What happened
in between - Confusion
Giuliano
si decise solo dopo che Lorenzo aveva abbandonato la Cattedrale a
posare una mano sul volto di colui che Lorenzo aveva così
spesso
chiamato a amico, colui che aveva invidiato per anni, e che gli aveva
salvato la vita. Non riusciva ancora a crederci, come poteva una
giornata di festa tramutarsi in quello? In un tentato assassinio. - O
riuscito, pensò mestamente. -
Come poteva una frase mandarlo in confusione in quel modo?
Ho
scelto voi. Ho scelto voi. Ho scelto voi.
La
voce di Francesco suonava distorta nella sua mente, come
un’eco
troppo lontano, come se già Giuliano non riuscisse a
ricordare
com’era e tutto ciò lo spaventava. Non aveva mai
prestato
attenzione a Francesco, o alla sua voce, e in quel momento
desiderava, per qualche ragione ancora oscura, averlo fatto. Magari
sarebbe stato di conforto. In qualche modo.
Gli
spostò a lato un ricciolo che era caduto disordinato sulla
sua
fronte, il gesto era dolorosamente familiare, ricordava di aver fatto
lo stesso, o qualcosa di molto simile, quando Simonetta era morta;
era un gesto delicato, di quelli solitamente riservati agli amanti.
Lui odiava Francesco. Lo odiava. Lo…
Era
sbagliato. Era tutto così assurdamente sbagliato. E
Francesco non
aiutava, nemmeno alla fine, da buon egoista qual’era, - ma
non davvero, si ritrovò a pensare Giuliano –
rimaneva immobile, dall’aspetto così sereno come
mai l’aveva
visto prima, – e
l’aveva guardato lungo, poteva negarlo quando voleva ma
l’aveva
fatto, nella sua stupida gelosia verso il fratello. -
certo c’era del sangue che non avrebbe dovuto trovarsi
lì, non sul
suo viso dove Lorenzo lo aveva accarezzato nella speranza di
svegliarlo, non sulle labbra ancora increspate in un sorriso, non sul
petto, o attorno a lui sulle mattonelle della Cattedrale, ma era
sereno.
Giuliano
chiuse gli occhi per un attimo, non avrebbe pianto, era insensato
continuava a ripetersi, non aveva ragione di piangere per qualcuno
che solo un’ora prima, anche meno, odiava a morte. No, non
avrebbe
pianto.
Trattenendo
a stento un lamento gli posò una mano sul petto e
chinò il capo,
non voleva piangere, non ne aveva motivo. Eccetto il fatto che gli
aveva salvato la vita.
«Ho
scelto voi, Medici.»
Giuliano
si chinò in avanti fino a che la fronte non era posata sulla
mano
sul suo petto. Lo aveva tormentato da vivo e continuava a farlo da
morto. Non era giusto.
“Non
lo meritavi.”
Lo pensò solamente, era già sorpreso dal fatto di
averlo pensato,
se lo avesse detto sarebbe stato troppo anche per lui.
Per
un attimo immaginò di averlo sentito muoversi lentamente,
cercare di
respirare, ma non era possibile, non poteva esserlo. Era morto,
davanti a loro, lo avevano visto morire. Ma il sospiro, debole,
sofferente, ma reale, che Giuliano sentì non mentiva, o
almeno così
sperava.
«Francesco…?»
Non riuscì a non sembrare spaventato in quel momento,
incerto, e non
riuscì a frenare il sospiro che gli sfuggì quando
Francesco, come
sentendolo, strinse appena gli occhi, un movimento quasi
impercettibile ma che gli diede speranza.
Mandò
a chiamare una carrozza, degli aiuti, qualunque cosa potesse servire
loro per tornare a Palazzo Medici il più in fretta
possibile, e nel
modo più sicuro, chiunque potesse aiutare, salvare,
Francesco.
“Qualcuno
dovrà informare Guglielmo.”
Pensò mentre la carrozza li portava verso casa passando da
vie
secondarie e meno usate, in quel momento ben più sicure
delle
principali in cui la gente si era riversata come un fiume in piena.
“E
Lorenzo.”
Lorenzo
che era andato a dare la caccia a chiunque avesse portato avanti
quella cospirazione, Lorenzo che voleva la testa di Jacopo Pazzi su
una picca, Lorenzo che sembrava inarrestabile mentre mosso da una
rabbia cieca che Giuliano sperava svanisse presto.
