Missing moment

di Shanley
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Desclaimer: I personaggi di questa storia non mi appartengono ma sono di proprietà di Akira Toriyama e di chi ne detiene i diritti. La storia è scritta senza scopo di lucro.

Note: Cari lettori e lettrici, vi ringrazio di aver iniziato la lettura di questa mia nuova raccolta dedicata interamente alla mia coppia preferita, la Vegebul, e alla loro straordinaria famiglia. Queste brevi OS racconteranno dei Missing Moment che nella storia originale non vengono narrati ma che possiamo solo immaginare con la nostra fantasia di fan. Ogni capitolo sarà a sé e le varie storie non saranno scritte in ordine cronologico ma man mano che mi verranno le idee le posterò. Questa raccolta per tanto non avrà una pubblicazione fissa ma la aggiornerò a seconda della mia ispirazione. Inoltre ogni OS avrà un suo genere che varierà dal Triste, al Fluff, all'Angst, al Commedia a seconda del missing moment narrato, per questo nello specchietto introduttivo ho messo il genere Generale. Anche il punto di vista cambierà in ogni OS. Ce ne saranno alcune raccontateci da Bulma e altre da Vegeta. Non escludo nemmeno la presenza di qualche OS dal punto di vista dei figli. La nota comune a tutte le OS sarà, oltre ai personaggi rappresentati, il genere introspettivo e la voce narrante in prima persona. Ringrazio ancora chi deciderà di leggere la raccolta. Buona lettura!!!

 

 

 

FROZEN HEART

 

 

Genere: Angst, Triste, Introspettivo

 

