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Sono entrambe pubblicazioni di un solo capitolo e sono relativamente
corte, ma vi servono assolutamente per poter capire che cosa è successo ai nostri amati personaggi sei
mesi prima...
Invischiati per le feste
.
.
1. Sei mesi dopo
La
Punto blu entrò nel vialetto, urtando, come al solito, lo gnomo
da giardino. Quindi si sentì il rumore di un freno a mano tirato
bruscamente e la porta del conducente si aprì per far uscire una
ragazza e una soffocata imprecazione.
Serena
fece il giro per davanti alla macchina, asciugandosi gli occhi
offuscati dalle lacrime, quindi raggiunse lo gnomo e gli diede una
controllata come se avesse steso un cerbiatto. No, non è che
fosse preoccupata di avergli fatto del male, ma se l'avesse rotto
avrebbe dovuto ripagarlo e quello sì che avrebbe fatto male,
specialmente al suo portafogli. Fortunatamente, a parte lo smacco sulla
punta del piede risalente ancora all'ultima volta, era tutto a posto,
per cui lo risistemò in posizione eretta e tornò alla
guida della Punto.
Percorse
tutto il vialetto fino ad entrare nel patio e lì si
fermò, indugiando nell'abitacolo con il motore acceso per
qualche secondo. Guardava il volante con la vista sempre più
appannata, una mano sulla chiave e una appena sotto agli occhi, pronta
ad asciugare qualche lacrima sfuggevole.
Alla
fine decise che era inutile fingere di stare bene, quindi spense il
motore e scese dalla macchina. Nemmeno a dirlo, qualcuno si era
già accorto del suo arrivo e le aveva aperto la porta.
"Serena?"
La
ragazza faticò a trattenere un singhiozzo; essere lì,
sentire certe voci e vedere certi volti le faceva così male che
l'immagine del cerbiatto investito di poco prima non era nulla a
confronto. Si avvicinò alla porta, senza nemmeno tentare di
nascondere il suo malessere.
"Sei solo tu?" domandò alla ragazza sullo stipite e lei, dopo un'occhiata guardinga alla nuova arrivata, annuì.
"Che è successo?"
Serena
si limitò a scuotere la testa, gesto che la padrona di casa
interpretò correttamente decidendo di farla accomodare: "Entra,
dai."
La
casa era quella dei Lucich, famiglia rispettata della città,
nucleo di quattro elementi che in un modo o nell'altro avevano sempre
fatto parte della vita di Serena. C'era Antonio Lucich, il capostipite,
rinomato allenatore di rugby all'italiana, ossia il rugby che predicava
il fair play, ma la cui struttura intestina era peggio della mafia.
Antonio era sempre stato, per usare una metafora, il padrino della
società; stimatissimo e temutissimo anche a livello regionale, e
a tempo perso, pure avvocato. L'avvocato che aveva seguito il divorzio
dei genitori di Serena. Francesca Lucich era la moglie perfetta di
Antonio; gran cervello, gran carisma e anche gran fondo schiena. Era la
dirigente scolastica dell'istituto che aveva frequentato anche Serena e
che tutt'oggi continuava a ricevere premi per mille motivi: Francesca
era davvero impeccabile, non solo nel lavoro, ma anche nella vita
privata, che affrontava mania dopo mania. Tipo girava la voce che
avesse una domestica a cui faceva pulire il divano almeno tre volte al
giorno, peròshh, nessuno doveva saperlo.
Antonio
e Francesca avevano due figli: Sandro e Nicole. Su Sandro, Serena
preferiva non dire nulla, addirittura non pensare a nulla, mentre per
Nicole era tutta un'altra storia. Nicole aveva ereditato l'intelligenza
della madre e la furbizia del padre, ma era anche molto giovane, quindi
non incuteva per niente terrore, al contrario dei genitori. Era
simpatica; lei e Serena si erano prese a cuore a vicenda, come due
amiche e non solo come cognate.
Serena
aveva sette anni in più di Nicole, ma non aveva faticato a
costruire un legame con lei: aveva una singolare simpatia e una
sensibilità che spingeva a dare fiducia. Erano le qualità
che l'avevano fatta correre da lei, quel giorno, prima che da chiunque
altro, nonostante fosse il suo stesso fratello maggiore la causa di
ogni male.
"Siediti,
dai, ti porto un bicchiere d'acqua." le disse la ragazza, indicando a
Serena il famoso divano delle manie di Francesca.
