Passerby
Chișinău, Moldavia.
12 Ottobre 2018.
Circo nazionale di Chișinău.
11:30 circa.
Un cielo grigio sovrasta Chișinău. La capitale moldava, già
grigia di suo per via di ciò che i comunisti avevano lasciato
quando se n'erano andati (enormi palazzi monocromatici), unita a quelle nuvole e a quel rigido freddo
autunnale, rendeva la città quasi tetra.
Tra le eredità lasciate dai sovietici all'ormai ex principato, vi
è un monumentale circo. La struttura, che, vista dall'esterno,
ricordava un enorme muffin, aveva servito (e divertito) la
comunità moldava a partire dal 1981, continuando a farlo anche
dopo la fine del regime. Gli spettacoli durarono altri dieci
anni, fin quando, nel 2004, il circo fu chiuso per lavori di
ristrutturazione. Ma i lavori non finirono mai, vuoi per questo o quel
motivo. Fu così che, col passare del tempo, le uniche due figure
che restarono a guardia dell'edificio furono le statue dei due clown
sopra l'ingresso.
Quest'oggi, però, i due custodi coperti di ruggine hanno visite.
Sette persone, cinque maschi e due femmine, sono venute con un paio di
furgoni, scaricando attrezzature, strumenti musicali, teli e altri
materiali, portandoli sul palco dove, anni prima, si esibivano clown,
giocolieri, ballerini, trapezisti. Sembrano
aver fretta: sono arrivati alle sei del mattino, e, da allora, non
hanno fatto altro che preparare un set, costituito principalmente da
teli neri, luci al neon, casse e macchine per il fumo. Un vociare in
russo riecheggia tra i presenti, amplificato dall'enorme cupola che
sovrasta il salone.
- Arcadiy, la camera va bene? - domanda un tizio dai dread lunghissimi che si sistema la chitarra.
- Sì, Vidick. Devo solo spostare una delle macchine per il fumo - risponde Arcadiy, il regista.
- No, non farlo. Lì dobbiamo attaccarci dei cavi per il computer! - .
- Tranquillo, sposto solo la direzione del fumo. - .
Più indietro, un ragazzo dai capelli grigi gioca con delle
bacchette, cercando di ammazzare il tempo. Le tamburella sulle cosce,
provocando un ticchettio che non sembra piacere all'altro chitarrista
del gruppo, un ragazzo magro di media statura dai capelli neri.
-Smettila, Eugene, mi fai venire il mal di testa! - sbotta, guardando male il batterista.
Un ragazzo rasato, intento a suonare il basso, alza la testa.
- Calma, Sergei. Siamo tutti nervosi. Siamo in piedi dall'alba, sono le
undici e trenta, e ancora non abbiamo iniziato. Come se non bastasse, abbiamo
anche poco tempo. - .
- Ci provo, Vladimir... ci provo. - sospira Sergei.
- Fai come tuo fratello, mettiti le cuffie e suona. Purtroppo non posso provare senza far rumore... - si giustifica Eugene.
- Sergei ha ragione, Eugene. Metti via quelle bacchette. - .
Anger is a corrosive acid
eating you from the inside.
La voce, proveniente dagli spalti, era di una ragazza dai dread
colorati. Dread, che avevano visto più colori dell'arcobaleno in
trentadue anni. Attualmente, aveva i capelli tinti di grigio, lasciando
però qualche ciocca rosa. Differentemente dagli altri, che erano
vestiti con maglie e pantaloni neri, lei aveva una canottiera blu
sotto una felpa grigia, che usava per coprirsi dal freddo.
Eugene obbedì, alzandosi e sgranchendosi gli arti. Sergei si avvicinò a suo fratello.
- Vlad... cos'ha Lena? - domandò sottovoce.
Il bassista alzò le spalle.
- Non ne ho idea. Da quando siamo arrivati, è stata sempre in
disparte. Sorride solo quando Victoria, la fotografa, la inquadra per
il video del making of. Prima ho sentito Vidick che provava a parlarle,
ma ha ricevuto solo risposte evasive. Sembrava quasi infastidita. - .
- Non è da lei. - sentenziò il chitarrista.
Lena si alzò, iniziando a scendere verso lo stage. Victoria, intanto, faceva foto e brevi riprese.
- Allora? Come siamo messi? - chiese Lena, impaziente.
