White Winter Hymnal
Note:
Questa storia è ispirata a The Most
Wonderful Time of the Year di EventHorizon. La sua è una
storia comica (in generale tutti i suoi lavori sono incredibilmente
divertenti, ve li consiglio) e leggera. Io invece sono cupa e
drammatica anche quando cerco di far ridere…
Se c’era un lato positivo dell’essere bloccato in ufficio a compilare
rapporti e resoconti semestrali alle undici meno un quarto di una
gelida sera di metà dicembre, era che a nessuno sarebbe mai venuto in
mente di interromperlo, a meno che non si trattasse di vita o di morte.
E le probabilità che succedesse erano vicine allo zero, riteneva Greg.
Scotland Yard era semi deserta, tanto per cominciare, e avrebbe
scommesso che la sua fosse l’unica scrivania occupata di tutto il
piano, con gli addobbi spaiati e le luci natalizie che erano un azzardo
per la sicurezza antincendio. Non era neppure reperibile, il che gli
avrebbe risparmiato anche l’eventuale convocazione su una scena del
crimine. E nessuno lo avrebbe reclamato a casa, perché non c’era un
accidente di nessuno, là, ad aspettarlo per cena o a letto, o a
recriminare perché dedicava la serata a scartoffie e straordinari non
pagati.
Andava bene così. Cioè, faceva schifo, era deprimente e spossante
cercare di restare concentrato per mettere insieme qualche frase di
senso compiuto. Ma era una cosa che andava fatta, era lavoro, e la sua
fatica era dovuta.
Almeno, almeno faceva progressi, senza nessuno che irrompesse nel suo
ufficio ogni quarto d’ora richiamando la sua attenzione su altro e
facendogli perdere il filo, e forse con un'altra ora di lavoro e lento
rielaborare di frasi ed eventi avrebbe finalmente terminato.
Non osava neppure concedersi una tregua per respirare un po’ d’aria, in
parte perché era certo che il bisogno di fumare sarebbe stato
insostenibile, e in parte perché dopo l’ultima pausa aveva faticato
quasi mezz’ora a riprendere il ritmo. Ma dio, come cominciava a
pesargli anche solo pensare…
Lo squillo del cellulare era allo stesso tempo una benedizione e una
mazzata sulla schiena.
‘No, no, no, no. Era
quasi fatta. Chi diamine mi chiama a quest’ora?!’
“Lestrade.”
“Buonasera, Ispettore. Mi chiedevo…”
“No.”
“Prego?” domandò con un’infinitesimale esitazione Mycroft Holmes.
“Ho detto no. Non ho tempo di farmi rapire, Mycroft. Sherlock sta bene,
so che non è nei guai perché John ha promesso di legarlo a un
termosifone se avesse provato a uscire di casa dopo il casino di oggi
pomeriggio, quindi non abbiamo niente di urgente di cui parlare.
Lasciami godere la mia serata libera, dannazione, è quasi Natale,”
rispose Greg con esasperazione.
“Per quanto ligio al dovere, dubito che lei ritenga un godimento
passare le serate alla sua scrivania, Ispettore,” replicò Mycroft. “C’è
una macchina che la aspetta, se vuole essere così gentile da…”
‘Ovviamente sai dove
sono. Stupido io a provarci.’
“Al contrario, una serata senza interruzioni per sbrigare i miei doveri
burocratici verso la Corona è rara e apprezzata, sono sicuro che
capisci. Temo di dover rifiutare,” lo interruppe di nuovo Greg.
“Io temo di
dover insistere, Ispettore,” rispose Mycroft, la voce aspra in un modo
che a Greg non piacque per niente.
Normalmente Mycroft era più paziente. Non che lui si divertisse ad
irritarlo, aveva troppa paura di finire deportato in Siberia, ma erano
anni che non rispondeva alle convocazioni dell’altro uomo senza almeno
qualche tentativo di resistenza pro-forma. Erano scaramucce innocenti,
e Greg era convinto che benché fingesse irritazione, Mycroft le
trovasse divertenti.
“Che può esserci di tanto urgente?” chiese.
“Preferirei parlarne di persona. È una questione delicata”
“Sono tutte
questioni delicate, le tue, Mycroft. Si direbbe che tu lavori in una
cristalleria, dalla quantità di…”
“Per l’amore del cielo, Lestrade, non mi faccia perdere tempo. Salga
sulla dannata macchina!”
Da un tono aspro ad aperta collera. Ma anche Greg cominciava ad
arrabbiarsi. Perché doveva farsi trascinare via alle undici di sera?
Perché il maledetto Mycroft Modi-Da-Spia Holmes non poteva
semplicemente invitarlo a un pranzo di lavoro?
Buttò la sua penna sul ripiano mentre rispondeva: “Neanch’io ho tempo
da perdere. Quindi se non è una questione di vita o di morte…”
Mycroft lo interruppe con un sospiro leggero.
‘Merda’
“Merda. Chi è morto?” domandò Greg.
“Per favore, Ispettore, preferirei parlare di persona,” ripeté Mycroft,
il tono di voce di nuovo controllato.
Il posto non era uno dei soliti magazzini abbandonati o parcheggi vuoti
che Mycroft prediligeva per i suoi rapimenti.
Erano in un quartiere lussuoso, ed erano all’aperto, anche se in un
piccolo angolo appartato dietro una strada residenziale. Il genere di
posto in cui le case hanno telecamere di sorveglianza all’ingresso e
antifurti allo stato dell’arte, e una macchina della polizia fa il giro
di pattuglia ogni ora o poco più, anche se tutti i ricchi contribuenti
della zona sono a letto alle dieci in punto e le strade sono deserte.
Prima che l’auto si fermasse, Greg si era quasi convinto che l’autista
l’avrebbe portato a casa di Mycroft.
Né il posto era l’unico elemento inusuale della scena.
Un’altra auto bloccava il punto d’accesso opposto a quello da cui Greg
stava arrivando e quattro uomini in completo nero si aggiravano per il
vicolo: due osservavano qualcosa parzialmente nascosto alla sua vista
dalla macchina a livello del terreno, uno osservava le finestre delle
case attorno a loro premendosi una mano sull’orecchio e parlando da
solo, uno sussurrava praticamente nell’orecchio di Mycroft, che annuiva
con fare placido e pensoso, al centro di quello strano allestimento.