Erano
stati Antonio e Francesca a presentare a Serena il loro scapestrato
primogenito, non meno di ben sei anni prima, dopo che i suoi genitori
si erano separati e lei aveva confessato all'avvocato di sentirsi molto
sola. Così Antonio ne aveva parlato a Francesca e Francesca, che
aveva un fiuto naturale per le ragazze a modo e dalle alte performance
scolastiche, era stata più che felice di accoglierla in famiglia
per alzare il livello di miserabilità della sua prole.
Non
che i Lucich odiassero i loro figli, ma non si erano mai nemmeno
dimostrati troppo orgogliosi di loro. A volte sembrava quasi che
scegliessero dei sostituti perché né Nicole né
Sandro avevano mai primeggiato in qualcosa. E i Lucich, si sa, dovevano
sempre primeggiare in qualcosa.
"No, grazie, sono a posto così." Serena declinò gentilmente e si mise a sedere dove le era stato suggerito.
Così,
Nicole si soffermò a osservare la fragile figura della sua
quasi-cognata (grazie a Dio, Sandro non le aveva ancora chiesto di
sposarsi): nonostante fosse una giovane donna alta e ben messa, quel
giorno sembrava un piccolo scricciolo, tutta rannicchiata all'angolo
del divano, gli occhi rossi e le spalle tremanti. Nell'ultimo periodo
l'aveva vista fin troppo spesso in quelle condizioni e per quanto le
dispiacesse, stava iniziando a stancarsi.
Scosse la testa, arrabbiata e amareggiata: "Sere, non posso accettare che vada avanti così."
Ma Serena alzò una mano, come ad interromperla: "Ho solo bisogno di sfogarmi. Ti prego."
Allora
Nicole tirò un sospiro e si sedette accanto a lei, ormai avvezza
a questo tipo di sedute in cui si improvvisava consolatrice. Dopotutto,
che altro avrebbe potuto fare? Come se fosse sua sorella e non la
sorella di Sandro, la abbracciò forte e mentre singhiozzava le
sussurrò: "È proprio uno stronzo."
Fissò
le palline dell'albero di Natale nell'angolo del salotto e le
contò come se fossero le quelle di un abaco, per enumerare le
volte in cui Sandro aveva fatto soffrire qualcuno. Purtroppo anche lui,
da bravo Lucich, aveva ereditato una scaltrezza fuori dal normale, ma
la utilizzava a scapito degli altri, unendo ad essa una noncuranza
innata, che lo faceva assomigliare molto ai loro genitori.
Sandro
non era nemmeno chissà quale bellezza; a ventisette anni girava
ancora con la barba incolta di giorni e non si tagliava i capelli
perché non gli andava di spendere soldi dal barbiere. Aveva
l'animo capriccioso di un bambinetto, ma tutta la cattiveria di un
giovane farfallone a cui non dispiaceva andare di fiore in fiore senza
badare ai cuori spezzati.
Serena
era stata l'eccezione alla regola; i suoi l'avevano selezionata bene
per uno come Sandro e pure in un periodo in cui le debolezze di lei e
la forza di lui si sarebbero sposati perfettamente. Chiunque altra
sarebbe scappata a gambe levate da quella situazione, ma lei era
rimasta, aveva creduto che tra loro avrebbe potuto esserci qualcosa di
forte, di vero.
Ma,
sinceramente, aveva sbagliato alla grande. Aveva scoperto del primo
tradimento quell'estate, a luglio, dopo sei anni in cui probabilmente
la fedeltà non era mai stata troppo di casa. Serena se n'era
finalmente resa conto quand'erano andati a convivere e lui, nel giro di
qualche settimana, aveva fatto conoscenza ravvicinata con svariate
condomine. Sembrava che Serena l'avesse lasciato e cacciato per questo,
ma qualche giorno dopo aveva deciso di parlare con lui e discutere
della loro situazione. Sorprendentemente per tutti, in casa Lucich,
l'aveva perdonato ed erano tornati a fare la vita di coppia...
perché Serena era una grandissima debole.
Infatti,
ora era quasi Natale e quei due si trovavano di nuovo punto e a capo.
Il problema, pensò Nicole, era che in circa sei mesi aveva
assistito a quella scena almeno altre due volte. Perché Serena
era così ostinata? Amava a tal punto suo fratello o amava
solamente farsi del male?
La
serratura della porta scattò e fece alzare gli occhi di Nicole
sull'entrata. Mentre ancora stringeva Serena, la osservò aprirsi
e lasciar entrare l'ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel
momento.
No, non Sandro.
Giulio.
"Woah,
dimostrazioni saffiche di affetto, sono arrivato giusto in tempo."
salutò lui, con la sua classica, perenne, aria di
superiorità.
