indoledelfuoco
L'indole
del fuoco
Autore:
Ellephedre
NdA
Luglio 2009:
questa storia per me ha sempre avuto una sorta di posto speciale, forse
perché è stata la prima che ho iniziato a
concepire come reale seguito
di 'Oltre le stelle'.
Rileggendola ho continuato ad apprezzarla, ma
da quando l'ho scritta il mio stile è cresciuto e forse
anche la mia
capacità di introspezione/arricchimento. Ho voluto
perciò riscriverla e
riproporla come nuova, perché in effetti sono cambiate
diverse cose
rispetto alla prima stesura; il cambiamento è stato molto
più incisivo rispetto alla revisione di 'Oltre le stelle'.
Ho
aggiunto molti più
particolari sulla
famiglia di Yuichiro, ho cambiato molti dei suoi pensieri e molti di
quelli di Rei. Ho cambiato anche qualche dialogo, ma in generale ho
rivisto lo stile di molte parti, in giro per la storia.
Spero che vi piaccia questa nuova versione.
Conservo le recensioni della precedente versione, per cui ringrazio
ancora chi le ha lasciate.
Per le recensioni che arriveranno qui risponderò a
fine pagina, aggiornando la storia.
Saluti, Ellephedre
Yuichiro = Yuri (nome italiano)
Questa storia si inserisce nell'universo di Sailor Moon che ho creato
nella mia precedente fanfic, "Oltre le stelle". Tuttavia è
fruibile anche senza aver letto quella storia, anche se alcuni dettagli
potrebbero risultare poco chiari.
Attraverso l'amore,
l'indole trova il sapore della vita
trova una cura per il
dolore, e un dolore senza cura.
(Ghalib)
"Buon compleanno, Rei."
I lunghi capelli neri le ricadevano sulla schiena. Si voltò
a mostrargli il viso felice, sempre così bello. "Grazie
Yuichiro. Ah, oggi è il mio giorno della settimana per stare
al bancone del tempio, ma sto uscendo con le ragazze. Posso chiederti
di starci tu per questa volta?"
" ... certo."
"Grazie, prometto che domani me ne occupo io. Ah, tornerò
per cena."
Lui si limitò ad annuire.
"Buongiorno, nonno."
"Rei, buon compleanno!"
Il vecchio Hino andò ad abbracciarle le gambe, non
potendo arrivare oltre con la sua statura. Rei si
inginocchiò e
si lasciò stringere.
"Diciotto anni, nipotina. Mi sembra solo ieri che ne avevi sei."
"Esageri sempre, nonno."
"Oggi esci con le tue amiche?"
"Sì, ma tornerò a cenare qui."
"Non tardare troppo. Ti ho preparato un grosso regalo per
stasera."
"Va bene nonno, allora vado." La vide voltare la testa verso di lui
solo per un attimo, gli occhi già rivolti all'ingresso e una
mano distratta a mezz'aria. "A più tardi."
"A dopo."
Rei sparì oltre l'angolo del corridoio.
Yuichiro rimase lì per qualche istante, accorgendosi solo
dopo che il
suo mentore era ancora fermo accanto a lui.
Gli venne mostrata un'espressione tanto perplessa quanto rassegnata.
"Non
cambierà mai niente, se tu non fai niente."
"Come?"
"Per mia nipote preferirei un partito migliore, ma sarà lei
a
decidere. Tuttavia è certo che non sarai sicuramente tu la
sua scelta, se continui
così."
... lo stava incitando?
No, doveva essere un modo per spingerlo a risolvere il problema. Anche
il maestro doveva sapere che, se lui avesse fatto qualcosa in merito a
Rei, l'esito sarebbe stato di un solo tipo. Le cose sarebbero
sì cambiate, ma non in un modo che desiderava conoscere.
Annuì comunque. "Lo so."
Come risposta ricevette un lungo sguardo vacuo. Infine, uno sbuffo.
"Questi giovani ..." Lo osservò andare via, diretto verso la
propria stanza.
Yuichiro si voltò e andò verso l'ingresso.
Fare qualcosa per quello che provava ... un'idea assurda.
Se si fosse dichiarato avrebbe ottenuto solo di perdere quel poco che
poteva avere da lei, la tranquilla amicizia che mantenevano ormai da
anni; un rapporto che Rei non aveva alcun interesse a cambiare. Lei
infatti era già cosciente di piacergli. O, almeno,
sapeva sicuramente che se avesse deciso di rivolgergli un sorriso in
più del solito, lui avrebbe scalato mari e monti per lei.
Rei sapeva fin troppo bene della sua palese infatuazione.
Ma, anche vedendolo tutti i giorni, anche sapendo quello che provava
per lei, semplicemente non aveva mai dimostrato un serio interesse per
lui.
Si diresse con fare indolente verso lo sgabuzzino delle scope. Quella
mattina doveva pulire il piazzale.
In principio con Rei era stato quasi ... diverso.
Lui stesso era stato più esplicito nella sua adorazione. In
quei primi tempi non aveva saputo comportarsi altrimenti.
Non era riuscito a fare a meno di passare gran parte del suo
tempo a guardarla, a fare tutto
quello che diceva, a pendere dalle sue labbra.
E Rei ... c'erano state volte in cui aveva percepito chiaramente che
l'interesse che provava per lei non le era dispiaciuto. A volte le
aveva scorto un lieve rossore nella guance, quando era stato
particolarmente gentile con lei. O una certa dose di gelosia le volte
in cui, al tempio, si era ritrovato a
parlare con le ragazze che spesso si fermavano lì.
Tutte reazioni che Rei aveva sempre rapidamente nascosto.
La maggior parte del tempo aveva infatti dimostrato una sola e chiara
inclinazione
nei suoi confronti: non lo aveva considerato un suo pari.
Ricordò tutte le volte che lo aveva sgridato, tutte le volte
in cui gli aveva ordinato cosa fare.
E lui, stupido, l'aveva lasciata fare.
Non era stato capace di contraddirla, anni prima; non aveva voluto
farlo. Oggi non era più così, non del tutto.
Anche se tuttora, lo riconosceva, conservava l'istinto all'ubbidienza,
alla sottomissione. Almeno con Rei.
Era quello che succedeva ad avere due sorelle maggiori dal carattere
forte, si disse. E quando si era stati il bambino di casa per tutta la
vita. O forse avrebbe avuto la stessa indole a prescindere dalla
famiglia in cui fosse nato, a prescindere dal modo in cui fosse stato
cresciuto.
Non lo avrebbe mai saputo.
Conosceva solo la realtà in cui viveva, quella in cui Rei
aveva preso sempre più a considerarlo come un ...
non-fidanzato.
Quella in cui lui era il ragazzo del tempio, un amico,
persino ... già, quasi un membro della sua
stessa famiglia, tanto era il tempo che passava con lei e suo nonno.
Per Rei, lui era quella persona che era tanto scontata quanto non
essenziale.
Era stato lui a permettere che succedesse.
Non aveva voluto rischiare un rifiuto secco, all'inizio, proprio nel
periodo in cui si sarebbe dovuto fare avanti con maggior decisione.
Aveva creduto che mostrarle la propria devozione sarebbe stato
sufficiente, ma in fondo ... non aveva scelto un approccio
più
diretto per un motivo ben preciso: era stato convinto di
non meritarla. Lui per
primo non si era sentito alla sua altezza. Negli anni aveva imparato a
capire che invece lo era. Parlandole, lavorando e vivendo assieme a lei.
Forse ci aveva impiegato troppo ad arrivare a quella conclusione. O
magari, semplicemente, non c'era mai stata speranza.
Per tutto quel tempo Rei non aveva mai dimostrato di volerlo accanto in
un ruolo diverso da quello che ora occupava nella sua vita.
E, anche se Rei sapeva di piacergli, dubitava che avesse idea di quello
che rappresentava per lui: il centro attorno a cui girava tutto il suo
mondo.
Lui invece ne era cosciente da ... una vita. Sembrava una vita intera.
Quel giorno Rei aveva compiuto diciotto anni.
Il maestro aveva detto che sembrava solo ieri che ne aveva avuti sei. A
lui sembrava essere passato ancora meno tempo da quando l'aveva avuta
davanti per la prima volta, il viso di quattordicenne
già adulto e serio oltre i suoi anni.
Ma ... già, sembrava solo ieri che lui stesso era arrivato
lì.
Solo ieri, tanto poco era cambiato da allora.
Anche se c'era qualcosa, dentro di lui, che segnava lo scorrere del
tempo. La comparsa di un pensiero nuovo, prima inesistente; un'idea che
aveva iniziato ad occupare sempre più spazio nella sua
testa,
negli ultimi mesi. Era come convivere con un ospite indesiderato che
non si poteva mandare via, solo sperare di ignorare. E lui si era
comportato esattamente in quel modo.
Non voleva sapere. Perché, paradossalmente, conosceva molto
bene
il pensiero a cui stava cercando di non prestare attenzione.
Un pensiero capace di farsi voce, se lo avesse permesso.
Patetico.
Si irrigidì.
E cominciò a ramazzare in giro.
Con violenza.
Patetico.
Non più una singola voce, ma un coro alimentato da anni di
esperienze e sentimenti tanto ardenti quanto non ricambiati.
Portò lo sguardo alla cima della grande scalinata del
santuario.
Si era fermato lì, quattro anni prima. Dopo mesi passati a
vivere una vita che finalmente considerava totalmente propria.
Prima di allora, la sua vita era stata sua solo a metà.
Farlo succedere a suo padre nell'impresa
messa in piedi dal suo bisnonno era stato quello che la sua famiglia
aveva sempre avuto in mente per lui, sin da quando era nato.
Era
il minore dei tre figli avuti dai suoi genitori, ma l'unico maschio.
Suo padre e sua madre non avevano mai voluto escludere le sue sorelle
maggiori da posizioni di comando o responsabilità, avevano
solo
naturalmente assunto che loro avrebbero avuto progetti e ambizioni
diverse per il loro futuro. Sbagliando, ma questo non aveva cambiato la
sua posizione.
Era stato cresciuto con affetto e le più buone
intenzioni, ma tutti si erano aspettati che diventasse ... quello che
non era.
Che diventasse come suo padre, che dimostrasse lo stesso carattere
forte, la stessa propensione al comando, la medesima volontà
di
pretendere sempre il massimo da se stesso. A fomentare ulteriormente
quel desiderio nella sua famiglia c'era stata anche la somiglianza che
tanto lo legava a lui, quella faccia che se non era proprio una copia
della sua, ci andava comunque molto vicino.
Aveva cercato di disfarsi di quel volto, di un destino che non aveva
sentito come proprio già da molto tempo, per quanto
inconsciamente, nell'unico modo che allora gli era stato noto:
coprendosi la faccia. Nascondendola o snaturalizzandola con tagli di
capelli
sempre più strani, del tutto diversi da quello tradizionale
di
suo padre.
Si era sentito in trappola, lo aveva riconosciuto anche allora.
Ma aveva amato la sua famiglia. L'amava ancora. E staccarsi da loro,
non trovare il modo di accontentarli era sembrato ... inconcepibile.
Finché non lo aveva concepito per la prima volta.
Il giorno in cui aveva iniziato a pensare a cosa sarebbe accaduto se se
ne fosse andato, aveva capito che ... non sarebbe successo niente di
grave. Lui avrebbe fatto esattamente quello che era in suo diritto
fare, cercare una propria strada.
Non aveva chiesto un futuro e una carriera che non sentiva come suoi e,
se anche li avesse accettati, avrebbe probabilmente finito col
danneggiare non solo se stesso, ma soprattutto le persone che sarebbero
dipese dalle capacità che avrebbe dovuto dimostrare. E che
lui
non aveva. Che non voleva avere.
Con la sua famiglia non aveva discusso della sua decisione, l'aveva
esposta. Aveva solo aspettato fino al giorno dopo il diploma.
Come si era aspettato, nessuno era stato d'accordo con lui.
Non si erano lasciati bene, quando era andato via di casa. Ma lui aveva
intuito la convinzione dietro i loro sguardi, quella che non era stata
espressa a parole e che li aveva tranquillizzati: erano stati
tutti convinti che non sarebbe andato fino in fondo, che sarebbe
tornato indietro.
Lui aveva dichiarato di non volere il minimo appoggio economico e ...
forse era sembrata un'idea divertente, oltre che assurda, per loro.
A lui era sembrato un percorso difficile, ma necessario. Era andato via
senza mai toccare neppure il denaro che si trovava in quello che era
stato un conto esclusivamente personale e relativamente modesto per i
mezzi che aveva avuto fino a quel momento, ma che consisteva comunque
in un ammontare ingente, la somma di anni di regali da parte dei suoi
nonni o dei suoi genitori; non poteva cominciare una nuova vita
partendo da una base che in futuro non avrebbe avuto.
Anche se aveva pagato le prime notti fuori casa con la vendita
dell'orologio che aveva avuto al polso per anni.
Poi aveva risparmiato prendendo a dormire in campeggi vari, in una
tenda;
aveva sempre avuto molte comodità ma per lui non era mai
stato
difficile stare senza e non era stato nemmeno faticoso passare le notti
in quel modo. In primavera prima e in estate poi non era stato
necessario pensare a nessun'altra soluzione.
Aveva iniziato a lavorare, a svolgere le mansioni più umili.
Aveva persino scaricato il pesce nei porti.
E anche a quel tempo si era reso conto che era una vita dura e
insopportabile per molti e che forse
lui era ancora un ragazzino ricco che non aveva ancora capito cosa
fosse la vera fatica, la disperazione di non avere altre scelte, ma ...
era stato felice.
Si era sentito ... completo, vivendo una vita di sua scelta, coi frutti
di lavori semplici ma a loro modo soddisfacenti. Faceva cose semplici
ma utili, viveva la vita umile e serena di tante altre persone. L'aveva
sentita come propria e si era
reso conto che forse avrebbe dovuto vivere così da sempre.
I contatti con la sua famiglia non si erano mai del tutto interrotti e
in estate c'era stata una riconciliazione completa.
Ne aveva sorriso: era stato lui ad immaginare le cose come poi erano
andate. Aveva sempre saputo che non sarebbero riusciti a rimanere
arrabbiati a lungo con lui. Lo avevano sempre protetto e per tutti loro
era stata una tortura immaginarlo solo e lontano da casa.
Alla fine, non avevano capito perché trovasse soddisfazione
in
una vita che loro non riuscivano a concepire, ma avevano accettato che
era quella che, per il momento, lui voleva. Nel timore di perderlo, gli
avevano offerto incondizionato supporto per il percorso che aveva
deciso di
intraprendere.
Per la sua nuova vita.