Per Greg era tutto estremamente famigliare e sbagliato
contemporaneamente, a partire da Mycroft Holmes, che lo fissava con
attenzione e un accenno di sorriso sarcastico: “Grazie di essere
accorso così tempestivamente.”
Mycroft era elegantemente appoggiato al ripiano di marmo di un muretto
bianco che delimitava un piccolo giardino; aveva le mani poggiate, una
sull’altra, sulla coscia destra, mentre la gamba sinistra era distesa
in avanti; la ghiaia che ora scricchiolava sotto i piedi di Greg gli
aveva impolverato le scarpe eleganti.
Mycroft non si era alzato per andargli incontro, e il fatto stesso che
fosse seduto era fuori dal comune, nell’esperienza di Greg: Mycroft
affrontava tutti gli incontri che organizzava da una posizione di
supremazia.
Era sempre in piedi e armato del suo ombrello; se una sedia era
presente, come scenografia della sua performance (e di solito si
trattava di un pezzo antico e lussuoso, incongruo all’interno di una
fabbrica in disuso, su un pavimento di cemento grezzo), essa era
destinata al malcapitato che Mycroft aveva convocato e non a lui stesso.
E mentre Greg rifletteva che benché la presenza di sottoposti fosse da
dare per scontata, ogni volta che il signor Holmes si muoveva,
normalmente Mycroft era l’unico attore sul palco, il suo cervello gli
suggerì perché l’ambiente gli sembrasse famigliare.
Niente luci abbacinanti che appiattivano ogni cosa, ma piccole torce
rivolte verso il basso; completi scuri invece che divise blu.
“Lì dietro,” fece, indicando col mento l’oggetto a terra che i due
agenti stavano osservando, “c’è un cadavere, vero?”
Mycroft gli sorrise affettato: “Sì.”
‘Merda’
“Bene. Tutto per me?”
“Per così dire.”
“Be’, devo dire che questa volta vi siete mossi anche più velocemente
del solito,” rispose Greg scuotendo la testa e avvicinandosi al corpo.
“Ehi, fermi, mani in tasca, ragazzi. Facciamo le cose per bene.” Sentì
Mycroft alzarsi cautamente in piedi per raggiungerlo. “Mi dia due
minuti per fare la segnalazione ufficiale allo Yard, signor Holmes, e
poi potrete continuare.”
“Niente segnalazioni ufficiali, se non le dispiace, Ispettore.”
Greg, il cellulare già in mano, si voltò a fissare di sottecchi l’uomo
accanto a lui: “Deve esistere un caso perché voi possiate togliermelo
dalle mani, signor Holmes. Sono sicuro che se lo ricorda.”
“Perfettamente. Tuttavia, qui non esiste nessun caso. Per ora, almeno,”
rispose Mycroft, le mani ancora l’una sull’altra, gli occhi fissi in
quelli di Greg.
Lui si diede un’occhiata attorno, confuso: “Non capisco. É…la
procedura, quando ritroviamo uno dei vostri. Noi apriamo il caso, voi
avocate le indagini. Cosa c’è di diverso?”
“Abbiamo venti minuti prima del prossimo giro di pattuglia, signor
Holmes,” si intromise l’uomo che poco prima gli sussurrava all’orecchio.
“Capisco. Gli appartamenti sono vuoti?” rispose Mycroft.
“Sì, signore. Gli occupanti sono stati tutti trasferiti. E…nessun
indizio, là.”
Le labbra di Mycroft si ridussero a una linea sottile: “D’accordo.
Potete continuare,” aggiunse, rivolto ai due agenti alle spalle di Greg.
Uno di loro estrasse dal bagagliaio un borsone nero.
“No, col cazzo, fermi. Mi hai sentito? Tocca quel cadavere e ti
arresto,” esclamò Greg puntando il dito contro uno dei due. “Signor
Holmes? Ho chiesto cosa c’è di diverso.”
Mycroft sollevò le mani nel gesto che avrebbe fatto per picchiettare la
punta del suo ombrello a terra, poi parve ricordarsi che non aveva
nessun ombrello.
“Quello non è uno dei nostri, Ispettore,” sospirò infine.
‘Il secondo sospiro
della serata, e senza Sherlock tra i piedi.’
“Oh. Qualche idea su chi sia?”
“Sappiamo perfettamente chi è, ma è un’informazione classificata.”
“E su come è morto? Qualche suggerimento?” chiese Greg con tono cupo.
“Una ricostruzione dei fatti piuttosto precisa da parte di un testimone
attendibile.”
“Quindi avete tutti gli elementi sottomano. Posso sapere, allora,
perché ho l’impressione che da quel borsone stiano per spuntare guanti
in lattice e un telo di nylon?!” strillò sottovoce Greg, indicando col
pollice la sacca incriminata.
Mycroft gli rivolse di nuovo il suo sorriso affettato: “Perché è più o
meno quello che succederà.”
“Ho un sacco per cadaveri, tuttavia, Ispettore, non un telo,” corresse
uno degli agenti.
“Grazie per
la precisazione, e complimenti per l’efficienza,” rispose Greg. “Fammi
capire, Mycroft, tu e i tuoi state per far sparire un cadavere?”
continuò, lasciando perdere i formalismi davanti ai tirapiedi di
Mycroft.
‘Che diavolo. Già si
permettono di fare gli spiritosi.’
“Non ‘farlo sparire’. Ci limiteremo a spostarlo.”
“Perché,
Mycroft.”
“Perché quest’uomo non dovrebbe essere morto,” replicò l’altro.
Greg scoppiò in una breve risata secca: “Ah, sono sicuro che anche lui
sarebbe d’accordo. Tra l’altro, hai scelto un pessimo posto per farlo
assassinare.”
‘In mezzo alle case, nel
vicolo di accesso a un cortile interno, su della ghiaia bianca.’
“Si è trattato di legittima difesa,” rispose Mycroft, senza cambiare
espressione.
