Avviso: I
personaggi
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di Akira Toriyama© e Toei Animation©, che ne
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storie non sono state scritte a scopo di lucro.
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2.
Il
traffico aereo sulla pista di atterraggio venne sospeso per facilitare
l'atterraggio del principe e della scorta a quindici minuti dalla
stratosfera
rossastra di Vegeta. Quando giungeva qualcuno della famiglia reale, in
tal caso
il principe o suo padre, visto che la Regina era morta molti anni prima
e
fratelli il Re non ne aveva, o non ne aveva fatti rimanere, le partenze
venivano interrotte e gli arrivi dirottati su una seconda pista
riservata al
rimessaggio e alla manutenzione dei mezzi. Da quando Vegeta era
ritornato a
risiedere stabilmente sul proprio pianeta, lo scalo secondario era il
luogo
dove Bulma aveva passato più tempo quando era in visita da
lui: studiare le
navicelle, le loro scatole nere, i loro meccanismi, era ciò
che più le interessava
di quel posto. Vegeta le aveva raccontato che i saiyan, all'epoca del
suo
bisnonno, avevano preso il completo controllo del pianeta espugnando
una
fiorente città Zufuru a Sud, di cui ormai rimanevano solo
macerie. Il
corpo celeste originario da cui provenivano i
saiyan era Sadala, abbandonato per mancanza di risorse al suo
destino. Il
loro sviluppo tecnologico, dovuto all'assimilazione della tecnologia
degli
assediati, era avvenuto dopo che il padre di Freezer, Re Cold,
all'epoca
giovanissima lucertola che pianificava il proprio impero
minuziosamente, aveva
proposto a quei guerrieri rissosi e forti di allearsi con lui per avere
in
cambio generi alimentari e gloria, e soprattutto per ottenere il
controllo
delle fonti curative amministrate dagli Zufuru, una specie di acque
termali che
sgorgavano a sud-est di Vegeta, tra alcuni bacini montuosi scavati dal
vento e
dall'acqua, uno spettacolo naturale a detta di Bulma, seppur arido e
disabitato. Li aveva presi da Sadala, gli aveva messo in mano i mezzi
di
trasporto spaziali istruendoli al loro uso e li aveva sguinzagliati
ovunque, e
da rozzi combattenti erano divenuti spietati invasori intergalattici.
Bulma
aveva prelevato e fatto analizzare quell'acqua originario motivo di
guerra e
interesse, e aveva scoperto che all'interno era disciolto un minerale
introvabile sulla Terra ma ben solubile in acqua laddove lo si
ricavasse. Però
Vegeta le aveva detto che era rarissimo trovarlo e che quando veniva
reperito
Freezer monopolizzava il suo uso, centralizzandolo a propria esclusiva,
altro
motivo di insofferenza da parte del consiglio dei saiyan che riteneva
essenziale l’uso di quel farmaco naturale, perché
i saiyan avevano costante
bisogno di cure rapide e rinvigorenti. Da quando le attività
vulcaniche di
Vegeta erano diminuite, le fonti erano iniziate a scarseggiare e
Freezer aveva
perso interesse per quel tipo di presidio: grazie alle sue imponenti
possibilità e alle grandi conquiste favorite anche dai
saiyan stessi, la
lucertola aveva preso sotto controllo altri luoghi dove aveva potuto
far uso di
nuove cure mediche per tonificare il suo vasto e polimorfo esercito.
Bulma
aveva appreso quelle notizie con interesse, convenendo che la ferocia
dei
saiyan era una conseguenza dell'estremo bisogno di risorse di cui non
disponevano,
motivo per il quale Vegeta non aveva interesse a distruggere la Terra
nè
tantomeno a dividerla con Freezer.
Discendendo
sulla pista, Bulma si perse con lo sguardo tra la caserma imponente
riservata
ai primi due ordini e il quartiere esterno dei terzi ordini dove un
brulicare
di persone dava vita a quelle strade polverose e rossastre. Vicino
alcuni
ambulanti alieni che avevano messo tende e banchi vendendo quanto si
trovava
nell'universo, alcuni bambini già bollati dal marchio del
colore di appartenenza
correvano inseguendosi a vicenda. Bulma aveva appreso che anche le
guerriere
scimmia avevano la propensione ad acquistare gioielli e sciocchezze da
donna, e
che non erano immuni dalla vanità tutta femminile di
imbellettarsi, seppur non
eguale a quella delle donne terrestri tutte dedite a condurre una vita
di agi e
di divertimenti, totalmente lontana da quel bisogno costante di
combattimenti.
Bulma
cercò di rendere meno gravoso il clima che percepiva in quel
momento nella
navicella riservata a lei e al marito.
"Vorrei
andare a vedere cosa c'è nei mercati" ammise sbirciando
oltre la
calotta. “Sono curiosa”.
Vegeta
non sembrò badarle e lei insistette. "Mi fai andare a visitarli?"
"Mi
pare che tu faccia sempre quello che vuoi, alla fine".
Non
aveva motivo di vietarglielo, a parte che temeva per la sua
sicurezza e
lasciarla bivaccare da sola per i quartieri poveri era escluso nella maniera più assoluta. L'avrebbe fatta scortare e avrebbe messo a tacere la sua accesa curiosità.