Alla
fine però non vi fu alcun bisogno di mandare qualcuno a
cercare
Guglielmo. Sia lui che Bianca che la loro bambina erano a Palazzo
Medici, Giuliano lo sentì prima ancora di vederlo. Aveva
lasciato
che due guardie prendessero Francesco - «Piano!
Fate piano per Dio!»
Non seppe spiegarsi il perché di quella reazione
così protettiva di
colpo, o forse lo sapeva in verità ma fece del suo meglio
per
ignorarlo. - per aiutare sua madre e Clarice a scendere dalla
carrozza quando un urlo spezzò la quiete del cortile.
Guglielmo
aveva le mani sulle spalle di Bianca ma l’aveva subito
lasciata
andare quando vide le guardie avvicinarsi e suo fratello venire
trasportato all’interno, li inseguì allungando una
mano verso
quella di Francesco, le domande uscivano dalla sua bocca una dopo
l’altra, senza pause o tempo materiale per rispondere,
inframezzate
solo dal nome del fratello ripetuto, urlato con una disperazione che
Giuliano stava odiando, finché una porta venne chiusa
davanti a lui
e Guglielmo si zittì per qualche istante, il tempo di
comprendere
cosa fosse accaduto.
«Fatemi
entrare! - Urlò
battendo entrambi i pugni contro la porta con violenza.
- Fatemi entrare! È mio fratello, ho il diritto di essere
lì!»
Giuliano
fece qualche passo incerto nella sua direzione, abbracciò
Bianca che
gli corse incontro chiedendogli cosa fosse accaduto, e dove fosse
Lorenzo, ma non le rispose, la lasciò tra le braccia di loro
madre e
si avvicinò. Non sapeva se era la cosa migliore da fare, in
quel
momento Guglielmo, il calmo, pacifico Guglielmo, era fuori di
sé. Ma
ben presto le urla scemarono, si ridussero gradualmente a sussurri,
smise di battere sulla porta e rimase fermo in quella posizione, i
pugni chiusi sul legno, la testa ora contro la porta, chinata in
segno di resa e le spalle scosse da singhiozzi silenziosi.
«È
mio fratello, - ripeté
ancora. Giuliano gli posò una mano sulla spalla sperando che
fosse
abbastanza in quel momento, non aveva parole che potessero
confortarlo.
- per favore… È mio fratello.»
«Pagherai
– La
voce di Lorenzo era poco più di un sussurro, era stanco
eppure la
rabbia che aveva provato nella Cattedrale ancora non era svanita,
ancor meno ora che aveva davanti a sé Jacopo Pazzi.
- per ogni cosa che hai fatto. Per l’attentato a mio padre,
alla
mia famiglia, a mio fratello.» Non menzionò
sé stesso
direttamente, in quel momento era la cosa meno importante. Jacopo
aveva complottato per uccidere Giuliano e vi era quasi riuscito. Il
corpo di Salviati penzolava da una delle finestre, il mercenario
attendeva in cella la sua esecuzione il mattino seguente, ed ora era
il turno di Jacopo.
«Hai
fallito, ma non per questo avrai la mia pietà. - alle
sue spalle Sandro si mosse inquieto –
Chiedi perdono a Dio se lo desideri, forse ti
ascolterà.» Jacopo
non si mosse, teneva tra le mani il medaglione con il ritratto della
moglie, l’ultimo ricordo di un tempo in cui aveva ancora al
proprio
fianco qualcuno che lo amava.
«Hai
fallito. - ripeté
Lorenzo. -
Il tuo piano ha fallito, siamo ancora vivi, sia io che
Giuliano.»
Per un attimo la mente tornò alla Cattedrale, al viso
pallido di
Francesco che lo guardava sorridendo, al momento in cui aveva chiuso
gli occhi e la sua vita si era spezzata. Per cosa poi? «Hai
ucciso
una sola persona quest’oggi, ed è tuo
nipote.» Non fece caso alla
reazione che Jacopo poteva aver avuto a quella scoperta, fece un
gesto rapido con la mano e le guardie tirarono l’uomo in
piedi, lo
avvicinarono alla finestra e, con un cappio attorno al collo, lo
gettarono di sotto mentre una folla urlante esultava dalla strada.
Voltandosi
verso Sandro gli fece cenno di seguirlo, si sentiva improvvisamente
troppo stanco anche solo per parlare, l’adrenalina che aveva
provato fino a poco prima era svanita e ora restava solo il vuoto.