"Oddio." si lamentò Nicole, sciogliendo l'abbraccio. "La puoi smettere di entrare in casa miaadcazzum?
È come se fosse una tua proprietà, ma, tieniti forte per
la rivelazione, non lo è. Si deve bussare, o suonare il
campanello. E capisco che tu sia abituato al ponte levatoio della tua
reggia, o principe, ma qui esistono solo dispositivi plebei."
"Dunque
perché sprecarsi in tali pagane tradizioni, quando hai
direttamente le chiavi?" rimbeccò lui, agitando fieramente il
mazzo tra le dita.
Nicole
roteò gli occhi: gliele aveva date suo padre, ne era certa.
Antonio Lucich adorava Giulio; era come la sua spalla destra, il suo
scagnozzo, il figlio che non aveva mai avuto. O meglio, come il figlio
che avrebbe voluto al posto di quello stronzo di Sandro. Ed era tutto
dire, pensò Nicole, perché Giulio era ancora più
stronzo.
Serena
si vergognò immensamente: non sapeva che in casa Lucich
sarebbero arrivati ospiti, perciò girò il volto tentando
di nasconderlo alla bell'e meglio. Ma i due ragazzi non sembravano
preoccuparsi troppo di lei; erano immersi in una discussione da cui non
sarebbero usciti entrambi vivi.
"Non capisco perché debba dare le chiavi a te!A te!"
si animò Nicole. "Che cosa ti ha mandato a fare stavolta? Una
nuotatina in piscina? Un pisolino sul suo materasso Memory Foam?"
Giulio
buttò lì una risatina, mentre si ambientò senza il
minimo imbarazzo nella casa, togliendosi il giaccone e lanciandolo sul
tavolo. Aprì il frigo, prese il Gatorade preparato apposta per
lui e lo stappò, bevendone due grossi sorsi: "Mi ha mandato per
controllare che non stessi distruggendo la casa, Nic."
"Giuro che ti uccido."
Giulio
bevve di nuovo, dando finalmente l'impressione di un ragazzo
affaticato, infreddolito e assetato che ha bisogno di energie, cosa che
era ma che si sforzava di non dare a vedere: "Mi ha mandato a prendere
la registrazione dell'ultima partita. Abbiamo appena finito
l'allenamento e voleva discutere con la squadra dell'ultima
performance, ma aveva dimenticato il video a casa."
"Ti ha anche fatto guidare la sua macchina, magari." commentò Nicole, invidiosa.
Sia
lei che Giulio, in quanto coetanei, avevano preso la patente da poco.
Ma se a Nicole Antonio non osava nemmeno far provare la sua Audi A4, a
Giulio mancava poco che la regalasse, anche se tecnicamente non avrebbe
potuto guidarla da neopatentato. Come già osservato, quell'uomo
amava Giulio Pizzi. Lo amava più della legge e quasi più
dei suoi stessi figli, altro buon motivo per detestarlo profondamente.
"No,
stavolta ho dovuto usare la Cinquecento di mia madre." rispose il
ragazzo, posando finalmente la bevanda con un sospiro. Come per ogni
disagio, Giulio tentava di dissimulare, ma la verità era che, a
volte, essere il protetto di Lucich era una vera palla. Per
carità, fama e invidia ovunque, ma i mille favori e l'ansia di
essere sempre al top facevano sentire il loro peso anche su una divina
entità come lui.
"Ah,
e tra l'altro." aggiunse assumendo uno sguardo leggermente colpevole.
"Ho ammaccato il piede dello gnomo da giardino sul vialetto. Ma diremo
che è stata colpa tua, ok?"
Nicole
esplose in un fiume di rabbia: "Come no, Pizzi! Diciamo sempre che
è colpa mia! Ormai qui dentro sei il cocco di casa; anche se la
facessi in cenere con le tue stesse mani, sarebbe comunque colpa mia!
Vedi festa di quest'estate!"
Serena
non capiva di cosa stessero parlando, ma si sentì troppo in
colpa, specialmente vedendo la reazione di Giulio alle accuse,
così decise di intervenire: "Sono stata io ad ammaccarlo."
Nicole
e Giulio si voltarono verso di lei. La sua vocina da agnellino aveva
dissipato ogni sfumatura di rabbia negli occhi della ragazza: "Oh, non
ti preoccupare, Sere, dirò che è stata colpa mia."
"Ma come?!" sbottò Giulio.
