L’armatura si mosse in direzione di occidente, fronteggiando
le ultime auree rossastre che il sole riusciva ancora a gettare su
quella terra coperta di cadaveri.
Lo spettro la raggiunse svogliatamente, con gli occhi splendenti fissi
su un punto non ben definito del cielo.
Che schifo…
E... che schifo. Ogni volta finisce sempre così, con questo
gusto amaro sulla lingua, certo, se solo avessi una lingua...
Questa volta ho vinto? Non riesco ad esserne sicuro.
Commedia, quindi questa
è la Trama da quando la hai sigillata? Questo groviglio di
fati?
Oh, si, ma ci farai
l’abitudine con il tempo.
Intendi dire che riesci a
leggerla?
Si, la maggior parte
delle volte. Sempre ammesso che un semidio impazzito non mi trafigga o
che non mi trovi di fronte a dei Buchi della Trama.
Ultimamente quei
maledetti si sono fatti dannatamente numerosi.
Non sarà un
lungo inseguimento, allora, quello che ci attende per riprenderci
l’armatura di Aria.
Riesci a leggerla, quella
donna, non è vero?
Sì, non
è stata influenzata così tanto dal Giudice
Maggiore da diventare anche lei un Buco.
Ma il nostro eroico
inseguimento non è necessario.
Cosa stai dicendo? Vuoi
lasciare un artefatto forgiato direttamente dagli dei in mano ai
mortali?
Sei totalmente impazzito?
Probabilmente
sì, la mia mente non è più
perfettamente sana, ma mio malgrado so ancora capire quando qualcosa
potrebbe rivelarsi fastidioso, in futuro.
...
Hai voglia di metterti alla prova nel tiro con l’arco?
Cosa pensi che le mie
frecce possano farle, anche riuscissi a colpirla?
Ti ho chiesto se vuoi
metterti alla prova, non di colpirla.
Se solo la colpissi non
scalfiresti nemmeno quelle piastre.
Dovresti colpire Sarah
Dan Rei esattamente tra la seconda e la terza vertebra, se davvero
volessi ucciderla.
Cos’è
questa pazzia, come credi che un colpo del genere possa superare le
difese di un’armatura divina?
Lo spettro ruotò il capo di scatto in direzione
dell’armatura, stringendo gli occhi fino a farli diventare
due fenditure dorate. Il manto fumoso che lo rivestiva si mosse
stizzito attorno alle sue forme celate.
Ti voglio raccontare una
storia, parla di un’elfa che aveva appena superato i
vent’anni, costretta a combattere una guerra che sembrava
persa in partenza.
Ella avrebbe potuto
indossare qualsiasi armatura, qualsiasi elmo, nascondersi nella
più profonda delle fosse, ma una freccia si sarebbe fatta
strada tra la seconda a la terza vertebra del suo collo, uccidendola.
Questo perché era scritto nel suo destino.
Sono state forgiate
quattro di quelle armature, di cui una è stata destinata a
lei.
Persino se gli dei
avessero anticipato il loro dono lei sarebbe morta.
Come fai a dirlo?
Sarebbe potuta diventare
un Buco nella Trama, l’intervento divino può far
saltare i punti fissi dei destini.
Non in quel caso. Non ho
mai letto le pagine a lei dedicate, ma so per certo una cosa, non
c’era modo di farla vivere.
Come puoi esserne
così sicuro?
Tu hai provato a salvarla?
Io ero lì.
In mezzo alla ressa del
combattimento io ero lì e li stavo proteggendo con tutte le
mie capacità, per quanto non mi fosse stato ordinato.
Non sono riuscito a
salvare lei.
Non sono riuscito a salvare nessuno di loro.
Sono morti in quattro,
quel giorno, davanti a me senza che potessi far nulla per far saltare
quel punto fisso e, credimi, ho tirato con tutte le mie forze.
Cinque, per quanto il
desiderio di morte del quinto fu di porre rimedio al volere del Fato.
Ti è
sufficiente come risposta?
L’armatura non rispose, rimanendo in silenzio per qualche
secondo mentre i tizzoni che ardevano all’interno del suo
elmo scorrevano sui versanti montani che, dal baratro ai suoi piedi, si
dispiegavano.
