella vita almeno…”
Simon rimase a guardarla in silenzio, pregando di non
morirci mentre la ascoltava. Perché per come gli faceva male il cuore, poteva
tranquillamente restarci secco da un secondo all’altro.
“…ho bisogno di fare questo…” Mel gli prese una mano fra le
sue. “E ho bisogno di sentirmi dire che mi ami, dimmelo adesso… ti prego…”
“Altrochè se ti amo.” Simon sentì la bocca asciutta e
impastata… anche parlare era difficile. “Purtroppo.”
“Voglio trovare insieme a te tutti i modi che vuoi per
vederci almeno due volte a settimana.” Mel gli prese freneticamente il viso fra
le mani. “Possiamo fare tutto noi due insieme, non è vero?”
Simon fece un sorriso amaro. “Lo credevo anch’io prima… ora
non più.”
“Amore…”
“No… Mel, no.” Simon si districò dal suo tentativo di abbracciarlo.
“Forse hai ragione quando dici che per ritrovare la fiducia in te stessa non
hai bisogno di me, devi ritrovarla da sola… e deve essere così anche per me,
perché ora sono io che non credo più in niente.”
“No…”
“Credevo che noi due insieme avremmo potuto superare tutto…
ma questo non lo avevo previsto. Non avevo previsto che la nostra testardaggine
sarebbe stata la nostra rovina. Testarda tu, che fra mille soluzioni ti sei
scelta la peggiore, e testardo io, che non voglio fare a meno di te neanche per
un secondo.”
Mel scosse la testa. “Tu non hai motivo per sentirti in
crisi, sei la persona più unica al mondo che esista…”
Simon sentì nelle vene il sangue pulsargli per la rabbia.
“Piantala! Sono un maledetto essere umano, sono pieno di difetti… sono egoista,
va bene? Sono così egoista che non sono pronto a vederti andare via da me per
tanto tempo, così egoista che non sono d’accordo con te… e sono così egoista
che riconosco che lo sei anche tu! E dopo tutti questi anni la nostra storia
finisce per questo, non riesco ad accettarlo… noi eravamo una squadra, la
migliore che ci fosse in giro, e accettare questo adesso…”
“Allora non farlo!” lo supplicò lei. “Non mettere fine a
questo, non mettere fine a noi…Simon, ti supplico… non reagire così,
parliamone…”
“Come mi hai parlato tu della tua decisione?”
Mel si sentì trafiggere da quello sguardo così duro, e
abbassò gli occhi. “Non sono l’unica ad aver fatto una proposta del genere al
proprio compagno, Simon…” sussurrò piano. “E non tutte le storie finiscono per
una cosa simile… noi abbiamo una favola, non voglio sciuparla… non voglio
perderla, sono disposta a lottare fino alla fine, ma se tu non mi aiuti…”
“Il punto è che forse io non sono la persona che speravi che
fossi, Mel.” Simon scosse la testa, mentre la sconfitta e la rassegnazione gli
si dipingevano a caratteri cubitali sul volto. “Forse hai ragione tu a voler
partire, e io ho torto a volerti trattenere… ma sono fatto così. In questi ultimi
anni non sono riuscito a stare nemmeno un giorno senza vederti, e non sono
pronto a rinunciare a te per un sogno che potresti tranquillamente realizzare
qui… ma la vita è tua, e chi sono io per impedirti una cosa del genere…
giusto?”
Mel sentì le lacrime pungerle dolorosamente gli occhi quando
la guardò in faccia. “Questo è un addio?” piagnucolò.
Simon fece una piccola smorfia amara e trattenne il respiro
per un attimo. “…già.”
Due lacrime silenziose e spietate scesero lungo le guance di
Mel, che annuì una sola volta e fece un piccolo sorriso. “Mi credi se ti dico
che non riesco quasi a crederci?”
“Cazzo se ti credo.” Simon si passò una mano fra i capelli.
Aveva sempre saputo esercitare un ottimo controllo sui suoi sentimenti, ma ora
quel controllo stava pericolosamente andando a farsi quattro passi… aveva una
voglia folle di farsi un bel pianto liberatorio sano e distensivo, eppure
sapeva in cuor suo che non darebbe servito a niente. E quando vide piangere lei
sentì l’impulso naturale di asciugarle le lacrime con le dita. “Non piangere…
non mi piace quando piangi.”
“Non ci incontreremo più?” gli chiese in un soffio lei,
socchiudendo gli occhi quando sentì le sue mani sulle guance.
Lui le fece un piccolo sorriso. “Mai dire mai… forse quando
sarai una fotografa famosa verrai a comprarti un drago da giardino.”