Dopo
aver doverosamente espresso il suo disappunto nei confronti dei
favoreggiamenti di Nicole, il biondo sembrò accorgersi di Serena
per la prima volta e si avvicinò a lei assumendo uno sguardo
preoccupato.
"Ehi, tu, va tutto bene? Che cosa ti prende?"
Serena
arrossì e distolse lo sguardo, mentre Nicole si lanciò
davanti a lei per cercare di proteggerla da giudizi indesiderati:
"Lasciala stare, ok? Un coglione l'ha fatta stare male. Un coglione
proprio come te."
"Grazie
per i complimenti." Giulio non si fece scalfire e si sporse un altro
po', per osservare meglio l'ospite. "Ma lei non è la ragazza di
tuo fratello?"
Il pianto di Serena si fece più intenso e Nicole fulminò Giulio: "Vedi perché sei un coglione?"
Giulio
pareva perplesso e si grattò la testa, mentre si spostò
per mettersi di fronte alle due ragazze: "Scusa, ma pensavo che per una
volta tuo fratello si fosse rimesso in carreggiata."
Con
gran sorpresa di Nicole, Giulio si piegò sulle ginocchia e si
avvicinò al volto di Serena per poterla guardare negli occhi.
Con una dolcezza inedita, le sposto le mani da davanti alla faccia e le
parlò a voce sommessa, tutt'altra cosa rispetto al suo solito
tono da re del mondo: "Sandro è un rifiuto umano, non devi
buttarti giù per lui."
Nicole
tossicchiò: non che non fosse d'accordo, ma Giulio si prendeva
sempre troppe libertà, anche di parola. Stava parlando male di
un Lucich in casa Lucich e di fronte a un altro Lucich, dopotutto.
Ma
lui non le diede retta, sembrava davvero dispiaciuto per la povera
Serena e si era sentito in dovere di intervenire: "Dovresti mandarlo a
quel paese definitivamente, trovarti uno con le palle e soprattutto con
dei capelli che non assomiglino a uno spolverino Swiffer."
Nicole
era oltraggiata e voleva dare una botta in testa a Giulio, però
qualcosa la stava trattenendo. Qualcosa di strano, estremamente strano.
Sentire Giulio parlare con quel tono e quella premura, anche se stava
facendo un discorso suicida, le aveva fatto scattare qualcosa a livello
cerebrale.
Seriamente:
il suo cervello aveva come preso una scossa, aveva ricevuto un flash.
Quel modo di fare, lei... se lo ricordava. Quando l'aveva già
sentito? Lei e Giulio si conoscevano sin da bambini, sin da quando lui
aveva iniziato a fare rugby, ma non aveva memorie consistenti di lui in
versione ragazzo normale, premuroso e sensibile. Ma soprattutto normale.
La
reazione di Serena la distrasse dai pensieri: la sua faccia era
completamente cambiata di fronte a Giulio. Era impallidita a tal punto
da farle pensare che avesse visto un fantasma.
"È lui..." soffiò, fissando Giulio in modo inquietante.
Giulio e Nicole si scambiarono un'occhiata.
"È lui." ripeté Serena, indietreggiando con il busto, a mo' di film dell'orrore. "Oh mio Dio."
"Nic, sicura che questa sia a posto?" mormorò Giulio, stavolta sì, guadagnandosi uno scappellotto.
"Sere, che stai dicendo?"
Ma
Serena si era alzata in piedi sulla scia della scena horror, e si era
rintanata nell'angolo della stanza, giusto per non farsi mancare nulla.
Incredula, si sfregò le mani sul viso, poi guardò di
nuovo il ragazzo e la situazione non si risolse.
Sembrava
davvero che Giulio fosse il frutto di una sua folle visione, a tal
punto che decise di voltarsi, piantando le mani ai lati del lavabo e
fissando lo scarico con fare da pazza. Nicole aveva visto quella scena
una sola volta nella vita: in Harry Potter, quando la professoressa
Cooman aveva visto il Gramo nella tazzina di Harry.
"Serena?"
Nicole osservava a tratti lei, a tratti Giulio, guardinga, non sapendo
se aspettarsi che il cervello di Serena esplodesse o che Giulio si
trasformasse in un mostro mangia bambini.
Il ragazzo estrasse il cellulare: "Posso sentire che dice il 118."
"No,
no." Serena recuperò tempestivamente la ragione, obbligandosi a
darsi una ripigliata. "Scusate, è solo che..."
Si schiarì la voce, stropicciandosi gli occhi rossi, poi sospirò: "Nicole, avresti ancora quel bicchiere d'acqua?"
