Capitolo
quindicesimo
I will fight them
I can say that I can change the world
But if you let me
I can change the world for us
Come with me and
Make this vision all brand new
We can fight them…
(“Renaissance” – Skin)
Jacopo Pazzi, purtroppo, era già informato di come fossero
andate le cose quel pomeriggio. Il delinquente… pardon, sicario (che poi è la
stessa cosa!), che lo serviva era corso subito a Palazzo Pazzi e gli aveva
riferito tutto quello che era accaduto con Soderini… compreso, naturalmente,
l’intervento quanto mai inopportuno di Antonio. Si era anche permesso di
suggerire caldamente al suo signore il metodo più efficace e veloce per
risolvere la questione con grande
soddisfazione di tutti.
“Mio signore, temo che Soderini potrebbe andare a denunciarvi
ai Priori” aveva detto quella faccia da patibolo. “Desiderate che lo elimini
prima che ne abbia la possibilità?”
“No, ormai le cose sono andate così e, anzi, ucciderlo ora
sarebbe un tantino controproducente per me. Non avrei più modo di far ricadere
la colpa su Lorenzo come avevo progettato e, al contrario, io diventerei il
primo sulla lista dei sospettati” replicò Pazzi, pensieroso. “Ritengo comunque
che Soderini non parlerà perché sa che, se lo facesse, io potrei denunciare lui al giovane Medici per l’attentato a
suo padre.”
“Allora il ragazzo… lui potrebbe parlare” riprese lo sgherro,
che non voleva rinunciare all’opportunità di tagliare la gola a qualcuno.
“Volete che ci pensi io?”
Un lampo d’ira passò negli occhi di Jacopo.
“Assolutamente no!” ruggì, indignato. “Non dovrai torcere
nemmeno un capello al giovane Orsini, mi sono spiegato bene? Mi occuperò io
stesso di lui…”
Il sicario non era per niente d’accordo, per lui sarebbe
stato molto più facile e piacevole, oltre che sicuro, accoltellare tutti quanti
e togliersi il pensiero, tuttavia non poteva certo disobbedire.
“Come desiderate, mio signore” rispose allora, ma si vedeva
che ci era rimasto parecchio male. Si inchinò velocemente e se ne andò.
Quando Antonio giunse a Palazzo Pazzi trovò Jacopo che lo
aspettava nel suo studio, seduto alla scrivania e con un’espressione
indecifrabile sul volto… che, in genere, non prometteva niente di buono.
“Siediti, giovane Orsini” disse l’uomo, indicandogli la sedia
davanti alla sua scrivania. Il ragazzo obbedì all’istante, non c’era nemmeno da
sognarsi di ribattere a Jacopo quando era di cattivo umore come in quel
momento!
“E ora vorrei che mi spiegassi chiaramente che cosa hai
combinato con Luca Soderini” riprese Pazzi in tono inquisitorio.
Antonio trasalì: era evidente che l’uomo sapeva già tutto e
che lui avrebbe dovuto far valere le sue ragioni se non voleva che la faccenda
finisse male.
“Chi ve l’ha detto?” chiese. “Sono sicuro che è stato il
vostro uomo, lui…”
“Forse non ti è chiaro che siamo in casa mia e che qui le
domande le faccio io” lo interruppe Jacopo, mettendo in chiaro le cose tanto
per iniziare col piede giusto. “Come lo so non ha alcuna importanza, tu devi
solo spiegarmi che cosa hai fatto e perché.”
Antonio trasse un lungo sospiro e cominciò a parlare.
Del resto era convintissimo di aver fatto la cosa giusta, ora
doveva solo farlo capire a Pazzi. Semplice, no?
“Ho visto Messer Soderini uscire dal vostro palazzo e mi sono
offerto di accompagnarlo a casa. Mentre attraversavamo un vicolo, un uomo ha
cercato di aggredirlo, io ho gridato e lui, per non far accorrere gente, è
fuggito lasciandolo illeso. Era il vostro sicario, l’ho riconosciuto io e lo ha
riconosciuto Messer Soderini. Cosa pensavate di fare? Farlo assassinare perché
aveva cambiato idea e non vi avrebbe dato il suo voto? Ma non avete riflettuto
sul pericolo che correvate? E’ stata un’azione sconsiderata, per fortuna c’ero
io con il Priore…”
Jacopo rimase sorpreso da tanta sincerità e, sebbene non volesse
mostrarlo, era anche contento che Antonio non avesse cercato di mentirgli.