“Sì, certo. Perché non mi permetti di chiamare la Centrale, allora? E
già che ci siamo, perché mi hai voluto qui in primo luogo? Non sarebbe
stato più facile…” Greg chiuse la bocca di scatto, mentre la
comprensione lo inondava: “È per quando ci sarà un caso?
Per quando lo avrete spostato e ci sarà un caso e io dovrò occuparmi
delle indagini in modo che non ti creino problemi, giusto? È
per questo che mi hai coinvolto?”
“Sì. Avevo bisogno di qualcuno di fidato per gestire la faccenda, e tu
sei l’uomo di cui mi fido, Gregory,” rispose Mycroft, muovendo un asso
verso di lui.
“Quindici minuti, signor Holmes…”
“E hai pensato che io l’avrei fatto? Hai seriamente pensato
che me ne sarei rimasto qui a guardarvi impacchettare un corpo per
scaricarlo nel fiume senza dire niente? E magari pensi che dovrei anche
ringraziarti, per non aver fatto tutto alle mie spalle e basta…”
sbraitò Greg, il fiato che si condensava nell’aria fredda.
Gli uomini di Mycroft si guardarono nervosamente, quando il riverbero
della sua voce colpì i muri attorno a loro.
Mycroft scosse la testa: “Troppi rischi. Avresti potuto pensare di
chiedere a Sherlock, e lui avrebbe risolto il caso. Questo caso non va
risolto.”
Greg allargò le braccia: “E perché no? Se si è davvero trattato di
legittima difesa, perché non posso parlare con l’altra persona
coinvolta nella colluttazione?” Si avvicinò al cadavere, fermandosi a
un passo dagli agenti che si erano alzati per sbarrargli la strada.
“Sono ferite da taglio, quelle. Il tuo ‘testimone attendibile’ ha un
coltello? Qualche ferita che coincida con quelle sul volto di questo
bastardo? Era armato, lui?”
“L’altra persona non è importante, Lestrade, e la tempistica sta
diventando un problema,” rispose Mycroft secco, sistemandosi con un
gesto nervoso il polsino della giacca, che sbucava appena dalla manica
del cappotto.
Una giacca che non apparteneva allo stesso completo dei pantaloni.
“Cazzo,” esalò Greg, senza pensare, slanciandosi verso Mycroft e
afferrandogli una mano.
“Fermi!” ordinò Mycroft, bloccando gli agenti improvvisamente addosso a
Greg.
Lui se ne accorse a malapena: sulle nocche della mano sinistra Mycroft
sfoggiava un’escoriazione a forma di arcata dentale che coincideva
sospettosamente con il labbro scoppiato del corpo a terra.
“Apri il cappotto,” ordinò Greg.
Mycroft ubbidì, lo sguardo oltre la spalla di Greg, che solo ora notò
il suo pallore.
Lui non gli diede il tempo di sbottonare anche la giacca, sostituendo
le proprie dita alle sue. Allargò i lembi di tessuto, intravedendo, sul
fianco sinistro, sotto il tessuto leggero della camicia, i contorni di
una fasciatura di emergenza con una grossa macchia di sangue al centro.
“Come…come diamine ti è arrivato così vicino?” chiese frastornato e
senza fiato. “Dov’erano questi imbecilli?”
“Ah…non troppo lontano, ma non così vicini da intervenire prima che io
e questo gentiluomo risolvessimo la questione tra noi,” rispose
Mycroft, sfilandogli dalle dita le falde della propria giacca.
“Perché no?”
“Be’, come hai notato, questo non è il luogo più congeniale per
commettere un omicidio, per la sua posizione, per la difficoltà di
allontanarsene senza essere notati, per la facilità con cui è possibile
accerchiarlo,” fece un cenno verso le due auto che bloccavano l’accesso
alla scena, “e per tutta un’altra serie di motivi, noti ed ovvi tanto a
noi quanto presumibilmente al nostro amico laggiù. Quindi, la
prospettiva di un incontro da soli, per scambiare informazioni, non ci
ha allarmati più di tanto. Il territorio svantaggiato, per così dire,
colpiva entrambe le parti. Quest’uomo non sarebbe dovuto morire, ti ho
detto. Avremmo solo dovuto scambiare poche parole, e allontanarci con
reciproca soddisfazione. Ma lui ha tentato di uccidermi.”
Greg lo fissava sbalordito: “Ma…se anche ci fosse riuscito, non avrebbe
potuto sfuggire ai tuoi uomini.”
“Sembra che non gli importasse.”
“E chi era? Lavorava per qualcuno? Chi può volerti morto a tal punto da
organizzare una missione suicida?”
Mycroft strinse le labbra: “Queste sono domande a cui voglio dedicare
molti più ragionamenti, prima di lanciarmi in una risposta. Inoltre, il
tempo non è dalla nostra parte, Gregory. Ricordi?”
Greg si ricordò improvvisamente dove si trovavano, e di tutti gli
agenti che li osservavano.
Si scostò da Mycroft sbattendo le palpebre: “Certo. Giusto.” Gli diede
le spalle, gesticolando tra loro: “Questo…questo non cambia niente, tra
noi. Mi hai trascinato qui per insabbiare la faccenda e sviare le
indagini. Non sono contento. E dovresti sederti,” aggiunse piano.
“Gregory, quest’uomo è venuto qui per uccidermi. Aveva una pistola, e
se non fossi riuscito a disarmarlo, mi avrebbe sparato e basta. Voleva,
o qualcuno sopra di lui voleva, che il mio assassinio fosse rumoroso,
caotico, evidente. Riesci a immaginare le conseguenze di un colpo di
pistola alla testa su questi muri bianchi? Su questa ghiaia?”
“Sì, senza sforzi,” rispose Greg in un mormorio.
“Se qualcuno voleva creare sensazione, col mio omicidio, o anche solo
col tentativo, io farò il possibile perché ottengano l’effetto opposto.
Oblio, silenzio e incertezza. Ma ho bisogno di te, per riuscirci,”
concluse Mycroft.
Greg si voltò a fissarlo.
‘No. Vai al diavolo. Mi
stai solo manipolando. Non guardarmi.’