"Grazie. Ma mi lasci andare da
sola?”
"Fuori
dalla base non ti è possibile. Non sei in grado di difenderti. Ti
rimedio
una guardia, però devi coprirti di più il volto. Voglio
che ti muovi il più possibile
inosservata, soprattutto ora che Freezer ci sta studiando. É
pieno di mercanti
alieni, e non è escluso che ci siano anche sue spie. Si
accorgerebbero subito
che non sei una saiyan e per ora è meglio evitare" le disse poco prima di
predisporsi
all’atterraggio.
I
banchi storti e scheletrici, coperti di cianfrusaglie e spezie
alimentari ed
erbe mediche, se ne stavano in fila tra loro, sotto tendaggi marroni di
tessuto
grezzo uguali alla mantella che le celava corpo e capo. Specie aliene o saiyan reietti e perdenti se ne stavano
lì a
commerciare oggetti provenienti dalle parti più disparate
della galassia.
Dietro di lei, Gurlok, guardia di primo ordine alta quasi due metri,
stava al
suo passo vegliando come disposto da Vegeta. Era stata la
prima persona
che Bulma aveva conosciuto lì, proprio quel saiyan che
l’aveva accolta ridendo di lei e che ora la seguiva passo passo in silenzio, con rispetto e
riserbo. C'erano
diversi saiyan di terzo ordine a bighellonare da quelle parti, compresi
molti
bambini che si trastullavano tra di loro. Alcune donne di secondo
ordine
passarono vicino a lei senza badarle, commentando soddisfatte l’ottimo
affare e
la bellezza di quegli orecchini di bronzo e pietre laviche. Bulma
notò un banco
dove vendevano oggetti in argento o lega, e ci si fermò
incuriosita da una
lunga spada. Dietro al banco, seduto su uno sgabello, un uomo molto
anziano con
la coda monca fumava una specie di pipa e la fissava da dietro le
foltissime sopracciglia bianche che gli ricadevano sopra gli occhi
coperti di
cataratta: aveva la pelle abbronzata, color cappuccino, rugosa e
chiaramente
ruvida, e lineamenti che si percepivano spigolosi oltre la barba.
Lei
lo
guardò da dietro il cappuccio e si rese conto di essere
studiata con interesse,
perché nonostante la distanza, il chiarore dei suoi occhi
era ben visibile.
"Scusi,
posso vedere questa spada?" Gli domandò all'improvviso.
Lui
annuì in silenzio.
Bulma
la prese tra le mani sentendola estremamente pesante e scoprendo che
sopra
c'erano delle incisioni scritte in una lingua sconosciuta. Gurlok, poco
distante, la osservò senza avvicinarsi.
"Da
dove viene?" Indagò rivolta al vecchio.
L'altro
aprì la bocca lentamente, facendo uscire una nube di fumo
che assunse una forma
astratta e vaga, e la voce grattò come una vecchia
marmitta."La
storia dice che sia stata forgiata in Udus, a vent'anni da qui, ai
confini con
la galassia ad est. Pare appartenesse ad un Re".
"Quanti
anni ha? Sembra un oggetto molto antico..."
"Quattrocento
almeno".
Bulma
pensò che a Trunks sarebbe piaciuta tantissimo.
"Le
incisioni sono confuse, si sa cosa c'è scritto".
"É
la lingua degli Uramak" ammise il
vecchio, avvicinandosi. Prese la spada per lei e con le mani callose e
le
unghie sporche di polvere le indicò alcune parole. "Questa
significa speranza
è virtù, e
quest'altra coraggio. La frase dovrebbe
essere, la speranza è la virtù
nobile di chi ha coraggio. Un grande Re
ha brandito quest'arma e con essa ha vegliato sul patto di pace".
Bulma
ne fu colpita e le sembrò un oggetto interessante oltre che
un pezzo di storia
di un paese che non avrebbe visto mai. "Mi piace...Quanto
costa?"
"Questa
vale tanto, nessuno se la può permettere negli ordini bassi".
"Io
non sono degli ordini bassi".
"I
tuoi occhi mi dicono che sei straniera".
"Quanto
vuole allora?"
"700
jin".
"Scherza?
Non ne vale, è anche rovinata".
"Vale
di più infatti. Ha la sua storia".
Bulma
si girò verso la guardia sperando lui avesse delle monete,
ma l'altro le fece
cenno di essere a secco. "Può darmela sulla fiducia, e
tornerò a
restituirle i soldi più tardi".
L'altro
scosse il capo. "Non si da nulla sulla fiducia qui, ma tu puoi pagarmi
comunque..."
Bulma
si risentì immediatamente della sua proposta che
intuì sconveniente e poco
decorosa. "Come si permette mi scusi? Sono una donna sposata"
puntualizzò indispettita, controllando l’altezza del tono.
"In effetti... Gira
voce da mesi che il principe abbia preso in moglie una donna dagli
occhi
azzurri e dai capelli del colore dell'acqua…" le disse il vecchio indicando la ciocca che le usciva dal bavero del cappuccio.
“Nessuno l'ha mai vista da queste parti… Ma io
potrei essere il primo… Mostrami
il tuo viso”.