Capitava così raramente che qualcuno fosse tanto aperto con lui… già, chissà
perché?
“Non la definirei affatto una fortuna e mi sembra che lo
sconsiderato sia tu. Non hai pensato che Luca Soderini potrebbe denunciarmi ai
Priori per aver attentato alla sua vita? E’ questo che vuoi?” lo interruppe in
tono brusco, ostentando una rabbia che non provava per mettere alla prova il
giovane.
Antonio, però, non si lasciò turbare, sicuro com’era di aver
agito per il bene di Jacopo, oltre che per salvare la vita a Messer Soderini.
“No, non vi denuncerà. Sa benissimo che, se osasse fare una
cosa del genere, sarei io a denunciare lui per aver partecipato all’attentato
contro Piero de’ Medici” replicò. Il suo tono era calmo e tranquillo, ma la
luce nei suoi occhi fece immediatamente comprendere a Jacopo Pazzi che il
ragazzo diceva la verità e che anche Soderini lo aveva capito. Questa
consapevolezza riempì l’uomo di stupore, ma anche di una sorta di fierezza:
adesso sì che quel ragazzino dimostrava di essere un degno rappresentante della
famiglia Pazzi… per quanto lo fosse soltanto perché lui se lo portava a letto,
in sostanza, ma si poteva sorvolare su questo dettaglio insignificante.
“Mi stai dicendo che hai ricattato e addirittura minacciato
Luca Soderini? Proprio tu?” gli chiese, fissandolo come se Antonio gli avesse
appena annunciato di aver appiccato un incendio a Palazzo Medici.
“Sì, l’ho fatto e non mi è piaciuto per niente” ammise il giovane.
“Mi sono sentito una persona orribile, ma non potevo fare diversamente, era
l’unico modo, dovevo essere sicuro che non vi avrebbe denunciato ai Priori!”
“Parola mia, sei pieno di risorse inaspettate, ragazzo”
commentò Pazzi, ridacchiando. “Quindi posso stare tranquillo per quanto
riguarda Luca Soderini, terrà la bocca chiusa. Ma di te cosa devo pensare? Tu
hai visto tutto, potresti essere tu a denunciarmi: proprio per questo il mio
uomo voleva eliminarti a tutti i costi. Chi mi assicura che posso fidarmi di
te?”
Era un momento di grande intensità drammatica: Jacopo non
aveva la minima intenzione di fare del male ad Antonio, ma si divertiva a
spaventarlo per capire fino a che punto sarebbe stato disposto a spingersi pur
di appoggiarlo… anche quando non approvava i suoi metodi, come in quel caso.
Antonio trasalì, non tanto per la paura quanto per il dolore.
Davvero Messer Pazzi gli avrebbe fatto del male senza pensarci due volte?
Contava così poco per lui?
“Vorreste farmi uccidere, Messer Pazzi?” mormorò, nei suoi
occhi tutta la disperazione del mondo. “Come potete anche solo pensare che io
potrei denunciarvi quando ho fatto di tutto per proteggervi? E intendo proprio di tutto?”
Sentì delle lacrime inopportune pungergli gli occhi, ma non
era quello il momento di piangere.
“Mi sono sentito la persona più malvagia del mondo mentre
ricattavo Messer Soderini e minacciavo di denunciarlo ai Priori” ammise il
giovane, con il pianto nella voce, “eppure l’ho fatto lo stesso perché non
volevo che vi danneggiasse! Io… io non potrei mai sopportare che vi accadesse
qualcosa, io…”
Jacopo, colpito, si alzò dalla sedia, girò intorno alla
scrivania e andò verso Antonio, che appariva veramente disperato.
