Speciale

di AlexEire
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Da piccola ero una bambina speciale, un prodigio. In seconda elementare scrivevo poesia in rima, in terza  progettai il modo di impedire ad un laghetto di strabordare durante le piogge, in quinta lessi “Il maestro e Margherita di Bulgakov”, tutte le mie prove erano da dieci.Le maestre, gli adulti tutti mi adoravano, ma avevo una sola amica del cuore perché ero “troppo particolare”. Studiai musica, imparai a suonare l’arpa, e finalmente venni a contatto con la realtà: ero bravina ma non avevo costanza, passione, talento. Ai concorsi a volte arrivavo ultima; smisi definitivamente in terza media. Le medie furono un periodo buio: mi mandarono in una scuola di serie B , una di quelle dove c’erano i bulli, i rom, gli immigrati, ma solo perché era più vicina casa. Lí passai da bambina prodigio a “sopra la media ma leggermente asociale e disadattata”. Non inventavo più nulla, leggevo di continuo, prendevo il massimo dei voti senza studiare, non seguivo le lezioni e avevo pochi amici. Cominciai a parlare di meno, e sempre di argomenti banali, perché nessuno mi capiva e avevo paura di infastidire. In quel periodo si aprì anche la parentesi sport: quattro volte a settimana, da vera agonista, anche se sono sempre rimasta mediocre. Poi andai al liceo classico e diventai “ acculturata più degli altri, appena sopra la media” . Non più l’unica a prendere voti alti, non più l’unica a leggere saggi e grandi classici, non più l’unica a praticare sport agonistico. Nulla di speciale insomma, ma almeno le mie relazioni sociali erano migliorate. Cominciai però scrivere temi scolastici da nove e da dieci con una regolarità assurda e  moltissimi  racconti, fiabe, storie su pezzi di carta stracciati, sentendomi ( a torto) un’ artista. Sfortunatamente, presi pure  ad arrovellarmi su domande filosofiche senza risposte: Qual è il senso della vita? Sono davvero diversa da gli altri? Perché ho avuto la sfiga di essere leggermente portata per le lingue morte, le materie umanistiche, la scrittura, in un mondo dove si prediligono computer e matematica? 

Più di tutto mi fa impazzire il fatto che le altre persone sembrano non preoccuparsi di nulla. Nessuna delle mie conoscenze ha progetti concreti per il futuro, obiettivi o semplicemente le idee chiare. Ridono, scherzano , usano Instagram, Whatsapp, Tumblr. È mai possibile non sentirsi schiacciati dal peso di tutte le cose che non si sanno -che io non so- e che nessuno saprà mai? Come posso dormire se penso a tutti i libri che sono stati scritti, e che io ne ho letti mille, ma che ancora non basta? Come  sono state create decine di opere “ profonde, intelligenti, con del potenziale” ma senza capo né coda? La vita degli uomini è effimera, e io non voglio l’oblio. In bilico tra la genialità e la mediocrità, né una, né l’altra, nessuna salvezza, nessuna condanna, solo incertezza.

Salvatemi, vi prego. 

Affogo nel vortice dei miei stessi pensieri

Note autrice: L’introduzione della storia è tratta da “Antologia di Spoon River” di Edgar Lee Masters, in particolare dalla parte su Walter Simmons. Spero vivamente che possiate apprezzare questo delirio semi-autobiografico, e non dimenticate che eventuali consigli e correzioni sono sempre bene accetti.




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