Persino in quel momento così orribile era riuscito a
strapparle un sorriso… Mel ingoiò le lacrime e gli prese il viso fra le mani,
decisa a dargli almeno l’ultimo bacio… e fu davvero l’ultimo, nel modo in cui
se lo stavano scambiando. Disperato, triste, malinconico, e maledettamente
pieno d’amore…
Simon si separò dolcemente da lei, lottando con se stesso
per non piangere. “Buona fortuna, amore mio.” Le sussurrò pianissimo, e senza
aspettare una risposta si allontanò a passi decisi da lei. E strinse forte gli
occhi per non far scendere quella maledetta lacrima, ma quando in lontananza la
sentì singhiozzare, beh… le sue emozioni ebbero la meglio.
***************
Una settimana intera.
Una settimana e già le mancava tanto…
Mel chiuse la valigia con un click delle chiusure a scatto,
e rimase in piedi a fissarla. In meno di un’ora sarebbe partita per New York…
era tutto pronto, ormai, doveva solo indossare il cappotto e uscire. E possibilmente,
doveva lasciare lì tutti quei sensi di colpa e quel rimorso che non la lasciava
nemmeno respirare a volte.
Aveva preso la decisione giusta, in fondo non poteva andare
avanti ancora a lungo in quel modo, senza avere una personalità stabile e
forte… Simon era forte, forse il più forte che conoscesse, e lei si affidava
sempre a lui per una scelta… l’aveva sempre fatto. I suoi consigli erano una
necessità per lei… e adesso doveva imparare a farne a meno. Quando aveva preso
la decisione di partire aveva sperato con tutte le sue forze che lui
l’appoggiasse, ma forse era stato meglio così… adesso aveva l’assoluta certezza
che almeno per un periodo di tempo poteva mettersi alla prova e capire se era
soddisfatta di sé, se era in grado di prendere una decisione seria anche senza
di lui.
Solo che non aveva messo in conto quanto le sarebbe mancato…
perché le mancava tanto da lasciarla senza più lacrime, a volte. Aveva sperato
con tutte le sue forze che in quella settimana lui la chiamasse, andasse da lei
per dirle che non riusciva a stare senza di lei, ma niente… lo aveva aspettato
tutte le notti alla finestra, ma non era mai venuto.
“Mel?”
La ragazza si voltò. Suo padre la stava aspettando sulla
soglia della porta, con un’altra valigia in mano.
“Sei pronta, tesoro?”
Mel annuì. “Si.”
Suo padre esitò. “Sei… assolutamente sicura che è questo che
vuoi, figliola?”
E’ questo che vuoi?
Mel fece un sorrisino malinconico… una sola frase, eppure
quanti ricordi…
Era così carino… con
quell’aria tutta concentrata, nonostante il caldo era l’unico capace di
resistere a quell’ora nella biblioteca su cui batteva un sole assurdamente
caldo per un inizio di Maggio ancora primaverile… tutti si lamentavano per quel
compito che aveva assegnato il vecchio professore di Storia della Magia, un
ometto tanto vecchio da avere la pelle traslucida… ma lui no. Simon non aveva protestato neanche un po’… la
ricerca era sul rapporto fra l’uomo e il drago nei secoli, praticamente la sua
materia preferita… era l’unico in quella torrida biblioteca ad aver già scritto
più di una pergamena.