“Tutto questo l’ho fatto per voi, per voi solo, quindi adesso,
se davvero non vi fidate comunque di me, fatemi pure uccidere da quel
delinquente del vostro sicario!” esclamò. “Dov’è? Lo so che è qui nascosto da
qualche parte… Non mi importa niente, fatemi ammazzare se vi fa stare più
tranquillo, tanto lo so che per voi conto meno del due di spade quando briscola
è bastoni!”
Jacopo Pazzi era sempre più vicino al ragazzo. Era vero, si
era divertito a metterlo alla prova, a tirare la corda per verificare fino a
che punto poteva spingersi con lui, fino a che punto gli fosse devoto e fedele
(eh, beh, si divertiva in strani modi, lui…) e adesso lo sapeva. In un attimo
gli fu addosso e lo strinse a sé con tanta foga da sollevarlo da terra.
“Ho intimato al mio uomo di non torcerti nemmeno un capello e
l’ho mandato via, ti basta?” gli disse. “So che posso fidarmi di te, volevo
solo metterti alla prova. E tu conti per me, ragazzino, non lo hai ancora
capito?”
Stringendolo tanto forte da rischiare di soffocarlo, lo baciò
con forza, a lungo, affondandogli la mano nei capelli, quasi mangiandoselo.
Nello spazio di un respiro se lo portò in camera, lo distese sul letto
sovrastandolo con la sua fisicità, continuando a baciarlo. Certo che ci teneva
a quel giovane allegro, buono e gentile che, per lui, era anche pronto a
ricattare, a minacciare, a mettere il mondo a ferro e fuoco se si trattava di Messer Pazzi. Certo che teneva ad
Antonio, al ragazzo che gli aveva cambiato la vita e gli aveva ridato la
speranza di un futuro diverso, non più in solitudine. Lo prese, lo fece suo
senza troppi riguardi, come sempre, nella frenesia di dimenticare il resto del
mondo per perdersi nel dolce incanto del ragazzino che, senza rumore, in punta
di piedi, era arrivato come un regalo tardivo nella sua esistenza. Nei momenti
in cui si fondeva con Antonio, Jacopo Pazzi arrivava persino a pensare che la
vendetta, il potere, la distruzione dei Medici non fossero poi così importanti,
che ci fosse qualcosa di più nella vita… certo, poi si riprendeva e tornava
quello di sempre, ma almeno qualche segno di miglioramento lo dava, no?
Con Antonio tra le braccia, Jacopo si addormentò tranquillo
come gli succedeva soltanto da quando lo conosceva e stava con lui. Era
convinto che sarebbe andato tutto come voleva lui, che sarebbe diventato
Gonfaloniere e che poi avrebbe trovato il modo di diminuire sempre di più il
potere e il prestigio dei Medici… diamine, per riguardo ad Antonio pensava
addirittura che, forse, non avrebbe nemmeno cercato di rovinarli completamente
e di cacciarli da Firenze! Stava facendo dei progressi fenomenali…
Anche Antonio si addormentò, stremato e stretto all’uomo, ma
i suoi pensieri erano diversi: lui sapeva che i risultati conseguiti da Lorenzo
e Giuliano con le alleanze vantaggiose per Firenze avrebbero influito
moltissimo sulla votazione; sapeva che Bastiano Soderini avrebbe votato per
Petrucci, appoggiando i Medici come la sua famiglia aveva sempre fatto; sapeva,
insomma, che anche per quell’anno Jacopo sarebbe diventato Gonfaloniere l’anno prossimo.
Messer Pazzi non ne sarebbe stato affatto contento quando lo
avesse scoperto, ma il giovane Orsini era fiducioso: sperava che l’uomo avrebbe
preso la notizia con la serenità e la moderazione che era ben lungi dal
possedere e che, magari, avrebbe potuto candidarsi in un’altra occasione; che
lui sarebbe riuscito a convincere i Medici ad appoggiarlo e che l’armonia e la
pace che desiderava si sarebbero realizzate, prima o poi.
Non sapeva che il peggio aveva ancora da arrivare… ma questa
è un’altra storia che vi racconterò prossimamente!
FINE