Nicole
fornì i liquidi richiesti a sua cognata, sperando che potessero
reidratarle la corteccia cerebrale, e lei finalmente si decise a dare
una spiegazione: "Ti ricordi che ti avevo parlato di quel ragazzo,
quest'estate? Quello... quello dell'autostop?"
"Ah sì, quello con cui ti shippavo un sacco. Alessandro... Alberto..."
"Andrea."
"Giusto."
Giulio si inorridì: "Io non voglio ascoltare queste cose."
"Ecco,
quel ragazzo... era identico a lui!" sbottò Serena indicando
Giulio. Sembrava davvero pazza, ma la sorgente di tutto quel trambusto
era euforia, euforia pura, che Nicole ricordava di aver sentito nella
sua voce solo quando aveva condiviso con lei quella sua piccola
avventura.
"Che delusione." sbeffeggiò lei. "Mi ero immaginata un gran figo."
"Ah-ha." grugnì Giulio.
"Ci
assomiglia davvero tantissimo... se solo avesse sei o sette anni in
più..." gongolò, invece, Serena, persa nella fantasia.
Nicole
non aveva mai avuto modo di finire quel il discorso. Sere le aveva
raccontato dell'autostop, della strana chiacchierata e della fidanzata
del tipo che si slinguazzava un altro per dispetto, ma non aveva mai
saputo com'era andata a finire, dopo che quei due si erano allontanati.
Nicole aveva il sospetto che si fossero imboscati per fare cose e
Serena non gliel'avesse detto per rispetto di suo fratello. Anche se si
erano lasciati, in quel periodo, non era bello che lei sbandierasse di
aver trovato con chi consolarsi, anche se, tutto sommato, a Nicole non
sarebbe affatto dispiaciuto.
Aveva
idealizzato Andrea come il ragazzo perfetto, secondo i racconti di
Serena, e aveva sempre avuto il desiderio di chiederle di più su
di lui: come faceva di cognome, dove abitava, se si fosse innamorata e
perché non si erano più sentiti. Ma ogni volta che aveva
incontrato Serena, dopo quel giorno, non avevano parlato d'altro che di
Sandro. Dapprima di come poter ricominciare a fidarsi di lui e in
seguito di come sopportare le continue scappatelle e l'idea che forse
lui non l'avesse mai veramente amata.
"Mi
spiace sembrare così isterica." Serena sospirò, scuotendo
la testa e avvicinandosi timidamente a Giulio. Teneva le mani unite in
grembo, agitata, e lo scrutava attentamente. "Ma tu somigli tantissimo
a una persona."
"Questo
l'avevo capito. Se solitamente è una persona che sta crocefissa,
ci sono abituato. La gente mi scambia spesso per Gesù."
Nicole si teneva la testa con la mano: "Quanto sei blasfemo."
E
per la seconda volta nel giro di pochi secondi ebbe la sensazione di
avere qualche ricordo represso nella testa. Forse vedere davanti a
sé Serena in fase epifania la stava influenzando troppo.
Serena
sorrise alla battuta su Gesù, trovandola per nulla irritante, ma
addirittura simpatica. Simpatica come quelle che faceva Andrea. E
l'aveva conosciuto per poche ore, ma ricordava tutto, tutto, davvero
tutto su di lui. Il fatto che Giulio gli somigliasse così tanto
rendeva la memoria un fatto del presente, come se Andrea si trovasse
ancora lì, di fronte a lei.
Ma
Andrea era diventato veramente solo uno spettro per Serena. Uno spettro
che l'aveva accompagnata negli ultimi sei mesi, specialmente nei
momenti di sconforto. Un desiderio inesaudito, un rimorso e un
rimpianto. Da quel giorno non aveva più rivisto Andrea; lui non
l'aveva cercata e lei, pur conoscendo il suo indirizzo, non aveva osato
ripresentarsi davanti a casa sua.
Certo,
non aveva fatto altro che sforzarsi di scacciare il pensiero di lui,
perché sì, perché doveva essere solo un'enorme
sbandata capitata con un pessimo tempismo. Ma non era servito a nulla:
lui tornava sempre, ad assillarla quando piangeva per Sandro e quando
vedeva qualcuno aspettare ai lati di una strada. Per questo sentiva i
morsi del rimpianto: perché non era stata più coraggiosa,
perché non aveva afferrato al volo quell'occasione,
perché si era fatta sfuggire Andrea dalle mani e Andrea non era
più tornato.