Perché non
l’hai fatto tu, visto che già sapevi di questo
difetto?
Guarda
laggiù, oltre la Grande Vivente, oltre Gerala e Derout,
oltre il mare, oltre il Gorgo del Leviatano, oltre all'Isola dei
Draghi, al Continente, ad Aravan e tutto quello che
c’è alle loro spalle.
Il paesaggio si andava scurendo oltre i picchi della catena dei Monti
Muraglia, aspettando che la luna sorgesse per illuminarlo con la sua
luce argentea.
…
Cosa dovrei guardare? Gli
astri?
Non mi pare che la loro
posizione sia variata più di tanto durante la mia prigionia.
È
l’astro che non puoi vedere quello al quale mi stavo
riferendo.
Davanti a quel sole
morente ho promesso che al calare delle tenebre non avrei
più ucciso nessuno.
Io la spintarella nella
direzione giusta te l’ho data, ora tocca a te farne quello
che vuoi.
Tornerai mai ad essere il
Commedia di cui ho ricordi?
Lo spettro si allontanò da ciglio della Terra degli Eroi,
dirigendosi in direzione dei due uomini malconci che tentavano di
rimettersi in piedi a poche decine di metri da lui, inseguito solo dal
denso fumo nero che ne nascondeva le forme corporee.
Alle sue spalle, l’armatura bronzea perdeva di
consistenza come un miraggio del deserto al calare della notte. Sotto
al chiarore della luna, a guardare la distesa di picchi che,
avidamente, cercavano di trattenere un po’ della neve caduta
nell’inverno passato, rimase solamente una giovane fanciulla
patita, con appena delle chiare vesti leggere a coprire il corpo
asciutto che non si sarebbe detto capace di affrontare neppure una
folata di vento.
Una brezza fredda spazzò la piana, trascinando con
sé odore di sangue e cenere.
La nube dello spettro ne rimase quasi indifferente, rimanendo
saldamente ancorata al corpo che la vestiva.
La veste che ricopriva mollemente il corpo della fanciulla si
gonfiò al passaggio di quegli odori pesanti, mostrando per
pochi attimi una pallida schiena deturpata da orrende cicatrici dovute
a uno scorticamento appena al di sotto dei corti capelli castani
tagliati sommariamente e del collo che questi faticavano a nascondere.
Non ti sei ancora
stancata di quella forma?
Ho bisogno di avere i
miei errori sempre davanti agli occhi per potermi migliorare.
Fai come vuoi.
Per lo meno potevi non
imitare le ferite che ti provocai. Quelle non sono dovute a un tuo
errore.
…
Nelle mani della fanciulla comparvero un lungo arco ligneo, leggermente
intagliato solo là dove le dita andavano a chiudersi sulla
sua superficie, e una singola freccia dal piumaggio dorato e dalla
punta splendente.
Lo spettro raggiunse i due uomini, guardandoli per un momento
attraverso gli occhi splendenti che deturpavano il suo volto oscuro
privo di lineamenti, dal quale parve venire espulso il viso
dell’elfo dai capelli neri e la guancia tatuata.
Le dita sottili incoccarono la freccia, tendendo la rigida corda di
quell’arco ben oltre le capacità che quelle
braccia fini dimostravano di possedere.
L’elegante lunga giacca nera ricadde attorno alle gambe
dell’elfo, assorbendo in sé ogni rimasuglio della
nube che ancora cercava di vorticare nell’aria, mentre i suoi
piedi si fermavano poco distante da quelli dei due mortali a cui era
andato incontro.
Una nuova folata gelida accarezzò il viso della fanciulla
armata, pulendole le labbra dal sospiro che ne stava uscendo.
L’elfo tatuato appoggiò le dita sulle spalle di
Noir, facendo fluire da quei polpastrelli uno spesso tessuto che
potesse proteggere quelle membra provate e menomate dall’aria
della notte.
Gli occhi dorati si strinsero come quelli di un falco che sta per
agguantare la propria preda nella sicura stretta dei suoi artigli.
La mano dell’essere dalla ciocca bianca corse poi al volto di
Razer, impattando non troppo gentilmente su quei lineamenti duri.
La corda dell’arco fu lasciata libera di tornare in una
posizione a lei più congeniale, trascinando con
sé la freccia che le era stata affidata.
