Il
mare si agitava in tempesta, spuma bianca che schizzava
nell’aria, mentre l’acqua rifletteva le
tonalità plumbee del cielo.
Era uno scenario inquieto, proprio come la sua anima. Edward cercava di
scappare lì ogni volta che poteva: su quell’arena
grigia e fredda vi erano solo le sue impronte, nubi cariche di pioggia
che si avvicinavano sempre di più. C’era
l’aria frizzante ed elettrica che preannunciava un temporale,
e il vento gelido gli faceva sbattere con furia la giacca contro il
corpo: era il clima perfetto per riflettere.
Aveva scoperto l’esistenza di quella città ormai
da anni. Le tempeste d’inverno lo aiutavano a riflettere, e
di recente la sua mente era così piena di
pensieri…
«Edward!»
Oh, no. Non di nuovo. Credeva che nascondersi lì sarebbe
servito a far tacere quella voce, a dargli un po’ di tregua,
di solito funzionava…
«Edward!»
«S-sta’ zitto…!»
Quella voce. Quella maledetta voce… avrebbe voluto metterla
a tacere per sempre, eppure non ci riusciva.
«Edward! Ti prego, ascoltami…»
Edward si lasciò cadere a terra, le ginocchia che
impattarono dolorosamente su quella sabbia grigia. È strano:
un terreno del genere dovrebbe essere morbido, invece adesso pareva
duro come roccia.
Era fuggito da Londra per non sentirlo più,
perché credeva che lontano da quei camini fumanti avrebbe
trovato la pace che cercava. Peccato che fosse stato tutto inutile: lui
era lo spirito di Londra di notte, non poteva trattenersi a lungo
lontano da quella città, dai pub malfamati, dalle sue
conoscenze losche.
Edward si prese la testa tra le mani, trattenendo a fatica un ringhio
tra i denti.
«Lasciami in pace, Henry!»
Lo odiava. Lo detestava con tutte le sue forze.
Se era fuggito da Londra l’aveva fatto principalmente a causa
sua. quella maledetta città gridava il suo nome in ogni
angolo, perché era ormai abituato a vederla con i suoi
occhi: le piazze che gli scorrevano davanti quando si muoveva in
carrozza, i viali alberati che attraversava durante le sue
passeggiate…
I pensieri di Edward si arrestarono di colpo nel momento in cui si rese
conto che, in tutte quelle situazioni, era onnipresente la dannata
figura di Robert.
Lo vedeva stringere simpateticamente la spalla di Henry, rivolgergli
sorrisi luminosi mentre camminavano nell’aria autunnale,
foglie caduche che scivolavano via dai loro rami.
Detestabile.
Aveva preso una stanza in un vecchio motel scadente, poco fuori
città, ma comunque piuttosto vicino al mare. Sentiva le onde
infrangersi sulla riva ma, diversamente da quanto avesse immaginato,
riflettere gli restava comunque difficile.
Aveva chiesto che gli portassero qualcosa da mangiare in camera, ma non
era riuscito a toccare alcunché. La qualità di
quel cibo era piuttosto scadente, ma la verità è
che la sua mente era troppo affollata da pensieri che la angustiavano
per sentirsi in un qualsivoglia modo invogliato a mangiare.
La luce nella stanza era spenta. Le finestre erano chiuse, ma i
tendaggi malandati non le coprivano del tutto, permettendo al lucore
azzurrognolo del cielo, che si avvicinava sempre di più alla
sera, di filtrare. Edward era disteso orizzontalmente sul letto, un
braccio poggiato sulla fronte e gli occhi chiusi. Chiedeva solo un
po’ di tregua, giusto qualche giorno di respiro…
possibile che dovesse essere così difficile?
Sì, aveva preso possesso del corpo di Jekyll. Per quanto lo
scienziato si dimenasse, Edward stava riuscendo in qualche modo a
mantenere il controllo del proprio corpo. Forse, a motivarlo era il
disprezzo che nutriva nei confronti di Robert.
Del modo in cui guardava Henry. Del modo in cui lo toccava.
Avrebbe voluto essere lui l’unico a rivolgergli degli sguardi
e dei tocchi del genere, ma non poteva, ovviamente…
Un rumore terribilmente forte prese a tormentargli la mente.