Alzò gli occhi dal pavimento lastricato e si
guardò attorno.
Era iniziata veramente solo quattro anni prima. Era stato autunno e lui
era arrivato a Tokyo iniziando a interrogarsi su come avrebbe passato
l'inverno; per allora era arrivato il momento di trovare una
sistemazione stabile, almeno per qualche mese.
Ricordava ancora la notte in cui aveva messo per la prima volta piede
al tempio Hikawa.
L'aveva visto da
lontano e aveva contemplato
distrattamente l'idea di poter passare qualche tempo lì:
potevano aver
bisogno di aiuto per gestire un luogo tanto vasto e ...
perché
no? Magari avrebbe potuto provare a fare anche l'apprendista.
Era voluto salire
per poter pregare, innanzitutto, ma si era ritrovato seduto sulle
scale, stanco dopo un'intera giornata passata a esplorare a piedi i
quartieri della città. Lentamente, si era addormentato,
contemplando l'innaturale tranquillità del luogo in una
città così caotica. Anche allora aveva
percepito quella che gli era
sembrata una maestosità ... spirituale.
Fin da quel momento era stato cosciente di quanto fosse speciale il
tempio Hikawa.
Ma aveva capito veramente quanto lo fosse solo nel momento in cui era
stato svegliato. Nel momento in cui, girandosi, aveva visto per la
prima volta ... Rei.
Non era mai stato innamorato in vita sua e il colpo di fulmine lo aveva
reso ancora meno intelligente di quanto già non fosse.
Fin da quel giorno era stato convinto che non ci sarebbe mai potuta
essere nessun'altra per lui. E nessun'altra scelta che rimanere
lì, appartenere a quel luogo.
Si girò ad osservare l'edificio che a lungo aveva chiamato
casa.
C'era stato un tempo in cui aveva pensato di poterla chiamare
così ancora molto a lungo, forse ... per sempre.
Oggi ... non era più così.
Due giorni prima si era alzato alle sette a preparare la colazione,
come al solito, in sottofondo il telegiornale di tutti i giorni. Non si
era allarmato immediatamente quando aveva sentito il cognome della sua
famiglia, non era in fondo un avvenimento del tutto raro; ma era
tornato dalla cucina per guardare ed era stato costretto a venire a
sapere dalla televisione che, la notte prima, suo padre era stato
ricoverato in ospedale per un principio di infarto.
Era corso a chiamare a casa e sua madre gli aveva spiegato che aveva
solo cercato di non svegliarlo con quella notizia, soprattutto
perché i medici erano certi che non vi fosse un pericolo
grave o
immediato, ora che la situazione era sotto osservazione.
Gli aveva chiesto di aspettare fino al fine settimana per andarli a
trovare; la degenza sarebbe durata almeno qualche giorno e le sue
sorelle stavano già arrivando per stare accanto a suo padre,
in
quel momento. Se invece lui si fosse alternato con loro, non ci sarebbe
stato un vero momento in cui suo padre non avrebbe avuto accanto almeno
uno dei suoi figli.
Con voce triste, quasi spezzata, gli aveva spiegato che suo padre si
era fortemente stressato in quel periodo; non aveva seguito una dieta
proprio sana e forse quello aveva contribuito al suo attuale stato di
salute, ma lei era convinta si trattasse anche della tensione a cui era
stato sottoposto; non era facile occuparsi di tante cose da solo,
sapendo di potersi fidare veramente solo di poche persone.
... era certo che sua madre non l'avesse fatto apposta, ma ... lo aveva
fatto sentire in colpa.
Lui più di tutti sapeva che suo padre di fidava veramente
solo
dei suoi familiari, il motivo stesso per cui le sue sorelle maggiori
erano arrivate così rapidamente ad occupare posizioni di
comando
nell'impresa di famiglia.
Un giorno dopo aver saputo di quello che era successo, aveva parlato
proprio con loro.
Aiko, la più grande tra loro tre, che già da
tempo aveva
lasciato sottilmente intendere di voler iniziare una propria famiglia,
era stata schietta e precisa: gli aveva detto che sarebbe stato meglio
per tutti se fosse tornato a casa e avesse iniziato a lavorare
nell'impresa. Non importava che credesse di non averne le
capacità, lei stessa era partita da zero. Tra lei, suo padre
e
l'altra sua sorella, Meiko, si occupavano abbastanza efficacemente di
ogni cosa ma c'erano appena stati dei problemi che avevano dimostrato
che evidentemente tre non era un numero sufficiente, non, d'altronde,
quando c'erano da gestire quattro attività diverse e di
ingenti
proporzioni.
Alla fine, pur non avendo ritrattato le proprie parole, aveva chiarito
che lui poteva prendersi il tempo che voleva per pensarci.
Meiko l'aveva sentita qualche ora dopo. Era appena più mite
dell'altra sua sorella, forse perché lei stessa aveva subito
la
benintenzionata prepotenza di Aiko per oltre ventisette anni, ma, dopo
aver girato attorno al discorso per qualche minuto, anche lei era
arrivata al sodo: sì, se fosse tornato sarebbe stato meglio.
Poter contare su un'altra persona fidata era ciò di cui
avevano
più bisogno in quel momento.
Le dispiaceva che quella persona fidata non potesse essere il proprio
marito, ma lui aveva un'impresa propria che non voleva chiedergli di
sacrificare. E il marito di Aiko era già diventato deputato
nonostante la giovane età: non avrebbe mai accettato di
lasciare
quella strada.
Inoltre nessuno di loro due era entrato nella loro famiglia pensando di
occupare un posto nell'azienda: né lei né Aiko li
avrebbero mai scelti se fossero state quelle le loro intenzioni.
Infine, aveva concluso, nel giro di un anno o due le sarebbe piaciuto
potersi assentare dal lavoro per qualche tempo. I bambini le erano
sempre piaciuti e ne voleva di suoi. Lo aveva salutato su quella nota.
C'era stato almeno qualcosa per cui divertirsi, alla fine.
L'orologio biologico delle sue sorelle si stava facendo sentire, a
quanto pareva.
Sarebbero state brave madri, ma lui era certo di una cosa: erano quel
tipo di donne che sarebbero tornate a lavorare a due settimane da un
eventuale parto.
A differenza sua, loro erano nate per gestire e comandare; l'avevano
nel sangue.
Aveva sempre pensato che, in mano a loro due, l'impresa della loro
famiglia avrebbe avuto un futuro più che assicurato.
Per questo non aveva mai capito perché tutti quanti avessero
tanto voluto che anche lui avesse il loro stesso ruolo, la loro stessa
propensione.
A voler cercare un unico erede, era ovvio che la scelta dovesse
ricadere su una di loro due; Aiko, probabilmente.
Ma pensare di gestire tutto quanto a livello familiare ... anche quando
non ne aveva capito niente, per lui era già stata un'idea
folle.
Ancora più folle era pensare di affidare un qualunque tipo
di
responsabilità ad uno come lui, solo in virtù del
fatto
che era uno dei figli del proprietario.
C'era gente che passava anni a farsi le ossa per il tipo di ruolo che
volevano offrirgli e c'era una ragione: si richiedevano
capacità
che bisognava affinare, che bisognava volere.
La sua famiglia aveva un serio problema di fiducia, l'aveva sempre
avuto, ma la soluzione era superarlo e trovare qualcuno di davvero
capace, non insistere per una persona che, pur di famiglia, non voleva
essere lì con loro ... per una persona che non era come loro.
... Tutte quelle cose le sapeva.
Era convinto di ognuno di quei punti da anni interi.
Ma ...
Suo padre, sua madre, Aiko e Meiko ... gli stavano chiedendo di tornare
non solo per lavorare, ma per avere il suo sostegno e la sua presenza.
Era stato solo suo padre, quando gli aveva parlato, a non far alcun
accenno al discorso di 'fiducia' che invece era stato tanto presente
nelle altre tre conversazioni. Era successo qualcosa, probabilmente
qualcosa di abbastanza grave da non dover essere reso pubblico,
poiché nei giornali non vi aveva trovato alcuna notizia.
Qualcosa che aveva profondamente colpito tutta la sua famiglia e
soprattutto suo padre, un uomo che in condizioni normali niente avrebbe
potuto abbattere.
Avrebbe dovuto parlare con loro per saperne di più.
Per capire se ... se quel senso di colpa che aveva sentito avesse un
reale motivo di esistere. E se poteva ancora scartare con la stessa
decisione l'idea di tornare indietro.
Anche se non si riteneva sufficientemente capace o sufficientemente
adatto a quel mondo, la nozione in sé non lo spaventava
più con la forza di un tempo. Forse perché aveva
avuto
modo di capire che poteva essere efficacemente responsabile almeno per
se stesso.
In una vita in cui, d'altronde, si era trovato molto meglio rispetto a
prima. E in cui gli elementi di conflittualità che avevano
contraddistinto il legame con i suoi genitori e le sue sorelle erano
spariti. Nessuno aveva più dovuto sforzarsi di convivere con
esigenze incomprensibili: avevano separato le loro strade e a tenerli
uniti era rimasto soltanto l'affetto. Che si era dimostrato
più
che sufficiente.
Non sarebbe forse peggiorato tutto, se fosse ritornato in un mondo che
non
considerava più il suo, a vivere una vita che non faceva per
lui?
Allo stesso tempo era cosciente di qualcosa di importante: quello che
più aveva odiato di quella vita
era stato vedersela imporre, per quanto sibillinamente, per quanto
benintenzionatamente.
Aveva ventidue anni.
E ora dalla sua aveva l'esperienza di decine di lavori, per quanto
semplici e umili, ma non l'esperienza del lavoro che gli volevano dare.
Se fosse stato veramente necessario, non sarebbe stato impossibile per
lui fare provare a ricoprire anche quel tipo di mansioni.
Si sarebbe rifiutato di occupare una posizione di
responsabilità, ma d'altronde non gliel'avrebbero offerta
fin da
principio.
Anche così, era convinto che i risultati non sarebbero stati
quelli che ci si aspettava che ottenesse; avrebbe avuto l'occasione di
dimostrare a se stesso e agli altri che quello non era il mondo che
faceva per lui. Non si sarebbe sabotato di proposito, sarebbe andata
così e basta.
Nel frattempo, se avesse effettuato quella scelta, avrebbe potuto stare
vicino alla sua famiglia e aiutarla, se il momento si fosse dimostrato
di grave difficoltà, come sembrava.
...
Stava facendo come l'altra volta.
Aveva appena iniziato a concepire qualcosa di inimmaginabile fino a
neanche qualche giorno prima.
Tornare a casa. Lavorare con la sua famiglia.
Lasciare il tempio.
Lasciare ... Rei.
Non avrebbe più visto Rei.
Patetico.
Sì.
Ma già mal sopportava i giorni in cui riusciva a vederla
solo
per qualche minuto.
Quindi?
La soluzione era rimanere?
Rimanere.
E poi?
Anche ipotizzando di voler continuare a vivere al tempio, di non andare
da nessuna parte, la ragione principale quale sarebbe stata?
Rei.
E non se ne sarebbe andato per cosa? Per un futuro con Rei?
Corrugò la fronte.
Nel futuro sarebbe accaduto solo quello che già era
accaduto in tutti quegli anni.
Niente.
Sarebbe stato sempre un idiota che non faceva altro che sbavarle
dietro. Per chissà quanti altri anni ancora.
Forse fino a che non si fosse trovata un ragazzo.
Forse si sarebbe già rassegnato, se lei avesse trovato
qualcuno.
Ma Rei era testarda, capricciosa, esigente e nessuno le era mai andato
bene. Aveva tutti quei difetti e mille pregi, ma i suoi pregi migliori
non erano quelli che risaltavano immediatamente e lui sapeva che si
poteva perdere interesse prima di rendersene conto.
Rei era tutto tranne che semplice, per quanto lui l'amasse proprio per
quello.
Era per via di quei lati del suo carattere se lei gli era
ancora accessibile, per quanto solo nella sua immaginazione.
Ma ... non sarebbe durata a lungo.
Da qualche mese Rei aveva iniziato ad avere più
appuntamenti.
L'aveva notato.
L'aveva vista tornare a casa dopo le uscite con le sue amiche, con
borse pieni di vestiti.
Vestiti nuovi che poi aveva accuratamente indossato qualche pomeriggio
o sera.
L'unica cosa che gli aveva impedito di bruciare dalla gelosia era
stato il vederla tornare a casa sempre da sola, con sguardo annoiato o
impassibile. A volte era sembrata quasi delusa.
Era quella stessa delusione che probabilmente la spingeva a continuare
a cercare.
Rei stava andando avanti.
Rei stava cercando qualcuno.
E quel qualcuno ... non era lui.
L'aveva avuto davanti per anni e non l'aveva mai considerato in quel
modo.
Non gli avrebbe detto un giorno, Mi
piaci anche tu.
Si fermò in mezzo al piazzale.
E si ripeté quelle parole in testa.
Una volta.
E una volta ancora.
Avevano il puro sapore della ... fantasia.
In quattro anni non aveva mai sentito qualcosa che andasse nemmeno
vicino a
quelle parole.
Più passava il tempo, più il rapporto che aveva
con Rei si allontanava da quello che lui avrebbe voluto.
... Non sarebbero mai stati insieme.
Neanche un giorno lontano.
Era una fantasia.
E ... vi si era aggrappato per troppo tempo.
E' ora di finirla.
Rei non lo dirà mai.
Mai.
Strinse il manico della scopa, sentendo dentro di sé una
rassegnazione amara
e piena di rabbia.
Rei non l'avrebbe detto. Né domani, né fra un
anno, né fra dieci anni.
Rei sarebbe andata avanti con la sua vita.
Non avrebbe mai lasciato che le toccasse il viso. Non avrebbe mai
cercato il suo abbraccio. Non gli avrebbe mai permesso di baciarla.
Tutte cose che non aveva mai avuto il coraggio di dirsi.
Perché quel giorno sì?
Perché si stava facendo questo?
Forse era la sensazione di avere per la prima volta una scadenza.
E un'alternativa.
O forse aveva solo deciso di dirsi una verità che era ormai
diventata chiara.
Andò a riportare la scopa nello sgabuzzino.
Per quel giorno era abbastanza.
Perché, nonostante tutto, dentro di sé sapeva che
aveva
altro in quel luogo, oltre a Rei. Una casa, un futuro, una vita. Che
voleva, che gli piacevano.
Non aveva detto nulla né a Rei né al maestro
della
situazione della sua famiglia; il pensiero di tornare a casa sua in
maniera più o meno stabile l'aveva sfiorato lo
stesso
giorno in cui aveva saputo di suo padre e sapeva che glielo avrebbero
letto negli occhi, se ne avesse
parlato.
