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“Skat-al
inierit Akertosh Brealwunt. Avenen li nokter morò
katronkaten morò
aminio. Lak tot?”
“Lak
nosch”
“Andevaket,
anì, Naiker Malnian Akentkat Minekor, ciminktè
mokton okta
‘Lenkerten Lyoko”
Terra
– Francia - Sceaux – Lunedì 5 Settembre
2005 - Dalle 5:45 alle
6:20
Era il 5 di
Settembre, il giorno di inizio del nuovo anno scolastico francese, un
evento nefasto che aveva già causato disperazione nelle
menti di
molti studenti.
Di questo
avviso non erano però Jeremy e Aelita. I due avevano tanto
in
comune, la nascita e il perdurare del loro amore era dovuta anche a
questo, fra questi elementi vi era l’apprezzare lo studio.
Non lo
avevano mai visto come qualcosa di pesante e faticoso, portandoli a
non avere particolari timori per l’avvicinarsi di quei nuovi
mesi
scolastici. Inoltre, dopo Lyoko e la sconfitta di XANA, non doversi
più preoccupare per le proprie vite e la sorta del mondo
rendeva
ogni altro ostacolo decisamente meno temibile.
I due (da
veri “Einstein”, come avrebbe detto un loro amico)
si erano
svegliati di mattina presto, molto prima di quanto fosse ragionevole
preoccuparsi per i ritardi, e ne avevano approfittato per passeggiare
mentre l’alba sorgeva. Il loro amore era più forte
che mai, ed era
notevole come fosse palpabile anche durante i lunghi silenzi, come si
percepisse il forte legame dei due ragazzi. Senonché,
concentrandosi
solo sui silenzi, si sarebbe potuto pensare che Jeremy e Aelita non
parlassero mai. Tuttaltro che vero, parlavano tanto. Tantissimo.
Forse troppo. E, come ogni coppia che si ama alla follia, le loro
discussioni tendevano a essere imbarazzanti per chi le ascoltava. Ci
si può limitare a dire che parlarono di una vasta gamma di
argomenti, dai rapporti con i loro amici a come vedevano il loro
futuro, parlarono anche di Lyoko. Non ad alta voce, nonostante
l’ora
c’erano persone per strada, molte più di quante se
ne
aspettassero, e di certo non volevano far sapere a tutti del loro
passato.
“Ehi,
sbaglio o ci siamo già stati qui?” disse Aelita
passando davanti a
un bar, l’insegna recitava Rendez-vous e
il luogo si
presentava molto sobrio dall’esterno.
“Si, ci
siamo stati sicuramente insieme agli altri” rispose Jeremy.
Ricordò
infatti di aver fatto colazione lì varie volte con gli altri
“Guerrieri Lyoko”, ormai quel nome era diventato un
modo
scherzoso di chiamare il proprio gruppo.
“Tu hai
mangiato?” chiese Aelita a Jeremy qualche secondo dopo.
“Io si.
Tu no?”
“No, sono
a digiuno. Mi prenderò un croissant”
I due
entrarono nel locale, era un posto molto semplice ma accogliente.
Alla sinistra vi era la cassa e l’espositore con i vari
dolci, era
stato appena riempito. Dopotutto erano le sei del mattino, il bar
aveva aperto da poco. Sparsi per il locale vi erano vari tavoli di
plastica rotonda circondati da sedie del medesimo materiale, due
sedie di due tavoli diversi erano occupate da due anziani. Uno stava
leggendo il giornale con fare assorto, l’altro sorseggiava il
suo
caffè mentre osservava le foto di monumenti appese alle
pareti del
locale. La maggior parte erano francesi, come L’Arco di
Trionfo e
l’immancabile Torre Eiffel, ma ve n’erano anche
altri del resto
del mondo come il Big Ben e il Colosseo. Aelita e Jeremy rimasero un
secondo a osservare le foto anche loro, poi la ragazza si diresse
verso l’espositore a scegliere i cornetti. Proprio quando fu
sul
punto di chiamare la cassiera, la sua attenzione venne catturata da
un nuovo cliente. In realtà, l’attenzione di tutti
quelli nel
locale, perché il nuovo arrivato seppe come farsi notare.
“Kakaya
udacha, yesli ty na samom dele! Davay poigrayem v igru”
urlò
in un forte e fierissimo russo. Era
un ragazzo molto magro, ai limiti dell’anoressia, di
carnagione
esangue e dai capelli di un intenso
nero corvino
creanti
con certo contrasto con il resto del corpo. Indossava
una tuta Adidas completa color blu scuro e aveva un borsone nero da
ginnastica a tracolla.
