Singing
is
the answer
2-
I don't believe it!
«Spiegami
ancora questa faccenda del trasferimento?»
«Non
voglio parlarne, lasciamo perdere.»
«E
poi perché proprio questo posto?»
Åsli
si spazientì, fulminando l'amico con lo sguardo: «senti
Josh, lasciamo stare. Sono qui per questioni personali e sinceramente
non vedo l'ora di arrivare a casa e andare a dormire.»
Il
guidatore svoltò a destra inforcando la strada indicata dal
navigatore. Accese la radio nel tentativo di scacciare via il
silenzio pressante e disperdere almeno parte dell'atmosfera tesa. Il
genere scelto non era certo tra i favoriti del biondo al posto del
passeggero, che cominciò a toccare convulsamente i tasti del
frontalino cercando di sfogare la propria rabbia.
«Hai
intenzione di rompermelo per caso? Il tempo che trovi qualcosa che ti
piace e siamo già arrivati.»
Quel
giorno le parole dell'amico stavano davvero minando alla sua ben poca
capacità collaborativa di convivere con gli altri esseri
umani.
«Josh,
sei stressato tu e sono stressato io. Perché non ti prendi i
tuoi begli occhialini firmati, la tua pseudo barbetta da mancato
hipster e non te li ingoi insieme a quel farfallino del cazzo che
tieni al collo?»
«Senti
biondino metallaro mancato, tu e i tuoi zigomi alla cazzo di can post
anime giapponese anni '80, potete anche uscire da questa macchina e
andare a piedi.»
Scoppiarono
a ridere: gli insulti facevano parte del loro rapporto quotidiano.
Nessuno dei due era solito utilizzare il famoso filtro cervello-bocca
che solitamente si attiva nell'essere umano in quanto animale
sociale, eppure andava bene così. Si sopportavano poco,
litigavano spesso eppure davano la massima fiducia l'uno all'altro.
Non per niente Åsli aveva scelto proprio lui come
accompagnatore per raggiungere la nuova casa. Stufo di alloggiare
ogni volta in una stanza diversa in qualche hotel della zona, riuscì
a trovare una piccola abitazione in affitto disponibile fin da
subito; certo, il basso costo mensile comprendeva una certa distanza
dal centro, la mancanza di mezzi pubblici a orari decenti, e pure la
lontananza da qualsiasi punto di svago. Insomma, una certa differenza
dalla vita precedente. Proveniente da una grande cittadina, abituato
a servizi efficienti e trasporti rapidi, avrebbe fatto fatica a
prendere ritmi tanto distanti da quelli usuali, ma tutto pur di
sentirsi nuovamente stabile. Non avere radici, non vivere più
nel luogo natale, stare lontano da tutti, da lei.
Aveva
bisogno di un posto da poter considerare casa,
almeno per un po'. Raggiunta la destinazione, il ragazzo uscì
ringraziando l'amico e recuperando il borsone che portava con sé.
Osservò meglio l'abitazione piccola e un po' trasandata, ma
pur sempre tranquilla e con un saldo tetto sulla testa. Il piccolo
giardino che la circondava racchiuso in un muretto di pietra era
completamente abbandonato a se stesso e le erbacce avevano recuperato
parte dello spazio che era stato adibito ad aiuola decorativa.
«Per?
Per Fredrik, è lei?»
Una
voce femminile dai toni scalmanati nonostante la profondità
tremolante di un'anziana signora, scosse il suo animo lievemente
turbato, e sentitosi preso in causa entrò dall'uscio
lievemente schiuso.
«Sì,
sono io signora. Mi dica.»
Una
simpatica vecchietta curva dal peso dell'età sbucò
dalla prima sala. Si presentò con un sorriso socievole e
sincero. Spiegò al nuovo inquilino qualche regola base, come
il rispetto per la mobilia, la cura della casa, persino la presenza
di ogni oggetto preso in considerazione durante la conversazione;
sembrava amare ogni singolo muro, ogni centimetro di pavimento, e
mantenere un bel ricordo di molti eventi del passato legato ad essa.