Alzò gli occhi cielo, poi tornò a studiare il cadavere, le mani sui
fianchi: “D’accordo.
Che si fa?”
Gli agenti di Mycroft erano più che preparati. Un altro uomo e una
donna si riunirono al gruppo, facendo rapporto al signor Holmes, mentre
Greg sorvegliava i due che si stavano efficientemente occupando del
cadavere.
Una volta adagiato nel suo comodo sacco, uno di loro estrasse da una
delle ferite l’arma del delitto. Le altre erano poco più che graffi, ma
quella era mortale e profonda.
La lama finì ordinatamente in un sacchetto di plastica. L’impugnatura
era già stata spezzata senza rimuovere l’arma dal corpo, prima che Greg
arrivasse.
Il sangue aveva già cominciato a depositarsi sul fondo del
cadavere e dallo squarcio ormai libero non sgorgò che un pigro fiotto
scuro.
“Una bella pensata. Altrimenti ripulire sarebbe stato un incubo,”
commentò Greg.
I due agenti gli rivolsero un identico sorriso che sapeva di esperienza
ed efficienza e lui si ritrovò a chiedersi fugacemente quanto spesso
fossero chiamati a svolgere quel genere di mansioni.
Rapidi, silenziosi e precisi, gli agenti cancellarono ogni traccia:
niente più corpo, sistemato nel bagagliaio di una delle due macchine,
niente solchi sulla ghiaia, i ciottoli macchiati rimossi, niente
brandelli di tessuto, niente impronte e certamente niente registrazioni.
“Può andare, Ispettore?” gli chiese Mycroft.
“Non dovevi sederti?” grugnì Greg in risposta.
“Tra un attimo.”
“Non c’è modo di eliminare tutte le tracce di DNA. Ma per il resto può
andare.”
Mycroft annuì: “È vero, sarebbe pressoché impossibile. Ma se sul corpo
non si troverà niente che possa ricollegarlo a questo posto, nessuno
verrà a cercarle. Dobbiamo andare,” aggiunse, facendo cenno a Greg di
precederlo alla macchina.
Tutti sembravano pronti a partire: gli agenti scomparvero uno dietro
l’altro nella seconda auto, come clown in un maggiolone al circo.
“I tuoi dovranno darsi da fare: il bastardo è coperto di questa stupida
polvere bianca. Anche tu.”
Mycroft fece una smorfia, se al pensiero delle sue scarpe rovinate o
per il dolore al fianco Greg non avrebbe saputo dirlo: “Oh, penso di
avere una soluzione.”
Greg gli aprì la portiera, ignorando le sue proteste e aiutandolo a
sedere, poi salì a sua volta.
“Oh!”
L’assistente di Mycroft alzò per una frazione di secondo gli occhi dal
suo black berry: “Buonasera.”
“Ovviamente ci sei anche tu,” fece Greg a mo’ di saluto.
‘Certo. Qualcuno doveva
portare a Mycroft una camicia e una giacca di ricambio. Dio. Scampato a
un tentativo di assassinio e il suo problema è apparire impeccabile.’
Diede un’occhiata di sottecchi a Mycroft: “Raccontami come sono andate
le cose.”
Mycroft, che aveva chiuso gli occhi, li aprì di scatto, quasi
sobbalzando. Ora Greg riusciva a vedere quanto fosse stanco e
dolorante, la bocca contratta e le spalle rigide.
‘Probabilmente ucciderebbe, per del ghiaccio da mettere sulla mano.’
“Credevo di averlo fatto, Ispettore. È stato impossibile convincerla a
collaborare, prima di fornirle i fatti e i retroscena,” rispose Mycroft
dopo essersi schiarito la voce.
“La colluttazione,” chiarì Greg.
“Ah. È necessario?”
“Sì.”
“Molto bene.” Mycroft si fissò per un attimo le mani in grembo, poi
cominciò a parlare: “Ero arrivato da poco più di un minuto. Sapevo
che...il soggetto…era solo, perché i miei lo tenevano sotto
osservazione, e non c’erano segni di ostilità. Almeno finché lui non ha
infilato una mano nella giacca, con la scusa di cercare un pacchetto di
sigarette.”
“Ha estratto la pistola?”
Mycroft annuì: “Avevo già dedotto cosa intendeva fare, però, e sono
riuscito a deviare la traiettoria dell’arma, puntata al mio viso, col
mio ombrello, e poi a fargliela cadere di mano.”
“Il tuo ombrello ti ha salvato la vita.”
“In più di un’occasione, e mi serve sempre fedelmente in questo nostro
clima britannico,” sorrise appena Mycroft.
“Come sei riuscito a sopraffarlo? Più precisamente: dove tenevi la
dannata lama che gli hanno estratto dal petto?”
“Un uomo nella mia posizione non può concedersi il lusso di presentarsi
disarmato, a questo genere di incontri, Ispettore,” tossicchiò Mycroft.
“E mi trovi d’accordo sul fatto che uno stiletto ti si addica più di
una pistola, ma quella sembrava una spada! Per l’amor del cielo,
dove…no. Dio, tutto questo è sempre più ridicolo! Il tuo ombrello è un
bastone animato?!”
“Un’arma antica e tradizionale…”
“Stai zitto. Hai ucciso quell’uomo
con il tuo ombrello,” riassunse Greg premendosi la base
del naso tra pollice e indice. “Ma ti ha ferito,” riprese, sbirciando
il fianco di Mycroft.
L’altro uomo annuì di nuovo: “Ho assestato un paio di colpi, per
impedirgli di lanciarsi sulla pistola, così si è scagliato su di me.
Nella colluttazione è riuscito a ferirmi con la mia stessa lama.”
Mycroft rimase in silenzio qualche secondo, perso nei suoi pensieri.
“È stato allora che gli hai tirato un pugno?” domandò Greg per
riscuoterlo.
Mycroft si osservò la mano sinistra: “Sì, direi. Alle fine ho avuto la
meglio,” concluse.
Greg sospirò, cercando di convincersi che non faceva differenza, se
quel bastardo aveva cercato di uccidere Mycroft, invece che uno
qualunque dei suoi agenti senza volto né nome. Era per tutte le leggi
che stavano infrangendo e basta, che era turbato.