Una materia bianca, come dotata di vita propria, eruttò dal
palmo dell’elfo per avvolgere il volto del draghicida con
furia animalesca.
La freccia ruotava appena lungo il suo asse, viaggiando indisturbata
dalle correnti e accompagnata dal frusciare del piumaggio che le stava
in coda.
La creatura in abiti eleganti allontanò il proprio arto
dalla faccia dell’uomo che gli stava di fronte, leggermente
proteso in avanti con le braccia strette al petto.
Sarah Dan Rei non si voltò mai verso la vetta mozzata dalla
quale scappava, fiduciosa della protezione dell’armatura che
le era stata affidata. Non si voltò né quando i
distanti ruggiti dei draghi facevano vibrare l’aria
né quando il silenzio calò luttuoso alle sue
spalle.
Sarebbe stata lei il seme per il futuro del loro circolo. Sarebbe
ripartita da quell’armatura tramandata come quella donata a
Trado dell’Aria dagli dei stessi e dai manufatti incantati
che avevano raccolto e custodito i suoi predecessori.
Nulla sarebbe cambiato.
Avrebbe trovato altri che, come lei e come colui che l’aveva
reclutata, sapevano di essere superiori alla feccia che riempiva le
città e il treno che aveva fatto costruire.
I sentieri sotto i suoi stivali metallici erano troppo impervi per
permetterle di muoversi agevolmente, ma il desiderio di allontanarsi il
più possibile dal re di quella catena montuosa era
sufficiente a non farle rallentare il passo, per quanto incespicante
potesse essere.
La fanciulla si permise di chiudere per un istante le palpebre,
tornando a far circolare aria dentro il corpo che vestiva.
La melma bianca si irrigidì sul volto di Razer, definendo
una superficie senza imperfezioni rotta da un largo sorriso ad arco e
due U rovesciate là dove dovevano esserci gli occhi.
- Perché? – riuscì a scandire il
draghicida, sfilandosi la maschera candida dal viso.
- Perché voglio credere che questa maschera non
diventerà un simbolo di morte. Voglio che ogni volta che la
guarderai, ti ricorderai che, se mai dovessi tornare sui tuoi passi,
questa non sarà l’unica cosa che ti
porterò via. –
- Ci lasci qui così? –
- Si. Vi lascio entrambi qui. Ormai non potete correre più
rischi per colpa mia e, quindi, non sono tenuto a portarvi lontano.
– Gli occhi verdi dell’essere si posarono su Noir,
ancora seduto a terra, per poi tornare a rivolgersi agli occhi profondi
dell’uomo che gli stava davanti – Lui potrebbe
essere un buon modo per ripartire, Razer. Andate a Gerala, in uno dei
piani più bassi della città
c’è un medico che sa utilizzare la magia, dovresti
conoscere la zona, dico bene? –
- Si, ma… -
- Dicevo, potrebbe essere una buona idea andare da lei. Portategli la
lama della spada che ti ho lanciato e il coltello con cui è
stata uccisa il giudice Fenter e ditegli che vi manda il Servitore del
Fato. Non farà troppe domande. –
L’elfo si voltò, riprendendo a camminare con
sguardo deciso in direzione della fanciulla. La Spada del Fato sembrava
intravedersi attraverso la pelle e i vestiti che ricoprivano il suo
braccio destro, nel quale quell’arma albergava.
La punta della freccia si insinuò precisa nel piccolo
spiraglio che l’elmo lasciava scoperto alla base del collo,
dividendo chirurgicamente le due vertebre che sotto a quel lembo di
pelle in vista si nascondevano.
Sarah Dan Rei cadde a terra sul sentiero che stava percorrendo, i suoi
occhi vitrei guardavano ancora fissi davanti a loro.
È finita, ora?
…
Si. È
finalmente finita.
…
La realtà si frantumò come uno specchio colpito
da un sasso attorno alle due creature, il tempo si distorse mentre lo
spazio diveniva un concetto che non riusciva a trovare una propria
dimora in quel luogo.
Oh, ti prego, ho solo
voglia di andarmene e dimenticare gli ultimi millenni.