Si dilungò in aneddoti superflui mentre accompagnandolo a fare
un breve giro di ricognizione.
«È
davvero sicuro le vada bene alloggiare qui? Sa, non viene tinteggiata
da parecchio, i mobili poi non sono recenti e sono convinta ci sia
qualche spiffero che...»
Il
ragazzo la interruppe con estrema dolcezza, rassicurandola sulla
scelta fatta. Le stava spiegando con calma che era comunque sicuro di
fermarsi, visto il bisogno di una sistemazione in tempo zero e con un
arredamento minimo già presente. La prese per mano, la
accompagnò a sedersi nella stanza adibita a cucina e sala e le
permise di riposare. Si mosse nel perimetro interno dell'abitazione,
constatando la presenza di altre due stanze oltre a quella
principale: una camera da letto e un bagno con lo stretto
indispensabile.
"Perfetto.
Non sarà molto, ma è sufficiente almeno."
Si
sentì chiamare un paio di volte ancora dall'altra parte, e
sbuffò spazientito: finse un altro sorriso di cortesia,
desideroso di sistemare quel paio di cose che s'era portato appresso
e concludere quella giornata snervante e fastidiosa. Si sporse dal
breve corridoio con il capo inclinato, aspettando un altro
sproloquio.
«Volevo
avvertirla che ci sono gli spiriti qui.»
Inghiottì
rumorosamente.
Era
ufficiale, si sentiva decisamente preso in giro.
«Signora,
posso capire la stanchezza, anche un po' la senilità, però...»
«Senta
giovanotto, non sono rincretinita perché vecchia, ma sto
solamente tentando di metterla in guardia.»
Un
tonfo sordo, seguito da lievi scricchiolii si udì
perfettamente.
«Forse
avrei dovuto metterla al corrente prima, ma qui c'è un piano
superiore, una vecchia mansarda in disuso, inizialmente adibita a
studio di un vecchio scrittore. Una storia risalente a più di
una settantina di anni fa. Si dice sia impazzito...»
Altro
rumore.
«Si
dice anche che abbia fatto a pezzi la moglie, nascondendone il
corpo.»
Lo
scricchiolio raggiunse l'altezza delle loro teste.
«E
che la figlia, una bimba di pochi anni, sia sopravvissuta dopo aver
visto l'orrore di tutto quanto. Da quella volta, il piano di sopra
porta le tracce della sua esistenza.»
«Suvvia,
è solo una favola per spaventare i bambini...» Åsli
si tese leggermente, osservandosi nervosamente in giro. Cercava un
appiglio, una distrazione, qualcosa che lo riportasse alla realtà
senza aver timore di nulla: dopotutto, sarebbe stata la sua casa.
«Potrebbe essere un topo, un
animale intrappolato. Potrebbe aver ceduto una parte del soffitto, o
un vecchio mobile.»
La
vecchietta rise sonoramente, alzandosi a fatica e aggrappandosi al
braccio del ragazzo. Si fece accompagnare in corridoio: ogni singolo
passo produceva un rumore sinistro, rimbombando nei timpani e
provocando eco sorde all'interno del cervello.
«La
vedo preoccupato, vuole andarsene o accompagnarmi di sopra?»
Strinse
i pugni ed inspirò profondamente, socchiudendo gli occhi. Era
sempre stato un tipo razionale, che non si perdeva dietro a certe
sciocchezze; si definiva realista.
Criiiik.
Decisamente
realista.
Tap...
Tap... Tap tap tap tap tap.
Oltre
ogni ombra di dubbio.
Bum.
Un
tonfo ed un grido.
«Sa,
sono sicura si tratti della moglie. Starà ricordando con
rammarico quello che è successo.» La signora assottigliò
lo sguardo, abbassando il tono di voce ed avvicinandosi lentamente ad
una porta a soffietto.
Scale.