Edward era certo che, se mai il vuoto avesse avuto un suono, senza
dubbio sarebbe stato quello: un silenzio così assoluto da
rimbalzare contro le pareti delle sue meningi, in maniera assordante.
Fu costretto ad afferrarsi il capo tra le mani, stringendo furiosamente
ciocche di capelli biondi.
«Finiscila, Henry!» gridò, digrignando i
denti con rabbia.
Davanti alla finestra, non troppo distante dell’armadio, la
superficie di uno specchio iniziò ad agitarsi. Lentamente
comparve su di essa la figura di Henry Jekyll. Appariva preoccupato, i
palmi premuti contro quel vetro in cui era imprigionato, tuttavia
sembrava che si stesse impegnando per mantenere un atteggiamento severo.
«No» replicò, con voce austera.
«Almeno non finché non mi avrai detto cosa ti
è preso di recente…»
Maledetto.
Già, che tu
possa essere maledetto, Henry Jekyll. Anzi, la verità
è che sei già maledetto, lo siamo entrambi,
finiremo insieme tra le fiamme dell'inferno, quando tutta questa
dannata situazione sarà giunta alla sua conclusione.
Di recente i poteri di Edward si erano acutizzati, e spesso riusciva ad
estromettere il suo alter ego dai propri pensieri. Se lo faceva,
tuttavia, era perché chiaramente non desiderava condividerli
con lui.
E invece quell'idiota sperava che, per prima cosa, glieli confidasse,
come se fossero due stupide ragazzine.
Tks. Illuso.
C'era qualcosa di strano, però. Se Edward aveva acquisito
maggiore forza, significava che Henry si era indebolito. Qualora fosse
stato così, tuttavia, non avrebbe dovuto essere stato in
grado di apparire sullo specchio i di provocargli quelle emicranie, no?
«Te lo puoi scordare» negò seccamente
Edward.
Una nuova fitta di dolore, più lancinante della precedente,
tornò a tormentargli la mente. Un urlo di rabbia proruppe
fuori dalle labbra di Edward, mentre cadeva debolmente a terra sulle
proprie ginocchia.
Detestava essere debole.
«S-smettila…!» gli ordinò
ancora, cercando di allungare una mano in direzione dello specchio.
«Perché mi impedisci di leggere i tuoi pensieri,
Edward? Perché mi hai rinchiuso qua dentro, nella tua, nella
mia
mente?» insisté Henry. Per un momento
sembrò come se volesse allungarsi nella sua direzione, ma
finì per trattenersi all'ultimo.
«M-ma come, dottore?
Non riesci più a controllare il tuo stesso
esperimento?» lo derise Hyde. «Volevo solo un po'
di libertà, niente di più!»
Ennesima fitta di dolore. Forse quell’atteggiamento arrogante
non gli avrebbe giovato granché.
«C-cos'ho fatto, adesso? È la
verità!» esclamò a gran voce Edward, un
nodo in gola che andava stringendosi sempre di più.
«Non ti credo» spiegò Jekyll, senza
perdere la calma. «Abbiamo sempre discusso le condizioni
delle tue uscite, non vedo cosa avrebbe dovuto esserci di diverso
stavolta.»
«Sei stato tu a rinchiudermi nella tua mente!»
sbottò Hyde, al limite della collera.
«Era l’unico modo che avevo per proteggere la
società» gli fece notare Henry.
«No, non lo era!» lo interruppe Edward.
«Che senso ha impedirmi di uscire-»
«Oh, andiamo, Edward! La polizia era sulle tue tracce, hai
quasi dato fuoco a mezza Londra! Se non ti ho permesso di andare in
giro a combinare altri danni è stato anche per
protegger-»
«Proteggermi? Proteggermi…?»
Edward alzò lo sguardo di scatto, rabbia e qualcosa di
pericolosamente simile a delle lacrime a danzargli negli occhi.
«Per tua informazione, so proteggermi anche da solo. Dovresti
imparare ad inventare scuse meno penose, sai, Henry? La
verità è che non aspettavi altro che liberarti di
me, così da avere campo libero con quell’idiota di
Lany-»
Edward tacque di colpo, realizzando solo in quel momento
cos’era stato sul punto di dire. Si portò entrambe
le mani alle labbra, distogliendo in fretta lo sguardo. I suoi occhi si
posarono sulla finestra: il cielo si stava oscurando sempre di
più, mentre proprio in quel momento un lampo
sferzò l’aria cupa.