“Dove stiamo andando a scaricare il corpo?” chiese con voce troppo
squillante.
“Vedrà tra poco, Ispettore.”
“Non potete fare sul serio, è praticamente sotto il mio ufficio!”
strillò Greg, premendo la faccia contro il finestrino. “Siamo a uno
sputo da Scotland Yard!”
Due uomini di Mycroft scesero silenziosamente dalla loro auto e
aprirono il bagagliaio. Il modo in cui maneggiavano il corpo strappò a
Greg un gemito sofferente.
‘Dio, sto per svenire. È
così sbagliato!’
“O…ovviamente le CCTV della zona sono in loop, o qualcosa del genere,
vero?” chiese, mentre i due uomini e il loro fardello scendevano
cautamente gli scalini di ferro per raggiungere gli argini del fiume.
“Ovviamente,” confermò Mycroft, leggero.
“Perché non scaricarlo nel Tamigi in periferia?”
“Sarebbe stato più difficile prevedere dove sarebbe stato ritrovato. Il
caso deve essere affidato a lei, Ispettore. In questo punto l’alta
marea lambirà il corpo, distruggendo ogni indizio, ma non dovrebbe
spostarlo significativamente.”
Mycroft chiuse nuovamente gli occhi, concentrandosi sul proprio respiro.
Greg gli scagliò un’occhiata preoccupata. Anche la sua assistente lo
osservava.
“Pochi minuti ancora, signore. Mi siederò davanti per lasciarle più
spazio,” disse, e aprì la portiera.
Dato che il divisorio era alzato l’unico indizio che fosse risalita in
macchina venne dalla portiera anteriore sinistra, che si aprì e si
richiuse con un rumore ovattato.
Greg respirò con gratitudine l’aria fredda che aveva invaso
l’abitacolo. Anche Mycroft sembrava essersi rianimato un poco.
“È grave?” chiese Greg, lottando un attimo per far uscire la voce.
“Solo un graffio, Ispettore. Non c’è ragione di preoccuparsi.”
“C’era parecchio sangue, per un graffio.”
“Un graffio profondo,” ammise Mycroft.
“Ti ho accusato di aver fatto assassinare quell’uomo. Invece lui ha
cerato di uccidere te, e tu hai solo cercato di tenerlo lontano dalla
pistola.” Ecco il perché di quei tagli superficiali sulle braccia del
cadavere. “L’hai ucciso solo quando non hai avuto alternative.”
Mycroft lo osservò con sopracciglio lievemente inarcato.
“Ti ho accusato ingiustamente
di averlo fatto assassinare,” chiarì Greg. “Dovresti…dovresti odiarmi.”
“Come potrei…” mormorò Mycroft. “No, Ispettore. Non mi ha arrecato
alcuna offesa. Nessuno di noi due deve illudersi riguardo a quello che
sarei in grado di fare.”
Quell’ora di pausa pranzo era praticamente il primo momento di riposo
che Greg si era concesso nelle ultime 40 ore, e contava di trascorrerla
da solo, fuori dallo Yard, lontano dai suoi colleghi e dall’irrazionale
paranoia che da un momento all’altro qualcuno lo smascherasse per il
traditore che era. Paranoia con cui conviveva dalla mattina precedente,
quando era stato chiamato sulla scena sugli argini del fiume non
lontano dal Royal Air Force Memorial e aveva trovato una scusa per
allontanare Donovan.
“Abbiamo già un caso, Sally, e stiamo facendo progressi. Resta su
quello. Questo è…noioso, direbbe Sherlock. Un uomo elegante, in centro,
niente telefono o portafogli. Si direbbe una rapina.”
“Non ha documenti, ma l’abito è francese, di lusso.”
“Forse un turista. Controllerò gli alberghi in zona. Tu vai.”
E Donovan aveva ubbidito, stranita dalla sua aria ansiosa, forse, ma
ben felice di concentrare i suoi sforzi su un caso che stavano per
risolvere. Il caso dello sconosciuto alto e moro, invece, sarebbe
rimasto irrisolto, nonostante tutte le ore di lavoro e i pensieri che
Greg gli stava dedicando.
Greg notò l’auto scura all’istante, i sensi ipertesi che non gli
permettevano di distinguere ciò che quella vista gli provocava: altra
ansia? Timore? Insofferenza? Sollievo?
Salì senza riuscire a impedirsi di lanciare un’occhiata furtiva a
destra e a sinistra, sotto il cielo grigio che odorava di neve, e
insultandosi pesantemente per questo.
Mycroft se ne stava seduto in mezzo al sedile, senza la sua assistente,
questa volta. L’escoriazione sulle sue nocche era quasi guarita.
“Ti sono mancato o hai un cadavere nel bagagliaio?” lo salutò Greg con
tono più duro di quanto avrebbe voluto.
O forse no. Era ancora furioso.
Ma non poteva negare di sentirsi sollevato, all’idea che Mycroft fosse
venuto di persona per parlargli: significava che la ferita da taglio
che aveva riportato non tanto grave da costringerlo in un letto
d’ospedale, e che la situazione non era così cupa da rendere imprudente
per lui muoversi per Londra.
Greg faticava ancora a crederci: Mycroft aveva rischiato di morire.
Mycroft sorrise senza allegria: “Ho semplicemente pensato che una
piccola conferma che le cose si muovono nella maniera sperata avrebbe
contribuito alla sua tranquillità, Ispettore. L’interesse nei confronti
del suo nuovo caso è minimo, e scemerà del tutto in pochi giorni: i
suoi superiori lo dimenticheranno a breve.”
Greg sbuffò, gli occhi fissi davanti a sé: “Certo, è tutto per la mia tranquillità.
Non sei venuto per controllare la mia indagine.”
Mycroft accavallò le gambe con cura: “So che il Sergente Donovan non
lavora al caso con lei…”
“No. Non voglio che sia coinvolta, quando tutto mi scoppierà in faccia.”
“Non succederà.”
“E Sally è intelligente. Avrebbe mangiato la foglia.”