“Come
scusa?” disse la cassiera, il ragazzo si avvicinò
a lei e
si
appoggiò sul tavolo di legno su
cui era posta la cassa.
“Niente di che. Piuttosto, mi
dia un bicchiere di vodka”
“A quest’ora? Va beh… Carta
d’identità”
“Prego?”
“Dammi la carta d’identità.
Devo essere sicura tu sia maggiorenne”
“Oooh… Capisco… È proprio
necessario?”
“Sì” il ragazzo aprì una
delle tasche laterali del suo borsone e ne estrasse un portadocumenti
rosso mattone. La donna lo aprì, gli diede una rapida
occhiata e poi
lo gettò indietro al suo possessore, lo fece con fare
così brusco
che sembrò volesse lanciarglielo in faccia, cosa non tanto
lontana
dalla verità.
“Hai diciassette anni. Non so
come funzioni in Russia, ma qui è illegale bere alcol a
quell’età”
“Bud’ dobr ko mne,
tutti me ne danno venti. Non può chiudere un
occhio?”
“No” il ragazzo fece un
sospiro, gli apparve un’espressione rassegnata sul volto. Si
guardò
intorno per mezzo secondo, poi allargò un leggero sorriso e
disse
“Non causerò problemi. Mi
limito a prendere un espresso senza zucchero e due cornetti per i
miei due amici lì” indicò Jeremy e
Aelita. I due strabuzzarono
gli occhi, non avevamo mai visto quel tipo, ne erano sicuri.
Sicuramente di quel ragazzo tutto si poteva dire, tranne che fosse
facile da dimenticare.
“Ci stai confondendo con
qualc…” Jeremy provò a spiegarsi, ma fu
interrotto dal ragazzo
russo che gli parlò sopra.
“Khorosho! Voi
non mi conoscete ancora, ma io già conosco voi”
“In che senso?”
“Nel senso che vi conosco, non
lo ritenete possibile?” Jeremy rispose in maniera negativa,
intanto
tutto il locale stava guardando in loro direzione. Chiunque fosse
quel tipo, era riuscito a far mantenere l’attenzione su di
sé per
tutto il tempo.
“Invece è così. Qualcuno
vuole scommettere? Io punto cinque euro sulla mia riuscita”
non
stava scherzando, mise cinque euro sul bancone. Invitò con
lo
sguardo gli altri a farlo, ma gli anziani non vollero dar man forte
alla sua eccentricità (o forse follia, chi poteva dirlo),
Jeremy e
Aelita si trovavano in uno stato misto tra la confusione e il terrore
e non pensarono neanche a puntare qualcosa. Fu la cassiera a mettere
altri cinque euro sul bancone.
“So che non te ne andrai se non
lo faccio. Sbrigati, o mi farai scappare i clienti” il
ragazzo
avrebbe che detto non avrebbe perso i milioni facendo andare via
quattro persone, ma capì che avrebbe rischiato un pugno in
un
occhio, si limitò a continuare il suo gioco.
“Jeremy, Aelita, sedetevi da
qualche parte. Io intanto prendo i cornetti” i due non lo
fecero,
rimasero congelati sul posto. Come poteva sapere i loro nomi?
“Sorpresi, vero? Siamo solo
all’inizio. Forza, sedetevi” Jeremy e Aelita
scelsero un posto,
erano così confusi che non notarono la presenza di sole due
sedie
attorno a quel tavolo. Il ragazzo se ne aggiunse una da solo dopo
aver preso dalla cassa il caffè e i cornetti. Si mise a
sedere, fece
un largo sorriso e poi prese un cornetto per mano e si accinse a
darglieli.
“Cioccolato a te, Jeremy.
Marmellata di fragole a te, Aelita. Era quello che volevi,
giusto?”
la ragazza strabuzzò di nuovo gli occhi, poi disse di
sì con la
voce che gli moriva per l’incredulità. Gli sguardi
degli
spettatori si fecero più intensi, i due anziani iniziarono a
parlottare tra loro su quello che stava succedendo.
“Ho detto che so molte cose di
voi. Ad esempio…” si fermò per bere un
sorso di espresso.
“Siete due studenti del Kadic,
due ottimi studenti. Tra i migliori”
“Si, è vero anche questo. Ma
come diavolo lo sai?” fu Jeremy a parlare, il sorriso del
ragazzo
si fece ancora più largo. Incredibile quanto sorridesse e
quanto
sarebbe stato bello e contagioso il suo sorriso, se solo la
situazione non lo avesse reso inquietante.