Bulma
ci pensò qualche istante. "Va bene, ma non qui". Fece cenno
alla
guardia di seguirla sul retro, alzò il tendaggio e quando fu
più al sicuro da
sguardi indiscreti si scostò il
copricapo.
Lo
sguardo del vecchio sembrò illuminarsi. La studiò
attentamente, con curiosità e compiacimento, pur se
la smorfia delle sue labbra attraversate da una cicatrice rendeva la
sua
espressione quasi contrita. Si trovò a riflettere sul prezzo che avrebbe avuto una schiava coi suoi
lineamenti gentili e con quegli occhi...Il valore sarebbe schizzato molto in alto.
"Le voci
per una volta erano vere" ammise.
"Quali
voci?"
"Voci
che girano su di lei… Adesso fammi toccare i capelli se vuoi
la spada".
Bulma
sembrò intimorita dalla mano callosa e sporca che si
allungò verso di lei.
"Non se ne parla" replicò facendo un passo indietro.
Fu
allora che qualcuno che li teneva d’occhio e
l’aveva riconosciuta si avvicinò
rimanendo oltre il banco. "Kirano! Lasciala stare, quella
sarà la tua
regina un giorno. Dalle la spada".
Bulma
si girò e scorse Kakaroth, il guerriero a cui lei aveva
curato al rientro da una missione, probabilmente salvandolo dall'indifferenza dei suoi superiori. Lo riconobbe per
via della
chioma disordinata e bizzarra tale da apparire quasi finta.
"Nessuno
da nulla per nulla" bofonchiò Kirano, contrariato
dell’intervento del
saiyan di terzo ordine. “E nessuno ti ha
interpellato”.
"Te
li pago io" disse Kakaroth.
"Ma
se non hai soldi neppure per piangere".
"Ti
ricordo che stasera ci sono i tornei di terzo ordine. Potrò
ripagarti".
"Sei
pieno di debiti per i prestiti, o sbaglio?”
"Sono
stati saldati. Avanti, dagliela".
Kirano
porse la spada alla donna. Quando Bulma l'afferrò, lui
oppose resistenza nel
cedergliela. "Si ricordi chi è mio marito" gli
rammentò lei con
sguardo calmo e vittorioso.
L'altro
ammorbidì la presa sentendosi gli occhi della guardia reale
addosso. Proprio
quando furono sul punto di uscire da lì, alcune sentinelle
di primo ordine
raggiunsero Kakaroth e lo accerchiarono. Lei li vide da dietro il
banco, celata
da alcuni tendaggi.
"Kakaroth,
guerriero di infimo livello, sei stato convocato a palazzo".
Bulma
si mosse subito al suo seguito. "Dove lo stanno portando?"
Indagò
rivolgendosi alla guardia che la scortava.
"Probabilmente
il Re o il principe l'hanno convocato per un'udienza. I guerrieri che
rientrano
da perdenti vengono puniti".
"Puniti,
come?"
"Vengono
obbligati a partecipare ad un duello fino alla morte. Ce ne sono altri
che si
annoiano nelle prigioni. Li metteranno a combattere tra di loro. Chi
vince,
ritorna libero".
Bulma
dilatò le palpebre con stupore, fermandosi. "Non ero a
conoscenza di
questa usanza… barbara".
"Questi
sono i nostri costumi."
Lei
fissò il grosso saiyan alle sue spalle con aria molto seria.
“Beh, i costumi si
cambiano per scelte mirate al progresso, in genere.” E poi
riprese a camminare
tenendo tra le mani il suo ultimo acquisto che suo marito, quando fu in
camera,
studiò con perplessità.
“E
che
ci devi fare con quel pezzo di metallo?”
“Lo
voglio regalare a Trunks, a tuo figlio piacciono molto le spade, non
ricordi?
Pare che appartenesse ad un Re”.
“Mh…
Se
lo dici tu” commentò l’altro.
Bulma
si sfilò la tunica, rivelandosi vestita di una semplice tuta
nera chiusa fino
al collo. Vegeta le aveva tassativamente imposto di non indossare nulla
di
troppo particolare davanti a Freezer, solo per mantenere un profilo
basso.
Bloccò Vegeta prima che uscisse. “Dove
vai?”
“Ho
alcune cose da sbrigare…”
Lei
emise un profondo sospiro e il saiyan intuì che qualcosa la
turbava.
"Quando
mi ha stretto la mano ho avuto una sensazione molto
negativa… Devi stare
attento Vegeta, lui è pericoloso".
"Mai
quanto noi, ricordalo".
"Non
fare il presuntuoso. Lo sai a cosa mi riferisco..."
"Hai
paura, ma io no" mentì Vegeta, sapendo di averne provata.
Aveva avuto
paura, e ce l’aveva ancora, che Freezer gli toccasse la sola
cosa a cui tenesse
davvero, ma per orgoglio non voleva ammetterlo. Tutta la violenza di
cui era
capace, che aveva perpetrato senza scrupolo, finiva per ondeggiare
nella mite
risacca delle sue carezze. Sua moglie era l'unica in grado di poter
arginare
quella violenza. Senza di lei sarebbe tornato spietato, naufrago nella
brutalità del proprio mondo che l'aveva partorito in un
ventre di fame bellicosa.