- Dobbiamo sistemare ancora un paio di cose, Lena. I computer non sono
stati collegati, così come le casse. C'è ancora un po' da
fare. - fece Vidick.
- Cazzo, Vidick, siamo qui dalle sei! - .
- Tutti noi siamo qui dalle sei. - si intromise Sergei.
- Non abbiamo molto tempo, gente! Sbrighiamoci. Non ho intenzione di restare qui tutto il giorno. - .
- Se magari ci aiutassi, invece di lamentarti... - sospirò Eugene.
- Zitto, Eugene. - .
Il batterista iniziò a imprecare.
- Ragazzi, cerchiamo di stare calmi, okay? - provò a calmare le acque Vladimir.
- Come ti permetti di trattarci così? Non siamo i tuoi schiavetti, Elena. - sbottò Vidick.
- Non state facendo abbastanza, Vadim. - .
Lena aveva
oltrepassato il limite. Vidick appoggiò la chitarra. Non
sopportava essere chiamato col suo nome di battesimo.
- Esci immediatamente. E non osare tornare dentro finché non ti sarai
calmata! Non mi sono alzato all'alba per battibeccare con te! Diavolo,
Lena, che cos'hai? - .
La ragazza non rispose, e lasciò lo stage, dirigendosi all'uscita.
- Ma che le è preso? - proferì Arcadiy.
- E' quello che vorremmo capire tutti. - rispose Sergei.
- Non ci vuole un genio per capire che quella non è la solita Lena. - sentenziò Eugene.
- Sono giorni che sta così. - intervenne Victoria. - I suoi sorrisi nelle mie foto sono finti fuor di modo. - .
- Dobbiamo capire che cos'ha. Tra una settimana torniamo in tour, e non voglio vederla in questo stato. - disse Vidick.
I presenti annuirono. Il chitarrista si voltò, fissando Vladimir.
- Vova, te la senti di andare a parlarle? - chiese. Il bassista annuì.
- Cerca quantomeno di farle tornare il sorriso. Ora rimettiamoci al lavoro. Sergei, aiutami con quei computer. - .
I'm standing alone, facing my fears.
facing you, judging me
for who I am and what I do.
Lena
uscì dal circo, fissando il cielo di Chișinău. La pioggerella
autunnale che stava cadendo non aiutava il suo umore, già
abbastanza cattivo. Si mise le mani in testa, sospirando.
Cosa mi sta succedendo?
Non alzava mai la voce con nessuno. Figuriamoci con i suoi compagni di una vita.
Quella non ero io.
Conosceva
Vidick dal 2007, quando il suo gruppo, gli Infected Rain, erano solo
formati da lei, lui e un amico di vecchia data del chitarrista, DJ
Kapa. Vova era arrivato più tardi, portandosi dietro il
fratello. Eugene fu l'ultimo a unirsi al gruppo. Erano insieme da anni,
e mai aveva osato lamentarsi o comportarsi in quel modo con i suoi
compagni di avventura.
Da cosa scaturisce tutto ciò?
Il flusso di pensieri fu interrotto da un rumore alle sue spalle, accompagnato da una domanda posta in un italiano stentato.
- Tutto bene, Cataraga? - .
Hey, little child.
Tell me about the pain.
Tell me about the nightmares
and fears you cannot stand.
Lena accennò un sorriso.
- Tutto bene, Vova. - .
Quando era una
ragazzina, la sua famiglia si era trasferita dalla Moldavia in Italia,
ad Aprilia. Nei vari tour europei, le date italiane non mancavano, e la
cantante ne approfittava sempre per passare a trovare sua madre e le
sue sorelle. Del padre, Lena a momenti non ne aveva più il
ricordo. Aveva lasciato la famiglia quando ancora era bambina, e da
allora non lo aveva più visto.
Così,
Lena, Vladimir e gli altri ragazzi del gruppo, poliglotti già di
loro per via del calderone linguistico presente in Moldavia, parlavano
fluentemente il rumeno e il russo, aggiungendo successivamente
l'inglese, indispensabile per la produzione musicale e il contatto
all'estero con i fan, e l'italiano, per quelle poche volte in cui
avevano a che fare con la famiglia di Lena (che, volente o nolente, era
stata costretta a impararlo).