Un
vano buio, stesso parquet vissuto e cigolante. Una rampa ripida, che
terminava nel nulla completo.
«Sa
perché sono convinta sia lei?»
"Smettila,
chiudi quella boccaccia."
«Perché
io sono la figlia.»
Raggelato
sul posto. Si voltò verso di lei, che strategicamente s'era
tenuta fuori senza insinuarsi all'interno poco illuminato.
Una
rapida immagine bianca passò per un secondo davanti ai suoi
occhi, ed urlò.
Un
secondo gemito di rassegnazione uscì dal piano superiore,
prima che la figura artefice dei rumori uditi poco prima si
scagliasse contro Åsli. Quest'ultimo tentò di
proteggersi il volto con le braccia, cadendo all'indietro e finendo
di schiena sulla pavimentazione del piano inferiore.
La
vecchietta se la rideva di gusto, a un metro di distanza.
«Ma
che cazzo?!»
Il
peso che lo stava schiacciando lì steso aveva un volto, o
almeno così credeva: un telo chiaro ingiallito dal tempo,
ricamato ai lati e stropicciato, stava coprendo qualcosa - qualcuno
– che non gli stava permettendo di rialzarsi.
«E
levati!» Scostò con malagrazia il tessuto, rivelando un
volto giovane dal taglio orientale e dai lunghi capelli scuri
arruffati. Sgranò completamente gli occhi, osservandola senza
sapere cosa aggiungere.
«Nonna,
orca miseria! Mi avevi detto che avrei dovuto liberare la soffitta
entro oggi, ma sono inciampata dopo aver recuperato i tessuti dalla
cassapanca e...» lei poggiò finalmente gli occhi sul
ragazzo su cui era praticamente caduta ruzzolando dalle scale. «Ma
tu che cazzo ci fai qui?! Nonna, cosa ci fa lui qui?!»
«Nonna?
Signora, mi scusi ma questa sarebbe sua nipote?»
Ancora
a terra i due si staccarono in fretta, alzandosi ed allontanandosi
come scottati. La vecchietta intervenne sorridendo e prendendo in
giro il ragazzo, che offeso attendeva una spiegazione plausibile.
«Orsù,
non faccia quell'espressione mio caro, il mio era solamente uno
scherzo. Certo, ha giocato a favore avere mia nipote al piano di
sopra, e mi sono sentita ispirata. Siete davvero buffi, lasciatevelo
dire!»
Il
silenzio imbarazzante pesò sui presenti.
«Immagino
non vi conosciate: lei è Raon, mia nipote, ed è qui per
aiutarmi a riprendere le mie cose. Il tempo non è stato dalla
nostra, deve ancora finire di liberare la soffitta. Non credo sia un
problema per lei, se finirà di recuperare ciò che
manca, vero?»
Una
richiesta che non lasciava spazio ad alcun rifiuto: Åsli
rassicurò quell'irritante presenza, assecondandola ancora una
volta. Raon dalla sua tentò di ribattere.
«Niente
se e niente ma: avresti dovuto finire prima del suo arrivo.»
«Ho
una vita, sai? Può tranquillamente pensarci lui.»
Rincarò con scetticismo sull'ultima parola pronunciata,
accompagnata da una notevole dose di ironia. Il ragazzo
intervenne a dar man forte: «esattamente signora, non ci sono
problemi. Posso fare io, se mi da il permesso.»
«Nulla
da fare. Non posso permettere che il nuovo inquilino si prenda la
responsabilità di sistemare delle vecchie cianfrusaglie. A
proposito, impagabile l'espressione nel momento in cui ha aperto la
porta delle scale. Dovrei passare più spesso a raccontare
qualche altra storia, che ne dice?»
Due
pensieri distinti quelli dei ragazzi, ma il succo era lo stesso: "per
l'amor del cielo, no."
«Bene,
io adesso vado. Tesoro, tua madre mi sta aspettando che deve
accompagnarmi a casa. Entro domani vorrei le mie cose pronte e
impacchettate.»