Era la guerra ad averlo forgiato, l'amore era solo l'ancora che lo
teneva
ormeggiato in un mare in tempesta perchè non ci finisse
annegato dentro, fino
alla morte.
Lei
gli
prese il volto e lo fissò dritto negli occhi. "Tu non hai
paura di niente,
ma io sì, ho paura di perdere te e non mi vergogno ad
ammetterlo... Freezer ha
lo sguardo di chi tradisce e tu non sei come lui. Tu sei migliore di
lui,
Vegeta..." I loro occhi rimasero inchiodati gli uni negli
altri. Bulma fu certa di scorgere un bagliore di vita in
quelli di lui,
come se le sue parole lo colpissero e scuotessero
interiormente. "La
tua forza è un dono. Tu non devi usarla per
servire quel mostro".
Vegeta
cercò di giustificare ancora scelte compiute che ormai non
era più certo di
condividere totalmente.
"Sono
nato per fare questo. É il mio destino. Voglio solo la
gloria che mi
spetta.".
Lei
scivolò con le mani sul petto e gli afferrò la
maglietta stringendola nei
pugni, come se volesse destarlo da quel torpore di frenetica euforia
guerriera.
"Non è vero. Tu sei nato per fare qualcosa di migliore. Tu
sei il
migliore, e devi vendere la tua difesa, non la tua ferocia. Avrai
comunque la
tua gloria, anche se sceglierai di usare la tua forza in maniera
diversa.
Finchè sei alleato a Freezer lui cercherà di
impedirti di essere quello che
vuoi... Finchè sei con lui, sarai sotto di lui. Ma se domani
userai la tua
forza a fin di bene, tu sarai sopra di lui e sopra qualunque Re. I
popoli
avranno sempre bisogno di qualcuno per difendersi".
"Noi
saiyan combattiamo per noi stessi Bulma, tu questo non riesci proprio a
capirlo".
"Non
è vero. Avete combattuto per Freezer, e lo fate
ancora." Lei abbassò
lo sguardo d'improvviso, al solo averlo nominato. "Ho avuto una
sensazione
bruttissima prima... Ho sentito che Freezer mi guardava come se
volesse..."
Ebbe
paura a dirlo.
Lui
incalzò. "Se volesse cosa?"
"Come
se volesse anche me".
Vegeta
incassò il colpo, sapendo di avere avuto la medesima e
sinistra
percezione.
"Forse
dovrei tornare subito sulla Terra... Ma non voglio lasciarti da solo a
combatterlo".
"Tu
non potresti fare niente" ammise l'altro. "Dovrai tornare sulla
Terra, e dovrò passarci pure io per valutare i progressi di
Trunks".
"Hai
deciso di aspettare ancora per presentarlo a tuo padre, quindi".
"Non
voglio che giri voce che abbiamo un figlio, non finchè non
avrò tolto di mezzo
Freezer".
Non
c'era stato un attimo in cui non avesse pensato a Trunks in quei mesi,
e a
tenerlo al sicuro. Suo figlio sarebbe valso oro e Freezer avrebbe
potuto
avanzare qualche pretesa per usarlo. La fusione dei due sangui e le
ottime
condizioni climatiche del pianeta Terra avevano favorito uno sviluppo
della sua
forza in maniera strepitosa e superiore alla norma. Nessun bambino
saiyan aveva
la forza di Trunks alla sua stessa età, neppure
Vegeta stesso l'aveva
avuta.
Bulma
gli prese il viso tra le mani, facendo la cosa che
più lo rendeva
vulnerabile. Gli parlò a cuore aperto, con dolcezza, sapendo che i complimenti e la devozione erano diventati il suo
tallone
d'Achille.
"Ti
amo, guerriero".
“Adesso
devo andare” replicò cercando di rimanere lucido e
freddo.
“Aspetta…
Vai da quel Kakaroth?”
“E
tu
come fai a saperlo?”
“Ho
visto mentre lo prelevavano le guardie. Ero giù a mercato.
Ha barattato lui la
spada per me. Il vecchio non voleva darmela... ”
Vegeta
la osservò con un certo sospetto. “E
perché hai accettato che lui te la
comprasse?”
“Non
ho
avuto neppure il tempo di obiettare. E comunque mi sembra una persona
gentile”.
“É
solo
un guerriero di infimo livello”.
“Dovresti
rivedere le vostre regole. É sciocco far ammazzare tra di
loro due guerrieri,
solo per cosa?”
“Questa
è la nostra cultura. Il più forte va
avanti”.
“Tu
hai
assaggiato la cultura progressista dei terrestri però, e non
mi pare ti abbia
fatto così schifo”.
“Non
sono un terrestre, Bulma, ricordalo.”
“Ma
sei
una persona colta... Dovresti elevare il tuo popolo da questo tipo
di…
barbarie”.
“Al
mio
popolo piacciono le barbarie, per loro è uno svago vedere i
propri uomini
combattere fino alla fine. Se non muoiono durante le conquiste con
onore,
allora lo faranno qui”.
“Veg…”
“Adesso
tieni un po’ chiusa la bocca, non ho voglia di stare a
sentire i tuoi discorsi
progressisti”.
“Non
puoi comandarmi e trattarmi come se fossi uno dei tuoi caposquadra,
ricordalo”
replicò lei portandosi una mano sul fianco.