E lei non riusciva a
smettere di fissarlo… i capelli spettinati, il viso concentrato mentre fissava
le pagine di un librone sulla grossa scrivania, le labbra leggermente socchiuse
e il naso appena un po’ arricciato in quell’adorabile espressione che assumeva
sempre quando si concentrava su qualcosa… le lentiggini sparse sugli zigomi e
sul naso erano una tentazione per lei, che aveva sognato di contargliele a suon
di baci un milione di volte… aveva la fronte imperlata di sudore, la cravatta
slacciata, le maniche della camicia arrotolate sui gomiti, eppure a modo suo
era così ordinato per essere un sedicenne…
Lei non stava affatto
studiando, a differenza sua, non riusciva a smettere di rubare occhiate… e la
sua concentrazione era ridotta al minimo grazie a quel massaggino adorabile al
palmo della mano che lui, distrattamente, le stava facendo. Glielo aveva
chiesto lei, adorava sentire le sue mani sulla propria pelle… come poteva
sperare di riuscire a studiare con lo spettacolo che aveva proprio davanti a
sé? Ogni tanto abbassava gli occhi sul libro, fingeva di girare pagina, ma poi
tornava a fissare lui… a fissare le goccioline che dolcemente dalla tempia gli
scivolavano lungo la guancia, e doveva lottare con se stessa per non allungare
la mano ed asciugargliele con una carezza…
Non fu abbastanza
svelta ad abbassare lo sguardo quando lui alzò il viso… e le rivolse quel
sorrisetto vivace e furbetto che l’aveva fatta innamorare, quel sorriso intelligente
e scaltro che teneva fede al cognome che portava… gli sorrise in risposta,
imbarazzatissima per essersi fatta sorprendere a fissarlo, però poi lesse
qualcosa nel suo sguardo… qualcosa di strano, di diverso… ma di riconoscibile…
che fosse stato… amore? Lo stesso sentimento che provava lei? Era quasi
impossibile a credersi, ma perché no… non poteva essersi sbagliata, conosceva
bene Simon… lo vide distogliere frettolosamente lo sguardo e tornare a guardare
il libro, ma aveva le guance più rosse ora, le lentiggini non spiccavano più
così tanto…
Che si fosse sbagliata
o no, non aveva intenzione di lasciar cadere la cosa…
avrebbe fatto i conti con un eventuale rifiuto solo dopo, ma ora… ora non
riusciva a vedere altro che lui, quel viso così familiare e così dolce, così
amato e desiderato… non aveva paura di provare, perché con lui non aveva mai
paura di niente…e poi che cosa diavolo era a fare una Corvonero se non era
abbastanza intelligente da trovare il coraggio delle sue azioni?
E fu così che si
avvicinò ancora di più con la sedia al suo posto, cogliendolo di sorpresa… lui
la guardò confuso, e lei gli fece un piccolo sorriso mentre sentiva il cuore
che le tamburellava a mille… si sporse verso di lui, e lo vide trattenere per
un attimo il respiro e spalancare gli occhi… era così adorabile… e aveva le
labbra più dolci che avesse mai baciato prima. Era sorpreso, ma non rigido… lei
si aspettava persino di essere respinta, ma quella mano non arrivò mai… arrivò
per accarezzarle la nuca… ne arrivò un’altra per stringerla a sé, mentre lei
affondava le sue sulle sue spalle, per abbracciarlo di più, per assicurarsi che
non era un sogno quello, che era tutto vero e soprattutto che quel bacio
iniziato da lei ora era diventato più profondo e più sicuro perché anche lui
stava rispondendo.
Quando all’improvviso
lui si fece indietro, lei potè giurare che il cuore le si era fermato nel
petto. La stava fissando con un’espressione quasi incredula ma felice, eppure
ancora così incerta e insicura… e poi quella domanda appena sussurrata…
“E’ questo che vuoi?”
Si… si era l’unica
risposta possibile, perché lo voleva con tutte le sue forze e tutta la sua
volontà. Potè solo annuire, passargli una mano lungo il collo fin tra i capelli
per attirarlo di nuovo giù e baciarlo ancora… si, si… si, era quello che
voleva… solo ed esclusivamente quello… in quel momento e per sempre…
***************
Era così carina… tutta
rossa in viso per quell’ondata di calore anomalo che aveva investito
l’Inghilterra quell’anno, calore che in quella biblioteca sembrava essere
centuplicato dai raggi del sole che penetravano attraverso i finestroni. Ma a
lei il sudore donava infinitamente, con quelle delicate goccioline che le
imperlavano la pelle chiara… tutto di lei era bellissimo. A cominciare dai
morbidi capelli neri racchiusi in una coda, da quei bellissimi occhi blu mare
dolcissimi e caldi, e da quel fisichino snello al punto giusto… per finire al
modo in cui si era sistemata la divisa in occasione di quel caldo assurdo, con
la camicia ampiamente sbottonata che offriva spazio all’immaginazione di un
povero disperato come lui… lui, che era ridotto a rubare occhiatine quando lei
non guardava.