Lui non aveva ancora preso una decisione; nemmeno sapeva se
c'era una
decisione da prendere, se non poteva restare tutto com'era sempre stato
per tanti anni.
Scosse la testa.
Nel fine settimana sarebbe andato a trovare suo padre.
Avrebbe valutato la situazione della sua famiglia e avrebbe considerato
se era necessario anche solo pensare di tornare da loro.
O se valesse ancora la pena di restare lì, al tempio.
Lo sguardo andò alla casa, amareggiato.
Sperò solo di poter avere le idee più chiare, per
allora.
Vi erano giorni in cui la vita sorrideva e quel giorno, per Rei, era
uno di quelli.
Un giorno in cui considerarsi una ragazza estremamente
fortunata.
Di ritorno da scuola, procedeva con passo allegro e spedito.
Finalmente, a neanche due giorni dal compimento dei suoi diciotto anni,
aveva trovato un ragazzo che sembrava semplicemente ... perfetto.
Bello, alto, intelligente, persino benestante.
Non era mai stata disonesta con se stessa: lei era molto esigente.
In tutto.
In particolar modo con il tipo di ragazzo che si aspettava di avere al
suo
fianco.
Con mente e occhio critico aveva scartato per molti anni diversi
ragazzi che avevano avuto interesse per lei.
Alcuni erano stati troppo insicuri, altri troppo bassi, altri troppo
noiosi, altri ancora troppo stupidi.
A guardare le sole caratteristiche esterne, in effetti il suo ideale
era stato ... Mamoru Chiba.
Non per niente, anche l'unico che avesse mai tentato seriamente di
conquistare. Molto tempo dopo quel tentativo fallito, Rei aveva riso
con
soddisfazione di se stessa: l'unico ragazzo per cui avesse mai
dimostrato un genuino interesse era stato
destinato a diventare Re della Terra.
Tutto ciò dimostrava esattamente quanto
buon gusto, buon occhio e buon intuito lei avesse.
Comunque era stata una storia destinata a non iniziare neppure: aveva
percepito che anche Mamoru aveva vagliato come possibile l'idea di
averla come fidanzata; aveva accettato diverse volte di uscire con lei
durante quei primi
tempi e si era accorta che a volte l'aveva guardata con quell'occhio
critico che lei stessa gli aveva riservato, come a valutare i
pro e i contro di una loro possibile relazione. Ma semplicemente non
c'era stata nessuna scintilla e, in fondo,
era mancata proprio quella compatibilità di carattere che
avrebbe fatto di loro una coppia.
Scintille e compatibilità che abbondavano fin troppo tra
Mamoru ed Usagi.
Dalla loro ultima battaglia, ormai quasi due anni prima,
quei due si erano molto avvicinati.
E, col tempo, Rei aveva iniziato a considerare il loro essere una
coppia
con meno indifferenza.
Aveva preso a notare con interesse gli sguardi, i
visi illuminati al solo vedersi, i tocchi lievi, anche solo della mano.
Una volta, per caso e non vista, li aveva anche osservati a lungo
mentre si
baciavano e
forse quella era stata quella la goccia che aveva fatto
traboccare il vaso.
Anche lei voleva avere un rapporto come quello.
Voleva stringere qualcuno, voleva amare sapendo di essere riamata allo
stesso modo.
Voleva sapere in prima persona cosa si provasse a essere baciati con
tutto quell'amore.
Voleva sapere cosa si provasse a baciare qualcuno con tanto bisogno.
Non che fosse inesperta.
Aveva già baciato, anche se poco più di un paio
di volte.
Attratta a livello se non altro pratico dal ragazzo di turno, aveva
cercato di capire se c'era stata la possibilità di qualcosa
di
più.
Era rimasta profondamente delusa dall'esperienza.
A livello di sensazioni fisiche, quel paio di volte non erano state un
fallimento.
Ma aveva avuto la mente talmente lucida in quei momenti da poter
risolvere uno dei problemi di statistica di Ami.
Aveva troncato sul nascere quelle storie.
Di quella scintilla che si era aspettata di trovare non c'era stata
neppure l'ombra.
E dire che aveva voluto provarla. Aveva cercato di reprimere la sua
innata diffidenza, quella sua mente
che andava a cercare ogni difetto.
Ce l'aveva fatta, persino. Ma, alla resa dei conti, al momento della
prova del nove, il contatto di labbra le aveva tolto ogni illusione.
Forse doveva solo aspettare, essere paziente.
Ma qualche mese prima aveva visto persino Ami trovare un
ragazzo.
Ami.
A-m-i.
Le voleva un bene dell'anima e aveva sempre saputo che là
fuori c'era stata la persona giusta per Ami.
Ma si era aspettata che Ami si trovasse un ragazzo solo dopo aver preso
razionalmente la decisione di farlo.
Pianificava tutto, quella ragazza.
E, continuamente impegnata negli studi, totalmente assorta nelle
più varie ricerche, Ami era stata serena col mondo, per
niente
alla ricerca di qualcuno.
Eppure lo aveva trovato.
O forse, più semplicemente, lui aveva trovato lei.
Sospirò.
Rei era stata felice per lei e molto. Aveva solo pensato che alcune
persone
avessero tutte le fortune.
In seguito aveva osservato con sorpresa la lenta trasformazione della
sua amica.
L'aveva vista ridere di più. Aprirsi di più.
Diventare sempre
più felice.
E aveva iniziato ancora più profondamente a
... desiderare.
Bramare.
Agognare.
Insomma, voleva un fidanzato.
Per cui, da brava ragazza pratica quale era, si era decisa a
lavorarci su.
Avrebbe accettato più appuntamenti, avrebbe frequentato
più persone, avrebbe trovato il modo di incontrare quel
ragazzo
che
le avrebbe fatto provare qualcosa di diverso.
A tutti i costi.
Alla fine, la ricerca pareva aver dato i suoi frutti.
Ed il soggetto era stato persino più vicino di quanto avesse
mai pensato.
Era semplicemente un amico del ragazzo di Ami.
Ed era ... perfetto.
Studente universitario d'ingegneria, ottimi voti, un sano senso
dell'umorismo e un aspetto semplicemente divino.
L'aveva trovato, ne era praticamente certa.
Anche perché, cosa più importante, anche lui era
interessato a lei.
E, quando la guardava, Rei si sentiva arrossire.
Lei, che non si credeva inferiore a nessuno, si sentiva quasi graziata
nel vedersi osservare così da lui.
Il loro primo appuntamento l'avrebbero avuto quella sera
stessa.
Semplicemente, non vedeva l'ora.
Yuichiro finì di salire le scale del tempio con un ultimo
scatto, al
termine della sua solita corsa serale.
Fermò ogni movimento all'inizio del piazzale.
Davanti alla casa c'erano due persone.
Rei.
E ... un ragazzo.
Stavano parlando.
Salutandosi, sembrava.
Anche da lontano riusciva a vedere che erano vicini. Troppo vicini.
C'era qualcosa nel modo in cui Rei si stava muovendo, nel modo in cui
stava sorridendo.
Non voglio vedere.
Ma, coi piedi immobili sul pavimento, non riuscì a spostarsi
di un solo metro.
Era ancora lì quando quello si abbassò a
baciarla, all'improvviso.
Ed era ormai due passi avanti quando vide Rei abbracciarlo a sua volta.
Si irrigidì fino a non sentire più nulla.
E tutto.
Incapace di muoversi, rimase a guardarli, a guardare che continuavano a
baciarsi.
Furono le sue gambe da sole a portarlo giù per le scale e
fuori dal tempio.
Credevo ....
...
credevo che-
Maledizione!
Un disperato urlo di dolore, dentro di lui.
"Maledizioneee!!!
Lo stesso urlo, ma con la voce.
Credevo ...
che ...
non sarebbe mai ...
... successo.
Da qualche parte dentro di lui aveva veramente creduto a qualcosa di
così stupido: aveva creduto che non sarebbe mai successo.
Che Rei non avrebbe mai davvero trovato qualcuno di giusto per lei,
perché quel qualcuno era ... lui.
Ansimò, fermandosi e sentendo alla gola un groppo
che poteva essere solo rabbia.
Idiota.
Patetico idiota!
Colpì un muro con il dorso di un pugno. Una volta, due, tre,
in un ritmo crescente.
Non fu abbastanza.
Lo colpì con un diretto e finalmente sentì ...
qualcosa.
Appoggiò la schiena contro quello stesso muro.
Respirando per prendere l'aria che non aveva più dentro.
E' ... successo.
Rei ha scelto un altro.
Rei.
Il sorriso che gli rivolgeva la mattina.
Il modo in cui tranquilla spazzava il piazzale del tempio, di domenica.
La gentilezza delle sue preghiere.
Il viso alzato, a prendere il sole, d'estate.
La sua figura ogni giorno in cima alle scale, di ritorno da scuola.
Lei che baciava un altro.
Si spense.
Chissà per quanto.
Poi si ritrovò di nuovo all'entrata del tempio.
Qualche ora dopo, nel suo letto. Ancora sveglio.
Il giorno dopo partì per la casa dei suoi genitori.
Tornò al tempio lunedì, nella tarda mattina.
E quel giorno non esplorò la casa, non cercò di
vedere nessuno.
Andò a fare compere.
Di ritorno, si mise a tirare su un recinto più
grande
per le galline. Erano mesi che pensava che avessero bisogno di
più spazio.
E fra poco non avrebbe più potuto
fare nulla
per loro.
Sarebbe tornato a stare dalla sua famiglia?
Non era ancora una certezza.
Ma andando da loro almeno aveva capito qual era il problema che avevano
dovuto affrontare: una delle persone a cui avevano affidato la gestione
di un importante settore dell'attività più grande
di loro
proprietà aveva illecitamente sottratto del denaro dai fondi
della società. Per mesi.
Eppure la perdita più grande non era stata di natura
economica.
Era stata la coincidenza di quell'evento con il processo di
capitalizzazione in borsa relativo proprio a quell'attività.
Suo
padre si era sfinito cercando non solo di mandare avanti quel processo,
ma soprattutto tentando di nascondere quel fatto, una circostanza che,
se fosse venuta alla luce, avrebbe avuto conseguenze economiche
disastrose.
Lui sapeva da mesi dell'intenzione di entrare in borsa, di mantenere
una quota di controllo che non si sarebbe potuta mettere in discussione
pur vendendo il resto. In quel modo il mercato avrebbe fornito i fondi
necessari al passo che avrebbe portato
l'attività originaria della sua famiglia ad un nuovo e
importante stadio: l'entrata nel mercato internazionale.
Suo padre, le sue due sorelle ... erano folli.
Ambiziosi. Ma folli.
E non perché non sarebbero riusciti nell'intento.
Ma perché la sua era già una delle famiglie
più
ricche del Giappone, la loro era già una delle imprese di
maggior successo e loro ancora non
erano soddisfatti neanche di quella privilegiata condizione.
Volevano ... di più. Altre sfide. Nuove
possibilità di conquista.
Ed erano disposti a sacrificare persino la salute pur di riuscire.
Fermò quel pensiero: no, aveva esagerato. Suo padre non
aveva
avuto altra scelta; l'entrata in borsa era stato un processo ormai
avviato
e il danno di reputazione sarebbe stato troppo grande se non
avesse fatto quanto in suo potere per impedire alla notizia di uscire.
Aiko e Meiko lo avevano entrambe aiutato oltre le loro
possibilità, per quanto potevano, scavando assieme a lui
fino
all'osso della struttura interna di quell'azienda, cercando di
individuare le singole responsabilità in quella vicenda.
Quando era arrivato, li aveva trovati tutti insieme nella stanza di
ospedale, con le sue sorelle passate per un ultimo saluto prima della
partenza che le avrebbe riportate al lavoro. E, con suo padre su quel
letto, l'argomento di discussione erano stati ... gli affari.
Sua madre aveva spiegato che i dottori avevano assicurato che non c'era
alcun problema grave, che sarebbe bastata una dieta equilibrata, uno
stile di vita più tranquillo, qualche farmaco per il
controllo della pressione e periodici
controlli perché il problema non si dovesse ripetere
più in quel modo, ma ...
No, lui non era come loro.
Lui era voluto andare lì da figlio che si preoccupava per la
salute dell'unico padre che aveva.
Invece era stato costretto ad ascoltare conversazioni su temi che
andavano oltre la realtà a cui era ormai abituato. Lui
sarebbe
stato felice nel ruolo del fattorino della sede provinciale e
giapponese della grande impresa internazionale che stavano creando; non
avrebbe avuto l'ambizione per essere null'altro e loro non sarebbero
mai riusciti a capirlo.
Aveva passato il resto del fine settimana ad ascoltare suo padre mentre
gli parlava dell'unico argomento di suo interesse: l'impresa, appunto;
si era approfittato del proprio stato di salute per sottoporlo a quella
conversazione, ne erano stati entrambi coscienti.
Per parte sua, almeno, si era divertito a contribuire
con
gli unici
interventi intelligenti di cui era capace: qualche pensato cenno
affermativo della testa, di tanto in tanto. Non era stato il solo a
trovarli divertenti.
Lo spirito di suo padre era forte come sempre.
In quei due giorni si era tranquillizzato su quel punto: non aveva di
che temere per lui, si sarebbe ripreso appieno.
La sua famiglia non aveva uno stretto bisogno della sua presenza.
Stavano affrontando una crisi di natura lavorativa, ma ne sarebbero
usciti: erano già sul punto di risolvere.
Eppure ora era la sua prospettiva ad essere cambiata.
Lui ... lui non sapeva più cosa voleva.
Sarebbe andato via dal tempio Hikawa, era l'unica certezza.
Per il resto ... lavorare nell'impresa della sua famiglia, legarsi ad
un altro tempio o fare altro ... sembravano opzioni con eguale valore.
Erano futuri che in quel momento si equivalevano l'uno all'altro.
Perché nessuna di quelle prospettive sembrava in grado di
regalargli anche solo un barlume della felicità che gli era
stata strappata di dosso.
Passò le dita sopra la rete metallica da legare al palo che
aveva piantato.
La felicità che non aveva mai veramente avuto, no?
Se voleva prendere in giro qualcuno, che almeno non fosse se stesso. Lo
aveva già fatto per troppi anni.
Si alzò e iniziò a posizionare la rete.
Per la prima delle opzioni che aveva, tornare dalla sua famiglia, non
poteva considerare solo se stesso; se fosse andato a lavorare
nell'impresa, doveva farlo per bene, non in quelle condizioni. Non
sarebbe riuscito ad ottenere alcun valido risultato in ogni caso, ma
non poteva utilizzare quello a cui la sua famiglia teneva maggiormente
come un mezzo per sfogare la propria depressione.