Non
sapeva il motivo per cui fosse sparito e di certo non sarebbe andata a
casa sua per chiederglielo. Serena ormai era sicura che per lui si
fosse trattato solo un flirt casuale, ma opportuno. Sì, un bel
quarto d'ora, per sfuggire allo schifo delle loro relazioni, ma che si
fosse addirittura innamorato di lei era proprio una barzelletta. Lei,
che non aveva mai ricevuto l'amore vero di nessuno. Lei che era un asso
ad innamorarsi e sognare in grande. Lei, sì, lei che era
così, ma... gli altri? Gli altri non si innamoravano di certo in
un solo quarto d'ora.
Ma
forse perché a lei era successo, aveva deciso di impegnarsi con
Sandro, di nuovo. Come se fosse stato... un tributo. Un tributo ad
Andrea e a quello che, in pochissime ore, le aveva insegnato.
Cioè a lottare, per tutto, sempre.
Era così che si sarebbe mantenuta la felicità, giusto?
E allora perché lei non era felice?
"Scusa."
ripeté nuovamente, sorridendo a Giulio. "Sono solo i
vaneggiamenti di una povera frustrata. Chiedo scusa per il disturbo,
Nicole, ora è meglio che vada."
Serena raccolse la sua borsa e le chiavi della Punto.
"Aspetta, Sere!" la fermò la ragazza. "Che è successo con mio fratello? Che ha combinato stavolta?"
Serena
si chiuse nelle spalle: "È solo che ho trovato dei messaggi
strani e prima ho risposto al suo telefono, alla una chiamata di una...
beh, sono le solite cose." tagliò corto con un sorriso forzato.
"Dovresti veramente chiudere." propose Nicole, suonando, per suo dispiacere, concorde con le parole di Giulio.
Serena sospirò, mentre afferrava la maniglia della porta: "Lo so... Forse, un giorno. Quando avrò delle certezze."
E
non si capì bene di quali certezze parlasse Serena: certezze
rispetto al fatto che Sandro la stesse tradendo di sicuro o certezze
che le impedissero di perdere totalmente fiducia nell'amore?
Serena
salutò Nicole e Giulio e uscì di casa, lasciando entrare
una folata di freddo che fece rabbrividire entrambi. Era la mattina del
22 dicembre, primo giorno di vacanze natalizie e primo giorno di freddo
vero e proprio in quell'inverno che era stato fino a quel momento
piuttosto mite.
Per qualche istante la casa rimase silenziosa, poi ci pensò Nicole a cambiare atmosfera: "Beh?"
Si
voltò verso Giulio, incrociando le braccia al petto sia per
mostrare disapprovazione che per proteggersi dal freddo improvviso: "Ti
accampi qui, adesso? Dovresti prendere il buon esempio di Serena e
andartene. Magari anche per sempre, così mi faresti un bel
regalo di Natale."
"Nicole."
La
serietà di Giulio fece trasalire Nicole, che tutto si aspettava,
tranne che Giulio la prendesse per le spalle e la trascinasse verso il
divano.
Quel divano...
Di nuovo, un altro flash, ma che le prendeva?
"Che
cosa vuoi?" sbotto in faccia a Giulio, che l'aveva fatta sedere per
piazzarsi accanto a lei e continuare a fissarla con fare inquietante.
"Ascoltami."
disse, apparendo fin troppo vicino con quel suo naso perfetto e la
pelle sempre ambrata, anche d'inverno. "Quella ragazza, Serena, ha
detto di aver conosciuto un tizio che mi assomiglia."
"Bravo. Hai capito quello che è successo negli ultimi quindici minuti. E sai anche fare i riassunti!"
"Nicole!"
Giulio sembrava serio. Perché Giulio, che era sempre cretino, ora sembrava serio?
"Ha detto che quel ragazzo si chiama Andrea."
Nicole corrugò le sopracciglia: "Arriva al punto, Pizzi."
"Beh-"
La
suoneria di Giulio interruppe l'intensità del momento e fece
sbuffare il ragazzo. Estrasse il telefono dai pantaloni e
mormorò: "Tuo padre..."
Ripose
e assicurò all'uomo che stava per tornare con le registrazioni,
ma fu in quel momento che per la prima volta nella storia, Nicole si
accorse di quanto Giulio fosse ansioso. Giulio temeva suo padre come
lei, come tutti, e forse più di tutti. Magari quella volta della
festa aveva lasciato che lei si prendesse tutte le colpe proprio per
quel motivo, proprio perché, altrimenti, suo padre sarebbe stato
triplamente cattivo con lui.
Oh, quella festa...