“Hai
la
cattiva abitudine di voler sempre dire la tua”.
“Potevi
sposarti una muta allora...”
Vegeta
non le rispose solo perché sapeva che amava anche quello di
lei, anche se
detestava essere contraddetto, la amava perché gli ricordava
ogni giorno il
motivo per cui l’aveva scelta. Adorava il fuoco che lei aveva
dentro. Adorava
la guerra che lei gli dichiarava, perché era la guerra che
lui voleva. Sempre e
ovunque.
“Comunque
io non voglio che muoia quell’uomo. Con me è stato
gentile”.
“Vuoi
che gli metta una corona di fiori al collo?”
Ironizzò l’altro.
“No.”
Bulma gli mise le mani dietro al collo. “Potresti farmi
felice però… Come io so
far felice te.”
“Non
dipende da te. Non è un tribunale che li giudica,
è un’usanza”.
“Che
può prevedere eccezioni no? Proprio perché non
è una legge.”
Lei
gli
sorrise certa che lo avrebbe convinto,
perchè
conosceva quella luce tiepida che affiorava nel suo sguardo torvo quando era sul punto di cedere a una sua richiesta. "Avanti, Vegeta... Ti dimostrerò che i vostri
metodi a volte non servono e non
aiutano i guerrieri a dare il meglio di loro stessi”.
“Ah
no?
E da quand’è che sei un’esperta
motivatrice?”
Lei
strusciò il naso contro il suo e gli parlò con
voce dolce e sguardo rapito. “Ti
ricordi quando sei arrivato da me, poco più di otto anni
fa…? Eri così depresso
quando ti ho detto che la scatola nera era
danneggiata…”
La
sua
voce fu un sussurro che lo accarezzò vincendo la sua durezza
già lì, con quei
modi da dolce ruffiana. Lui deglutì lentamente un nodo di
saliva.
“Per
un
po’ hai persino smesso di allenarti… Sembrava non
ne sentissi neppure più lo
stimolo. Io lo ricordo bene, sai? Sono stata io a dirti di ricominciare
dopo
che ho visto cos’eri capace di fare. Mi sembravi sprecato a
non fare nulla… Tu
sei nato per fare di meglio, e io per essere la tua
motivatrice…” gli sorrise
ma non fece neppure in tempo a godersi la propria vittoria che
sobbalzò
spaventata, perchè la mano di lui le si poggiò
alla base del collo con un colpo
rude e pesante, più simile a uno schiaffo.
Le
dita
callose le massaggiarono la pelle con fare avido e minaccioso.
“A
volte dimentico… che tu se volessi arriveresti davvero
ovunque”.
Lei
gli
mise la mano sulla sua, stordita da quel tocco bramoso.
“É per questo che sono
tua moglie…”
“E
quindi cosa dovrei farne di Kakaroth?”
“Fallo
venire con me. Conosco un luogo dove può allenarsi
purchè gli venga tolta la
coda. Ho un’amica che vive nelle terre dei dragoni.
Lì ci sono uomini che
possono aiutarlo a tirare fuori le sue potenzialità. E poi
serve un guerriero
che faccia presidio sulla Terra visto che vuoi assorbirla
alle province
per sfruttarla come ponte verso ovest”.
Vegeta
emise una risatina baritonale dalla tonalità irrisoria.
“Ma piantala, cosa vuoi
che tirino fuori dei bonzi da una nullità come un terza
classe?”
“Tu
dammi questa possibilità. Non farlo combattere. É
stato molto gentile con me,
se lo merita un premio no?”
“Tu
però sei stata gentile con lui quando lo hai curato. E
inoltre tu sei mia
moglie, e questo lui lo sa. Pensi che lo abbia fatto senza tornaconto?
Qui
nessuno fa nulla per nulla.”
“Questo
lo appureremo…”
Vegeta
si passò lentamente la lingua contro l’arcata
superiore dei denti prima di
risponderle. “Se ti dicessi di no ti impunteresti fino a
esasperarmi… Diamogli
questa possibilità e vediamo. Ma se la tua idea è
fallimentare… Paghi il
conto.”
“E
quale sarebbe questo conto?”
“Poi
lo
deciderò”.
“Non
puoi decidere un pegno da pagare a fine scommessa. Non è
corretto” obiettò lei
vagamente divertita, come vagamente divertito fu lui quando le rispose.
“Non
ho
mai detto di essere corretto. Sono un mercenario.”
..
Il
Re
si lasciò andare sulla sedia accompagnando il movimento con
un sospiro di
stanchezza. Si portò un calice ricolmo di una bevanda scura
e amara alla bocca,
e bevve lentamente, con fare meditabondo, osservando suo figlio in
piedi
davanti a lui, poggiato col sedere contro il bordo laterale del tavolo.
“Gli
anziani mi hanno chiesto perché non hai voluto che Kakaroth
combattesse”.
“Gli
ho
assegnato un’altra missione” ammise Vegeta.
“Un’altra
missione… Mh… Strano, da
quand’è che ti importa di quell’umile
combattente?”
“A
me
nulla. Ma ho fatto una scommessa con Bulma”.
“Una
scommessa dici?” Il Re corrugò le sopracciglia.