Era il motivo per cui non aveva accennato neanche minimamente
all'ipotesi, davanti a suo padre.
Aveva bisogno di tempo.
Aveva bisogno di capire che poteva tornare a vivere anche senza ...
Martellò un chiodo sul punto giusto del legno.
Aveva dei risparmi, soldi che aveva messo da parte negli anni in cui
aveva vissuto al tempio, anni in cui il nonno di Rei lo aveva
onestamente pagato.
Non era necessario che riprendesse subito a lavorare, che prendesse una
decisione immediata.
Poteva ... sorrise. Poteva campeggiare.
Aveva imparato a farlo a sedici anni, quando gli era stato permesso di
viaggiare per il paese da solo, munito solo di una tenda e ... beh, di
qualche carta di credito.
Era stato così che aveva imparato come sopravvivere senza un
tetto sopra la testa; quel periodo gli era stato molto utile per i
primi mesi
in
cui era andato via, due anni dopo.
Erano state lunghe settimane di pace, entrambe le volte.
... Avrebbe fatto così.
Avrebbe anche avuto modo di comprendere se lo stile di vita spirituale
a cui si era abituato vivendo al tempio gli era indispensabile. L'aveva
scoperto dentro di sé proprio nei viaggi che aveva fatto e
da
anni non aveva vissuto che in quella maniera.
Forse andare in un altro tempio era la soluzione migliore per lui.
Anche se, nonostante tutto quello che era successo, il tempio Hikawa
continuava in quel momento a sembrargli l'unico tempio a cui avrebbe
mai voluto legarsi.
Abbassò lo sguardo e riprese a concentrarsi sul lavoro.
Molto più tardi osservò con soddisfazione la
nuova parte di recinto che aveva messo in piedi.
Era solida e stabile.
Finalmente le galline avrebbero smesso di accapigliarsi in uno spazio
ristretto ogni mattina, quando dava loro da mangiare.
O quando Rei avrebbe dato loro da mangiare.
Corrugò la fronte e cancellò quel pensiero.
Era ora di andare a parlare col suo mentore.
Aprì la porta di una delle stanze del santuario. Il suo
maestro era inginocchiato in silenzio, a guardare il muro.
Entrò nella camera. "Maestro?"
Uno sguardo tranquillo si voltò ad osservarlo.
"Sì, Yuichiro. Entra pure."
"Mi dispiace disturbarla durante le sue preghiere."
"Non ti preoccupare. Sei venuto a parlarmi, perciò hai
qualcosa da dire."
Si mise in ginocchio davanti a lui. Appoggiò le
mani sul pavimento, abbassando con rispetto la testa. "Vorrei iniziare
ringraziandola. Per quello che ha fatto per
me in tutti questi anni."
Lo scatto in piedi lo sorprese. "Cosa?"
... lo aveva già capito. "Stare qui per me è
stato un onore."
" ... ci stai lasciando, Yuichiro?"
Con gli occhi chiusi, annuì. Quando tornò a
guardare il
maestro, il suo mentore e il nonno di Rei, gli sembrò di
dieci
anni più vecchio. "Per me è giunto il momento di
andare."
Attese una risposta, ma sentì solo assoluto
silenzio. A lungo. Decise di non continuare a parlare, di rispettare i
suoi tempi.
"Non c'è niente che ti farà cambiare idea."
Era un'affermazione. Ma, in un certo senso, anche una domanda. Solo
l'impossibile gli avrebbe fatto cambiare idea: tornare indietro nel
tempo e non vedere. E avere quello che non poteva più
neanche
sognare.
Annuì ancora. Niente lo avrebbe dissuaso.
"Rei andrà via di qui un giorno."
Il suo mentore era intelligente. E lui era troppo trasparente. "Lo so.
Ma questa sarà sempre la sua casa."
"E' stata anche la tua casa."
Osservò brevemente la stanza che li circondava.
"Sì ... ma lo è diventata a causa di lei. Lo
è stata perché c'era lei."
Il maestro tornò al silenzio; poi si limitò ad
un'unica domanda. "Quando?"
"Questo fine settimana, se per lei va bene."
Lo vide annuire. "Tornerai dalla tua famiglia?"
Non ebbe il coraggio di dirgli che stava considerando l'idea di un
altro tempio. Ma neanche di mentire. "Probabile. Prima
viaggerò. Poi deciderò."
"Capisco." E sentì che avevo colto quello che non gli aveva
detto.
"Mi mancherà questo posto, signore. E anche lei."
Gli rispose un'espressione triste.
"Yuichiro ... sarà difficile trovare un altro come te,
ragazzo."
L'ammissione lo sorprese: il suo maestro non era mai stato
prodigo di complimenti. "Grazie."
"Voglio che tu sappia una cosa. Se ... se Rei avesse voluto sceglierti,
sarei stato felice di
accoglierti nella nostra famiglia. Per me ne
facevi
già parte."
Rimase senza parole.
"Non lo sapevi? Allora scusa sia me che Rei; non siamo mai stati bravi
ad esprimerci."
Non riuscì a commentare e il suo mentore
continuò. "Per favore, fallo sapere anche a lei il prima
possibile."
A Rei?
... sì. Doveva dirlo e iniziare a chiudere quella pagina.
Annuì. E ... non seppe cos'altro dire.
Venne preceduto. "Per i saluti ci
sarà tempo. Puoi andare, Yuichiro."
Grato per tutto quanto, inchinò la testa in un ultimo e
importante segno di rispetto e affetto.
Lasciò la stanza.
Quella sera stessa aspettò Rei davanti alla sua
camera.
Era uscita a cena. Presumeva di sapere con chi, anche se ormai non
importava più.
Seduto sul bordo del corridoio aperto, guardò
fuori, sul giardino interno della casa.
C'erano un paio di assi rotte in giro. E forse non sarebbe stato male
piallare un certo angolo. Non era la
prima volta che qualcuno si scheggiava.
"Yuichiro?"
Si girò e la vide. "Ciao Rei."
"Ciao. Cosa ci fai fuori dalla mia stanza?"
Era talmente bella. Lo era diventata sempre di più negli
anni. E ormai ... non importava più. "Volevo
parlarti."
La sorpresa non venne nascosta. " ... Va bene." Si sedette accanto a
lui. "Cosa c'è?
Perché quell'aria seria?"
Lui tornò a guardare fuori. Rimase in silenzio,
cercando le
parole giuste. Infine decise di dirlo e basta. "Lascio il tempio."
Rei cambiò espressione. "Cosa?"
"Vado via."
"Vai v- Che stai dicendo? Perché?"
Lo sentiva dalla sua voce che non riusciva a crederci. Nella mente di
lei,
lui era stato destinato a rimanere al tempio per sempre.
"Perché
qui ho finito."
"Finito? Il nonno vuole farti diventare il suo erede qui."
Dal discorso di quel giorno lo aveva sospettato. Ma non cambiava le
cose. "Non è più quello che voglio io."
La voce di Rei assunse un tono di frustrazione e ... rabbia.
"Perché?"
"Perché ... il mio futuro lo vedo da un'altra parte." Niente
di più vero.
"Che significa? Fino a pochi giorni fa eri felice qui. So che pensavi
di restare qui. Cos'è successo?"
Ancora una volta fu sincero, almeno in parte. "Finora non avevo mai
davvero riflettuto
su quello che volevo. Ora invece l'ho fatto." Non voleva più
amare qualcuno che non lo avrebbe mai ricambiato. "Questo non
è
il posto
dove mi vedo in futuro. Non c'è
altro."
"Non è una risposta."
Si girò a incontrarle lo sguardo, senza alcuna
esitazione. "Forse non era la risposta che volevi, ma è la
verità. Ed è la mia
decisione." Lo ribadì con forza.
Non poteva sentir
protestare proprio
lei.
Rei non disse altro, limitandosi a guardarlo con occhi ... vuoti.
Era ovvio che era stato convincente.
" ... cosa farai, allora?" La voce era ... spezzata.
Cercò di non pensarci. "Forse lavorerò
nell'impresa della mia famiglia."
"Ma ... pensavo che volessi dedicarti ad un tempio ... "
"Forse un giorno tornerò in un tempio."
Colse anche lei il significato nascosto. Ma, a differenza di suo nonno,
ne parlò. "Non qui?"
"No. Per allora tuo nonno avrà trovato qualcun altro. Ed
è solo un'ipotesi. Potrei restare a
lavorare con la mia famiglia per tutta la vita. O fare un'altra
scelta." Non aggiunse altro.
E lei lo imitò.
Lunghi momenti di silenzio dopo si scoprì incapace di
trattenersi e si voltò ad osservarla.
Rei era ... triste. Per lui.
In un qualche modo aveva occupato un posto nella sua vita, anche se
non quello che aveva desiderato. Un posto ora occupato da un'altra
persona.
Non sarebbe più tornato a rivederla, non voleva
più tornare a vederla.
Ma erano stati amici, nonostante tutto. E, per un istante,
pensò
solo a quell'amicizia, ad onorarla. "In questi anni ... sono stato
bene, Rei."
... era quella la verità, la realtà
che
faceva tanto male. Non ci pensò.
"Ora ognuno
andrà
per
la propria strada. E' normale."
Doveva esserlo. Lo stava dicendo più
a se
stesso che a lei. Sì, doveva
essere normale. Un
giorno sarebbe sembrato normale.
La vide annuire, appena.
"Mi mancherà ... " Vedere
il tuo viso, sentire la tua voce, amarti.
" ... questo posto." Scosse la testa. "Ma avremo tempo per i
saluti,
parto il prossimo fine settimana. Volevo solo dirtelo di
persona." Si alzò. "Allora ... Buonanotte, Rei."
Si allontanò e si diresse verso la propria stanza,
dall'altra parte
della casa.
'Lascio il tempio.'
'Non è
più quello che voglio io.'
'Questo non è
il posto dove mi vedo in futuro'
'Forse
lavorerò nell'impresa della mia famiglia'.
Erano davvero le parole del Yuichiro che conosceva?
Era stata la sua bocca a parlare, ma ... aveva avuto un'espressione che
non ricordava di avergli mai visto addosso.
Cos'era successo?
La sua era una decisione sbagliata.
Lui era fatto per stare in un tempio.
Lui era fatto per stare lì, al tempio Hikawa.
Amava quel posto forse persino più di lei. E lei quel posto
lo amava.
Cos'era successo?
L'unica altra volta che Yuichiro aveva deciso di andarsene, lo aveva
fatto a
causa sua.
E questa volta lei non c'entrava nulla. Yuichiro non era più
invaghito di lei da ... anni. Da ... ben prima di Galaxia.
Continuò a pensarci. A ripensarci. Perché doveva
esserci una soluzione.
Yuichiro non poteva andare via.
Rei si sdraiò sul letto.
Non poteva.
Perché ... mi
mancherà. Sospirò. Quello non era un
motivo valido.
Era suo amico e le sarebbe mancato. Naturale. Ma cosa c'entrava questo
con
le ragioni di lui?
Nulla.
Se Yuichiro aveva deciso di andarsene, proprio perché amava
il
tempio, doveva esserci un buon motivo.
Nemmeno lui era più impulsivo come qualche anno prima.
Magari voleva davvero tornare dalla sua famiglia.
Ma non riusciva a vederlo lavorare in un'azienda. O meglio,
riusciva
ad immaginarselo ... da infelice.
Doveva averci pensato anche lui.
Forse voleva solo fare una prova.
E se non avesse funzionato ... non voleva più tornare al
loro tempio, in ogni caso.
Era stato chiaro su quel punto.
No, allora il problema era lì, al tempio.
Cosa poteva essere?
Si sdraiò sul fianco, colpita da un pensiero improvviso.
Forse era successo qualcosa col nonno. Doveva parlare con lui.
Guardò l'orologio e vide che erano le undici. Suo nonno era
già addormentato da almeno due ore e dormiva sempre come se
fosse pagato per farlo.
Se avesse tentato di svegliarlo per avere delle spiegazioni, ci avrebbe
messo una vita ad avere una risposta con un minimo di senso.
Per parlargli avrebbe dovuto aspettare la mattina successiva.
Settò la sveglia, si mise sotto le coperte e
tentò di dormire.
Il sonno non arrivò in fretta.
Si alzò alle sei, sapendo che avrebbe trovato suo nonno
alzato. "Nonno!"
"Buongiorno Rei. Già in piedi?"
"Hai fatto qualcosa a Yuichiro? Perché vuole andare via?"
Lo vide appoggiare sul tavolo la scodella di riso, con un movimento
grave. "Non gli ho fatto nulla. Ha solo preso la sua decisione."
Cos'era quella rassegnazione? Neanche lui poteva volere che andasse
via. "Sai anche tu che è una decisione sbagliata."
"Non sta a noi dirlo. E' adulto e può decidere per
sé."
Si sentì rimproverata ed era tanto tempo che non le
capitava. Cercò di calmarsi e si sedette a tavola anche lei.
"Conosci almeno il motivo?"
Per un attimo il vecchio Hino pensò di dire la
verità. Se sua nipote
avesse saputo, forse ... Ma non stava a lui parlarne. E probabilmente
non sarebbe servito che a far vergognare il ragazzo. "Mi ha detto che
forse andrà a lavorare con la sua famiglia."
"O in un altro tempio, se non funziona. Questo non te l'ha detto?"
"Non così chiaramente. Ma l'avevo capito."
"Questo significa che ha qualche problema qui. Che cosa può
essere?"
Ma ormai quello di Rei era più un invito a riflettere
insieme. Anche
suo nonno sembrava non saperne nulla.
"Rei, so che ha vissuto con noi per molti anni, ma ... è
cresciuto. E' un uomo ed è ora che costruisca la sua vita."
"Ma ... poteva farlo qui. Voleva farlo qui." Sentì anche lei
la nota di disperazione nella propria voce.
Riuscì a
controllarla solo rimanendo in silenzio.
"E ora ha preso un'altra decisione. E' definitiva. Io e te ci teniamo a
lui. La cosa migliore che possiamo fare è ... lasciarlo
andare."
Lasciarlo andare?
Continuò a pensarci nel tragitto fino alla scuola.
Lasciarlo andare.
Il giorno prima non aveva voluto accettarlo, non aveva neanche voluto
pensarci.
Pensò al tempio, senza di lui.
Alla sua vita e a quella del nonno ... senza di lui.
Non erano stati infelici, prima che arrivasse. Erano stati bene. Ma
Yuichiro ora faceva parte della loro ... famiglia.
Sì.
Lo riconobbe, anche se non se lo era mai detto in quei termini.
