Armando
camminò attraverso il centro storico di Napoli, lo sguardo
fisso davanti a sé .
Un
senso di vuoto stringeva il suo cuore. Tutto gli sembrava assurdo, in
quel momento.
Gli
occhi verdi dell'uomo si riempirono di lacrime. Come era possibile?
Avevano
effettuato tante scoperte, ma non erano stati in grado di individuare
del sangue infetto.
Nessuno
si era preoccupato!
Credevano
di essere tanto moderni, eppure si erano macchiati di una grave
trascuratezza.
Un
singhiozzo si spezzò nel suo petto. Ma non poteva incolpare
solo gli altri di una colpa in parte anche sua.
Del
resto, lui era un medico e aveva il compito di vigilare su quanto
accadeva.
A
causa di questa negligenza, sua figlia Lisa era spirata in ospedale,
colpita da una grave forma di epatite C.
Non
aveva nessuna colpa, era una ragazza atletica e sportiva, dedita al
suo sogno di diventare nuotatrice olimpionica, eppure quella sacca di
sangue infetto l'aveva uccisa.
Presto,
il suo colore roseo si era degradato nel giallastro dell'ittero.
–
Bambina mia...
Perdonami... – mormorò. Lui era un ottimo medico, eppure
non aveva saputo vedere la verità e la vita di Lisa si era
trasformata in un inferno.
Vita?
Ma si poteva parlare di vita?
Quello
era un inferno privo di redenzione.
Nessun
farmaco avrebbe ridato a Lisa la salute perduta.
La
morte, per lei, era stata una liberazione.
–
Bambina mia... Se tu
vedessi, dal cielo, come ci hai lasciati... – sussurrò
l'uomo. Con la morte di lei, la famiglia, prima felice, si era
disgregata.
La
perdita li aveva travolti, come una valanga.
Sua
moglie, Paola, aveva chiesto il divorzio, mentre Tiziano, suo figlio
minore, aveva deciso di abbandonare la Campania.
Tale
scelta era stata giustificata con ragioni di studio, ma Armando
sapeva che era colpa sua.
Non
voleva più rivederlo.
Non
riusciva ad accettare che suo padre, noto dottore, non avesse
compreso nulla e avesse lasciato morire sua sorella maggiore.
E
non poteva dargli torto.
Il
rabbioso sguardo nero di suo figlio perseguitava ogni suo sogno e gli
negava la serenità.
La
solitudine era la sua compagna.
–
Cosa posso fare? Cosa
posso fare? – mormorò. Da tempo, il suo cuore elevava
preghiere a Dio, affinché potesse avere una risposta alla
tragedia da lui vissuta.
Desiderava,
bramava, anelava ad una spiegazione.
Ma
Dio, da tutti ritenuto buono e giusto, restava distante e freddo,
come una remota statua di marmo.
Nulla
gli dava, se non la compagnia di una pena sempre maggiore.
Il
senso svaniva, dinanzi ad una morte tanto assurda.
La
pioggia cominciò a cadere e riempì l'aria di lunghe
gocce, che si infrangevano sulla strada, mentre il bagliore di un
lampo accendeva di metallici bagliori il cielo.
I
capelli neri dell'uomo si appiattirono e il suo giaccone si inzuppò
d'acqua.
Incurante,
continuò a camminare e si allontanò dal centro della
città.
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