Figli di un Domani Perduto

di Mercurionos
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Capitolo 1 – I tre Piccoli Saiyan – 19/20 Luglio Anno 740
 
Qualche giorno più tardi.
 
“Dove hanno mandato in infiltrazione vostro fratello, principe Vegeta?” Radish si rivolse al compagno, poco più basso e magro di lui. “Su Tech-tech. Essendo MIO fratello dovrebbe cavarsela.” Il piccolo principe dei saiyan rispose alla domanda senza distogliere lo sguardo dalla mappa che teneva in mano. Nonostante la tenera età, di poco inferiore a quella di Radish, Vegeta aveva lineamenti ben marcati, seri e regali, adatti sia al suo lignaggio che al suo ruolo di comandante. Ancora oggi, di rado, le fangirls sbavano sulle foto del giovane principe, visto che a quanto pare nello spazio la pedofilia non è un reato (forse).
 
Nappa si avvicinò a loro: “Abbiamo quasi finito di conquistare il pianeta: ci mancano questa zona qui… e questo piccolo paese più in là.” L’uomo segnò con un marcatore due punti sul planisfero e li mostrò agli altri due saiyan adulti che erano lì con loro, che guardarono con indifferenza la mappa. Ad un tratto, gli apparecchi che tutti portavano all’orecchio emisero un suono. Radish analizzò le informazioni sullo schermino verde che aveva davanti all’occhio: “Che cos’è? C’è un’astronave che si avvicina al pianeta. Aspetta… è una M.U.! Ci stanno mandando rinforzi?” Vegeta alzò gli occhi al cielo con un’espressione quasi schifata.
 
Un piccolo bagliore apparve nell’atmosfera azzurrognola del pianeta, seguito in fretta da un intenso e lontano boato. Una piccola capsula spaziale scese velocemente verso il terreno, andando a schiantarsi a circa un chilometro dal gruppo. Come se fosse caduto un meteorite, un rombo attraversò il terreno e l’aria fu squarciata da un fragoroso botto. “Cosa facciamo? Andiamo a vedere?” Radish attendeva istruzioni dal principe, suo superiore. Di grado, non di altezza. Vegeta rispose con un rapido cenno e si alzò in volo, dirigendosi verso il luogo dello schianto.
 
I due saiyan scivolarono nel cratere formatosi nell’impatto della nave, che restava immobile nel centro della conca. Il silenzio regnava nella fredda notte, illuminata da una miriade di stelle, ma dalla nave non scese nessuno. Il portello rimase chiuso. “Allora?” Radish era impaziente di scoprire chi li aveva raggiunti e guardò dentro la navicella dall’unico oblò, ma il vetro era ancora appannato e congelato dal freddo dello spazio. Nulla si muoveva. Passarono i minuti. “Che noia!” Vegeta si avvicinò lento e svogliato alla sfera di metallo e infilò le mani nella fessura del portello d’accesso, con uno sguardo tetro. Un vaso sanguigno emerse vistosamente sulla fronte del piccolo, e non passò certo inosservata. Bi-bip! “Wow! Avete un livello di oltre mille, principe Vegeta!”
 
SBRANG. Vegeta strappò a forza il portello d’acciaio e lo scagliò dietro di sé con un movimento elegante, poi si rivolse a Radish: “Pensi davvero che mille è tutto ciò a cui– ma Vegeta non terminò la frase. Come il suo compagno, rimase paralizzato vedendo cosa conteneva la capsula.
Una piccola bambina di neanche dieci anni, con i capelli a caschetto, la coda, e l’armatura dell’esercito del tiranno Freezer, stava rannicchiata sull’unico sedile dell’abitacolo, piangendo.
 
Vegeta fece un passo all’indietro, sbigottito. Radish sbiancò, e si avvicinò alla sua amica: “Pump! Cosa succede? Perché sei qui?” La piccola, singhiozzando, alzò lo sguardo colmo di lacrime e aprì lentamente la bocca: “Radish… Non ci sono più…”
“Cosa…? Chi non c’è?”
“Tutti! Sono tutti… Vegeta… Vegeta…”
Il principino, sentendo pronunciare il suo nome si avvicinò agli altri due saiyan, curioso e un poco infastidito dal dolore della bambina. Ma la sua scarsa pazienza si esaurì dopo un’altra frase di Pump: “Vegeta non c’è più.”
 


Vegeta acquisì un’espressione ferale. Avvicinandosi ancora, spinse con un braccio lontano Radish, e con l’altro afferrò la bambina per il colletto dell’armatura. “Datti una controllata, mocciosa! Lo sappiamo bene, il comunicato è arrivato qualche ora fa. Tu cosa vuoi da noi?” Le lacrime della piccola scivolarono sul guanto di Vegeta, che di secondo in secondo sembrava perdere sempre più il senno.
 
