A long lasting nightmare

di VenoM_S
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Questa storia partecipa al “COWT” di Lande di Fandom
Settimana: quinta
Missione: M2
Prompt: tristezza
N° parole: 1100
 
A long lasting nightmare
 
Shiro spalancò gli occhi nel buio in preda al panico, tirandosi su a sedere e respirando affannosamente, come a cercare di riprendere fiato da una lunga apnea. Aveva la bocca secca, irritata, e deglutire gli dava fastidio. Per un attimo gli sembrò di sbilanciarsi troppo verso la sua destra, dove non aveva nulla per sorreggersi, ma subito cercò di riprendersi con l’altra mano afferrando il bordo del materasso. Di fianco a lui, Keith dormiva profondamente, a quanto pareva non si era minimamente reso conto della sua agitazione, e Shiro pensò che per una volta fosse un bene. Troppe volte il ragazzo lo aveva cullato nella notte, rinunciando a preziose ore di sonno per correre dietro ai suoi incubi ed alla sua espressione terrorizzata. Il viso di Keith era rilassato ed aveva un’espressione innocente e quasi vulnerabile, una di quelle che Shiro raramente vedeva ma che come al solito amava alla follia.
Il ragazzo si voltò verso il comodino, per controllare l’ora: erano le 3.45, come al solito un orario scomodo in cui svegliarsi. Si sedette sul bordo, poggiando sul pavimento freddo i piedi nudi per lasciare che quella sensazione di gelo lo svegliasse del tutto, mentre respirava stavolta con ritrovata lentezza. Si alzò, poi, cercando di muovere il meno possibile il materasso e le lenzuola, lasciando Keith nel suo placido sonno, e si diresse verso la cucina stropicciandosi gli occhi con il dorso della mano sinistra.
 
Era ormai quasi un anno che dormiva male, il sonno turbato da un incubo ricorrente che si ostentava a torturarlo, notte dopo notte. Tutto iniziava con il rumore crepitante del legno che bruciava, seguito da una sensazione soffocante di calore sulla pelle. Shiro vedeva sé stesso, a quel punto, al centro delle fiamme vestito con la sua divisa di ordinanza, mentre si lanciava senza riflettere oltre la porta di quella casa ormai divorata dal fuoco. All’interno aveva sentito delle voci, ne era certo, c’era qualcuno che aveva bisogno di lui e niente avrebbe fermato il suo impulso irrefrenabile di salvarle, di portarle via da quell’inferno. Cercando di orientarsi in mezzo a tutto quel denso fumo nero, con gli occhi che bruciavano ed il sudore che gli scorreva lungo la schiena, si era ritrovato in cucina. I vetri delle piccole finestre erano esplosi, il tavolo e le sedie erano carbonizzati ed accartocciati su sé stessi mentre sulla parete di fronte a lui si arrampicavano velocemente lunghe lingue di fuoco. Improvvisamente aveva sentito provenire dal corridoio alla sua sinistra il pianto indistinto di una bambina, probabilmente si era nascosta in camera sua ed ora non sapeva più come uscire di lì. Si era lanciato in quella direzione, spalancando la prima porta a destra con un calcio, ed una nube di fumo lo aveva subito investito. Abbassandosi per fare in modo che il fumo scorresse sopra di lui senza che gli intralciasse la vista, aveva subito notato la piccola distesa sotto il letto, ormai quasi incosciente, mentre tutto attorno a lei divampavano le fiamme che donavano all’ambiente un inquietante colore aranciato.
Velocemente, Shiro si era accostato a lei, le aveva pulito il viso e messo la sua maschera per fare in modo che non inalasse ulteriore fumo, e trattenendo il respiro aveva iniziato a ripercorrere a ritroso la camera e poi il corto corridoio che lo separava dall’uscita, per portarla in salvo. Era di nuovo in cucina e vedeva davanti a sé la porta, ed oltre ancora il blu del cielo ed il verde del piccolo prato di fronte all’abitazione, con i suoi colleghi ed il piccolo capannello di persone che si era radunato tutt’attorno come di consueto, quando sentì distintamente sopra la sua desta il forte *Crack* di qualcosa che si spezzava. Sollevò il viso solo per vedere una delle travi che sorreggevano il tetto spaccarsi a metà, annerita e consumata dal fuoco, e senza pensarci lanciò la bambina in avanti, appena fuori l’ingresso della casa mentre quell’enorme pezzo di legno avvolto dalle fiamme gli cadeva addosso. Ed a quel punto, come sempre, si svegliava di soprassalto, le orecchie ancora piene del suo grido di paura, la gola chiusa da un fumo che ormai rimaneva confinato solo nei suoi pensieri.
 
Aveva cercato di ripararsi con le braccia quel giorno, spinto da un riflesso incondizionato che a detta dei medici gli aveva incredibilmente salvato la vita, anche se il prezzo che aveva dovuto pagare per questo lo tormentava probabilmente molto di più. Appoggiandosi con la schiena al muro della cucina, di fronte alla piccola finestra che si trovava sopra il lavandino, spostò lo sguardo alla sua destra, osservando la manica della sua maglia illuminata dalla luna e annodata sotto il moncherino. Aveva perso il braccio destro, completamente stravolto dalle ustioni e le ferite che quell’incidente gli avevano lasciato.
Il suo comportamento eroico gli era persino valso una medaglia donatagli dal sindaco stesso durante una grande e sfarzosa cerimonia di congedo anticipato, che gli era stato concesso con onore per i servizi eccellenti svolti per la comunità. Ma anche in quel momento Shiro non aveva potuto far altro che starsene fermo, con una vaga espressione disinteressata sul volto, mentre tutto intorno a lui le persone, i suoi amici e Keith lo applaudivano come un eroe.
 
Un eroe. Tra tutte le cose che sentiva di sé stesso, da un anno a quella parte, eroe era davvero l’ultima. Era stato incosciente, aveva salvato una vita, è vero, ma di contro aveva perso la sua. Perché in fondo Shiro si sentiva un morto che camminava. Senza più un lavoro, senza più uno scopo, osservato da tutti con un misto di pietismo ed ammirazione, quell’espressione che si fa quando si riconosce il nobile gesto di qualcuno ma in realtà si è grati che quella sventura non sia capitata a sé stessi. Keith era stato meraviglioso, è vero, lo aveva spronato durante la fisioterapia, aveva gioito anche delle più piccole conquiste come quando per la prima volta era di nuovo riuscito ad afferrare una tazza di caffè e berla con la protesi. Ma Shiro non riusciva ad apprezzare davvero tutta quella dedizione, continuava a sentirsi solo un peso aggrappato a quel meraviglioso ragazzo, un peso che Keith non si meritava.
Nella sua mente era ancora bloccato tra le fiamme, mentre urlava di dolore schiacciato dalla trave, con il fumo che gli entrava nei polmoni. E non sapeva quando tutto questo sarebbe finito.
Tornando ad osservare fuori dalla finestra davanti a sé, Shiro scivolò lentamente in basso, accasciandosi a terra con la schiena contro la parete, mentre le lacrime che incontrollabili avevano iniziato a solcargli il viso venivano illuminate dai deboli raggi della luna.




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