Vuoto
che sperava di colmare almeno in parte ricongiungendosi con la sua
famiglia.
Guglielmo
trascinò una sedia dallo schienale alto accanto al letto,
poi vi
posò un catino colmo d’acqua e un pezzo di stoffa,
ogni movimento
sembrava calcolato fino all’ultimo passo, come se il rischio
di
sbagliarne anche uno solo potesse portare alla rovina. In
verità
Guglielmo si muoveva in automatico, con gesti che in passato aveva
compiuto più volte di quanto volesse ammettere e che ormai
conosceva
a memoria. Si sedette piano sul bordo del letto e iniziò a
passare la
stoffa sul volto del fratello pulendolo lentamente dal sangue. La
ferita al petto era già stata pulita e coperta da mani ben
più
esperte delle sue e Guglielmo ne fu grato, ricordava come pulire
delle ferite superficiali ma una del genere sarebbe stata di molto
fuori dalla sua portata. E dal suo autocontrollo.
«Com’è
che finisce sempre così, fratello? - Giuliano
lo sentì domandare a bassa voce da dove era fermo dalla
porta,
indeciso se entrare o meno. -
Tu in un letto e io a doverti pulire una qualche ferita. E tutto
perché nostro zio è… - Guglielmo
si bloccò per un attimo, immerse la stoffa
nell’acqua e la strizzò
prima di riprendere quello che stava facendo, ma sorrideva, anzi, quasi
rideva, come se avesse sentito una frase particolarmente divertente. E
il giovane Medici davvero non riusciva a coomprenderlo. -
… pazzo.»
Era
stato Francesco a dirlo la prima volta, anni prima, dopo che Jacopo
lo aveva punito per qualcosa che entrambi ormai avevano dimenticato.
«Nostro
zio è pazzo, non essere così
arrabbiato.» Aveva
scherzato all’epoca Francesco riuscendo a strappare una
piccola
risata al fratello intento a tamponargli un sopracciglio.
Giuliano
fu tentato dal dire qualcosa, commentare quella frase, magari anche
farsi sfuggire una risata quando sentì Lorenzo parlare dal
cortile.
Lanciando un’occhiata veloce alla stanza, assicurandosi per
un
attimo in più che Francesco fosse davvero ancora vivo, si
incamminò
verso il fratello che, non appena posato lo sguardo su di lui, subito
gli andò incontro stringendolo in un abbraccio disperato.
Giuliano riuscì a
capire solo un paio delle parole che Lorenzo sussurrava con il volto
premuto contro la sua spalla. Gli chiedeva scusa per non averlo
protetto meglio, perché poteva essere morto a
quell’ora, per non
avergli creduto quando lo aveva messo in guardia, e gli chiedeva di
Francesco, se lo avessero portato a Palazzo o abbandonato nella
Cattedrale e per un attimo Giuliano avrebbe voluto sentirsi offeso di
quel
pensiero.
«Vieni
con me Lorenzo.» Lo spostò da contro di
sé con gentilezza e,
prendendogli la mano, lo condusse nella stanza che aveva lasciato
poco prima, non sapeva come spiegarli che Francesco non era morto,
non
ancora aveva specificato il dottore che gli aveva pulito e coperto la
ferita, non ancora,
non in modo convincente. Vederlo con i suoi occhi avrebbe di certo
funzionato meglio.
Angolino dell'autrice:
Capitolo 3 di 4. Giuliano si è intromesso in quello che
doveva essere, in origine, l'ultimo capitolo e ha deciso che voleva un
qualcosa tutto per sè e per le sue infinite pare. Il "Ho
scelto voi, Medici" lo tormenterà molto a lungo temo, e di
certo non può odiare Francesco come faceva prima, no?
Poi c'è Lorenzo, che
ha voluto il suo ritaglino nel capitolo per uccidere Jacopo e farlo
sentire un po' in colpa.
E poi c'è lui, il
protagonista del capitolo finale, la vera furia cieca,
in più sensi di uno solo, perchè se vuole il caro
Guglielmo è davvero cieco. Ma lui avrà tutto lo
spazio che merita nel finale.
Grazie a chiunque sia arrivato
fin qui a leggere, a chi la sta magari seguendo in silenzio. Grazie.
Love~ (e angst)
Aki
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