Cammino nel cuore della notte lungo i corridoi deserti della Capsule Corporation, unico spettatore di quelle tenebre silenziose. L'ansia mi attanaglia lo stomaco e la paura mi fa tremare fin dentro le ossa. Lo sapevo che qualcosa non andava, in questi giorni ero molto più stanca e mi sono sentita più irritabile del solito. Ho una fame pari a quella dei sayan e soprattutto ho la nausea. Tutte le mattine, puntuale come il susseguirsi delle stagioni, mi sveglio alle sei e passo la mia prima ora da sveglia in uno stato pietoso. Sono giorni ormai che questa situazione si ripete ma io non volevo ammetterlo a me stessa. Non volevo accettare che fosse successo davvero perché so già cosa accadrà non appena lui lo saprà, non appena avrò il coraggio di dirlo ad alta voce. Deglutisco il nulla stringendo le braccia al corpo. Sento freddo anche se questa notte non lo è per niente, e mi rendo conto che il freddo che sento non ha nulla a che fare con la temperatura esterna. Viene da dentro il mio cuore. La mia anima si è fossilizzata in un blocco di ghiaccio per evitare il dolore, ma sto ancora mentendo a me stessa. Già lo so che non appena i suoi profondi occhi neri si poseranno su di me, le barriere che ho eretto per non soffrire crolleranno una dopo l'altra, spazzate via come foglie nel vento. Perché anche se in tutta la mia vita sono stata una donna forte e indipendente, davanti a lui mi sento fragile come una bambola di porcellana. Sento una lacrima scendere lenta sulla mia guancia, sfuggita al ferreo controllo che sto imponendo su di me. Per quanto ancora riuscirò a trattenere le mie lacrime? Per quanto ancora fingerò di essere forte quando invece in questo momento sono terrorizzata? Inspiro a fondo costringendo i miei piedi a muoversi uno davanti all'altro. Vorrei scappare fuggendo lontano, il più lontano possibile da quella situazione che, me lo sento nelle ossa, non si risolverà affatto bene, non per me almeno. Raggiungo la porta d'ingresso e con mano tremante afferro la maniglia e l'abbasso. Sono così tesa che anche un gesto semplice come questo mi sembra un'impresa titanica.
E sono fuori. La fresca brezza della sera mi fa rabbrividire e comincio a tremare come fossimo in pieno inverno anziché all'inizio di agosto. Fisso la mia meta e un brivido corre lungo la mia schiena. La gravity room... Lo so che lui si trova lì. Nonostante l'ora tarda, è ancora lì dentro. L'ho aspettato tutto il giorno nella camera nella quale alloggia mentre vive da me per dirglielo, ma proprio questa sera non è venuto a dormire. Inizio a camminare incerta come un bambino nei suoi primi passi, e mi avvicino alla mia meta. Non lo vedo ancora, l'oscurità non è mia amica, ma lo so che lui invece ha percepito la mia presenza. Sento il cuore martellare nel petto sempre più forte, tanto da farmi male e mozzarmi il respiro, ma non posso tirarmi indietro. Vorrei girare i tacchi e ritornare al sicuro nel mio letto e non pensarci più almeno fino a domani, ma mi costringo a restare e camminare. Non voglio essere una codarda. Stringo i pugni così forte da conficcarmi le unghie nei palmi delle mani. Ancora pochi passi e sarò arrivata. Non riesco nemmeno a terminare quel pensiero che il portellone della gravity room si apre e lui scende con passo lento la rampa di uscita. Mi fermo, paralizzata dalla sua sola presenza. Non riesco a muovere un muscolo ma in compenso il mio cuore lavora così tanto che sembra voler esplodere. Ho i brividi e sto tremando. Che sia l'inizio di un attacco di panico? Lo osservo qualche istante in silenzio mentre lo vedo sistemare alcune cose in una borsa. Lui mi ignora, come sempre. Lo sa che sono qui ma non gli importa. A quella consapevolezza sento gli occhi riempirsi di lacrime e la rabbia farsi strada nel mio cuore. Ma non sono furiosa con lui, no. Lo sono con me stessa. Lo sapevo con chi stavo avendo a che fare quando ho iniziato la nostra... Non so nemmeno come definire quello che abbiamo avuto. Inspiro a fondo e decido che non mi importa come reagirà, io devo dirglielo.
-V...Vegeta.- Chiamo con voce tremula e mi odio per la mia debolezza. -Io sono...-
Si volta inchiodandomi sul posto con il suo sguardo di ghiaccio, mandando in fumo ogni briciolo di coraggio che sono riuscita a trovare quando ho preso la decisione di andare a parlargli. Uno sguardo così profondo che ogni volta sembra riesca a leggere nelle profondità recondite della mia anima. È serio, così serio da farmi paura. Abbassa lo sguardo sul mio ventre e una smorfia di disappunto sfugge alla sua maschera di indifferenza. Lo sa. Il mio cuore perde un battito e per un momento mi sembra si sia fermato. Lui già lo sa e io mi sento una sciocca. Avrà percepito l'aura della vita che porto in grembo nello stesso istante in cui l'abbiamo concepita. Vedo le sue labbra muoversi e le parole che mi rivolge sono come acqua gelata in piena faccia.
-È un tuo problema.-
Niente altro. Quattro parole... Quattro insulse parole prima di salire sulla navicella spaziale e partire nello spazio infinito senza nemmeno dirmi se mai lo rivedrò. Cado in ginocchio e piango. Finalmente lascio che il dolore e la frustrazione prendano il sopravvento su di me.
Rimango nell'erba per chissà quante ore prima di riuscire a rialzarmi. I miei occhi ora sono asciutti, ormai privi della possibilità di piangere. Ripenso ancora a quelle maledette parole che lui mi ha rivolto prima di andarsene e la rabbia mi assale. Stringo i pugni così forte da farmi male. Non mi ha nemmeno lasciato finire la frase. Ma io sono incinta e la sua fuga non cambia le cose. Non so nemmeno io dove trovo la forza per riprendermi, ma lo faccio. Devo farlo. Ora ho una vita che cresce dentro di me e devo prendermene cura. Indurisco lo sguardo e mi alzo posando una mano sul ventre e giurando a me stessa che mai più gli avrei dato tutto quel potere su di me. Mai più. Lo farò per la vita che porto in grembo, ma lo farò anche per me stessa.

 

 

 





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