‘Oltre al fatto che mi
legge come un libro aperto.’
“Una saggia decisione, ritengo. Ho avuto modo di osservare i lati più
perspicaci e…combattivi del Sergente Donovan,” approvò Mycroft.
Greg sorrise appena: Sally e Mycroft si erano incrociati a causa di
Sherlock, ovviamente, e se non c’erano stati fuoco e fiamme era solo
perché nessuna scintilla faceva presa, sul ghiaccio che rivestiva il
signor Holmes.
“I tuoi uomini hanno tutto sotto controllo? Sapete chi c’è dietro
questa storia?”
“Di nuovo, non deve preoccuparsi, Ispettore. Abbiamo cominciato ad
agire nell’istante stesso in cui la minaccia si è palesata. È stata una
mossa ambiziosa, e incontrerà conseguenze di analogo peso, non dubiti.”
Mycroft si schiarì la voce: “C’è anche un’altra questione, legata alla
mia presenza qui. L’altra sera ho commesso un’imperdonabile mancanza.
Mi permetta di rimediare ed esprimere tutta la mia gratitudine per
l’aiuto che sta offrendo, Ispettore. Senza di lei…”
“Risparmia il fiato, Mycroft, ok?” lo interruppe Greg, abbandonandosi
contro il sedile. “Non serve.”
“Al contrario, io…”
“Avevo davvero
una scelta?” chiese Greg, cercando gli occhi dell’altro uomo.
“Forse no, lo ammetto. Ma si trattava di una situazione disperata, e
quello che ho detto è la verità, Gregory. Mi fido di te. Avrei potuto
disporre del corpo e cercare la tua collaborazione in un secondo
momento, coinvolgerti in un grado minore. Temo…di non aver ragionato
con estrema chiarezza, nella concitazione del momento. Ma questo
sottolinea ancora di più il fatto che nel momento del bisogno, sei
l’unico di cui sento di potermi fidare.”
‘Oh, dio. Non l’hai
detto davvero. E non vuol dire quello che credo. Smettila, Lestrade, di
sperare così disperatamente!’
Perché quelle parole dovevano avere tutto quel potere, su di lui? Era
già poco più di un burattino, nelle mani di Mycroft.
‘Non rispondere. Dì solo
ok. Fa una battuta. Esci di qui.’
“Il fatto è,” cominciò, appoggiando i gomiti alle ginocchia,
allontanandosi da Mycroft, “il fatto è che so quello che fai, Mycroft,
quello che il tuo lavoro richiede. Non sono un bambino. So che il mondo
non è bianco e nero e che non sempre applicare la legge garantisce un
risultato giusto, non è vero? E so che è necessario che ci sia qualcuno
come te, a fare quello che bisogna fare. Davvero, non mi permetterei
mai di giudicarti, e sa il cielo se anch’io a volte non ho ignorato le
regole perché sentivo che non farlo sarebbe stato sbagliato, e magari
sono solo un ipocrita, ma…Ma io non sono te. Ho scelto di fare
esattamente l’opposto: seguire le regole e farle rispettare, il più
delle volte, perché credo che esistano per un motivo, che siano pensate
per proteggerci. Quello che mi hai chiesto di fare va contro tutto
quello in cui credo, contro tutto quello che sono. Io apprezzo la tua
fiducia, per me vuol dire,”
‘Respira, idiota.’ “vuol dire molto, tutte le volte che mi
cerchi perché pensi che possa risolvere un problema, fare la
differenza…”
Si riferiva a Sherlock, ma anche a tutte le volte che Mycroft aveva
avuto bisogno di un contatto con le agenzie di polizia e aveva
richiesto l’Ispettore Lestrade.
“Non sto dicendo che non puoi più contare su di me,” ‘Ah! Come se avessi la forza di
dire una cosa del genere!’ “voglio solo che tu
capisca perché questa volta è stato…diverso e difficile, per me.”
Greg fece uno sforzo per smettere di parlare. Poteva bastare. Si era
sicuramente umiliato a sufficienza, per oggi, o per il resto dell’anno.
Non era il suo senso di giustizia a imbarazzarlo, era fiero di quello
che faceva e di come lo faceva. Ma che per Mycroft potesse considerare
di fare delle eccezioni, nel modo in cui viveva la sua vita, lo faceva
sentire debole, disponibile. Sfruttabile. E ammetterlo davanti
all’altro uomo era qualcosa di grosso e potenzialmente rivelatorio,
quindi riteneva di aver diritto a un po’ di ansia, a riguardo, grazie
tante.
“Gregory.”
Greg girò appena il capo, la bocca appoggiata sulle proprie mani
intrecciate.
‘Nel caso mi venisse in mente di dare ancora aria ai denti.’
“Mh?”
“Mi dispiace,” disse Mycroft, studiandolo attentamente. “Non avevo
realizzato le implicazioni delle mie richieste. Non avrei mai dovuto
chiederti di fare qualcosa contro la tua natura, che apprezzo e ammiro,
e che non avrei dovuto dimenticare, quando nella mia arroganza ho
preteso il tuo aiuto. Sei accorso, come ogni altra volta prima, perché
ti è impossibile ignorare chi potrebbe essere in difficoltà, e ti
assicuro che non è stata una scelta deliberata approfittare della tua
generosità. Mai più ti rivolgerò una richiesta di questo genere. Puoi
credermi.”
“Uh, io…grazie,” rispose Greg, mordendosi un labbro.
Si riappoggiò allo schienale del sedile, massaggiandosi la nuca con una
mano, e scoprì che ci credeva. Credeva a Mycroft.
Si accorse di respirare più liberamente e sorrise: “Sul serio, grazie.”
“Nessun ringraziamento necessario, Ispettore,” rispose Mycroft con un
vago sorriso a sua volta. “Un dovuto atto di empatia umana.”
“Ah, ma dato che non sono affatto sicuro che tu sia umano…”
Greg ridacchiò allo sbuffo esasperato di Mycroft. Quant’era rilassante
ripiombare nella loro routine di scaramucce e innocenti prese in giro.
“Vedo che è di nuovo armato di ombrello, signor Holmes. Quello è un
ombrello vero, o…”
“Certo che è un ombrello vero.”