Aveva pensato che sarebbe rimasto per sempre con loro, al tempio.
Lei sarebbe andata via un giorno. A ricoprire un ruolo più
grande di quello che immaginava.
Ormai mancavano sempre meno anni.
Ma, dentro di sé, aveva saputo che ci sarebbe
sempre
stato
quel luogo, il suo tempio, dove avrebbe ritrovato le persone a cui
teneva di più. Quelle che non l'avrebbero seguita in quella
strana nuova vita. Il nonno e Yuichiro.
E in un futuro che aveva sperato lontano, solo Yuichiro ... al posto di
suo nonno.
L'idea di Yuichiro al tempio, a gestirlo, a curarlo, le aveva
dato pace.
In futuro avrebbe potuto tornare lì, trovare tutto come
prima
... ritrovare quell'amico dei giorni normali, quella
felicità
semplice che sarebbe stata per sempre 'casa'.
E ora invece ...
Sentì un groppo alla gola e deglutì.
Se Yuichiro non era felice, quel sogno non aveva senso.
Lei e il nonno si sarebbero dovuti adattare.
Se Yuichiro davvero non era felice, allora neanche lei voleva
che restasse
lì.
Le costò ammetterlo.
Era giusto che andasse via, se aveva scelto un altro cammino per il suo
futuro.
Si fermò davanti all'entrata della scuola.
Ma era lo stesso come perdere un parte di sé.
"Cos'hai, Rei?"
"Niente."
"Cioè non ce lo vuoi dire." intuì Minako.
A volte la infastidiva che la conoscessero così bene. Ma
forse,
no. Non sapeva più cosa pensare. Parlarne avrebbe funzionato
...
forse. "Yuichiro ... andrà via dal tempio."
"Cosa?!?" La sorpresa era evidente in quel coro di voci.
Fu felice di
non essere l'unica a cui quell'idea fosse sembrata assurda.
"Stiamo parlando proprio di Yuichiro?" Makoto si sporse in avanti, i
gomiti sul tavolo del Crown, il locale che ancora frequentavano quando
si
riunivano.
"Che vorresti dire?"
"Beh, pensavo sarebbe rimasto al tempio fino alla fine dei suoi giorni,
ad attendere che ti accorgessi di lui."
"Oh, Makoto, non è bello parlarne così."
Ami aveva un tono di benevolo rimprovero.
"Ma è vero." Insistette Makoto.
"Vi state sbagliando. A Yuichiro è passata da un sacco di
tempo la cotta che aveva per me. Siamo amici da tanto, oramai."
"Beh, allora forse è per questo che se ne sta andando."
Makoto incrociò le braccia sopra la testa, pensierosa.
"Cosa vuoi dire?"
"Credo che per tanto tempo sia rimasto ad aspettarti, Rei. Se ora, come
dici tu, non
prova più niente per te, magari ha perso una delle ragioni
che aveva per rimanere."
"Ma mi sembrava si trovasse bene al tempio." Ami era perplessa.
"Però all'inizio lo considerava più un
esperimento, no? E ... quanti anni ha? Ventuno, ventidue?"
"Ventidue."
"Ecco, forse ha semplicemente deciso di cominciare a darsi da fare.
Anche se si trova bene al tempio, questo non vuol dire che voglia
farne il mestiere della sua vita."
Possibile che si fosse tanto sbagliata? Che avesse ragione Makoto,
invece?
Ma ... lui aveva parlato di poter andare a stare in un altro tempio. Ma
anche di tornare a lavorare nell'impresa della sua famiglia.
No, forse
Makoto non aveva del tutto torto.
Ami si intromise di nuovo nella conversazione, questa volta con una
domanda. "Hmm ...
Non pensi che ti abbia vista con Yamato?"
Rei ci pensò solo per un momento. "No. Comunque, ve l'ho
detto, siamo solo amici con Yuichiro. Siete
fuori strada."
"Perché sei così sicura?"
Tanta insistenza da parte di Ami era quantomeno anomala.
"Perché lo conosco. Ed è tanto che
non si
comporta più come faceva i primi tempi. Ecco, questo
sì
che mi è parso naturale. Intendo, vederlo smettere di
pensare a me in
quel modo. La sua ... era stata solo una cotta. Gli piacevo, ma quello
che
provava per me era stato più che altro affetto."
Un po' le aveva fatto male quando l'aveva capito, quando un giorno si
era
resa conto che Yuichiro aveva sostanzialmente smesso di essere
innamorato di lei.
Ma, alla fine,
era stato meglio così: non aveva mai davvero
pensato a lui
come ad un possibile fidanzato.
Minako girò la cannuccia nel proprio bicchiere, riflettendo:
Rei sembrava davvero a terra. Yuichiro se ne
sarebbe andato comunque, però, ne era convinta. La versione
di
Rei faceva acqua da tutte le parti: Yuichiro era ancora innamorato di
lei. Ma Rei o non lo capiva
o non voleva capirlo. Più probabile la seconda cosa, visto
che
negli ultimi mesi non aveva fatto che cercare attivamente un fidanzato.
Era meglio che Yuichiro se ne andasse ... e che Rei lo lasciasse
andare. E che pensasse ad essere felice per conto suo.
Decise di far
virare la conversazione proprio in quella direzione. "A proposito, come
sta andando con quel bel ragazzo di Yamato?"
Rei si riscosse dai suoi pensieri. "... bene, credo."
"Credi? Se lo credi solamente, cedimelo, scusa."
"Piantala." Minako era riuscita a farla ridere.
"Rei non lo apprezza, Ami. La prossima volta presenta un amico
simile a me."
"Ehi, ci sarei anche io." Makoto ci teneva a essere presa in
considerazione per presentazioni del genere, una prossima volta.
Ami sorrise. "Yamato era un tipo più adatto a Rei, come
carattere.
Non credo avreste trovato molto di cui parlare con
lui."
Minako scosse la testa. "Ami, Ami." Le mise una mano sulla spalla. "E
dire che ormai dovresti saperlo che un ragazzo non serve solo a
parlare."
Ami scoppiò in una risata sommessa ma sincera. "Ma smettila."
Minako si unì
a lei.
Makoto guardò verso il fondo del tavolo.
"Usagi, che hai? Non hai detto niente da un bel po'."
Usagi fino a quel momento aveva solo osservato, senza dire una sola
parola. "Ah, scusate. Stavo solo facendo un certo ragionamento."
Minako sottolineò l'importanza della propria smorfia.
"Cavolo, basta con queste espressioni
raffinate, Usagi. Mi fai venire i brividi."
"A cosa pensavi?" Rei l'aveva notata assorta e le era parso che
pensasse
a qualcosa di serio.
"A Yuichiro."
Oh, allora poteva avere un'altra opinione. "Allora?"
"Hmm .... non mi sembra che tu la stia prendendo
tanto bene."
"Sì, ma è
normale, no? Ha vissuto con me e il nonno per tanti anni,
come faccio ad essere contenta che se ne vada?"
"Hmm ... già." Ma la parola le uscì con il tono
che si usa con chi evidentemente non capisce.
"Sputa il rospo, a cos'è che stai pensando?"
"A niente di particolare."
"Usagiii ... "
"E' solo che credo che ... forse è meglio se ci arrivi da
sola."
Minako incrociò le braccia, iniziando a scuotere la testa.
"Lasciala
stare, ormai poco ci manca che si metta a parlare come Mamoru."
Usagi fece finta di scandalizzarsi e tirò fuori la lingua in
direzione di Minako.
"Sentite, perché non organizziamo una festa a sorpresa per
Yuichiro?" propose Makoto.
"Bella idea!" Minako non ci mise nulla ad entusiasmarsi. "Non si
è fatto tanti amici e non
sarà male che abbia una piccola festa prima di lasciare
Tokyo."
Le sue amiche si immersero totalmente in quell'idea.
E Rei rimase a pensare.
Più tardi si salutarono e Usagi e Rei fecero assieme
l'ultimo pezzo della strada verso il tempio.
"Rei?"
"Sì?"
"Come ti trovi con quel Yamato?"
"Bene, credo. L'ho già detto. Perché?"
"Beh ... sai che sono una romantica. Ma non penso che dovrebbe esserci
quel 'credo'."
Rei sbuffò. "Non si può neanche
pretendere che succeda tutto subito."
"Ma da come l'hanno descritto le ragazze sembra essere uno di quelli
per cui si perde subito la testa."
"Non sbagliano, ma io sono un po' più razionale di
così."
"Già. Però sei anche irrazionale, Rei. E
irascibile. E testarda."
"Grazie per l'elenco di qualità."
Usagi sorrise nel suo solito modo sbarazzino. "Dai, non prendertela. La
verità è che sei ... passionale, Rei. Metti tutta
te
stessa in ciò a cui tieni davvero. Questo ragazzo secondo te
lo sa?"
"Ci siamo appena conosciuti."
"Allora chiediti se vorresti fargli vedere questa parte di te."
Non era una stupidaggine. Rei rimase per un attimo in silenzio.
Ormai erano quasi ai piedi del tempio. Usagi le si mise davanti.
"C'è un'ultima cosa. E' un indizio per quello di cui parlavo
prima. Pensaci bene per favore. Forse
c'è
un motivo se non hai mai trovato un ragazzo che ti interessasse
veramente."
"Cosa vuoi dire?"
"Solo che se non sei sincera con te stessa nei prossimi giorni,
potresti non averne mai più l'occasione."
Rei comprese. "Usagi, stai sbagliando. E poi come puoi pensare che-"
Si sentì una mano sulla spalla.
"Esatto. Come?"
Con un sorriso enigmatico e un breve saluto, Usagi corse via.
Usagi era proprio fuori strada.
Va bene, una volta aveva avuto una piccola cotta per Yuichiro. Non era
valsa nemmeno la pena di menzionarla al diretto interessato. Le aveva
voluto bene ed era stato così dolce con lei. Si era sentita
lusingata da tanta attenzione; le era piaciuto pensare
che fosse innamorato di lei. Ma fondamentalmente lo aveva giudicato
spesso ... un po' tonto. E lo era stato.
Oggi le cose erano cambiate; era cresciuto, anche se continuava ad
essere onesto e sincero come lo era
stato
già anni prima.
Era questo che glielo aveva fatto apprezzare. Nella devozione che le
aveva dimostrato era sempre stato onesto e leale.
Ma, da più di due anni oramai, lui si comportava con
lei solo come un amico. Non la assillava più per un
po' del suo tempo. Non rimaneva
più in attesa di ogni sua parola. Non seguiva più
ogni suo
ordine
... anche perché anticipava i suoi pensieri,
semplicemente.
Sì, le era dispiaciuto che non fosse più
innamorato di lei, ma ... era stata solo una questione di orgoglio.
In fondo aveva apprezzato che avesse superato quel modo assurdo di
volerle bene; da allora aveva iniziato a rispettarlo.
Non più solo ad apprezzare che dentro avesse uno dei cuori
più puri che aveva mai visto. Letteralmente, visto che le
demoni del Dottor Tomoe avevano cercato di
rubarglielo, anni prima. Aveva proprio iniziato a rispettare la sua
calma e pazienza, la cura
che metteva nel tempio in cui vivevano.
Yuichiro era sempre rimasto allegro,
così allegro da ricordarle di tanto in tanto
Usagi. Ma, come
Usagi, aveva imparato a prendere molte cose sul serio.
E Rei si era accorta di vederlo finalmente al suo stesso
livello. Aveva anche scoperto che potevano essere amici, persone che si
capivano
e si aiutavano.
Quello era il rapporto che lui stesso aveva cercato. E lei ... si era
trovata bene così. Veramente bene.
Non pensava a lui in quel
modo.
Okay, non è che non avesse mai considerato l'idea, in
assoluto, anche da quando le era passata la stupida cotta; era sempre
lì attorno a lei, in fondo. Sì, poteva dire che,
oggettivamente, oggi le piacesse molto più di un tempo. Ma
Yuichiro era ... parte della sua famiglia. E lei non provava qualcosa
per lui.
Sarebbe stata due volte stupida a perdere il suo tempo a cercare quel
qualcosa altrove, altrimenti.
No, non era come pensava Usagi.
Teneva molto a Yuichiro, ma non in quel senso. Era qualcosa di diverso,
anche se non meno forte. Lui era parte della sua famiglia e lei gli
voleva bene.
E sapeva che, non vedendolo più, avrebbe sentito ogni giorno
la sua mancanza.
"Ciao Rei!"
"Ah, ciao Yamato!"
L'appuntamento di quel martedì lo avevano già
programmato. E capitava a puntino. Rei aveva bisogno di distrarsi.
"Allora, vuoi andare da qualche parte in particolare?"
"Per ora facciamo solo un giro per il parco."
Lui accolse il suggerimento e cominciarono a camminare.
Rei passò qualche secondo a osservarlo: certo che era
davvero bello. E perfetto.
Eppure, quel loro primo bacio di qualche sera prima ... aveva
pensato che sarebbe stato qualcosa di ... più.
Sì, le era venuto il batticuore. L'aveva sorpresa,
baciandola
quasi all'improvviso. E l'aveva stretta contro di lui.
Per un attimo si era sentita desiderata per davvero. Si era immersa in
quel bacio, gli aveva messo le braccia al collo.
Ma, quasi subito, era ritornata quella maledetta lucidità.
Si era come guardata da fuori mentre lo baciava e aveva pensato che
stavano davvero bene insieme.
Aveva cercato di spegnere i pensieri. Si era concentrata sul contatto
di labbra. Era stato piacevole. Davvero piacevole.
Ma ... era possibile avere in mente una serie di istruzioni, se
davvero si stava baciando la persona giusta? Ora un po' su, ora chiudo
la
bocca appena, poi mi avvicino-
Aveva urlato dentro la propria testa e si era staccata, comunque
cercando di non dare l'impressione di aver avuto qualche problema.
Lui sembrava averci creduto. E si erano salutati.
Durante il loro secondo appuntamento, Rei lo aveva salutato con un
semplice
bacio sulla guancia.
E in quel terzo appuntamento, quello che stavano avendo ... ancora non
aveva deciso come reagire.
Basta, doveva smetterla. Prestò attenzione invece a quello
che lui le stava raccontando già da qualche minuto.
Nell ore successive, ebbe conferma di quello che aveva già
capito: erano straordinariamente compatibili. Ridevano per le stesse
cose, avevano interessi simili. E lui non aveva fatto una sola cosa a
cui potesse trovare un difetto.
Eppure continuò a sentire dentro la medesima sensazione:
c'era qualcosa che ... era sbagliato.
Fu secondo quell'istinto che agì, quando lui si sporse per
baciarla quella stessa sera, ormai davanti al tempio e in procinto di
salutarsi.
