Luna

di fotone
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Il mio corpo giace sull’erba ancora fresca in questa notte estiva, mentre la rugiada inizia ad apparire sui sottili fili d’erba che mi circondano. Le lunghe membra di Leonardo si estendono poco lontano da me. Guardiamo le stelle, senza dire nulla, senza toccarci. Leo prende la bottiglia di birra abbandonata sul terreno poco distante da lui e la svuota; io lo guardo e sospiro. “Leo, cosa stiamo facendo della nostra vita?” sussurro, malinconica. Sospiro profondamente; “non siamo niente più che minuscoli puntini in un immenso universo, cervelli rinchiusi in scheletri che si agitano sulla superficie di una roccia bagnata che galleggia in un universo infinito. Niente di ciò che possiamo fare avrà mai senso e la nostra esistenza è destinata ad affondare nell’oblio.” continuo a mormorare. Leonardo si volta a guardarmi, si avvicina a me. Lo vedo a pochi millimetri dal mio viso, vedo i dettagli del suo volto che brillano di luce riflessa dalla Luna, la quale brilla di luce riflessa dal Sole. Sento il suo caldo respiro su di me, vedo i suoi soffici capelli castani nel dettaglio, sento il profumo della sua pelle. Mi accarezza dolcemente il viso, sorridendo teneramente. “Non ci resta che inventare un significato in cui vivere, in un universo che non lo ha. Questa è stata la risposta dell’esistenzialismo” mi bisbiglia, sfiorando le mie labbra con le sue. Tocco i suoi capelli, mentre lui introduce la lingua nella mia bocca e utilizza una mano per accarezzare il mio corpo, pallido come la luce di questa luna. So che il senso non c’è. “Ma che senso ha, inventare un significato che non esiste?” chiedo turbata, staccandomi da lui, allontanando da me, distogliendo lo sguardo dai suoi occhi per guardare con fastidio quella roccia che gira intorno alla Terra, che noi umani amiamo chiamare Luna, proprio come mia madre ha deciso di chiamarmi. “È necessaria questa piccola illusione, per essere felici” asserisce lui con sicurezza, prendendo il mio viso per riprendere a baciarmi. Continua a baciarmi così, sotto la luna, cercando di insegnarmi un significato che io non vedo, un senso che non c’è.




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