Nella stanza, nel frattempo, era calato un silenzio di tomba. Henry non
riusciva a smettere di osservare il suo alter ego, confuso.
«Che… che diavolo c’entra
Robert-»
«Robert!» Edward agitò furiosamente le
braccia. «Hai sempre il suo nome pronto sulle
labbra…!»
«È… un mio caro amico»
«Un caro amico!» Se avesse avuto più
forze, probabilmente Hyde si sarebbe scagliato contro lo specchio.
«Un caro amico a cui hai chiesto di darti lezioni di
ballo!»
«Non vedo cosa ci sia di male, né capisco
perché ti dia così tanto fastidio. Desideravo
entrare nell’alta società, avere delle conoscenze
che potessero aiutarmi finanziando i miei progetti, e lui mi ha dato
una mano, tutto qui.»
Edward puntò nuovamente lo sguardo verso lo specchio,
fulminando Henry.
«Credi che non sappia che aspiri a diventare come lui? Che lo
ammiri, che è la tua figura di riferimento, il tuo
modello?» gli chiese Hyde. La sua voce si era adesso
abbassata, divenendo atona, cauta, minacciosa. «Quando ero
rinchiuso nella tua mente non ha fatto che
torturarmi…»
A quelle parole, l'espressione di Henry mutò di colpo. Tutta
la severità che aveva ospitato fino a quel momento
svanì all’istante, lasciando il posto ad una
sincera preoccupazione.
«T-torturarti…?» ripeté,
incredulo. «Edward, che cosa…? Perché
non mi hai detto niente prima…?»
«Mi avresti creduto?» gli domandò Hyde,
e nella sua voce c'era una tale amarezza da far male.
La risposta era scontata: no, ovvio che non gli avrebbe creduto.
Quella consapevolezza non fece che ferire ancor di più
Henry. Come aveva potuto non accorgersi dello stato di disagio in cui
versava il suo alter ego…?
«Edward…» lo chiamò piano,
mosso da una stretta al cuore. Perché non lo
guardava…?
Prima che potesse rendersene conto, Henry aveva già
allungato le proprie mani in avanti. Desiderava consolare Edward,
cielo, lo voleva con tutto se stesso… si stupì
non poco non appena si accorse che le braccia avevano superato la
superficie dello specchio, ma s’impose di non fermarsi. Aveva
bisogno di toccarlo…
Edward si ritrovò a sobbalzare non appena avvertì
il tocco delicato di Henry sul proprio volto. Si era ritrovato spesso a
sognare ad occhi aperti, domandandosi quali sensazioni avrebbe potuto
provocare in lui… ed ora che poteva avvertirlo chiaramente,
non faceva che aumentare in lui il desiderio di quel contatto.
Che gli stava succedendo? Che fine aveva fatto l'Edward altero, restio
a qualsiasi genere di sentimentalismo?
Sapeva che avrebbe fatto meglio a sottrarsi alla sua presa, eppure
finalmente le attenzioni di Henry erano solo per lui…
Jekyll, dal canto suo, faticava a comprendere. Era strano; mai e poi
mai si sarebbe aspettato che l’egocentrica creatura che i
suoi discutibili esperimenti avevano dato alla luce si sarebbe
abbandonata tanto passivamente al suo tocco. Per di più, per
giorni l’aveva confinato nei meandri più oscuri
della propria mente, e per cosa, poi? Perché gli aveva
chiesto una tregua di due settimane, al fine di potersi dedicare
interamente all’esposizione ormai imminente?
No, c’era qualcos’altro, nel risentimento di Hyde,
Henry l’aveva avvertito. Altrimenti, che senso avrebbe avuto
tirare in ballo anche Robert…?
I pensieri di Henry si arrestarono di colpo. Sì,
c’era stato qualcosa, in passato, tra lui e Robert, e sapeva
che l’amico nutriva ancora per lui un affetto sincero,
sebbene Jekyll non stentasse a credere che si sarebbe allontanato da
lui senza troppi indugi nel momento in cui fosse venuto a sapere nello
specifico su cosa vertevano i suoi esperimenti scientifici. Tuttavia,
cosa importava di tutto ciò a quella creatura…
Edward…
Un sospetto s’insinuò nella mente di Henry, ed
Edward comprese di aver commesso un altro errore. Henry non poteva
più leggere i suoi pensieri, ma lo stesso non si poteva dire
di lui. si sentiva così stupido, perché si era
lasciato prendere dall’impulsività, finendo senza
volerlo per rivelare ad Henry dettagli che avrebbe fatto meglio a
tenere per sé.