No! Non aveva voluto spostarsi.
Ma lui se n'era già reso conto.
Nel
panico, prese lei l'iniziativa; lo baciò lei e lo fece con
tutta la passione di cui era capace.
Molto poca in quel
momento.
Continuò, ma ... stava semplicemente
imitando il desiderio che voleva provare e che non sentiva affatto. E
non
era giusto nei suoi confronti. Si staccò.
"Cos'era quello?"
Se n'era accorto. Ovviamente.
"Un tentativo disperato."
"Non devi baciarmi se non vuoi."
"Il punto è che lo voglio. Cioè, voglio
così tanto che tu mi piaccia. E mi piaci. Ma non ..." Stava
davvero per dirlo?
"Non in quel senso." Finì lui.
Sì.
Purtroppo pareva fosse così.
Rimasero in silenzio. Dopo alcuni secondi, Rei sentì il
bisogno di aggiungere
qualcosa. "Scusa per ... tutto."
"Per un paio di baci dati da una bella ragazza? Non c'è
bisogno di scusarsi."
"Intendo dire-"
"Lo so. Mi dispiace che non abbia funzionato. Mi
piaci molto."
Rimase a guardarlo, non riuscendo a capire come potesse-
"Una
frase del genere dovrebbe farmi provare qualcosa di diverso."
Lui la guardò divertito. "Dovrebbe? A volte si deve solo
sentire. Se non provi nulla, non provi
nulla. Magari la mente ti dice qualcosa di diverso da quello che in
realtà provi."
Era circondata da persone che parevano saperne più di lei.
Sorrise, di malavoglia. "Non credo che avrei potuto trovare esempio
più perfetto di te. Sei tutto quello che pensavo ... che
penso
di volere."
"Mi tengo il complimento." Le rivolse un sorriso rilassato. "Valeva lo
stesso per me.
Ma una coppia è più di una somma di
caratteristiche
perfette. Non è una formula. E quello che stai cercando tu
...
lo sto cercando anche io. Non bisogna accontentarsi di meno." Le tese
la mano. "Ti auguro buona fortuna."
Rei ricambiò la sua stretta. "Buona fortuna anche a te."
Si salutarono con un ultimo sguardo di intesa, amichevolmente.
Poi lui andò via, giù per le scale del tempio.
Rei si voltò e prese ad allontanarsi nella direzione opposta.
Una coppia non è una formula. Già.
Ma era evidente che lei non sapeva neanche quello che stava cercando,
quello che voleva.
Aveva qualcosa che non andava. Aveva appena respinto il candidato
assolutamente perfetto. Lui era stato davvero tutto quello che aveva
pensato di volere.
Si fermò sui propri passi, sentendosi piena di frustrazione.
Doveva cambiare.
Non sapeva come. Forse doveva essere un po' più come Usagi.
Usagi, che aveva sempre seguito il proprio istinto all'ennesima potenza.
Ecco, magari non a quei livelli; ma qualche passo in quella direzione
non le avrebbe fatto male.
Era chiaro che lei e i suoi stessi desideri non viaggiavano sugli
stessi binari.
Forse poteva cominciare con Yuichiro.
Non c'era vergogna nel fargli sapere che avrebbe sofferto all'idea che
non avrebbe più vissuto assieme a loro. E lui doveva sapere
che,
in quella che era stata la sua casa per tanti
anni,
era stato amato.
Avrebbe portato con sé almeno quello, andandosene.
Affrettò il passo, girando intorno al tempio e dirigendosi
verso casa.
E anche quel giorno era finito.
Dal giorno dopo, il conto partiva da meno tre.
Meno tre giorni alla sua partenza.
Quando quella mattina sarebbe arrivata, avrebbe salutato quel luogo
desiderando andare il più lontano possibile. E
desiderando
tornare indietro con ogni passo che avrebbe fatto.
Anche durante quella giornata aveva riparato altre cose, in giro per il
santuario.
Sembrava ormai essere tutto a posto.
Avrebbe chiesto al nonno di Rei se poteva riparare qualcosa in casa.
Era una casa vecchia, anche se solida. E qualcosa da sistemare c'era.
Casa ... vi si era trovato infinitamente bene.
Non solo per via di Rei, ma questo lo aveva sempre saputo.
Eppure non aveva alcun dubbio: doveva andare via. Se davvero gli
fossero servite altre conferme, sarebbero bastati i momenti
in cui ormai dentro sentiva solo
... vuoto.
Neanche più sofferenza o disperazione.
Solo ... nulla.
Rei, l'idea di lei, era vissuta per così tanto tempo dentro
di
lui che ora che era stato costretto a sradicarla da sé, al
suo
posto era rimasto ... niente.
E non voleva vivere così, in osservazione di un vuoto che
non avrebbe mai più potuto colmare.
Quello non era lui.
Quel giorno si era guardato allo specchio e aveva visto ancora quel se
stesso che era riuscito ad immaginare con lei.
Aveva preso un paio di forbici e aveva tagliato via una grossa ciocca
di capelli. Come per Rei, aveva immaginato di non potersene mai privare.
Li aveva buttati per terra e aveva proseguito tagliando via
tutti i
capelli che andavano oltre lo spessore di tre dita.
Non erano stati che una massa superflua, inutile.
Allo specchio aveva visto un'altra faccia. Una faccia che somigliava
troppo a quella di suo padre, anche più di qualche anno
prima.
Ora, lì seduto, la toccò.
Quello era lui, non qualcun altro. Era la sua faccia. Sua.
La faccia di chi aveva già dimostrato di poter vivere una
vita
per conto proprio, lontano dalla sua famiglia, senza seguire le orme di
nessuno. Ora non c'era più
nulla da dimostrare: fra qualche giorno avrebbe cominciato a pensare se
tornare dalla sua famiglia, se andare in un altro tempio o fare
tutt'altro, ma sarebbe
stata comunque una scelta solo sua.
Niente sembrava più difficile, dopo Rei.
Sentì una folata di vento. Faceva ancora freddo di
sera. Non era ancora Maggio, in fondo.
Non tornò dentro la propria stanza: stare seduto
lì, davanti alla propria porta, a guardare
fuori, gli era sempre piaciuto. Non avrebbe più avuto molte
notti come quella, in quella casa.
Sentì dei passi alla sua destra. Non erano i passi del suo
mentore, per cui poteva essere solo ...
"Ah, sei qui."
Rei si avvicinò a lui. Quando fu abbastanza vicina da
permettergli di vederle
il viso, notò che anche lei aveva visto quello di
lui.
"Cosa hai fatto ai capelli?!" Lo disse in modo ... inorridito.
Yuichiro lo
trovò quasi comico. "Li ho tagliati."
"Ma ... " Continuò a guardarlo e sembrava delusa. "
... sono storti, non si fa da soli."
"Va bene così."
Distolse lo sguardo da lei e tornò a focalizzarsi sul
giardino, senza dire altro.
Proprio quando non aveva più nulla da dirle, Rei veniva a
cercarlo.
No, c'era ancora qualcosa che voleva fare: salutarla.
Guardarla
un'ultima volta e sapere che non avrebbe più dovuto vederla,
che
non avrebbe più visto il viso che gli avrebbe ricordato per
sempre quello che aveva perso, che non aveva mai avuto.
Eppure, nonostante tutto, ancora non sapeva come sarebbe riuscito quel
sabato a
guardarla negli occhi e a dirle addio.
Rei non colse il significato del suo silenzio. Si sedette accanto a lui.
Aspettò di sentirla dire qualcosa, ma lei ... non disse
nulla.
Se solo le cose fossero state diverse, come prima ... ora sarebbe stato
felice.
Per un istante gli mancò quella felicità, la
serenità che aveva provato nello starle semplicemente
accanto, con in
testa un futuro fatto di possibilità.
Erano stati anni
felici, a
loro modo.
E lui era solo uno stupido.
" ... sarai felice?"
Una domanda improvvisa, da un miliardo di yen.
Quando ti
avrò dimenticato, suppongo di sì. Scosse
appena la testa. "Sì."
Forse non nell'immediato. Ma in un modo o nell'altro lo sarebbe stato.
Non sapeva come vivere altrimenti.
"E' ..."
Rei abbassò lo sguardo, non riuscendo a esprimersi.
"Sì. Sono certa che ce la farai."
La luce della lanterna del corridoio li illuminava debolmente,
permettendole di cogliergli l'espressione. Lo guardava e le
sembrava così ... diverso. Non in
senso buono.
Quell'espressione il Yuichiro che conosceva non l'aveva mai avuta. Era
quasi ... vuota. E chiusa.
Con lei non si era mai chiuso, prima.
E i capelli tagliati. Sembrava un'altra persona. O forse ...
forse se avesse riso come al solito, sarebbe sempre stato il solito
Yuichiro.
Ma in quel momento pareva
un'eventualità
lontana.
Eppure era sempre lui. E doveva dirgli quello che pensava. "Sai, per
tanto tempo ... ho creduto che non sarebbe cambiato nulla. Ti
vedevo ancora tra tanti anni a lavorare
qui, assieme al nonno. Anche se ti sgrida tanto, lui ti ha sempre
voluto bene."
Nel viso di lui apparve l'ombra di un sorriso. "Sì, lo so."
Sempre e solo risposte di poche parole. E dopo, ancora silenzio.
Rei si fece coraggio. "A me ... mancherai molto.
So che devi scegliere quello che è meglio
per te, ma volevo che lo sapessi. Non sarà lo stesso qui,
per
me, senza di te."
Yuichiro la ascoltava continuando a non voler ascoltare: Rei era
sincera ed erano belle parole. Ma dopo quattro anni di amore
non ricambiato sembrava così poco rispetto a quello che
lui avrebbe
meritato. Meritato ... Rei non gli doveva nulla. Non lo aveva mai
incoraggiato. Era sempre stata onesta con lui e ... andava bene
così.
Si girò a guardarla, solo per il tempo necessario a dire,
"Grazie."
E ora ... voleva restare solo.
Rei non poteva offrirgli più niente e averla accanto,
come ora, non era più quello che voleva.
Magari un giorno avrebbe ricordato gli occhi viola che non avevano
voluto salutarlo, il viso delicato e dai tratti tanto a lungo amati che
si erano intristiti all'idea di vederlo partire. Forse sarebbe
stato un bel ricordo. Forse ... un giorno.
Ma quel giorno non era oggi.
Rei rimase ad osservarlo, incredula.
Il ragazzo che conosceva non le avrebbe risposto così. Le
avrebbe preso la mano, magari l'avrebbe anche abbracciata; le avrebbe
detto
che il tempo che avevano passato insieme non l'avrebbe mai dimenticato
e che sarebbe tornato a trovarla tutte le volte che avrebbe potuto, che
... che non era finito niente, anche se voleva andare via.
Lo Yuichiro che era stato suo amico, che le aveva voluto bene,
a cui ... a cui lei teneva così tanto, non
l'avrebbe guardata come se avesse preferito vederla lontana. Non
si sarebbe limitato ad una sola laconica parola come unica risposta al
modo in cui gli aveva aperto quella parte di sé.
Crebbe come un macigno il peso che sentiva dentro, quello che era nato
nel momento stesso in cui le aveva detto che se ne sarebbe andato.
"Sei ancora qui, ma è come se fossi già andato
via."
Perché voleva andare via. E non tornare mai
più.
Era quello che non le aveva detto a parole, che le stava dicendo ora in
ogni altro modo.
Le sentì prima nella voce, poi anche sulle guance. Lacrime.
Andò ad asciugarle rapidamente, ma lui si girò in
tempo per vederle.
Nella sua sorpresa, Rei riconobbe chi invece
così bene
conosceva. "Yuichiro, sai che tengo a te. Che ti voglio bene. Non
andartene così."
Lacrime per lui.
Yuichiro dovette fare uno sforzo enorme per non toccarla.
Gli voleva bene?
Ora piangeva per lui?
Ora?
Magari si era giusto per caso accorta che le sarebbe
dispiaciuto non averlo più in giro
per il tempio.
Cercò di trattenersi dall'esprimere una rabbia sorta
all'improvviso.
Immotivata. Lo sapeva. Dentro di sé, lo sapeva.
Ma quella rabbia continuò ad essere presente. E feroce.
"Ho capito." Non riuscì ad eliminare una nota di collera
dalla voce.
Allontanò di nuovo lo sguardo da lei. Doveva smetterla.
Controllarsi.
E guardarla non faceva che alimentare quella reazione.
Ma le successive parole di Rei uscirono da una voce spezzata e una
furia non
dissimile dalla sua. "Hai capito?
Come fai a dirlo e a stare fermo
lì?"
Che diritto aveva lei di arrabbiarsi? Aveva sempre fatto tutto lei, era
sempre andato tutto come voleva lei.
La guardò in faccia e alzò la voce. "Fermo?
Cos'altro dovrei fare? Ho detto che ho capito: mi vuoi bene, ti
mancherò. E poi? Cos'altro devo aspettare?"
Lei continuava ad avere gli occhi lucidi, ma la sua voce si era fatta
ancora
più forte. "Aspettare? Cosa stai dicendo? Hai
vissuto qui con noi per anni, non ci vedremo per
chissà quanto e
tu non sai nemmeno dire che ti mancherò anche io."
E così ora voleva anche quello.
Dopo anni in cui aveva avuto
tutto di lui, voleva di più, quando non aveva più
niente
da darle.
Non gli sarebbe mancato affatto aspettare qualcosa che non
sarebbe arrivato mai. Aspettare lei.
A parlare fu quella parte nera di lui. "Tu non mi mancherai."
Rei si immobilizzò.
Era una bugia. Non era vero.
Ma gli occhi che la stavano ancora guardando non mostrarono il minimo
dubbio o ripensamento.
E spezzarono quello che le parole avevano già trafitto.
Rei scattò in piedi. E andò via da lì.
Yuichiro non mosse un solo muscolo.
La rabbia svanita, continuò a vedere l'espressione di dolore
che era riuscito a provocare.
Le aveva detto che per lui non aveva contato nulla.
A Rei, che era venuta a riprenderlo quando già una volta
aveva cercato di andare via.
A Rei, che si era sempre preoccupata per lui.
A Rei, che era venuta a dirgli che la sua vita non sarebbe stata la
stessa, senza di lui.
Le aveva fatto del male. A Rei. Lui.
Fu come sentirsi gettata addosso dell'acqua fredda.
Si alzò e, correndo, la raggiunse solo quando ormai era
davanti alla sua stanza. Le afferrò un braccio per
fermarla.
"Lasciami."
Non si girò a guardarlo e usò un tono di
voce che
avrebbe spaccato il ghiaccio.