Nicole
aveva sempre maltollerato Pizzi, perché aveva un caratteraccio e
perché era invidiosa della relazione che aveva con suo padre. Ma
dalla festa che avevano fatto a casa sua, in estate, per il
diciottesimo della sua migliore amica, lo odiava ufficialmente. Dato
che era così popolare e festaiolo, gli aveva chiesto aiuto con
l'organizzazione e lui aveva creato un casino con i fiocchi: orge,
intossicazioni alimentari e pure water otturati. Uno sballo, dal suo
punto di vista, una condanna a morte, dal punto di vista di Nicole.
Ma
il problema non fu solo quello. La festa degenerò in tutto e per
tutto, e, mentre ciò accadeva, Nicole era ubriachissima. Colpa
di Giulio, ovviamente, che con ogni probabilità aveva tentato di
offuscare il suo senso della ragione di fronte allo sfacelo. Difatti
lei non ricordava assolutamente nulla, da un certo momento in poi; per
l'esattezza, da quando stava quasi per perdere la verginità con
Luca, il bel fusto e poco cervello Lucaddominali, perché Giulio
le aveva detto di divertirsi. Quindi non sapeva spiegarsi
perché, al suo risveglio, la casa era completamente distrutta.
Sorvolando
sul fatto che si era ritrovata nuda sullo stesso divano dove ora stava
seduta, la responsabilità dei danni andò direttamente a
lei, senza nemmeno passare per colui che tutto aveva reso possibile. Si
era divertito a danni degli altri, si era salvato la faccia e agli
occhi di Antonio, era rimasto sempre il solito, santo subito, Giulio
Pizzi, capitano della squadra, re del mondo, dio.
E
quindi era ancora più arrabbiata per quello che stava provando
in quel momento: aveva passato mesi ad odiarlo e ora lo giustificava?
Per Dio, quella che aveva dovuto subire una punizione interminabile era
lei! Non Pizzi!
Eppure,
aveva appena osservato che essere il protetto di casa poteva avere
tanti pro quanti contro. Nicole si domandava, osservandolo, se fosse
stato proprio lui a scegliere di diventare il pupillo di suo
padre o se suo padre l'avesse deciso per lui. Era un ruolo che aveva
cercato o che gli era, semplicemente, stato assegnato?
In
effetti, ora che ci pensava seriamente, Antonio aveva sempre storto il
naso per le malefatte di Sandro e aveva visto in Giulio l'ideale di
figlio perfetto, prendendolo fin da bambino sotto la sua ala, ma
caricandolo di responsabilità che non gli spettavano. E Giulio
era diventato un invasato re dell'universo per questo. Perfetto.
"Cosa
mi stavi dicendo di Andrea?" gli domandò, cercando di sorvolare
sugli studi psicologici che avevano luogo nella sua mente.
Giulio
infilò il telefono nuovamente in tasca: "Che, appunto, si chiama
Andrea e mi somiglia molto ed ha circa sei o sette anni più di
me. Fai due più due, Lucich."
E Nicole fece due più due, ma avrebbe dovuto farlo molto molto prima.
Le
mani corsero a coprirle bocca, mentre l'intuizione si disegnava sul suo
volto nelle mille espressioni: prima lo stupore, poi il rimprovero per
non averlo previamente capito, poi l'entusiasmo di poterlo dire a
Serena, ma anche la fretta di doverlo dire a Serena, e la realizzazione
di aver corso troppo con la fantasia senza tener conto che...
"Pizzi, dici che stiamo davvero parlando di tuo fratello? Perché se è tuo fratello, allora..."
Giulio
strinse le spalle: "Demente com'è, non mi ha mai detto che
aveva-" fece il segno delle virgolette con le dita. "Conosciuto una, ma
di sicuro quando è stato mollato da Lucia sembrava molto
più felice del dovuto. Per poco... poi è tornato
depresso."
Lucia!
Sì, Serena aveva parlato di una Lucia! Allora Andrea era
veramente quell'Andrea: Andrea Pizzi, il fratello maggiore di Giulio,
il ragazzo più bello che Nicole avesse mai visto e che,
purtroppo, era stato allievo di suo padre solo per un anno,
perché poi aveva preferito l'hockey al rugby.
Nicole fu per un attimo euforica: aveva trovato qualcosa di bellissimo da dire a Serena!
Ma ancora una volta c'era un ma e Nicole lo vedeva disegnato anche sulla faccia di Giulio.
Infatti,
i due si guardarono. Nessuno lo disse, ma lo pensarono entrambi: quello
che era successo recentemente ad Andrea non faceva altro che complicare
ancora di più tutta la questione.