“Le domande dopo il gioco di
prestidigitazione” lo disse mentre fece ruotare il pugno
chiuso con un movimento di polso, poi lo aprì mostrando una
bustina di
zucchero nel palmo della mano. Aveva fatto un gioco di prestigio
mentre parlava di star facendo un gioco di prestigio. Questa volta
Jeremy e Aelita non poterono non sorridere a loro volta, di certo era
un tipo istrionico e pieno di senso dell’umorismo.
“Comunque, che maleducazione!
Che maleducazione! Non mi sono presentato” aprì la
busta di
zucchero e la verso nel caffè, poi si mise in piedi e fece
un
inchino comicamente esagerato.
“Avier Antonovic Anisimov al
vostro servizio. Un uomo tripla A, di nome e di fatto” la sua
gestualità, il suo modo di parlare, era troppo buffo
perché i due
ragazzi non potessero ridere. Anche gli altri presenti si misero a
ridere, tranne la cassiera che rimase gelida ad osservare.
“Avier non è un nome russo,
giusto?” fu Aelita a fare quella domanda, non ebbe nessun
motivo in
particolare per chiederlo, sentiva semplicemente il desiderio di
saperlo.
“No, mia madre es espaňola.
Da lei ho preso molti difetti come il mio fascino disarmante,
il
mio animo focoso e la mia passione per le telenovela” i due
sorrisero di nuovo, non riuscivano a fare altrimenti.
“Sapete, mi vergogno a dirlo.
Ma farò parte della vostra scuola, nonostante la mia
età. Ho avuto
problemi con lo studio in madrepatria, alcuni causati dal sistema di
istruzione, ma la maggior parte da me. Vorrei dire che non è
così,
ma non ci riesco” il suo tono era diventato di colpo
più serio,
quell’argomento doveva colpirlo nel profondo.
“Credo che passerò molto del
mio tempo a studiare, voglio recuperare quanto più
possibile. Però,
dubito che inizieranno a pieno regime sin dal primo giorno, magari
oggi potreste presentarmi il vostro amico Odd, e anche quello di
origini tedesche, Ulrich” ed ecco che presero di nuovo un
colpo, il
gioco di Avier non era finito, sarebbe durato troppo poco altrimenti.
“Chissà, magari avrò anche
modo di parlare con Yumi e William. Sarà complicato siccome
ora
vanno al liceo, ma non impossibile” l’ansia e lo
stupore dei due
era palpabile, lo percepivano tutti i presenti. Intanto Avier
finì
il suo espresso dove aveva messo lo zucchero, prese dalla tasca della
tuta un telefonino color platino con, attaccato sul vano batterie, un
sobrissimo adesivo di una mano che mostrava il medio, lo
aprì e
lesse l’orario.
“Mi sono dilungato. Rischiamo
di perdere tempo, anche se dubito arriveremo in ritardo a scuola
visto il nostro largo anticipo. Però, sarò
veloce” inspirò una
grande quantità d’aria, poi iniziò a
parlare in modo fulmineo,
come un banditore d’asta.
“A te Aelita piace la musica
elettronica, i Subdigitals in particolare. Rimani stupita da cose
come il profumo dei fiori e il sapore del cibo. Tu Jeremy, sei molto
bravo con i computer e la tecnologia, in passato hai costruito dei
robot e sei andato in posti impensabili pur di trovare le componenti.
Siete fidanzati da più di due anni e meno di tre, avete
fatto le
classiche cose stupide da piccioncini come le foto buffe in quelle
cabine che stampano foto per documenti. Il vostro amico Ulrich
è
superstizioso, era innamorato della vostra amica Yumi e forse lo
è
ancora, voi non ne avete la certezza. Odd è molto eccentrico
(ma non
quanto me, vero?), ha un taglio di capelli bizzarro, veste di viola,
è un dongiovanni ed è molto magro. Un tempo
odiavate William,
sopratutto Ulrich lo odiava, perché era anche lui innamorato
di
Yumi, ma vi siete riappacificati da un po’.
Infine…” la sua
voce rallentò e si fece di colpo più seriosa, ora
si che
inquietava.
“Avete un segreto. Qualcosa che
neanche io so, perché è così grande
che lo dite solo ai vostri
amici più stretti. Chissà, forse un giorno lo
saprò anche io” si
alzò dalla sedia e si diresse verso la cassa, poi prese i
soldi
lasciati lì sopra.
“Ho vinto. Poka” Avier
si accinse ad uscire, quando la cassiera lo fermò urlando.