Ma Yuichiro sentì lo stesso le lacrime in quelle parole.
"No.
Guardami."
La schiena di lei si fece ancora più dritta. "Non ho
bisogno di altro disprezzo. Lasciami."
"Ho mentito."
Percepì immediata la tensione nel braccio che ancora
stringeva.
Lentamente, Rei si girò verso di lui e in mezzo al dolore e
alla
diffidenza, Yuichiro vide ... sollievo.
Era felice che non la odiasse. Le importava di quello
che provava
per
lei.
Ricordò ogni istante in cui aveva solo voluto starle vicino,
tutte le volte che aveva pensato che di quell'amore non avrebbe mai
potuto fare a meno.
E non importò più che da lei non
avrebbe più
potuto avere niente
di quello che voleva. Che non lo avrebbe ricambiato.
Ci teneva a lui. E non gli avrebbe riso in faccia,
questo bastava.
Perché ora voleva solo che capisse quanto invece era stata
importante. Che era stata tutto per lui, per tutto quel tempo.
"Ti amo, Rei."
Gli occhi viola scattarono a fissarsi su di lui.
"Da sempre. Ti amo così tanto che ci ho messo quattro anni a
convincermi che non avresti mai scelto me. Sarà una
tortura
non
poterti più vedere. Ma ... tu stai andando avanti e devo
farlo anche io. Ho capito che non posso farlo qui." Abbassò
lo sguardo.
Le teneva ancora il braccio. Rei stava
lasciando che la toccasse. Gli uscì involontario un sospiro
divertito.
Percorse il braccio fino a quando non ebbe tra la sua la mano di lei.
Quante volte aveva immaginato di poterla stringere così, con
la familiarità di chi si amava.
Era incredibile quanto fosse patetico. Ma questa volta se lo disse
senza alcun rimpianto
o
dolore.
Lui era patetico, ma quello che provava era quanto di
meglio esistesse
al mondo.
E ne era valsa la pena.
Assolutamente, ne era valsa la pena.
Portò la mano di lei al viso e chiudendo gli occhi
baciò le dita, baciò almeno quella parte di lei.
Le lasciò la mano e tornò a guardarla.
Rei sembrava al tempo stesso pietrificata e tremante. L'aveva sconvolta.
"So che siamo stati anche amici. E come parte della stessa famiglia. Un
giorno
riuscirò a provare solo questo per te. E allora
tornerò qui a trovarvi."
Lui stesso accolse la pace di quelle parole; erano verità,
ora.
Sentì il bisogno di dire un'ultima cosa.
"Non è ancora il momento dei saluti, ma ... sii felice,
Rei. In qualunque momento, alla fine desidero solo questo."
Lei aveva ancora sul viso la stessa espressione attonita. E non aveva
detto
una sola parola.
Terminò lui.
"Buonanotte."
Si girò e si diresse a passo tranquillo verso la
propria stanza.
E così ... quella era la fine.
Si sentiva ... leggero.
Le aveva dato una parte di sé, quella che le era sempre
appartenuta.
E ora, finalmente, sapeva di poter davvero ricominciare.
Rei rimase ... immobile.
Fino a che non si accorse di tremare. Appena, ma tremava.
Si strinse il corpo con le braccia, si appoggiò alla
parete con la schiena.
Yuichiro la-
"Ti amo, Rei."
Si portò una mano alla bocca. Ma ... in tutto quel tempo non
...
Ricordò. Anzi, per la prima volta, vide veramente.
Parole, gesti, espressioni. Non solo all'inizio, ben oltre. Fino a quel
giorno, fino a quel momento.
Lui l'amava.
Che ... stupida.
E se ne stava andando perché non lei lo ricambiava.
Ma perché ora, perché-
Yamato. Il bacio fuori dal tempio.
Il giorno dopo Yuichiro era partito, all'improvviso.
Per quello. Se solo non-
Se solo non, cosa? Se non l'avesse vista con lui? Allora
sarebbe rimasto? Non
sarebbe
cambiato nulla?
Ricordò il bacio sulla mano, poco prima. Le sue parole, i
suoi occhi, la sua voce.
L'amava sul serio. La percorse un altro brivido.
Ma lei non-
Iniziò a scuotere la testa, sentendo crescere un panico che
non le piaceva per nulla.
No.
E non era giusto che continuasse così. Aveva ragione lui:
doveva andare avanti, andare via e ...
Lei non voleva che andasse via. Non voleva non poterlo più
vedere. Voleva che rimanesse lì, a casa. Con loro, con lei.
Se
solo fosse riuscita a pensare a lui come ad un-
Fidanzato?
Ma era suo amico. Ed erano lui, lei e il
nonno. Era sempre stato così. Un fidanzato invece ...
Non riusciva nemmeno ad immaginare di baciarlo.
La sua bocca su di lei.
Scattò in piedi e si chiuse dentro la propria stanza, il
viso in
fiamme. Anche dietro la porta non riuscì a reggersi in piedi.
Ma cosa-? Come aveva potuto pensare che-
La bocca su di lei che
non si stancava mai di baciarla.
Rei si coprì il viso con le mani.
Il bacio che l'avrebbe fatta
tremare, la felicità con cui l'avrebbe guardata,
allontanandosi appena.
Fu quell'ultimo pensiero a calmarla.
L'avrebbe amata, baciandola.
Non era solo la sua immaginazione, era quello che gli aveva visto
dentro poco prima.
Che gli aveva letto nello sguardo, negli anni. Quegli sguardi
dapprima adoranti, poi trasognati, infine più tranquilli. La
calma
di chi aveva accanto la persona che amava.
Che stupida a non capire prima.
E ora ... Non ebbe bisogno di ricordarsi che non serviva più
ragionare. Lo fece e basta.
Gli avrebbe messo le braccia
intorno, sarebbe stata lei a colmare la distanza tra loro. Voleva quel
bacio,
voleva lui.
Il fiato le
uscì dal corpo. Rimase immobile.
Voleva ... lui. Yuichiro le piaceva.
No. Non solo.
Non voleva solamente il bacio, voleva quello che c'era dietro. L'amore
di cui le aveva
parlato,
quello che, da quando aveva creduto che fosse sparito, le era ... mancato.
Che le
era mancato così tanto. Spalancò gli occhi.
Non aveva mai voluto ammetterlo, perché avrebbe voluto dire
che ...
... non era possibile.
Cercò di non dirselo. Non era possibile ... no?
Ma ... ma quello che-
Si diede della codarda e se lo disse comunque.
Volevo che mi amasse perché non era una stupida
cotta; ero innamorata di lui.
Fu come un colpo allo stomaco, ma non più grande di quello
che venne dopo.
Sono ancora innamorata
di lui.
Non aveva voluto che andasse da nessuna parte perché lo
voleva lì per lei. Perché le stesse vicino come
aveva sempre fatto.
Essere amici era stato abbastanza, perché ...
perché lui non l'aveva più amata come prima.
Perché un giorno l'aveva visto, l'interesse per una con cui
stava parlando, al bancone del tempio; e quel giorno si era accorta che
Yuichiro aveva ... smesso, no? Sì, aveva già
smesso da tempo di illuminarsi quando la vedeva, di fare di tutto per
accontentarla; aveva smesso di essere innamorato di lei. E ... peggio per lui!,
aveva pensato. Per me
non era certo una cosa seria.
No, non una cosa seria. Ne era stata convinta, aveva voluto crederlo.
Perché?
La risposta era semplice, se ripensava al primo periodo in cui l'aveva
conosciuto. Yuichiro era
stato ... le mancavano solo gli
aggettivi: sciocco, poco serio e troppo allegro, per cominciare.
Non era stato affatto simile al fidanzato maturo, bellissimo e
intelligente che lei aveva tanto desiderato. Sospirò: che
aveva desiderato fino a neanche mezz'ora prima.
Ma allora più di oggi lei non aveva voluto saperne di
buttare al vento la possibilità di trovare qualcuno di ...
meglio. Quella che aveva era solo una stupida cotta, si era detta, e
l'aveva solo perché lui le stava sempre tra i piedi. Proprio
averlo sempre vicino e vederlo a volte comportarsi da completo idiota
aveva rafforzato quella convinzione: in quei momenti non le era
piaciuto per niente, in fondo.
E quando le cose erano cambiate, quando erano cresciuti entrambi ...
ecco, appunto allora lui aveva perso interesse per lei, o almeno
così aveva creduto.
Lei non aveva visto motivi per tentare di riaccendere quell'interesse;
a volte le era sembrato di poterlo fare, ma figurarsi se sarebbe mai
corsa dietro a qualcuno che aveva già smesso di amarla. No,
assolutamente; come se poi non ci fosse stato di meglio in giro.
... Sì, era stata una bella scusa.
D'altronde, col passare del tempo, Yuichiro era diventato qualcosa di
molto più importante: parte della sua famiglia. Lei aveva
avuto solo il nonno per così tanto tempo, ma le cose erano
lentamente cambiate. Ora a casa non c'era più solo lui ad
aspettarla. Yuichiro, come suo nonno, era diventato ... casa.
Inconsciamente, lei aveva saputo ... no, creduto che fosse da
attribuire a qualcosa di simile la pace che aveva sentito quando stava
con lui, quella pace che altrove non aveva ancora mai trovato.
Il resto era diventato poco importante.
Se di tanto in tanto si era ritrovata sempre più a guardarlo
in faccia, non aveva certo voluto certo dire qualcosa,
no? Aveva solo riconosciuto che senza l'aria da stupido
Yuichiro fosse diventato ... qualcosa che non aveva voluto dirsi; quei
pensieri li aveva sempre fermati.
Invece l'avevano incuriosita, in parte imbarazzata, gli altri pensieri,
quelli che molto più raramente le erano passati per la
testa. Le volte in cui, per un qualche motivo, si era ritrovata a
stargli particolarmente vicina ... qualche idea era nata. Normale, in
fondo. Si era detta che erano gli ormoni, che
stava crescendo e che si doveva trovare un ragazzo.
Impedirsi di amarlo non le aveva impedito di desiderare l'amore.
Rilasciò un profondo sospiro.
Niente da dire: era bello riuscire a ricostruire con un ragionamento
quattro anni di stupidità.
Quattro anni sprecati. Anni in cui avrebbe potuto essere felice. In cui
avrebbero potuto essere felici, insieme.
Che stupida.
E Yuichiro ... se solo si fosse dichiarato prima. Quattro anni passati
ad amarla e possibile che non avesse mai fatto una sola mossa chiara da
... praticamente mai?
Che stupido.
La porta della sua stanza si aprì di colpo.
"Sei uno stupido!"
"Cosa?" Yuichiro si alzò, mettendosi seduto sul futon.
"Sei uno stupido, ho detto."
Quella reazione se l'era aspettata. Magari domani però.
Rei entrò nella sua stanza e si inginocchiò
davanti a lui, sul pavimento. Prima che potesse continuare,
parlò lui. "Sì,
stupido e
patetico. Lo so da me: è per questo che me ne sto andando."
"Non è quello che volevo dire."
"Se sei venuta a dire che ti dispiace per me, non farlo." Non
avrebbe potuto sopportarlo.
"Non è neanche questo. Chiudi la bocca per un attimo."
La chiuse, spinto ad obbedirle come sempre, quando usava quel tono. Si
maledisse per quella reazione nell'istante successivo. Fu sul
punto di parlare comunque, ma Rei lo precedette. "Perché non
me l'hai detto prima?"
... Perché? C'erano mille ragioni. Ma la principale era una
sola. " ... non sarebbe servito a niente."
"Non potevi saperlo, io avevo il diritto di saperlo prima."
Ma cosa-? "Sapevi già di piacermi."
"Sapevo che avevi una cotta per me, ecco l'unica cosa che
sapevo. Ed è una vita che non ti
comporti come se avessi
voluto da me qualcosa di più. Io credevo ... che ti fosse
passata."
Passata?
Passata?
"Sei meno sveglia di quello che pensavo, Rei."
"Sì, sono una stupida."
Cosa?
"Ma non sono la sola. Sei uno stupido, Yuichiro."
... Non ci capiva più nulla.
"Se me l'avessi detto prima, non avremmo perso tutto questo tempo."
Perso?
No ...
... non poteva essere vero.
"Me ne sarei resa conto ... prima."
"Di cosa?" Era stata la sua voce a chiedere; la testa aveva smesso di
funzionargli.
La vide abbassare lo sguardo. "Che ... sono innamorata di te."
Non era possibile.
Si rifiutò di farsi arrivare quelle parole dove non avrebbe
più potuto fare nulla per fermarle.
Incredibilmente, ci riuscì. Bastò una singola
immagine. "Tu hai un ragazzo."
"Come?"
"Quello che hai lasciato che ti baciasse qui fuori."
"Avevo ragione, è per questo che hai pensato-" La vide
interrompersi e scuotere rapidamente la testa. "Non ci siamo mai messi
insieme. E non ci vedremo più."
Yuichiro ripensò a quella scena. "Non sembrava."
"Mi stavo completamente sbagliando con lui."
"Come potresti sbagliarti adesso?"
Quella di Rei era una confessione saltata fuori dal nulla.
Non credeva lo stesse facendo apposta, ma lo aveva capito
che non
voleva vederlo andare via. Magari stava confondendo del semplice
affetto per qualcosa di
totalmente diverso.
E lui non poteva, non voleva più immaginare, illudersi.
Rei iniziò a perdere la pazienza. "Perché fai
così? Ti ho appena detto che sono
innamorata di te."
"Perché non ci credo. Tu non hai mai avuto interesse per me."
"Perché ero uno stupida. E non è vero che non ho
mai provato interesse per te, solo che ... ero una stupida."
Silenzio.
E non la stava neanche più guardando.
Rei sentì un disperato bisogno di chiarire. "Voglio
ricambiarti. Non per tenerti accanto a me o perché
mi mancherai, ma perché prima, quando me l'hai detto ...
dopo
non sono più riuscita ad immaginare di non ricambiarti."
Lui le dava ancora le spalle.
"Si può sapere che ti prende? Pensi davvero che parlerei
così se non fosse vero?" Sentì montare dentro la
rabbia.
Finalmente lo vide girarsi verso di lei. "No. Ma ... "
Con un movimento improvviso si mosse in avanti, fino a che col
corpo non fu che a pochi
centimetri
da quello di lei, il fiato sulla guancia. "Così ... ti
dà fastidio se faccio
così?"
Rei sentì il respiro accelerare e non riuscì
più né a
muoversi, né a guardarlo negli occhi.
Il calore era talmente vicino.
E
sul naso aveva l'odore, quello che aveva già sentito in
passato, quello che era ancora così ... buono.