“Errore mio. Intendevo se quello è un ombrello e basta, o no.”
“Non è pronto per la risposta, Ispettore.”
Greg scoppiò a ridere.
“E…la tua ferita?” chiese.
Il pensiero non lo aveva lasciato sin dal loro ultimo incontro, e la
preoccupazione si era solo attenuata quando aveva visto Mycroft in
apparente ottima forma. Si sporse un po’ verso l’altro per sbirciargli
il fianco.
“Oh…ricucita con cura,” disse Mycroft.
“Posso?” chiese Greg, ma senza aspettare una risposta.
Sbottonò l’unico bottone allacciato della giacca di Mycroft e la aprì,
scoprendo solo una camicia bianca.
“Niente panciotto?”
“Ho scoperto che uno strato di stoffa rigida, per quanto di stile
impeccabile, non si accorda molto con tagli e punti di sutura…” spiegò
Mycroft a voce bassa, quasi non volesse turbare la contemplazione di
Greg.
Lui annuì soprappensiero, studiando il leggero rigonfiamento che la
medicazione creava sul fianco di Mycroft. Questa volta non c’erano
tracce di sangue.
Era comunque strano vedere Mycroft senza panciotto. Era come vederlo
senza armatura. Riusciva a percepire il calore del suo corpo, così,
dove il suo polso sfiorava il cotone della camicia per tenere aperta la
giacca.
“Fa male?” domandò, sollevando gli occhi in quelli di Mycroft,
leggermente sgranati e immobili, in piena analisi dei dati a loro
offerti.
Greg si irrigidì, registrando quanto era vicino all’altro,
completamente nel suo spazio, quanto si era concesso di lasciarsi
andare.
‘No. No, no, no, no!’
Si era tradito, se già non era successo due sera prima, quando aveva
realizzato che Mycroft era la persona coinvolta nella colluttazione.
Due episodi del genere: persino un decerebrato ne avrebbe compreso il
significato. E Mycroft era l’uomo più intelligente d’Inghilterra.
Greg ritrasse le dita irrigidite dalla sua giacca, il cervello in
fiamme.
Si girò di scatto, cercando la maniglia della portiera, tronche parole
di scusa per coprire la sua ritirata che gli si affollavano nella mente
ma non riuscivano a farsi strada fino alla sua bocca.
Mycroft gli afferrò una mano, inspirando aspramente per il movimento
brusco: “Aspetta.”
Oh, dio, aveva cercato di fuggire come un ragazzino sconvolto. Non
riusciva a voltarsi e a guardare Mycroft.
“Gregory…”
“Di…dimentica tutto, vuoi?” sussurrò, deglutendo a vuoto. “Non ho
dormito. Sono un idiota.”
‘Mi darò una regolata,
non dovrai più vedere niente di quello che provo…se ci vedremo ancora.’
“Non c’è niente di male,” disse Mycroft.
A Greg sfuggì una risata che sembrava un latrato. No, certo, non c’era
niente di male, niente di
dannatamente ridicolo in un amore non corrisposto alla sua
età. E qual è il problema ad innamorarsi del Governo Inglese! Dio, come
poteva essere così patetico da implorare di non essere manipolato e poi
far sfoggio di tutte le sue debolezze a quel modo.
Le dita di Mycroft si serrarono ancora più strettamente sulla sua mano:
“Perdona la vergognosa inadeguatezza delle mie ultime parole. Cercherò
di fare meglio. Credi che la mia gratitudine e la mia fiducia per te
siano in qualche modo compromesse dalla consapevolezza di una forma di
attaccamento nei miei confronti da parte tua? Non lo sono. In alcun
modo.”
Il tono di Mycroft era fermo e sicuro, e Greg avrebbe voluto
disperatamente credergli anche questa volta.
‘Ma le cose cambieranno.
Non possono non cambiare!’
Si limitò a scuotere la testa, la gola serrata.
“Se invece il tuo timore è che i tuoi sentimenti non siano ben
accetti,” continuò Mycroft stringendo la mano di Greg tra entrambe le
sue e strattonandola verso il proprio petto per costringerlo a girarsi,
“allora permettimi di rassicurarti anche da questo punto di vista.”
‘Cosa?’
“Cosa?” fece lui, ruotando appena il busto verso Mycroft.
Gli occhi grigio-blu di Mycroft inchiodarono i suoi: “Sapere che provi
dei sentimenti per me non mi disgusta, né mi imbarazza, Gregory. Al
contrario è…esaltante e lusinghiero sapere di avere l’ammirazione di un
uomo di cui ho il massimo rispetto.”
L’aria attorno a Greg sembrò dilatarsi e surriscaldarsi, mentre Mycroft
abbassava lo sguardo sulla sua mano, ancora astretta tra le sue, per
depositare un piccolo bacio sulle nocche.
“Che cosa abbia mai fatto per meritarla è l’unico punto che sfugge alla
mia comprensione. Cosa può vedere in me un uomo del tuo valore? Un uomo
buono,” un altro bacio leggero. “Un uomo coraggioso…”
“Mycroft, ti prego, non prendermi in giro,” ansimò Greg. Chiuse gli
occhi: “E non so se c’eri, quando ho cercato di buttarmi fuori dalla
macchina perché ti avevo lasciato intravedere quello…quello che provo.”
Un piccolo sbuffo di aria calda colpì la sua mano mentre Mycroft
ridacchiava: “Forse non in questa particolare occasione. Tuttavia,
permettere agli altri di percepire i propri sentimenti è qualcosa per
cui io sono totalmente privo di coraggio. Non posso rimproverarti
nulla.”
“Però mi hai fermato. Non mi hai lasciato fuggire,” rispose Greg,
allungando le dita della mano prigioniera tra quelle di Mycroft per
accarezzargli il mento.
“Sarebbe stato indegno da parte mia lasciarti credere che i tuoi
sentimenti mi lascino indifferente, perché non c’è niente di più falso.”