«Stai
scherzando? È quasi sera e ci saranno chissà quante ore
di lavoro ancora! Non posso rimandare di un giorno?»
La
signora sorrise appoggiandosi all'avambraccio del nuovo arrivato.
«Non ci penso nemmeno, avresti dovuto organizzarti meglio. Bene
caro: non è che mi accompagneresti alla porta? Sei sempre così
gentile.»
°
«Ora
spiegami che cazzo ci fai qui.»
«Dovrei
dirlo io: ci vivo!»
Raon
lo stava osservando di sottecchi: era lui, non c'era dubbio. Aveva
davanti a sé Per Fredrik Åsli, ne era sicura:
cantante famoso, youtuber internazionale,
insomma, era riconoscibilissimo. Non solo: era l'idiota che aveva
avuto da ridire poco tempo prima sui gusti letterari della giovane
all'interno di una fumetteria di quartiere.
«È
la casa di mia nonna, e la sto aiutando a spostare le ultime cose.
Naturalmente non ho finito in tempo, e devo far tutto prima di
domani. Adesso scopro che la persona a cui ha affittato è un
emerito imbecille.»
«Senti,
tomboy,
se l'avessi saputo fidati che
sarei andato a cercare un'altra sistemazione. Avere a che fare con
una pervertita fissata non mi piace.»
«Ne
sai di cose riguardo ai miei gusti eh.»
«Ho
avuto a che fare con parecchie ragazze appassionate del genere.»
Rise
ironica: stava facendo lo sbruffone per tentare di far colpo o
semplicemente per darle fastidio? Optò con convinzione per la
seconda. Sbuffò mimando il dito medio voltandosi in direzione
delle scale.
«Non
preoccuparti, mi leverò presto dalle palle, devo solo finire
questa benedetta cosa. Tu fatti i cazzi tuoi, e andrà bene per
tutti. Appena avrò fatto, me ne andrò.»
La
guardò sorridendo ironico.
Odio
a pelle, decisamente.
I
rumori ripresero ad un ritmo accelerato, mentre Åsli tentava
invano di rilassarsi e godersi la prima giornata nella nuova casa;
sistemò tre volte le sue poche cose in giro, valutando con
dispiacere che il frigo era quasi vuoto (naturalmente), e che la
stanza da letto era spoglia e poco accogliente.
«Poco
male, mi guarderò un po' di televisione.»
Prese
il telefono e cercò nelle vicinanze un take away, nella
speranza di mangiare in breve qualcosa di caldo. Attese un momento,
riflettendo sul da farsi.
Una
buona mezz'ora dopo suonò il campanello e il fattorino
consegnò i due menù precedentemente ordinati. Il
ragazzo pagò ringraziando, dirigendosi poi verso la porta a
soffietto stringendo tra le mani le due scatole da asporto.
«Ehi,
tomboy,
sto per salire.»
"Guarda
cosa mi tocca fare."
Buonasera
a tutti ^^ Eccomi qui con il secondo capitolo: finalmente si è
scoperto chi è il famoso stronzo
tizio incontrato in fumetteria nel capitolo precedente, e nonostante
la speranza di non rivedersi, il destino ha giocato un brutto tiro ad
entrambi.
Per
Fredrik Åsli, PelleK in arte, è il ragazzo
a cui mi sono ispirata per il protagonista: cantante e youtuber
norvegese, ha avuto modo di interpretare molte original opening
giapponesi in cover, duettando spesso con Raon Lee. Svelato il
mistero insomma! ^^ Mi auguro vi stia appassionando, perché
io sono completamente persa a dire la verità! Mano a mano
creerò il dovuto spazio anche per Aya e Josh, e non solo, ma
questo lo scoprirete più in là.
Grazie
a tutti come sempre, sono entusiasmissima di questo progetto e del
fatto che mi leggete e seguite; grazie di cuore, davvero. Alla
prossima!
-Stefy-
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