Normalmente a
quell’ora un saggio sui draghi l’avrebbe già abbondantemente finito, ma non
riusciva a concentrarsi sentendo la pelle liscia del braccio di Mel sotto la
sua mano. Era così delicata e soave, faceva venire voglia di accarezzarla
tutta… e quell’aria accaldata che aveva, era così adorabile…l’avrebbe guardata
per ore senza mai stancarsi…
Peccato che scelse di
tornare a fissarla come uno scemo proprio mentre lei lo stava guardando… che
figura da fesso. Le sorrise allegramente, ma non potè fare a meno di notare
quanto era bella… gli faceva quasi desiderare di buttare all’aria tutto e
gettarsi a capofitto su di lei… distolse lo sguardo in fretta, prima di mettere
ulteriormente in imbarazzo se stesso e lei. Cosa avrebbe dovuto pensare lei
ora? Che anche lui era come tutti gli altri, che le lanciavano occhiatine
golose appena se ne dava la circostanza? Che stupido, stupido idiota che si
sentiva…
Poi avvertì il suo
calore… la vicinanza del suo corpo, non si era accorto che gli si fosse
avvicinata tanto… e spalancò gli occhi quando la vide sporgersi verso le sue
labbra. Non riusciva a crederci, se era un sogno non voleva svegliarsi… era
parecchio che sognava un bacio da lei, ma nemmeno la sua immaginazione aveva
mai partorito quell’esplosione di emozioni… la strinse forte a sé, e quando
sentì le sue mani delicate avvinghiarsi alle sue spalle quasi perse il delicato
controllo che poteva avere un ragazzo sedicenne baciato dal suo amore di
sempre. E fu in quel momento che lo colse un timore… aveva bisogno di
sentirselo dire… aveva bisogno di sapere con certezza che non si stava
sbagliando… Si separò da lei, seppure contro voglia, e la guardò dritta negli
occhi.
“E’ questo che vuoi?”
Che voce strozzata,
quasi non la riconosceva come la sua… le vide accennare un sorriso, e si sentì
attirare di nuovo verso le sue labbra… e a quel punto sentì il cuore riempirsi
di gioia, una gioia immensa e mai provata prima. Dubbio sparito.
Simon sorrise senza aprire gli occhi, ringraziando la
pioggia che gli bersagliava la faccia abbastanza da nascondere le due lacrime
che gli erano scivolate sulle guance. I capelli gli ricadevano sul viso stanco
e affaticato, le mani stringevano forte il legno del recinto della sua amata
riserva, quella maledetta canotta che aveva addosso gli dava più fastidio che
mai… aveva voglia di sentire addosso solo la pioggia, per avvertire la
sensazione di liberazione… forse la pioggia poteva lavargli un po’ l’anima,
ripulirgliela da quelle sensazioni di dolore così intenso… o forse no. Quella
malinconia e quella rabbia se le sarebbe portate dentro per un bel po’ di
tempo, e nessun temporale o uragano avrebbero potuto aiutarlo in questo. Doveva
solo imparare a convivere con queste sensazioni per un po’. Solo quello.
Sentì una mano grassoccia appoggiarsi affettuosamente sulla
sua spalla, e annuì lentamente. “Non ti preoccupare, Sam.” Disse piano. “Va
tutto bene.”
Sam si strinse nelle spalle robuste. “Posso fare qualcosa
per te?”
“Oh, si.” Simon gli indicò l’abbeveratoio. “Perché non le
porti tu le vitamine a Hector?”
Sam fece un sorrisino. “Perché come minimo mi stacca un
braccio… lo sai che quella roba la prende solo da te.”
Simon annuì e si sforzò di fare un piccolo sorriso,
raccogliendo da terra il secchio e avviandosi verso l’abbeveratoio mentre la
pioggia lo inzuppava beatamente fino al midollo.
Sam si ciondolò sui piedi. “E’ partita stamattina, non è
vero?”
“Si.” Simon riempì il secchio senza alzare lo sguardo.
Sam fece una piccola smorfia. “Magari ci ripensa, chi può
dirlo… insomma, lei ti ama moltissimo, e anche tu… voi siete la coppia per
eccellenza, io dico che non può finire così. Forse aveva solo bisogno di
mettersi alla prova…”
“Grazie lo stesso, Sam.” Simon gli battè sulla spalla una
pacca gentile. “Lo apprezzo molto.”
Sam lo guardò mentre si avviava senza il minimo entusiasmo verso
il grosso drago irascibile che in quel momento giaceva buono sotto la sua
quercia, e si rese conto che non c’era davvero molto che potesse fare per il
suo migliore amico. Nonostante questo, gli dispiaceva di non poterlo aiutare
come lui aveva sempre fatto invece nei suoi riguardi.
Simon si avvicinò a Hector e appoggiò il secchio a terra,
incrociando lo sguardo del drago per un momento. “Ehi, bello.” Gli sussurrò,
accarezzandogli il muso e ottenendone uno sbuffo amichevole in cambio.
“Credimi, oggi più che mai non vorrei darti questa merda.”
