We all are living in a dream

di ThorinOakenshield
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But life ain’t what it seems
 
Sto girando per i corridoi di Erebor con il sorriso stampato sulle labbra, giocherellando con la collana con aria infantile e sognante.
Tanto per cambiare, ho la testa fra le nuvole. Spero di non andare a sbattere contro nessuno, così come spero di non rompere anche la collana nuova.
I miei sogni a occhi aperti vengono subito interrotti.
“Glenys!”
Mi volto, riconoscendo la voce di Rhunyc.
Pare che l’uomo abbia corso parecchio, si vede che non vede l’ora di dirmi una determinata cosa.
“Rhunyc!” lo saluto allegra, osservandolo fermarsi davanti a me. “Come va la vita? Ci sono novità?”
“Novità no” risponde egli, affannato. “Però c’è una cosa che devo dirti, una cosa che non vedevo l’ora di dirti. Penso che sia arrivato il momento, riguarda la nostra presenza in questo mondo.”
Ammetto che ora sono molto curiosa, e anche un po’ impaurita: spero che si tratti di qualcosa di bello, non voglio ricevere brutte notizie.
Lascio che il mio amico mi prenda per mano e mi “trascini” verso non so dove, preoccupata per quello che potrei venire a sapere.
 
Rhunyc mi conduce in camera sua. Quando giungiamo a destinazione, chiude la porta.
Devo dire che la sua stanza è parecchio disordinata, sembra la camera di un artista: ci sono non pochi fogli scribacchiati appesi alle pareti.
“Cercherò di arrivare subito al dunque” dice l’uomo, non lasciandomi il tempo di fare domande. “Sei una ragazza intelligente, probabilmente ti sarai accorta del modo in cui ti avevo guardata quando Re Thorin mi aveva presentato a te.”
In effetti sì, l’avevo notato e mi sono sempre chiesta il perché, cosa ci fosse stato dietro a quello sguardo sorpreso e quasi imbambolato.
“Ebbene…” riprende Rhunyc, iniziando a camminare per la stanza con le mani dietro alla schiena. Non mi sta guardando negli occhi. “Ti avevo guardata in quel modo perché io ti avevo già vista.”
Sgrano gli occhi, domandandomi dove diamine possa già avermi vista.
Non mi dà il tempo di aprire bocca, continua a parlare: “Vivevamo nella stessa città.” Si ferma e mi sorride, un sorriso che, per la prima volta da quando lo conosco, sta iniziando a non piacermi. “Abitavamo nello stesso quartiere, ti vedevo spesso.”
Che strano, io non rammento di averlo mai visto.
Rhunyc mi sorride ancora un po’, forse si aspetta che io dica qualcosa.
Dal momento che sono muta come un pesce, non sapendo cosa pensare, cosa dire, egli decide di continuare con il suo discorso.
“Vedi questi fogli?” Si avvicina al muro, dopodiché prende un foglio a caso. “Sono tutte storie che ho scritto su me e te.”
Il mio cuore si blocca nel petto, il mio intero corpo si paralizza. Dovrei scappare, aprire quella dannata porta e andarmene. Ma perché sono ferma?
“Devi sapere che mi sei sempre piaciuta, così come ho sempre saputo dell’enorme potere che hanno gli scrittori. Non facevo altro che scrivere e scrivere e scrivere queste storie, cercando di immedesimarmici al meglio, cercando di entrarci e vivere queste cose.”
Io mi trovo ferma, nella stessa posizione di prima, la stessa espressione di prima.
“E c’è un’altra cosa che non sai.” Dopo un attimo di pausa, Rhunyc mette via il foglio. Torna a muoversi e a camminare mentre parla. “Ti dissi che io sono qui perché non ho uno scopo, perché ho scelto di rimanere per sempre nella Terra di Mezzo. In parte è vero, ma la verità è un po’ più complessa.”
Ho paura di sentire il seguito.
“Io, nel mio mondo, nel nostro mondo, ero ricercato.”
Adesso il mio cuore sta battendo all’impazzata, posso quasi sentire i suoi battiti rimbombarmi nelle orecchie. Ho caldo dappertutto e non riesco a staccare gli occhi dal mostro che ho davanti.