“Oh, dio. Dici sul serio?” esclamò Greg, sgranando gli occhi. “Tu sei coraggioso, e
determinato e attento e spiritoso e un maniaco del controllo e sono
tutte cose che amo. Io…io credevo che fosse una cotta, che mi sarebbe
passata in fretta, invece, sono secoli, Mycroft, forse da quando ero
ancora sposato, non lo so neanche più. E non avrei mai detto niente,
se...Ero sempre riuscito a controllarmi, ma quello che è successo
l’altra sera…credo mi abbia spaventato.”
La sua mano ora accarezzava la guancia di Mycroft e una delle mani di
lui si appoggiava leggera dietro la nuca di Greg. Neanche si ricordava
quando si era riavvicinato così.
“Un motivo in più per ringraziarti di essere venuto,” sussurrò Mycroft.
Greg lo baciò, nel silenzio rovente dell’abitacolo, lasciandosi
sfuggire un gemito che era quasi un singhiozzo di sollievo.
‘Finalmente! Finalmente,
finalmente!’
Continuò a baciarlo, prendendogli il viso tra le mani per tenersi
ancorato al presente perché la testa gli girava e le sue costole non
lasciavano abbastanza spazio ai suoi polmoni per inspirare a
sufficienza e il cuore gli batteva in gola, leggerissimo e vuoto e
ridicolo e felice.
Si separarono senza fiato, fissandosi a vicenda con occhi sgranati.
“Da prima del tuo divorzio, hai detto?” domandò Mycroft con un filo di
voce.
Greg deglutì un paio di volte: “Credo di sì…Ci ho messo di più ad
ammetterlo, ma…”
“Anni, allora. Anni di questo,”
continuò Mycroft, gli occhi che saettavano sul volto di Greg, “e io non
l’ho mai visto. O se l’ho visto, non sono stato in grado di
riconoscerlo prima di ora.”
Aveva l’aria così meravigliata che Greg rise apertamente.
“Tu vuoi davvero darmi una possibilità? Anche se non era tua intenzione
dirmi nulla?”
“Stai scherzando?”
Mycroft scosse la testa: “Le persone non sono il mio forte, quando non
sono mosse dal profitto o dalla sete di potere. Sai chi sono. Cosa
faccio.”
“Cosa succede ai cadaveri dei tuoi nemici,” continuò Greg. “Sì, voglio
darti una possibilità.”
L’aveva desiderato così tanto, ed era stato vicino a perdere ogni
possibilità per sempre. Non avrebbe rinunciato adesso.
Sospirò: “Cazzo. Dovrei tornare al lavoro.”
‘Chiudermi in una stanza
buia e calmarmi. Respirare. Convincermi che è successo tutto davvero.’
“Qualche minuto di decompressione prima di riprendere a indagare
sarebbe più che opportuno,” rispose Mycroft con un sorriso, come se gli
avesse letto nel pensiero. “Almeno, il caso è uno che non richiede
tutte le sue facoltà mentali, Ispettore.”
Greg ghignò: “Ne ho anche altri, signor Holmes. Tu…sei al sicuro?”
chiese poi.
“Nel luogo più sicuro di Londra,” rispose Mycroft, “poi a casa mia,
altrettanto al sicuro. Posso sperare,” aggiunse guardando attentamente
Greg, “nella tua compagnia, questa sera? Vorrei…parlare ancora e fare
qualcosa per scusarmi delle ultime 48 ore.”
Greg annuì: “Mi piacerebbe vederti.”
“Dovrò insistere molto per convincerti a salire in auto?”
Greg diede uno sbuffo divertito: “Questa volta no, spero!” Poi
continuò, più seriamente: “Non credevo che queste cose ti
interessassero. Che nella tua vita ci potesse essere spazio
per…qualcuno. Non che pretenda che tu faccia spazio per me, voglio
dire, ne abbiamo solo parlato, è tutto nuovo, e…”
‘E avrei fatto meglio a
tenere la bocca chiusa e a crogiolarmi nell’entusiasmo del momento…’
Mycroft sospirò: “Non ho mai sentito la necessità di dividere i miei
giorni con qualcuno, è vero. Inoltre il mio lavoro può essere molto
esigente, con il mio tempo.”
“Questo lo capisco.”
“Ma devo ammettere che vedere tutta la differenza che sta facendo per
Sherlock, avere qualcuno accanto, mi ha portato a rivedere la mia
posizione sulla questione. Sapere che anche per noi Holmes c’è la
possibilità di essere amati,” sussurrò osservando con intensità Greg.
“Solo gli stupidi non cambiano mai idea,” rispose lui, con la gola un
po’ stretta di felicità.
‘Certo che puoi essere
amato, sciocco. Io lo faccio da anni!’
Mycroft sorrise: “Vero. E io mi pregio di essere piuttosto
intelligente, tutto considerato.”
Greg si morse il labbro inferiore, cercando di contenere il ghigno da
mentecatto che sentiva affiorare: “Ok, allora.”
“A presto, Gregory…”
“Sì, a presto…”
Note 2:
Grazie per aver letto!
Lo spunto della storia di EventHorizon, Mycroft che ha bisogno
dell’aiuto di Lestrade per sbarazzarsi di un cadavere, dal mio punto di
vista si prestava benissimo per mostrare il conflitto tra il lavoro di
Lestrade e quello di Mycroft, tra le loro diverse concezioni del mondo.
Da un lato, la Legge che nessuno dovrebbe permettersi di scavalcare,
dall’altro, l’onnipotenza e la segretezza del Governo. Non credo di
essere riuscita a rendere più di tanto la questione, né a presentarla
in maniera tanto comprensibile, ma mi sono divertita con la storia (e
soprattutto si è scritta in fretta, quindi è quantomeno ispirata! Come
faccio a sputarci sopra?) e ho deciso di pubblicarla:)
Il titolo è moolto tirato per i capelli: il periodo natalizio sullo
sfondo, i muri e la ghiaia bianca che potevano macchiarsi di rosso. No?
Ok, non importa.
Normalmente, chiamo Lestrade per cognome, ma in questo caso, dato che
vediamo anche i suoi pensieri non filtrati dal narratore mi sembrava
troppo…poco personale? Troppo distaccato? Boh.
La storia è slegata dalle mie altre Mystrade:)
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