Alcune ore dopo, i tre giovani stavano camminando lentamente nella landa desolata che li separava dalla loro meta, una valle in cui vivevano gli ultimi abitanti del pianeta. Il sole stava pigramente sorgendo. Nessuno parlava più. Le lacrime scendevano ancora lentamente sulle guance di Pump, che guardava fissa il terreno sabbioso e arido che stavano attraversando. Radish procedeva incurvato come lei, ma non aveva versato una lacrima: i suoi capelli si erano drizzati vistosamente ore prima, e non si erano più calmati; gli occhi, solitamente neri e lucenti come delle perle, avevano perso qualsiasi lucentezza; la pelle sembrava bianca e morta. Le lacrime ovviamente non erano comparse nemmeno sul viso del gelido principe, che aveva semplicemente lamentato: “Ora non potrò mai essere re.”
 
Il pianeta Vegeta era scomparso, insieme a tutti coloro che si trovavano lì al momento. A quanto pare, un gigantesco meteorite non era stato avvistato in tempo e si era schiantato sul pianeta, con una forza tale da ridurlo in pezzi. Uomini e donne, giovani e anziani, non poterono fuggire dall’esplosione. Case, palazzi, famiglie. Tutto era stato cancellato in pochi attimi. Nobili, lavoratori, guerrieri. La morte non ha fatto alcuna distinzione. Il piccolo principe regnava ora su una fredda distesa di asteroidi, morta, asettica, inospitale, disabitata. Chi era scampato all’esplosione? Sei saiyan sul pianeta Vecoli, due dei loro fratelli in missione d’infiltrazione, pochi sconosciuti che non erano rientrati a seguito dell’ingiustificata richiesta dell’imperatore. Cosa fare ora? Quale scopo rimaneva alla vita del principe del nulla? Una cosa c’era ancora. Stavano camminando. Avevano una meta. Avevano un compito.
 
Il mezzogiorno si tinse del colore del sangue dei vecoliani rimasti. Quindi di viola. Alcuni scappavano, altri si rintanavano, altri ancora osavano sfidare un piccolo alieno con i capelli a punta, che sembrava l’incarnazione del demonio. Con una singola ed immutabile espressione di odio stampata in volto, Vegeta massacrava chiunque gli si ponesse davanti, circondato dalla propria aura violacea. Con le sue piccole mani spezzava colli, strappava cuori, trucidava corpi indifesi.
 
Il capo villaggio si scagliò in corsa verso il piccolo insieme ai guerrieri rimasti, ma invano. Il giovane saiyan si poggiò sulla gamba posteriore, portando entrambe le mani dietro la testa ed immergendosi nel proprio potere. Fulmineo, si girò in avanti e dai suoi palmi scaturì un lampo purpureo, circondato di fulmini. Sottovoce, aveva sussurrato: “Galick Cannon.” Il rombo assordante di un’esplosione scosse il pianeta, cancellando metà dell’insediamento.
 
Pump e Radish stavano una accanto all’altro, senza guardarsi né parlarsi, più morti che vivi. Se qualcuno osava attaccarli, veniva spezzato, sgozzato, scannato dal ragazzo. Se qualcuno veniva avvistato, vicino o lontano, bastava alzare una mano, un dito nella sua direzione, e desiderare che esplodesse. E così succedeva. La bambina pareva un cadavere ambulante, bianco e dagli occhi vitrei; il ragazzo, da quando aveva visto le lacrime bagnare il volto dell’amica, aveva mutato aspetto, combatteva non prestando alcuna attenzione ai suoi bersagli. La terra ai loro piedi si macchiava di sangue, ma a loro ciò non importava.
 
L’odio, l’incertezza e il dolore: tutto era combustibile valido per i corpi stanchi dei tre saiyan. Piano piano si avvicinarono all’ultima abitazione rimasta in piedi. Vegeta diede un calcio alla porta di legno, sfasciandola. Tutti e tre entrarono e trovarono davanti a loro una vecoliana, con in braccio una bambina e in mano un rudimentale blaster. La donna, terrorizzata, sparò un colpo ad occhi chiusi, e i tre bambini scomparvero. Pump, veloce come il vento, si scagliò sulle gambe della disgraziata, tranciandole con un calcio poderoso. Quella non ebbe tempo di urlare: Radish si era già spostato davanti a lei, stringendole il collo robusto, e spezzandolo con un rapido gesto del polso. Quando Vegeta si materializzò davanti alla donna morente, tese il braccio destro in avanti, e aprì il palmo della mano. Una piccola ma concentrata esplosione di energia cancellò entrambi gli alieni, senza lasciarne alcuna traccia.
 