“Avevo precedenti per pedofilia.” Ne sta parlando come se fosse la cosa più normale del mondo, ne sta parlando come se mi stesse dicendo cos’ha mangiato ieri per pranzo. La persona che ho davanti è una persona con problemi, una persona che all’inizio mi sembrava normale e a posto, una persona di cui ci si può fidare. Ora ho la conferma che non ci si può fidare mai di nessuno, le apparenze ingannano e io d’ora in poi diventerò ancora più diffidente di quanto non lo sia già. “Per questo ho deciso di rimanere nella Terra di Mezzo, perché qua sono al sicuro, qua non possono trovarmi.”
Non so neanch’io come, ma finalmente trovo la forza di reagire, di fare qualcosa.
“Scusami, devo andare.” La mia voce ha tremato quando ho formulato queste parole, così come sta tremando il mio corpo mentre mi avvio verso la porta.
Poso la mano sul pomello, lottando contro me stessa per non cadere a terra.
“No Glenys, no! Ti prego! Ascoltami!” Preso da un desiderio cieco e irrefrenabile, Rhunyc mi afferra il polso.
“Mi stai facendo male.”
“Resta ancora un altro po’! Non ho finito.”
“Ho sentito abbastanza.”
Sta stringendo sempre di più, il mio polso ormai è rosso e mi sta facendo un male indescrivibile. Ora, oltre che contro la paura, sto combattendo anche contro il dolore fisico.
“Leggi queste storie insieme a me!” L’uomo mi volta vero di sé, i suoi occhi sembrano quelli di uno psicopatico. “Entriamo in quest’altro mondo insieme, saremo felici.”
Adesso sta cercando di baciarmi, e purtroppo sono consapevole di cosa cercherà di fare in seguito.
Vorrei liberarmi, vorrei mettergli le mani addosso, vorrei fuggire.
Ho pochi secondi e devo pensare rapidamente, però conoscendomi so già che reagirò d’istinto e farò la prima cosa che mi verrà in mente di fare.
Ma poco importa: l’importante, la priorità, è che io riesca a scappare dalle sue grinfie.
Non riesco a fare alcunché: la porta dietro di me si spalanca all’improvviso e mi sento come se fossi stata travolta da un uragano.
Mi ritrovo a terra, a sinistra, mentre davanti a me una furia sta aggredendo Rhunyc.
Ci metto poco a riconoscere questa furia: Thorin.
Il nano sta prendendo l’uomo a pugni in faccia, sporcandosi le mani di sangue.
Il molestatore è a terra e non riesce ad alzarsi.
“Come diamine ti sei permesso a metterle le mani addosso?!” sento che grida il Re sotto la Montagna, tra un pugno e l’altro. “Tu dei stare alla larga da lei, hai capito?!”
Rhunyc riesce a liberarsi colpendo Thorin in faccia, servendosi di un candelabro che ha trovato per terra, a tastoni.
Faccio un passo in avanti, preoccupata per il nano.
L’uomo, per fortuna, non si avvia verso di me, la sua chiara intenzione è quella di fuggire.
Il Re sotto la Montagna si riprende subito e, con una velocità che mi lascia non poco disorientata, afferra la sua ascia e la lancia in direzione di Rhunyc.
In men che non si dica, il molestatore si ferma, l’ascia conficcata nella sua schiena.
È solo questione di un attimo, prima che Rhunyc cada a terra privo di vita.
 
L’Antro di Lucri
 
Dubitavate di Rhunyc? Avevate ragione.
Questo è un capitolo che avevo in mente già da parecchio tempo, mi pare già prima di scrivere il prologo di questa storia.
Diciamo che la trama del sequel me l’ero già studiata per benino.
Devo dire che questo è stato un capitolo a dir poco pesante da scrivere, proprio per i temi trattati.
Dite che dovrei inserire ‘tematiche delicate’ tra le caratteristiche della storia?
In ogni caso spero che questo capitolo vi sia piaciuto, di aver fatto un buon lavoro. Ditemi pure cosa ne pensate e se notate errori avvisatemi.
Grazie 😊 un abbraccio
 
Lucri

P.s. Il titolo del capitolo viene sempre dalla stessa canzone degli Imagine Dragons: Dream.





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