«Edward…!» fece per richiamarlo il suo
creatore, colto da una necessità improvvisa: era quasi
sicuro di avere ragione, tuttavia gli servivano delle
certezze…
Peccato che Edward non sembrasse intenzionato a fornirgliene.
Hyde si alzò in fretta da terra, sottraendosi
così definitivamente al contatto con Jekyll.
Attraversò la stanza con delle ampie falcate, in preda ad
una forte inquietudine, fino a raggiungere una scrivania, sulla quale
erano ammassati diversi oggetti. Henry cercò nuovamente di
chiamarlo, ma ormai era inutile: Edward afferrò il primo
soprammobile che le sue dita incontrarono, scagliandolo in direzione
dello specchio, che si frantumò in mille pezzi, mentre il
riflesso di Henry svaniva nuovamente nel nulla.
Edward, tuttavia, sapeva che non c’era nulla di cui gioire.
Ora Henry era a
conoscenza del suo segreto.
Author’s note
The glass
scientists
è un webtoon creato da Sabrina Cotugno. Sono venuta a
conoscenza di quest’opera in maniera del tutto fortuita:
durante una spiegazione di letteratura inglese, il cui argomento era il
libro The strange case
of Dr Jekyll and Mr Hyde di Robert Louis Stevenson, la mia
compagna di banco – che è notoriamente una
canaglia – mi fece notare la singolare somiglianza di Jekyll
e Hyde a due personaggi di mia conoscenza (chi mi conosce probabilmente
sa a chi potrei riferirmi) e da quel momento nacque
un’ossessione che, nel corso dei mesi, non poté
far altro che aumentare. Navigando in quello splendido posto più o meno
che è Tumblr mi ero messa a cercare post e meme
sull’opera di Stevenson, e spesso mi ritrovavo davanti Jekyll
e Hyde rappresentati come due personaggi (uno moro, l’altro
biondo) e, sebbene alcuni tratti cambiassero a seconda dello stile
dell’artista, la fisionomia rimaneva all’incirca la
stessa. Ci ho messo un pochino a comprendere che fossero fanart
modellate sull’aspetto di Jekyll e Hyde del webtoon ops
In ogni caso, incuriosita, mi sono letta l’intero webtoon
– o perlomeno, gli spezzoni per ora disponibili, visto che
non è ancora finito e ci sono aggiornamenti ogni
lunedì – in un pomeriggio, cogliendo al balzo
l’ozio che mi attendeva a causa dell’arrivo
improvviso di una lieve influenza. Penso che sia superfluo dirlo, ma ne
sono rimasta letteralmente rapita.
Partendo dal presupposto che avevo amato la descrizione
dell’ambiente vittoriano che avevo ricevuto dal mio libro di
testo di letteratura inglese e ancor più la marcata
descrizione di quel dualismo che Stevenson ne fornisce, mettendo in
evidenza quelle contraddizioni tipiche della sua epoca – il Victorian compromise
critiche alla
società coeva, adoro! –, in The glass scientists
si trova tutto ciò, assieme a una buona dose di fantasy
– che non guasta mai –, commistione di altre opere
letterarie vittoriane (in particolare Frankenstein di
Mary Shelley), lupi mannari e creature zombificate, il tutto condito da
una sferzante nota ironica che caratterizza tutta la narrazione. Dite
la verità, non vedete l’ora di leggerlo, adesso.
Tutti i personaggi sono caratterizzati in maniera straordinaria: quello
che, personalmente, mi ha colpita di più è stato
Hyde, e forse è anche per questo che ho sfruttato il suo pov
per la storia.
Passando alla ff in sé, in realtà è
molto scema: nell’opera originale non è successo
niente di tutto ciò, perché Henry è
riuscito a mantenere il controllo su Hyde (per ora), mentre io mi sono
persa a immaginare un what
if in un ipotetico scenario in cui Edward fosse riuscito
veramente a prendere il sopravvento.