Il grosso drago sembrò quasi percepire la tristezza nelle
carezze di Simon, perché a un certo punto sollevò il poderoso collo e sporse il
muso finchè non urtò dolcemente lo stomaco del ragazzo, quasi come se stesse
cercando di dargli una bottarella affettuosa. Simon sorrise e gli baciò il muro
rugoso, chiudendo per un attimo gli occhi e lasciandosi colpire a fondo da
quella pioggia così fitta e intensa. Forse era la sua malinconia, forse
l’effetto dei rumori della natura, ma se si concentrava abbastanza riusciva
perfino a sentire la sua voce… la voce del suo amore che lo chiamava… Dio, se
la tristezza ne faceva di scherzi…
…però Hector si era irrigidito come se avesse sentito la
presenza di un altro essere umano…
Simon si voltò di scatto, facendo difficoltà ad aprire gli
occhi sotto quella pioggia scrosciante… e il cuore gli si fermò.
Lei era lì… era lì davanti a lui.
Era bagnata fradicia, spettinata, sporca di fango… e aveva
sul viso il sorriso più bello e radioso che
aveva mai visto prima.
…che cos’è, uno
scherzo? Un sogno? Un miraggio?
Simon boccheggiò… la sentì chiamare il suo nome… sembrava
vera, forse era vera, forse non stava sognando… la vide avvicinarsi le mani
alla bocca come per amplificare la voce, e poi… e poi…
“SPOSAMI!!!”
Simon non seppe mai se in quel momento la sua prima reazione
fu una risata o un singhiozzo… non riusciva a sentire il rumore della pioggia,
le urla di incoraggiamento e gioia dei suoi amici allevatori poco distanti da
loro, che avevano sentito… l’unica cosa che riusciva a vedere era Mel, la sua
faccia radiosa come mai lo era stata, il suo sorriso disteso, sereno, sicuro… i
suoi occhi vivi e determinati, ora liberi da quella patina di dubbio che li
aveva velati in quelle ultime settimane…
Con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro,
Simon le andò incontro a grandi passi… le corse letteralmente incontro, e lei
fece altrettanto… si incontrarono a metà strada in un abbraccio famelico e in
un bacio disperatamente felice e desideroso, traboccante di desiderio di
recuperare tutto ciò che si era quasi sgretolato sotto il peso di un momento
difficile… mani fra i capelli, unghie affondate nelle spalle, corpi avvinti
l’uno all’altro in una stretta scivolosa e precaria, eppure sicura più che mai…
non si capiva nulla, ma era la più bella confusione che avessero mai provato in
vita loro.
Simon ruppe il bacio solo ed esclusivamente per ragioni di
respirazione, e le prese il viso fra le mani mentre la guardava come se fosse
un diamante purissimo appena trovato in una miniera di carbone. Non riusciva
ancora a crederci, lei era lì… non era partita… e gli aveva chiesto di…
“E’ questo che vuoi?”
Mel rise gioiosa e lo attirò giù per un altro bacio ancora
più intenso del precedente, abbracciandolo più stretto che poteva. Oh, si… si,
era proprio questo che voleva. Nell’ultimo periodo si era sentita debole,
incapace di prendere una decisione da sola… e invece ora avvertiva una nuova
energia scorrerle nelle vene, una energia che le veniva dall’amore… era stata
capace di prendere la più importante decisione della sua vita senza pensarci un
attimo, da sola, senza il consiglio di nessuno, e sapeva di aver scelto bene…
aveva rinunciato a quella accademia, aveva rinunciato a un cammino che si era
resa conto tutto in una volta di non aver bisogno di percorrere. Voleva un
sogno da esaudire… eccolo lì il suo sogno, era lì in piedi davanti a lei. La
favola che stava vivendo con il suo Simon era il suo
sogno, ora era certa di non voler investire la sua vita in nient’altro che
quello. Qualunque lavoro sarebbe andato bene… la cosa più importante era stare
con lui. Vivere quella favola fino in fondo, spazzare via i dubbi perché non ne
aveva più. E sapeva che non ne avrebbe avuti più
neanche in futuro.
Si… si, amore mio, è
quello che voglio… in questo momento e per il resto della mia vita. E voglio un
gigantesco album di fotografie del nostro matrimonio, perché alla fine ci devo
scrivere grande grande “E vissero per sempre felici e
contenti…”
** The End **
Ecco perchè adoro Simon e Mel, perché sanno risolvere le
cose nella metà del tempo che ci impiegano gli altri
di FMI! *ogni riferimento a fatti, cose e persone è puramente casuale*
^____________^ Bene, bimbetti belli, adesso
vi lascio perché domani è giornata di scuola… ma prometto di aggiornare
prestissimo FMI perché ci sono grandi novità in arrivo! ^___^ Nel frattempo, se
mi lasciate un bel commentuzzo mi fate un sacco felice! Vvttttb!
Sunny