L’elfo e la fanciulla si ritrovarono trasportati di fronte a
un largo tavolo circondato da dodici sedie, di cui solo una era
occupata. Poco lontano giacevano scompostamente per terra i pezzi
lucenti dell’armatura di Aria.
Un uomo distinto li guardava compiaciuto, con uno spesso tomo rilegato
in pelle nera appoggiato di fronte a sé.
La fanciulla si genuflesse al suo cospetto, piegando il capo in segno
di rispetto.
Dalla lunga giacca che copriva le spalle dell’elfo si
levò uno sbuffo stizzito di fumo scuro che rimase ad
aleggiare intorno a lui. La sua mano scese in direzione della
fanciulla, quasi strappandole di mano la spada dall’eterea
lama azzurra per appoggiarla sul tavolo che gli stava di fronte,
accanto ad essa fece cadere la lama argentea della Spada del Fato,
partorita dal suo braccio.
- Cosa vuoi ancora da noi, vecchio? – chiese la creatura
dalla ciocca bianca – Abbiamo finito, laggiù, ho
restituito quello che vi avevo chiesto in prestito, ora lasciaci
andare. –
Commedia!
Oh, si. Questa
è un’altra delle cose che ti sei persa.
Io e nostro padre
abbiamo sviluppato un rapporto… complicato. Diciamo che
è cominciato tutto quando mi ha trascinato qui appena reduce
dalla vostra scomparsa per assistere all’esilio di un semidio
malvagio nel Creato, o per lo meno credo che sia nato in quel momento.
- Commedia, credi davvero che il tuo lavoro sia finito? Le tue azioni
hanno avuto ripercussioni ovunque. – L’uomo
aprì il libro che gli stava di fronte, facendo scorrere le
pagine di fronte ai suoi ospiti per mostrare le decine di pagine
rovinate e imbrattate che le riempivano.
- Cosa dovrei fare io? Non sono un restauratore. –
- No. Tu sei una Musa. Riprendi in mano la mia spada. –
Svogliatamente l’elfo recuperò dal tavolo
l’arma splendente, vedendola mutare tra le sue dita in una
lunga penna nera dalla punta sporca d’inchiostro scuro.
- Potrai liberarti di quella piuma e di questo libro solo quando avrai
sanato tutti gli strappi che ti sei lasciato dietro nel tessuto della
realtà. E, ricorda, il libro sceglie sempre quali pagine
mostrare al suo lettore. –
Gli occhi dell’uomo si spostarono sulla fanciulla
inginocchiata reverenzialmente.
- Per quanto riguarda te, Epica, anche tu dovrai scontare i tuoi debiti
con il Creato. Ti avevo affidato la mia arma perché tu
potessi proteggere i tuoi fratelli e le tue sorelle e tu hai fallito.
–
- Ne sono consapevole, padre. Accetterò qualunque pena voi
decidiate. – rispose la fanciulla senza alzare lo sguardo da
terra.
Gli occhi dell’uomo si accesero di una luce divertita.
– Bene, in questo caso ecco la mia decisione.
Finché Commedia non avrà terminato il suo
compito, sarai costretta a rimanere al suo fianco. Questo è
il mio mandato per te. –
- Ma padre! – provò a replicare la fanciulla,
senza trovare parole per proseguire.
Lo specchio della realtà si ricompose, tornando a riflettere
la vetta mozza del Flentu Gar.
Le due creature erano ancora una a fianco dell’altra, a
fissare un punto inesistente verso occidente.
L’elfo guardò infastidito il libro che reggeva tra
le mani, aprendolo con un gesto di stizza.
Decine di pagine rovinate da righe d’inchiostro e strappi
nella carta si presentarono davanti a lui come soldati in formazione.
Si fermò ad una pagina a caso.
Razer Donier.
Riprese a far scorrere le pagine con ancor più risentimento
nei loro confronti, bloccandone poi una tra le dita.
Noir Drakar.
Dannazione, non mi
dà nemmeno l’impressione che sia una mia scelta il
fato su cui mettere una pezza.
Le pagine ripresero a scorrere sotto le sue dita, senza voler accennare
a giungere a quelle finali di quel volume.
Si bloccarono ancora.
Elise Barran.