“Non ti capisco. Da quand’è che
ti prendi gioco delle nostre usanze per accontentare tua
moglie?”
“Non
è
nulla di serio” fece il figlio, non entrando nei dettagli.
“E
cosa
dovrò dire agli anziani?” Chiese l'altro
passandosi la lingua sulle labbra
umide e vermiglie. “Non mi sembra il caso di dirgli il motivo
che c'è dietro la
tua decisione”.
“Non
ce
bisogno di dirglielo. Ci parlerò io. Kakaroth mi serve e se
ne faranno una
ragione. Siamo ancora in regime monarchico, non mi risulta che vige una
democrazia”.
Suo
padre rise e tornando serio aggiunse: “Però il
consiglio degli anziani c’è da
sempre, questo lo sai, la nostra monarchia si è formata con
esso.”
“Il
consiglio si piegherà, perché sono il saiyan
più forte, e se non si piegheranno
da soli, li piegherò io con la forza”.
“Sta’
attento, Vegeta. Gli anziani sono vipere che custodiscono con estremo
orgoglio
il loro potere consultivo. Non metterteli contro”.
“Ho
già
Freezer contro. Uno in più, uno in meno non mi cambia
nulla”.
“Ricorda
che di questi tempi è meglio essere cauti ed evitare
diatribe interne. Dobbiamo
eliminare un problema alla volta, e io adesso non voglio rogne tutte
insieme,
che già Freezer ci sta col fiato sul collo per completare le
missioni, e ho
troppe truppe impiegate a nord-est. Tu sei attaccabrighe proprio come
lo era
tua madre.”
“Io
sono stufo di stare con le mani in mano. Voglio Freezer in ginocchio
davanti al
trono dei saiyan. E ce lo voglio mettere io”.
“Per
tutte le scimmie… Teste calde come te se ne incrociano poche
ragazzo mio. Sei
più bellicoso di una donna tradita”
commentò il padre tornando a bere
nuovamente. "Ci vuole ancora un pò di pazienza".
"Ed
è proprio quella che sto iniziando a perdere".
"Lo
so... Siamo tutti in attesa del momento giusto per ribaltare la
situazione" ammise il Re studiando l'espressione torva e irritata del
figlio che si ammorbidì leggermente mentre si staccava dal
tavolo.
“Faccio
tappa sulla Terra stasera”.
“Cosa
vai a fare lì?”
“Bulma
rientra perchè tra tre giorni la gravità
sarà più alta, e poi ha gli affari di
famiglia di cui occuparsi. Inoltre deve portare i dati registrati dalla
sonda
Saya 4 ad uno dei suoi ingegneri informatici, e sono proprio
curioso di
sapere cosa le dirà”.
"Cosa
sarebbe un ingegnere informatico?"
"Una
specie di... strizzacervelli del computer".
“Domani
sera però abbiamo i primi ordini in festa, tutti si
aspettano che tu ci sia.
Sta rientrando il plotone guidato da Jinka. La tua assenza
potrebbe
essere vista come una scortesia visto che li hai mandati tu a sedare
tutte
quelle rivolte su Neo Genesis 2”.
Vegeta
non sembrò interessarsene. "Se ne faranno una ragione".
“Lei
proprio non ti va giù”.
Il
principe capì a chi il padre
alludesse. “Cosa intendi?"
"Prima
della tua lunga sosta sulla Terra la potevi prendere in moglie e hai
sempre
temporeggiato, anche quando avete concluso la missione Husar, e non ho
mai
capito il perchè tu indugiassi tanto."
“Jinka
ha un solo difetto, come molte donne qui dentro quando mi
vedono”.
“Sarebbe
a dire?”
“Mi
dicono tutte sempre di sì.”
Suo
padre scoppiò a ridere. “Questa è
bella. Vuoi dirmi che ti sei preso l’unica donna
che ha la faccia tosta di risponderti no?”
Vegeta
guardò suo padre dritto negli occhi senza farsi contagiare
dalla sua ilarità.
Pensò a Bulma, agli anni passati sulla Terra, a quando era
stato trattato da
lei come una persona assolutamente normale, uno qualunque. La sua
incoscienza,
finanche una certa dose di insospettabile coraggio, era stata la fonte
dell'interesse che aveva scoperto farsi concreto per lei. Aprire gli
occhi
all'alba con il suo corpo riverso addosso al proprio, col suo odore
nelle proprie
narici, scorgendo il sole che saliva lentamente tra i grattacieli e
attenuava
la penombra violacea della notte, non aveva prezzo. A volte, in quel
silenzio
assoluto che regnava lì in alto, al primissimo mattino
mentre la città ancora
riposava e si approssimava al risveglio, gli sembrava che ogni anelito
di
conquista si annientasse inghiottito nello stesso silenzio che
assorbiva anche
lui. La Terra aveva lo strano e inquietante potere di calmarlo, di
rabbonire le
sue necessità bellicose piene di furia, o forse era Bulma ad
avere quella rara
capacità di disarmarlo. Aveva uno strano e autoritario
potere nelle mani quando
le infilava tra i suoi capelli, sortiva lo stesso effetto che
si ha
quando un padrone accarezza il proprio animale poco mansueto e
aggressivo.