- Sei una brava cantante, ma sei anche una pessima bugiarda. - disse lui, tornando a parlare in russo.
- E con ciò? - .
Il maggiore dei fratelli Babici iniziò a rollarsi una sigaretta.
- Dico solo
che, in quasi dieci anni di permanenza nel gruppo, oggi è stata
la prima volta che hai alzato la voce con tutti noi. Nel girare gli
altri video musicali non sei stata altrettanto scontrosa. - fece notare
lui.
- Lo so, Vova.
Ma questa volta è diverso. Questa nuova canzone, "Passerby",
è diversa dalle altre. E' un punto di svolta. Abbiamo firmato
con la Napalm Records, cavolo. Il sogno di una vita. C'è
seriamente la possibilità di iniziare un tour mondiale, con nomi
di rilievo... e magari, un giorno, da headliner. Questa canzone
è il nostro biglietto da visita, amico mio. L'antipasto che
serviremo al mondo. - .
Fear of losing and mistaken again
will take everything you have and leave you in pain.
Il bassista accese la sigaretta, e indietreggiò di qualche passo. Sapeva che Lena odiava il fumo.
- Partiamo da
un presupposto, Lena: con ogni probabilità, siamo la band metal
moldava più famosa al mondo, nel nostro essere semi-sconosciuti.
Ci siamo auto-prodotti per anni, sopravvivendo in questa giungla
musicale. "86" è stato un successone. Hai sfornato canzoni
bellissime in passato, ma con "Orphan Soul" ti sei superata. - .
- E' anche
merito vostro, che avete creato melodie spettacolari. - convenne Lena,
che, col passare del tempo, sembrava rasserenarsi.
Tell me about the time
when you were weak and lost.
Tell me about the monster
that scared you in the past.
Vladimir fece qualche tiro, prima di riprendere il discorso.
- Ad ogni modo,
sei riuscita a parlare di argomenti difficili, delle tue esperienze,
della tua vita privata... cos'ha "Passerby" di diverso? - .
Questions and doubts are eating you alive.
Lena alzò le spalle. Prima di rispondere, sembrò esitare.
- Non lo so. Forse è solo la pressione di tutte queste novità. - disse alla fine, non troppo convinta.
- Forse... - sussurrò Vladimir, soffiando fumo in aria.
La ragazza
abbassò lo sguardo. Vova la conosceva troppo bene, e sapeva che
non stava dicendo tutta la verità. Per sua fortuna, però,
il ragazzo non proseguì il discorso, continuando a fumare.
I due stettero
lì fuori in silenzio ancora per qualche minuto, quando l'inizio
di una canzone, all'interno del circo, fece capire che Vidick e gli
altri avevano finito di preparare l'impianto.
- Hanno finito, a quanto pare. - disse il bassista, buttando il mozzicone.
- Vieni qui, Vova. - .
Lena abbracciò il ragazzo, che, dal canto suo, sorrise, e tornò a parlare in italiano.
- Brava, Cataraga! - .
Lena proruppe in una risata, e tornò dentro, insieme al suo bassista.
- Eccoli. - .
Ai ragazzi bastò vedere il sorriso di Lena per sentirsi più tranquilli. Vladimir la seguiva a ruota, sorridendo.
La ragazza chiese scusa a tutti, regalando abbracci a destra e a sinistra. Eugene le diede un paio di bacchettate in testa.
- Non fare mai più così. Non ti riconoscevo più. - disse il batterista, sorridendo amaramente.
- Promesso. - .
Sergei, invece, finì per essere strapazzato dalla cantante con delle grattate di capo.
- Sì, questa è la Lena che conosco. - fece, recuperando la chitarra.
Arcadiy li riportò alla realtà.
- Ragazzi, che
ne dite di iniziare? Non voglio trasformarmi nella Lena che avete visto
poco fa, ma siamo arrivati a mezzogiorno, e vorrei finire il prima
possibile. - .
Gli Infected Rain annuirono, e presero posto.
- 3, 2, 1... azione! - .
Non appena le
note di "Passerby" iniziarono a propagarsi dalle casse, i quattro
musicisti iniziarono a muoversi come se fossero su un palco. Lena,
trasformatasi in una leonessa variopinta, iniziò a ruggire in
playback.
Passerby! It hurts! It hurts everytime!
Passerby! It hurts! It hurts everytime!
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