Gli occhi dell’elfo saettarono sulle righe tracciate su quel
foglio, in cerca di una risposta al dubbio che lo aveva colto.
La sua fronte piatta si corrugò.
È la
ragazzina che è stata salvata da Noir.
Quella che, diventando
un Buco nella Trama senza un apparente motivo mi ha permesso di
ritrovarlo mentre scappava.
Con quale dannata logica
mi stai proponendo su chi devo concentrarmi, maledetto libro?
Le pagine tornarono a scorrere, libere da vincoli.
La mano magra della fanciulla si frappose sulla loro via, arrestando
quella corsa.
Là dove le pagine erano riuscite a completare la loro corsa
riposava una pagina miracolosamente intatta, dall’altra parte
si poteva vedere solo l’interno della copertina rilegata del
tomo.
Cosa ci sta cercando di
dire…?
La creatura dal volto femminile alzò delicatamente la mano,
rivelando un foglietto che non sembrava far parte di quel volume che si
era nascosto sotto il suo palmo.
L’elfo lo raccolse con attenzione tra i polpastrelli,
studiandolo con le iridi color smeraldo.
La sua mano cominciò a tremare mentre lo ruotava leggermente
per permettere alla creatura al suo fianco di leggerne il contenuto.
Storia
Epistola
Melodia
Epica
Terrore
Passione
Commedia
Tragedia
Danza
Mistero
Mito
Profezia
Non era altro che una lista di parole, o nomi, appuntati malamente,
frettolosamente, con una grafia che a stento ricordava quella curata
delle pagine che riempivano quel libro.
Molte di queste erano state barrate da una mano che non sembrava la
stessa che le aveva scritte.
Tu credi che…
Il libro sceglie sempre
quali pagine mostrare al suo lettore, no?
Ma questo è
troppo!
Noi non abbiamo una
pagina dedicata in questo libro, noi siamo al di
sopra di ogni fato, siamo liberi dal filo che conduce alla meta
successiva!
Ho mio malgrado scoperto
che non siamo così al dì
sopra dei destini, purtroppo. O per fortuna, visto che
quest’informazione mi è valsa la più
importante delle vittorie.
E se fosse?
E se nostro padre ci
avesse voluto dare
quest’opportunità, alla fine di tutto?
Ma come poteva sapere?
Lui non ha controllo su
cosa facciamo!
Epica, non lasciarti
sopraffare.
Nostro padre
è sicuramente il primo delle persone rimaste in
grado di parlarmi che detesto, ma devo ammettere che ci è
sempre stato centinaia di passi avanti.
Cosa intendi dire?
Ho passato alcune
fasi… complicate, nell’ultimo
secolo. Mi sono dovuto ridurre alla mia materia elementare per salvarmi
da morte certa, sono sceso sul campo di battaglia più volte
contro nemici che mi erano superiori…
E lui era sempre
lì, al momento giusto. Per quanto facessi
quello che ritenevo corretto, avevo sempre l’impressione che
fosse esattamente quello che lui voleva da me.
Poteva lasciarmi
ribollire in una pozza ai piedi di un vulcano per
qualche decade, ma ha voluto donarmi il suo sangue perché io
fossi presente nel combattimento finale e non ho mai capito
perché avesse riposto così tanta fiducia in me.
Ora mi viene da
chiedermi se ogni sua azione fosse stata pianificata
perché io compiessi i suoi piani…
Ed ora? Cosa facciamo?
Non so cosa faremo.
So cosa
sceglierò di fare io, come ho sempre fatto.
E poi, finalmente,
sarà finita.
E andrai a vedere come
stanno i pinguini?
Si, ma non solo. Ho un
po’ di esplorazione di questo mondo in
arretrato.
Hai ancora intenzione di
esplorarlo con me? Come ai vecchi tempi?
L’elfo sorrise sommessamente.
Allora le mie visite non
erano solo tempo perso…
La punta della penna nera si andò ad appoggiare sul
foglietto appoggiato alla copertina, pronta a fare ciò per
cui era stata creata, pronta a lasciare alle sue spalle un solco pregno
di inchiostro.
Angolo dell'Autore:
Siamo dunque arrivati a quel
momento.
Ho finito.
Ho finito un lavoro che mi porto dietro da anni.