Il
Re
si asciugò le lacrime recuperando contegno. “Tua
moglie nonostante quel
corpicino deve averne di carattere!”
..
La
macchina del teletrasporto impiantata in una stanza in cima al
grattacielo,
esattamente sulla pista di atterraggio degli elicotteri e sopra il vano
ascensori, li fece materializzare uno dopo l'altro sotto il cielo
sereno
variabile delle cinque di pomeriggio. Al loro arrivo il sole era
scivolato
dall'altro lato dell'emisfero e discendeva con lentezza pronto a
regalar loro
un suggestivo tramonto tra i grattacieli.
Kakaroth
si guardò attorno con curiosità, non avendo
compreso davvero il motivo per cui
gli fosse stato riservato un trattamento di favore. Bulma aveva
convenuto che
l'indole era selvaggia ma istintivamente votata alla gentilezza, forse
perchè
talune cose che diceva lo facevano apparire un pò tonto.
"Questa
è casa mia" gli disse quando varcarono la porta degli
ascensori al
quarantaduesimo piano, mentre Vegeta spariva alla ricerca di suo
figlio,
evitando che Trunks facesse la propria comparsa davanti a Kakaroth.
"Mio
marito ti ha spiegato il motivo per cui sei stato convocato qui, vero?"
"Non
l'ho capito fino in fondo. Mi ha detto che si tratta di una specie di
esperimento..."
"Esattamente.
Ti è stata data la possibilità di aumentare il
tuo potenziale, ma non dovrai
fare altro che affidarti ad alcune... persone, diciamo, che sono
esperte delle
arti marziali" gli spiegò frugando in una borsa alla ricerca
della capsula
che conteneva l'elicottero.
Kakaroth
diresse lo sguardo oltre le vetrate e studiò la metropoli e
i grattacieli pieni
di slogan che si alzavano poco più avanti, creando una rete
urbana molto
trafficata.
Bulma
riprese notando come il saiyan fosse interessato a ciò che
lo circondava.
"Io abito in questa città, in questo grattacielo di
quarantasei piani.
Appartiene alla mia famiglia che l'ha fatto costruire. Ti
accompagnerò da chi
si occuperà di te, ma dobbiamo prendere l'elicottero".
"Perchè
questo trattamento di favore?"
"Preferivi
finire in un torneo a giocarti la vita?"
"In
un modo o nell'altro dovrò pur morire, sono un guerriero".
"Ci
sarà tempo anche per questo" replicò cercando di
non affrontare discorsi
deontologici troppo complicati.
"Sei
stata tu a proporlo al principe Vegeta, vero?"
"Proporre
cosa?"
"La
mia ultima possibilità".
"Cosa
te lo fa pensare?"
"Nessun
saiyan avrebbe avuto questo tipo di gentilezza".
Lei
gli
sorrise appena. "Tu l'hai avuta quando mi hai comprato la spada".
"Ti
ho solo ricambiato il favore. Mi hai curato quando stavo morendo,
ricordo
male?"
Bulma
comprese che l'altruismo non era cosa scontata e parte dell'educazione
di un
saiyan, così come Vegeta le aveva detto con quel nessuno
fa nulla per
nulla qui, ma la gentilezza che percepiva nel suo sguardo
umile le lasciò
intuire che poteva esserci del salvabile in Kakaroth.
"Perchè
lo hai fatto?" Si sentì chiedere.
"Da
dove vengo io, le persone che hanno bisogno si aiutano e basta a volte"
gli spiegò lei con naturalezza. "Non
mi
aspetto che tu capisca... Mi spiace solo per la
tua coda, ma qui
non puoi tenerla. Se non conosci il nostro calendario lunare
è rischioso
star svegli di notte, e qualche volta anche osservare il cielo di
giorno".
L'elicottero
arrivò a Paòz dopo aver attraversato una
perturbazione passeggera. Bulma ormai
era diventata una brava pilota nonostante non fosse tra le
più esperte, ma
poteva affermare di conoscere bene le macchine che progettava. Quasi
sempre si
avvaleva di piloti privati che lavoravano per lei, ma in questo caso
non voleva
far circolare notizie circa i suoi ospiti...
Kakaroth
si osservava attorno incuriosito e affascinato dalla natura
incontaminata e
verde che si estendeva davanti al suo sguardo a perdita d'occhio.
L'aria era
leggera e aveva uno strano profumo fresco e balsamico,
perchè le catene
montuose a ridosso della pianura facevano di sovente arrivare brezze
che
trascinavano gli odori delle flora che cresceva ad alte altitudini.
"Non
sembra male questo posto".
"Essendo
poco abitato, l'aria è molto salutare" disse lei camminando
verso un
agglomerato di casette che non superavano i due piani.
Adocchiò una stradina
dove alcune insegne commerciali restituivano al venticello il loro
ondeggiamento. "Una mia amica ti accompagnerà dal Genio
delle Tartarughe,
un esperto preparatore di atleti. Se hai bisogno di mangiare qualcosa
puoi
chiedere a lei, è un'ottima cuoca..."
Bulma
entrò dove c'era la piccola targa di una panetteria, facendo
oscillare un
caccia-spiriti che tintinnò colpito dal movimento rotatorio
della porta.
"Si può? Permesso..."