Oh sì, stupida. Quella scintilla era sempre stata
lì. Non avrebbe mai potuto esserci con nessun altro.
E lui non la stava neanche toccando, ma si sentiva come se l'avesse
fatto
mille volte. A quel pensiero avvampò e non poté
evitare di irrigidirsi, appena. Se solo l'idea la faceva sentire
così, come avrebbe
fatto a-
Un secondo dopo lui si era allontanato. "Lo sapevo."
Lo vide spostarsi verso l'altro bordo del futon e rimanere fermo
lì, le braccia intorno alle gambe piegate.
Lo sapeva?
Rei si schiarì la mente e capì cosa aveva cercato
di
provarle. A gattoni, avanzò rapida sopra il futon.
"Rei, non-"
Gli mise una mano sulla bocca. "Zitto." Si sporse in avanti e gli
appoggiò le labbra sulla guancia.
Spostò le mani in modo da tenergli il viso. Senza alcuna
fretta, mosse le labbra piano, verso la bocca di lui. Quando ne
sentì i contorni, non riuscì ad
iniziare quel bacio. Aveva prima disperatamente bisogno di sapere se
lui aveva capito. Si allontanò quel tanto che bastava per
guardarlo negli occhi.
Trovò un'espressione di completo stupore.
Premette con più
forza sulle mani. "Per favore, devi credermi." A
quel punto era un bisogno: non poteva
non crederle.
E finalmente negli occhi di lui apparve qualcosa e le sembrò
che
...
Sentì le sue mani appoggiarsi sulla vita e
immediatamente si irrigidì. Lui le tolse subito, con in
faccia l'espressione di chi aveva toccato quello che non doveva toccare.
"No! E' solo ... troppo. Voglio dire, per
questo anche prima- Altre volte non mi è mai successo, ma
con te ... Devi solo-" Si interruppe, perché era una
spiegazione che non stava andando da nessuna parte. Certo che anche lui
poteva avere un po' più di coraggio! Ma
lei pure.
Erano tutti e due degli idioti.
Ci voleva una terapia d'urto. Non ci pensò e semplicemente
lo fece.
Gli si aggrappò addosso e lo trascinò di peso con
sé sul futon, finendo sulla schiena.
Guardò la faccia attonita sopra la sua e si
rifiutò di concentrarsi su una qualunque forma di
nervosismo. Lo fissò dritto negli occhi. "Baciami. E
non fermarti."
Proprio quello che voleva, fin nel profondo; e ora finalmente lo
sapeva. Fu sul punto di ridere, ma lui scelse quel momento per
ubbidirle.
E fu come se lo era immaginato. Per mille.
L'esitazione si fece viva solo nel primo tocco di labbra e non fu sua.
Ma Yuichiro non si fermò e non si staccò e le
carezze sulla bocca si fecero sempre più insistenti, piene
di bisogno. Infinite, i baci indistinguibili l'uno dall'altro. Rei li
ricambiò tutti, cercandogli le labbra senza riuscire a
fare, a desiderare altro. Voleva quello, tutto quanto.
Passione. Non dovette fingerne una
sola goccia, la riempiva totalmente.
La separazione arrivò improvvisa. Sopra il suo viso,
Yuichiro stava sorridendo incredulo, felice come non l'aveva mai visto.
"Non fermarti." gli ripeté.
"Sì."
Si sdraiò accanto a lei, sul fianco, e tornarono a
dimenticare ogni altra cosa.
Quando la necessità di respirare la spinse ad allontanarsi
appena, Yuichiro la strinse forte, appoggiandole il volto sui capelli.
"Non esiste qualcuno più felice di me, adesso, in tutto il
mondo."
Rei non trattenne la risata: che frase zuccherosa! Ma la
adorò. "Sì. Io."
Perché era lì con lei, come sarebbero sempre
dovuti stare. E l'amava, non aveva mai smesso di amarla.
E non sarebbe andato da nessuna parte.
Aprì gli occhi e mise maggior forza nelle braccia che lo
stringevano. Era voluto andare via perché era stato convinto
che non l'avrebbe mai ricambiato. Era stata proprio lei a farglielo
credere, per ... troppo tempo. "Mi dispiace. Ti ho fatto pensare che
non avrei mai scelto te e invece l'avevo già fatto da
chissà quanto ... sono stata una stupida."
Yuichiro assaporò ognuna di quelle parole: non aveva passato
anni a immaginare il nulla. Rei aveva scelto lui, pensava che fosse il
più giusto per lei.
Come era giusto stringerla, poterla toccare, sapere che voleva stare
con lui. Che provava quello che provava anche lui.
Un sentimento che le aveva comunicato a voce, per la prima volta, solo
quel giorno. Si ritrovò a scuotere la testa. "Avrei dovuto
dirtelo prima."
Anche quando si era immaginato che fosse tutto finito, si era sentito
bene per averle fatto sapere quanto aveva contato per lui.
Ma non si era per nulla immaginato che pochi minuti dopo avrebbe
baciato per la prima volta le labbra che aveva sognato di toccare da
... sempre.
Tornò a guardarla e non ebbe voglia di resistere all'impulso
di farlo di nuovo, di sentire ancora la bocca morbida sotto la sua, di
vedere la reazione di lei a quel contatto.
L'espressione della più totale felicità.
E se era possibile morirne, a lui tra poco sarebbe capitato.
Nel volto di Rei tornò un alone di tristezza. "Pensavi di
dover andare via, se me l'avessi detto?"
" ... sì." Era stato codardo e aveva atteso di vedere il
rifiuto espresso in un altro modo, ma ... "Non potevo pensare di
sentirti dire ...
'no'. Ed era l'unica risposta che mi aspettavo di ricevere."
"E' stata colpa mia se l'hai pensato."
Sentire Rei che si incolpava era tanto straordinario quanto
assurdo. "Ora siamo qui e non mi interessa più
quello che è stato." Rei voleva stare assieme a lui e solo
il futuro aveva importanza. "Invece mi interessa sapere una cosa."
"Cosa?"
"Posso darti anche io qualche ordine, vero?"
Rei sorrise e annuì con la testa. Tutti quelli che voleva.
"Allora ... Non permettere mai più a nessun altro di
baciarti." Ma, anche se in minima parte, era una richiesta.
"Prometto."
Le successive parole furono pronunciate con espressione
incerta. Intensa.
"Rimani per sempre con me."
La stretta al cuore le tolse il respiro; l'animo le si aprì
e lo
lasciò entrare. "Sì. Ti amo, Yuichiro."
La risposta andò a
sopire sofferenze, a
far tacere passate insicurezze. E a farlo sorridere di nuova luce.
"Allora baciami. E non fermarti."
Ridendo, Rei lo accontentò volentieri.
Nonno Hino passeggiava per il boschetto circondante il tempio, quella
mattina.
Il sole gli colpì il viso oltre le fronde degli alberi: gran
bella giornata.
Un bel giorno era un giorno produttivo. Si diresse verso casa, per
iniziare le sue faccende.
Sull'ingresso con la porta aperta, da lontano, scorse Rei, addosso la
divisa scolastica e pronta
ad andare a scuola.
Come ogni giorno.
Quello che di diverso vide fu Yuichiro che la tirava dentro per un
braccio.
E sua nipote e il suo aiutante che si baciavano, come se lo avessero
sempre fatto.
Rei si staccò con una risata e corse via, in volto
un'espressione di amore e pace.
Il ragazzo rimase fermo sulla soglia di casa, guardandola nello stesso
modo.
Il vecchio Hino sbuffò, sorridendo.
E così ... e così ...
Iniziò a fischiettare e riprese a passeggiare.
FINE
NdA
originali:
ed ecco la one-shot su Rei.
I versi che trovate all'inizio sono di un poeta indiano. Maggiori
informazioni le trovate a questo link (in inglese):
http://www.columbia.edu/itc/mealac/pritchett/00ghalib/004/4_02.html
Li ho scoperti come citazione in un libro che stavo leggendo e mi sono
piaciuti moltissimo. La traduzione in italiano rispecchia quella
presente in quel libro, non stupitevi perciò se non
assomiglia a quella del link.
La parte che mi ha colpito è quella che implica che l'amore
è un dolore senza cura. Non l'ho voluto leggere in accezione
negativa, quanto in un'accezione 'romantica': l'amore dà
sapore alla vita, toglie ogni dolore ma niente può far
andare via lui.
Con questa lettura, ho trovato questi versi molto adatti all'amore
tormentato che ho descritto (o cercato di descrivere) in questa storia.
Ho sempre pensato che per Rei non ci fosse qualcuno di più
adatto di questo personaggio.
Ah, la sua storia familiare l'ho inventata, non è niente di
riscontrabile nell'anime (a parte il fatto che Yuichiro viene in
effetti da una famiglia ricca, con ville in montagna e appartamenti in
Svizzera :); se ne parlava nella puntata 38 della prima serie).
Questo titolo, come già quello di "Oltre le stelle" l'ho
scelto solo dopo aver completato la storia. 'Indole' dai versi che ho
riportato, 'fuoco' ad indicare Rei o più generalmente
l'amore e la passione.
Spero di aver reso bene la loro storia anche per voi che avete letto.
Per domande o commenti, risponderò all'interno
di questa stessa one-shot, aggiornando la pagina e aggiungendo le
risposte dopo queste note.
Ciao a tutti
Ellephedre.
Risposte alle recensioni:
amayuccia:
ciao, sono contenta che tu abbia notato il miglioramento nello stile.
Sì, in effetti i pezzi sulla famiglia di Yuichiro nella
precedente versione erano veramente buttati lì, dovevano
essere
solo un contorno. Ho deciso di parlare meglio della sua famiglia
perché farò fare un'apparizione ad almeno uno di
loro (o
forse a più d'uno) in 'Verso l'alba'; il motivo
sarà dato
dall'avvicinarsi del suo compleanno, che ho deciso di indicare nella
data del 23 Dicembre (in giro non ho trovato alcuna altra data, quindi
l'ho inventata io :) ). Hmm ... la famiglia dei personaggi è
parte integrante delle mie fanfic, me ne rendo conto solo in momenti
come questi :D
Nel pezzo in cui Yuichiro vede quel bacio sono stata costretta a
soffrire per lui, altrimenti non veniva fuori il dolore che volevo
trasmettere; che tu abbia sofferto per lui quindi è un
trionfo
per me :D (me malvagia).
Per quanto riguarda il personaggio di Yamato, è un po' che
gioco
con l'idea di utilizzarlo o menzionarlo almeno un'altra volta (ma senza
un fine particolare ... e forse è proprio per questo che non
lo
farei riapparire).
Nonno Hino è un elemento comico-tenero delle mie storie,
quindi
non posso che essere contenta se i lettori lo vogliono abbracciare :D
Grazie del commento!
ggsi: ciao
anche a te :)
Sono felice che la caratterizzazione del personaggio di Rei ti sembri
accurata. Sulla menzione dei dialoghi Rei/Usagi, devo dire che forse mi
è rimasto impresso molto il dialogo della prima puntata
della
terza serie (episodio 90). Ricordo che a quei tempi mi sembrava strano
sentirle parlare tra loro in quel modo, strano in maniera positiva,
perché quel primo episodio mi aveva colpito per le atmosfere
più serie e adulte rispetto alle precedenti due serie.
Su Yuichiro ricordi bene, c'era una puntata in cui Rei lo trattava come
un facchino. Poco dopo lui si scontrava con Koan (Kermesite in
italiano) e cadevano i pacchi ad entrambi; a Yuichiro sembrava di aver
già visto Koan (era venuta al tempio per uno dei suoi piani
nemici qualche puntata prima, come allenatrice nella palestra che il
nonnino aveva tentato di mettere in piedi) perciò rimaneva a
fissarla mentre andava via e, quando Rei lo notava, sbottava con un
'Che hai da guardare?' :D
Scusa il riassunto, ma è da scene come questa che ho tentato
di
costruire il rapporto tra Rei e Yuichiro (non è che me la
ricordo a memoria dopo tanti anni, eh :D Ho cercato apposta quelle
puntate quando ho scritto questa fanfic).
Comunque 'Yuichiro, yes, he can' è favoloso ! :D:D:D Grazie
a questo slogan può correre per le presidenziali :D
Il finale del nonnino che in un certo senso li benedice in fondo
è uguale ad altri miei finali (Kenji che guarda Usagi e
Mamoru
in 'Oltre le stelle - scene 2', le amiche che osservano Ami e Alexander
in 'Acqua viva 4'), ma penso che questo tipo di scena, oltre ad essere
allegra, mi permetta di chiudere le storie in modo abbastanza degno.
Ohhh, grazie per il commento sulla punteggiatura *_* Mi ci impegno
davvero parecchio, non sono rare le volte in cui sto a cambiare posto
alle virgole o gioco col testo per vedere se funziona meglio un punto o
un punto e virgola. E anche così quando poi revisiono sto a
cambiarle ancora :D
Grazie per aver speso tante belle parole sulla mia scrittura :)
chichilina:
breve ma concisa :)
Sono complimenti che fanno arrossire. Sono contentissima che ti
piacesse già la prima versione (al tempo piaceva molto anche
a
me) e ovviamente mi fa ancora più felice che tu abbia
apprezzato
i miglioramenti attuali. Grazie per avermelo fatto sapere.
Nicoranus83:
ancora una volta,
devo arrossire :) Sapere di provocare questo tipo di reazione
è
sempre bello per uno scrittore, specie se dilettante come me.
Non posso fare altro che sperare di suscitare ancora in chi mi legge
questo tipo di meraviglia :) Grazie per il commento.
maryusa: mi
avevi accennato
alla rivalutazione di Rei come personaggio; sapere di avertelo fatto
apprezzare con la visione che ne ho dato è un onore :)
Sì, a Yuichiro era stata resa tutt'altro che giustizia
nell'anime. Ho rimediato :D
Ancora mille grazie anche per aver voluto recensire la precedente
versione. Sono contenta che tu abbia apprezzato i miglioramenti.
luisina:
ciao :) Come hai
giustamente notato, nell'ultima parte ho lavorato sulle emozioni,
cercando di far percepire sentimenti che in un modo o nell'altro avevo
saltato prima. Per la 'famosa frase' (:D), Rei ha aggiunto il 'non
fermarti' più che altro perché poco prima
Yuichiro si era
già fermato alla prima esitazione che gli aveva mostrato e
non
voleva più rischiare. Tuttavia, appena ha finito di
ordinargli
di non fermarsi, pensa che è proprio quello che vuole, in
generale :D
Felice che tu abbia adorato la frase, in un certo senso è il
culmine della storia.
Ciao e grazie per la recensione!
Alla prossima, ellephedre
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