Il telefono di Giulio suonò di nuovo.
"Oddio!"
si lasciò sfuggire quest'ultimo, prima di rispondere e
recuperare il tono soave con cui disse ad Antonio che aveva trovato le
registrazioni e che stava ripartendo.
Giulio
si affrettò a recuperare tutto e si buttò il giaccone
sopra le spalle, correndo verso la porta. Ma esitò un secondo e
si fermò con la mano sulla maniglia: "Ci vediamo domani?"
Giulio
e Nicole si vedevano quasi ogni giorno a scuola, perché
frequentavano entrambi il quinto anno nello stesso istituto, ma non
avrebbero avuto motivo di vedersi ora che la scuola era chiusa per le
vacanze di Natale.
"Purtroppo sì." rispose Nicole, che, anche nei giorni di vacanza, non era stata graziata da suo padre.
A
pomeriggi alterni era attesa al campo da rugby per manutenzione e
pulizie, e anche senza fiatare! Questa era la punizione che doveva
ancora terminare e che per colpa di Giulio suo padre le aveva
affibbiato senza esitazione.
"Ok."
"Comunque ti odio, Pizzi."
Lui fece un sorrisetto: "Altrettanto."
E se ne andò.
***
ANGOLO AUTRICE
Buongiorno a tutti :)
Per chi non mi conoscesse, io sono Yellow Daffodil, comunemente chiamata Daffy. Il mio vero nome è Micol,
sono italiana e ho 23 anni. Ora che ci siamo presentati, possiamo
passare alla storia.
Come qualcuno di voi già saprà (non è che abbia
fatto pubblicità aggressiva nell'ultima settimana sui social, nooooo...),
Invischiati per le feste nasce dalle svariate richieste dei lettori che
volevano un seguito sia per la mia OS Una notte da dimenticare
(pubblicata nel lontano 2012), sia per la OS pubblicata nell'estate
2017, Autostop. Quando scrissi queste due perle, non avevo intenzione
di farle diventare delle long; semplicemente, sono nate da momentanee
esigenze e sono rimaste online per anni e anni.
Ora che non sono più impegnata con la mia opera
maestra, di cui non farò pubblicità aggressiva giusto per non
essere molesta (si chiamaIo e te è grammaticalmente scorretto,
è un romanzo edito da Centauria che si può acquistare
online e nelle librerie e che ha due seguiti gratuiti presenti sia su
Wattpad che su EFP, nelle mie rispettive pagine), ho deciso di darmi
alla scrittura di cose nuove. E giusto per inaugurare quest'aria di
novità, ho ripreso in mano le due OS. Molto innovativo, vero?
Fonderle insieme, in realtà, è un'idea che risale a
Natale 2017 quando già avevo scritto questo primo capitolo che
poi è andato dimenticato tra le varie bozze. A gennaio 2019,
tuttavia, mi sono data da fare ed ora sono qui con questo esperimento pazzo dove l'universo di Autostop è in realtà lo stesso di Una notte, e i personaggi, come avete capito, sono addirittura parenti!
Credo, anzi, lo so per certo, che ne vedremo di belle e interessanti.
La storia è già scritta: è composta di 8 capitoli
circa della lunghezza di questo (dalle 4.5 alle 6 mila parole), che
verranno pubblicati secondo questo calendario:
Cap 1 - 21/01
Cap 2 - 25/01
Cap 3 - 28/01
Cap 4 - 31/01
Cap 5 - 04/02
Cap 6 - 08/02
Cap 7 - 12/02
Cap 8 - 14/02
Segnatevi bene queste date, ma badate che potrebbero subire piccole
variazioni di 1/2 giorni, causa imminente ondata di esami che mi
travolgerà da oggi e fino al 31 gennaio, facendo possibilmente
coincidere degli orali con le date dei capitoli. In ogni caso, per una
volta nella mia vita, ho già tutto in cantiere, quindi don't worry :)
Se vi sono piaciuti Serena, Giulio e Nicole in questo capitolo,
lasciate un commentino o una recensione. Se volete tentare di
indovinare che cosa è capitato ad Andrea, sarò felice di
leggere le vostre ipotesi e, niente... se siete intrigati da questa
trama, restate sintonizzati per sviluppi decisamente... esplosivi
<_<
Allora, vi ho convinti?
Grazie per aver letto e alla prossima <3
Daffy
P.S. Un grazie doverosissimo a mayura.art,
ossia Nicole (trovatela su Instagram!), che ha creato per noi la
stupenda copertina della storia. Ditemi, non sono dei fighi pazzeschi?