Appunti importanti al fine della comprensione della storia: l’esposizione di cui
parla Henry, ad un certo punto, è quella che lui stesso sta
organizzando. Nel webtoon, infatti, Jekyll è a capo di
un’associazione di scienziati pazzi (sebbene loro
preferiscano chiamarsi rogue
scientists anziché mad scientists) e a
breve terranno un’esposizione per presentare al mondo i loro
esperimenti. Henry si occupa praticamente da solo
dell’organizzazione dell’intero evento, e Hyde non
perde occasione per mettergli i bastoni tra le ruote, insistendo
affinché Jekyll beva la pozione e gli permetta di andare in
giro per Londra a fare ciò che vuole. Fino al punto in cui
il webtoon è arrivato Herny è riuscito a tener
testa a Edward, ma chissà…
(Aggiungo che anche nel libro di Stevenson Jekyll riesce per un periodo
a “isolare” il suo gemello malvagio, sebbene con un
pretesto di trama diverso da quello del webtoon, tuttavia alla fine in
questo caso Hyde riesce a prendere il sopravvento. Probabilmente
andrà così anche nel webtoon, visto che,
nonostante delle modifiche sostanziali al contorno, la trama del libro
risulti pressoché invariata, tuttavia allo stato attuale
delle cose non possiamo far altro che ipotizzarlo)
Sì, in questa versione Jekyll riesce a comunicare con il
proprio alter ego sia attraverso la propria mente sia specchiandosi in
una qualsiasi superficie riflettente (specchio, vetri di una carrozza
etc). Quando Jekyll è in possesso del proprio corpo
può apparire il riflesso di Hyde – anche in
presenza di altre persone, sebbene a quanto pare non venga notato da
queste ultime – e viceversa.
Quanto a Hyde, sì, ha dato fuoco a mezza Londra e
sì, nutre uno spiccato risentimento nei confronti di Lanyon,
probabilmente il più caro amico di Henry. Per quanto
riguarda la prima affermazione, a difesa del mio adorato Edward devo
dire che stava cercando di proteggere la creatura di Frankenstein
– ve l’avevo detto che c’era anche
lei… sì, qui è una femmina, e anche
Frankenstein lo è! – da un cacciatore fantasma
(Moreau) e dalle sue creature zombie, giunte a Londra per
l’appunto sulle tracce della Creatura, giacché
Moreau desiderava aggiungerla alla propria collezione di mostri; quanto
a Lanyon, invece, Hyde dice chiaramente di detestarlo, e in
più punti il suo atteggiamento sembra assomigliare
pericolosamente alla gelosia.
Una cosa riguardo a Hyde che dimenticavo di dirvi: l'epiteto spirito di Londra di notte
se lo attribuisce da solo durante il webtoon giusto a rimarcare la
sua egocentricità e fa chiaramente riferimento
al fatto che Henry lo lasci libero di agire solo di notte,
permettendogli di dare libero sfogo a quegli impulsi tanto malvisti
dalla società vittoriana. Quanto lo amo, sì
sì.
Da qui la concezione della ship tra Jekyll e Hyde (sebbene in questa
storia non sia presente, tranne per dei piccoli accenni), che tra
l’altro ho notato essere piuttosto popolare nel fandom.
Perché sì, esiste un fandom ed esistono anche
delle fanfiction in merito, sia su Tumblr che su AO3 (a proposito,
qualora la trama del webtoon vi avesse incuriositi vi consiglio di
andarle a leggere, ce ne sono alcune davvero belle!). Visto che le mie
capacità di scrittura in inglese sono piuttosto limitata, mi
son detta: perché non scrivere qualcosa in italiano? E
così ecco com’è nata questa storia.
Credo di aver detto tutto. Era da molto tempo che non pubblicavo su
Efp, tuttavia in questi (quasi) due anni ho affrontato diversi
cambiamenti, soprattutto a livello caratteriale e mentale. Ho da poco
portato a termine un importante capitolo della mia vita, e ho pensato
che, ora che la mia testa è più libera e
tranquilla, fosse giunto il momento giusto per tornare a pubblicare
qui. Non so quando o cosa posterò: ho scritto delle cose, in
questo tempo, ma non tutte vedremo. In ogni caso penso che mi
regolerò in base a ciò di cui sentirò
la necessità di pubblicare. Voglio che Efp torni ad essere
ciò che in origine era per me, ossia un posto in cui avessi
la possibilità di esprimermi liberamente,
nient’altro.
Spero che la storia vi sia piaciuta e di avervi incuriositi in merito a
questo universo.
Aria
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