La mattina seguente, Vegeta fu il primo ad aprire bocca dopo la silenziosa colazione: “Io me ne vado da qui.” Pump reagì irritata: “Cosa vuol dire? Dobbiamo andare su Luud tutti e tre! Siamo tutti da soli adesso… Dobbiamo andare dove siamo sicuri.” “Attenta a come parli, bambina. Ricorda che sono io il principe dei…” Silenzio. Vegeta abbassò lo sguardo al terreno. “Io me ne vado. Non datemi fastidio o vi uccido.” Nappa, che li aveva raggiunti insieme ai due colleghi, si alzò in piedi, preoccupato: “Ehi, ehi! Non vorrete andarvene così!”. Fermo come una roccia, il principe scrutava l’orizzonte cercando la direzione da cui erano arrivati: “Sì invece. Addio, pelatone.” Vegeta spiccò il volo e scomparve in fretta nel cielo. Cadde ancora il silenzio. Per minuti Pump e Radish osservarono muti l’aria smeraldina, ma ad un certo punto i loro sguardi si incrociarono. I due bambini intonarono all’unisono una sola parola: “Andiamo”.
 
Radish fissò dritto negli occhi il signor Nappa. Non si dissero nulla. L’uomo, gigantesco in confronto ai due bambini, avrebbe facilmente potuto trattenerli. Ma non lo fece: la piccola bambina saiyan si stava raggomitolando alle spalle di Radish, con gli occhi pieni di amarezza. Forse lei era l’ultima saiyan rimasta in vita, ma chi poteva saperlo? “Non fatevi più vedere dall’esercito.” Disse Nappa voltandosi, con una certa nota di malinconica serietà nella voce.
 
Abbandonando l’insediamento che avevano raso al suolo, i bambini volarono rasoterra verso la capsula di Radish e la portarono insieme vicino a quella usata da Pump, alla quale dovettero riattaccare il portellone strappato senza tatto da Vegeta. “Allora ci ritroviamo a Luud fra qualche giorno…” Radish non lasciava trasparire alcuna emozione, ma guardava con attenzione la piccola Pump. “Sì. Almeno possiamo dormire adesso… Buonanotte Ra-Ra.” “Buonanotte, Pump”. Le due sferette si alzarono contemporaneamente in aria di qualche metro, girarono di alcuni gradi e schizzarono veloci nel cielo seguendo la stessa identica direzione. I due saiyan giunsero sul pianeta Luud e vissero tranquilli. Per otto lunghi anni.


 
Nota dell’Autore:
Come forse avrete già capito, il tag “Missing Moments” è l’obiettivo principale di questa fanfiction, mentre quello “AU”, “What-If” e “OOC” sono quelli che tento disperatamente di evitare. Cercare di riempire dei buchi temporali sui quali non si hanno informazioni è decisamente complesso, specie se ogni sei mesi circa Toriyama decide di rivelarci informazioni che lui riteneva ovvie, ma che lo sono ben poco! Mi piacerebbe veramente tanto riuscire a creare una storia adatta in modo credibile al canone di Dragon Ball. Ho molto timore per le novità che porterà “Dragon Ball Z: Kakarot”: le accoglierò felicissimo visto che probabilmente vengono direttamente da Toriyama, ma vorrà dire che devo correggere un sacco di eventi nella mia storia!
 
La versione originale di questo capitolo, scritto verso la fine del 2016, presentava alcune differenze. Grazie a “Dragon Ball Super: Broly”, ho dovuto inserire Nappa e i due saiyan sconosciuti che si vedono per tre secondi nel film (e che immagino abbiano fatto una brutta fine, visto che non si vedranno mai più e non li ho inseriti nella storia). Pure il colore del cielo è stato corretto!
 
Anche lo scorrere del tempo avveniva in modo differente nella “versione beta” della fanfiction. Ho passato molto, probabilmente troppo tempo a stabilire quanto rapidi fossero i viaggi nello spazio, specie perché la velocità ultraluce non esiste. Inizialmente Pump avrebbe impiegato circa quattro-cinque mesi a raggiungere Vecoli.
 
Il carattere, per così dire, “ambiguo” di Radish è stato pian piano lucidato, così che potesse comportarsi come un bambino saiyan da una parte duro e violento, ma comunque con un cuore, specie in presenza della tenera Pump. Inizialmente avrebbe saputo della distruzione del pianeta Vegeta da Pump stessa, e il suo atteggiamento infatti era più triste ed abbattuto. Ora si trova in una situazione a dir poco scomoda: da una parte ha sofferto e soffre ancora insieme all’amica, dall’altra deve compiere il suo lavoro di freddo omicida in presenza del gelido principe. Vegeta invece mi sembra più semplice da inquadrare. È un po’ un bastardo senza cuore, proprio come quando fa la sua comparsa sulla Terra. Ovviamente tenterò di approfondire in modo più credibile e tridimensionale la sua psicologia e il percorso che lo ha portato a restare un cinico bastardo.
 
E comunque no, Vecoli non significa nulla come nome. Semplicemente in “Dragon Ball Minus” la prima cosa che ho pensato vedendo gli alieni uccisi da Radish e Vegeta era “Velociraptor”, quindi ho optato per un suono simile. Il nome di Pump verrebbe da “Pumpkin”, ovvero zucca, non perché l’incrocio tra il pomodoro (Toma) e il prezzemolo (Seripa) producesse zucche, ma perché inizialmente la disegnavo come una bimba con la pettinatura simile alla zucca per mantenere il dualismo saiyan-verdura.

 




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