“No, aspetta. È una truffa,
vero? Voi vi conoscete già” il ragazzo
scoppiò a ridere a
crepapelle. Aelita e Jeremy cercarono di spiegare in tutti i modi
come non lo avessero mai visto. Dopo un intero minuto passato a
ridere, Avier si calmò e commentò la situazione.
“Sono davvero ridotti male i
ladri francesi se organizzano una truffa del genere per cinque
euro”
“Smettila di fare il simpatico
e spiegami come hai fatto” il ragazzo tornò a
parlare con il suo
tono eccentrico, la sua voce sembrò ancora più
squillante.
“Sa, dicono che i veri maghi
non svelano i propri trucchi. Ma a me non interessa più di
tanto, mi
basta un po’ di denaro” la cassiera
tornò di nuovo gelida, il
suo sguardo mise un attimo in soggezione Avier, ma il ragazzo non
perse la sua compostezza.
“E quanto vorresti?”
“Mmmm, devo pensarci… 100
euro”
“MA COL CAZZO!” urlò così
forte che sembrò un miracolo non avesse causato un
crepacuore agli
anziani in quel locale. Però non riuscì a far
cambiare idea ad
Avier.
“Se così è, per lei sono un
demone di un’altra dimensione che esaudisce desideri rompendo
cucchiai di legno. Posso andare?” la cassiera non rispose,
per
quanto non volesse ammetterlo, voleva capire come avesse fatto.
D’altro canto, non avrebbe speso tutti quei soldi per
saperlo. Fu
Jeremy a smuovere la situazione.
“Ho un’idea, vogliamo sapere
la verità anche noi due, ci dividiamo la somma?”
la cassiera
rimase in silenzio per qualche secondo, poi fece un suono di
sconforto e accettò mettendo una banconota da cinquanta sul
bancone.
Poco dopo si unirono le parti di Jeremy e Aelita. Avier estrasse un
portafoglio dalla tasca opposta a quella del telefono e ci mise le
banconote dentro.
“Quello che apprezzo sono gli
affari andati a buon fine. Dunque, partiamo dal principio, come si
suol dire. Ho fatto tutto questo solo perché ho camminato
dietro di
voi per un bel po’ e non mi avete notato”
“Sul serio?” chiese Jeremy,
in effetti non ricordava proprio di averlo visto dietro di
sé, ma
non ricordava neanche di AVER visto dietro di sé.
“Si, camminavo a un metro da
voi con il lettore MP3 in tasca e le cuffie nelle orecchie.
L’auricolare sinistro non funziona, quindi non lo indosso
mai, e
questo mi fa sentire tutti i rumori esterni. E così, mentre
nell’orecchio destro avevo Al Bano e Romina Power che
cantavano Ci
sarà, col sinistro vi ho sentito chiacchierare tra
voi. Ed è da
lì che sono derivate le mie maggiori conoscenze, avete
parlato della
scuola, dei vostri amici, del vostro passato e di tante altre cose.
Se notate, non ho detto ne i vostri cognomi ne quelli dei vostri
amici, questo perché di solito non si chiama per cognome
qualcuno
che si conosce così bene, e voi non lo avete mai
fatto”
incredibile come solo dicendo quello avesse già spiegato
quasi
tutto, e doveva ancora aggiungere qualcosa.
“Tutti gli altri sono
trucchetti di mentalismo, logica e abilità oratorie. Se ve
li
elencassi tutti, ci metterei una buona mezz’ora, vi faccio
solo un
esempio. Ho saputo quale cornetto voleva Aelita perché vi ho
interrotto giusto poco prima di scegliere, lei guardava fisso in quel
punto della vetrina” lo indicò con un dito della
mano destra,
mentre nell’altra aveva fatto apparire una moneta che
iniziò a far
roteare sulla punta dell’indice.
“Ci sono solo cornetti alla
marmellata di fragole, quindi ho pensato volesse uno di quelli. Ho
indovinato per fortuna. Se avessi sbagliato, avrei usato la mia
eloquenza, mi sarei inventato qualcosa” Avier finì
il suo strano
giochetto con la moneta facendola cadere sul palmo, per poi farla
volare verso la mano destra usando i muscoli della sinistra e infine
fermandola tra l’indice e il medio della mano di destinazione.
“E così finisce tutto. Ci
vediamo a scuola” Avier uscì come un fulmine dal
locale e continuò
a camminare a passo rapido sul marciapiede, rimettendosi gli
auricolari e facendo ripartire la sua playlist di musica italiana.
Jeremy e Aelita rimasero fermi
sul posto, confuso e storditi da tutti quegli eventi. Rimasero
così
per qualche minuto.
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