MI mancherà tutto questo. Mi mancherà questo
mondo, con le sue guerre e i suoi abitati. Mi mancheranno i miei
prescelti, ognuno di loro, dalla prima all'ultima era. Mi
mancherà il mio Commedia, il mio Viandante, il mio Vander,
il mio Comvia, il mio commissario biondo e il mio Servitore del Fato.
Mi mancherà questo pantheon. Mi mancherà tutto
quello che ho costruito in questi anni, appoggiando strato su strato i
fogli con cui ho scritto questa storia.
Non mi sentivo così da quando ho concluso Corsa contro la
fine. Fa male al cuore sapere che tutto questo è finito.
Mentre sospiro e ricaccio le lacrime da dove sono arrivate,
permettetemi di fare i dovuti ringraziamenti.
Innanzi tutto, quelli tra di voi che posso dire di aver "conosciuto"
meglio.
OldKey, o come si è
più volte definita la mia prima follower. In parte
è colpa sua se sono arrivato fin qui.
la ragazza imperfetta, che mi ha
sopportato negli ultimi mesi leggendo e correggendo ogni capitolo che
vi è arrivato.
whitesky, che mi ha accompagnato per una
lunghissima tratta di questo viaggio.
EragonForever, che mi ha aiutato a
diventare un autore migliore e che, so, presto si rimetterà
in pari con questa storia.
Ma non meno importanti sono tutti gli altri che mi hanno dato un segno
tangibile del loro passaggio e del loro apprezzamento. Grazie a ognuno
di voi, perchè mi avete dato un valido motivo per coltivare
questa mia passione, che ogni settimana eravate a leggermi, in silenzio
o meno, che mi avete sopportato nei miei deliri e nelle mie
elucubrazioni.
Vorrei potervi nominare tutti per nome, ringraziarvi uno a noi,
nonostante siate centinaia,
se non migliaia,
ad aver visitato alcuni miei capitoli, vorrei poter dedicare del tempo
ad ognuno di voi.
Ma non posso farlo, non ho il nome di tutti voi sotto mano.
Farò quello che posso, ma, se il tuo nome non compare sotto,
sappi che lo vorrei poter aggiungere, perchè è
anche grazie a te che tutto questo è avvenuto e che ha
raggiunto la sua meta.
God of Lies
Laurelindorean
Laly of the Moonlight
Lion_Shamsi
Onyx Crysus
TotalEclipseOfTheHeart
dany the writer
Shegar
Kira Diana
ladyathena
hola1994
TaliaMorrissey
Tu. Proprio tu, che mi stai leggendo
ora, anche se il tuo nome è già stato scritto.
Ripetere ogni tanto non fa poi così male.
181 capitoli. Cento-ottantuno capitoli. Tre anni. Un lungo viaggio,
è stato questo, non c'è che dire.
Ora, però, mi tocca mettere per un attimo la maschera di
quello rompiballe.
Ho davvero bisogno che voi facciate qualcosa per me, ora.
Ho scritto tutto questo tempo sia per me che per voi, ho tirato dritto
come un treno in corsa, ed ora che sono arrivato nell'ultima stazione
ho BISOGNO di sapere cosa ne avete pensato voi del viaggio.
Vi prego, dunque, di lasciarmi scritto, anche in poche righe o parole,
cosa nel pensate di tutto questo. Ho bisogno di sapere cosa ne pensate
voi della storia, della trilogia, di tutto quello che ho prodotto.
Voglio migliorarmi e, per farlo, ho bisogno di voi.
Qualcosa non andava? Fatemelo presente.
Qualcosa vi è piaciuto più del resto? Ditemelo.
Ho necessità di avere un feedback, ora, da parte vostra.
Qualunque sia il momento in cui arriverete qui, vi prego, lasciatemi
una traccia dei vostri pensieri. Anche a distanza di mesi o anni.
Non ho più nulla da dire.
Mi sento vuoto e avrò bisogno di un po' di tempo prima di
smettere di aspettare la mezzanotte che separa il venerdì
dal giovedì per pubblicare.
Grazie ancora a tutti voi, per tutto.
Per l'ultima volta tra le pagine di questa trilogia.
Vago.
Spero ci rivedremo presto da qualche altra parte. |