Da
dietro il balcone si alzò una donna atletica che stava
ordinando il piano
lavoro. "Bulma!"
"Ciao
Chichi! Non ti aspettavi una mia visita, lo so".
"Non
dopo due mesi che diciamo di vederci e rimandiamo sempre. "
"Ti
chiedo subito scusa se arrivo qui senza avvisarti e senza potermi
neppure
trattenere. Puoi dedicarmi dieci minuti? Tanto vedo che non hai persone
da
servire".
"Figurati,
tra poco chiudo. Vado in palestra a controllare che Yamcha stia
lavorando...
Ogni volta che vado lo trovo a flirtare con qualche ragazza a cui fa il
personal trainer."
"Ci
prova sempre con tutte, quello..." commentò Bulma ricordando
quando anni
prima ci aveva provato pure con lei, il cui alcool in corpo a causa di
qualche
bicchiere di troppo l’aveva annebbiata fino a farla finire
all’inevitabile limone
della serata.
Chichi
fece una faccia sorniona. "Ne sai qualcosa anche tu, o
sbaglio?"
L'altra
alzò gli occhi al cielo. "Comunque non so come fai a
lavorare qui
dentro... C'è un profumo delizioso, cos'hai
preparato?”
"Ho
finito le crostate. Le lascerò raffreddare tutta la notte e
domani saranno già
mangiabili, te ne do una se vuoi, la porti a tuo
figlio" fece
l'altra sgusciando fuori dal bancone e sfilandosi il cappellino
fermacapelli.
"Allora Bulma, dimmi pure, sono curiosa di sapere il motivo della tua
visita, e non so se preoccuparmi".
"Ho
da chiederti un piacere e spero tu non mi dica di no. Si tratta di
un grosso favore..."
"Sarebbe
a dire?"
Bulma
direzionò lo sguardo fuori, oltre la vetrata, puntandolo
sull'uomo alto e
atletico che continuava a guardarsi attorno con aria tranquilla, in
apparenza
non offensiva. Chichi la imitò e vide un uomo molto piacente
fermo
dall'altro lato della strada.
"E
quel bell'imbusto chi è?"
"Il
grosso favore che devi farmi".
..
Bulma
rientrò alla Capsule Corporation con un gran mal di testa.
Aveva dimenticato di
prendere gli integratori che usava quando si spostava verso
città che erano a
più di quattro ore di distanza dalla propria, costringendola
a ristabilirsi col
fuso locale. Anche il teletrasporto non era una passeggiata per il
corpo, vista
la quantità di energia cui erano sottoposte le cellule per
trascinarsi da un
luogo all'altro in pochi minuti. Non appena l'ascensore scese dalla
pista e si
aprì con un trillo sul quarantaduesimo piano, ad aspettarla
trovò un entusiasta
Trunks. Era
stata via solo dieci giorni e
gli sembrò che il figlio si fosse persino alzato di un paio
di
centimetri.
"Mamma!
Non arrivavi più!"
Il
piacere con cui l'accoglieva la remunerava delle fatiche di fare avanti
e
indietro in un periodo che stava proseguendo da diversi mesi pieno di
attività
e imprevisti. Per quanto suo padre l'aiutasse nella gestione
dell'azienda, le
cose da fare erano sempre tante, come gli incontri e i progetti da
portare a
termine, e come se non fosse bastato sul pianeta Vegeta aveva
dell'altro
operato da svolgere per suo marito, con le difficoltà di non
avere con sè il
proprio affidabile e collaborativo staff e strumentazioni che conosceva
perfettamente.
Vegeta
aveva appena finito di allenarlo e il piccolo appariva felicissimo di
essersi
ricongiunto con suo padre, figura che costantemente gli mancava da
quando si
assentava per badare alle missioni affidate ai suoi da Freezer. Il
legame tra
lui e Trunks era fortissimo nonostante Vegeta fosse solito non
esternare il suo
affetto con gesti di tenerezza, tuttavia non cessava mai di spronarlo
nè di
ricordargli di chi fosse figlio.
"Sei
tutto sudato..." Commentò Bulma, abbassandosi ad
abbracciarlo.
"Non
mi sono ancora fatto la doccia".
"E
cosa stai aspettando? Va' subito, non ti faccio mica cenare
così, e lo stesso
vale per tuo padre" aggiunse adocchiando il saiyan che stava arrivando
con
l'asciugamani sulle spalle. "Avete la doccia tutta per voi
giù,
perchè non ne approfittate mai? Se non c'è una
donna che si curi di voi vi
comportate come selvaggi."
"Ho
fame, mamma..."
"La
nonna vi cucinerà sicuro qualcosa, le faccio uno squillo
giù. Io adesso devo
fare una telefonata che non posso assolutamente rimandare,
chissà se c'è ancora
qualcuno nel reparto tecnico" commentò interrogando
l'orologio che segnava
quasi l'orario di chiusura delle attività
d'ufficio.
Quando
varcò la porta automatica dell’ufficio del reparto
informatico ci trovo proprio
chi sperava di vedere. Kale la salutò subito a tono alto,
con due cuffie in
testa e la camicia rimboccata, e cianfrusaglie varie sul tavolo dove
lavorava
disseminato di una decina di tazzine compostabili vuote di
caffè ancora da
buttare.
"Ma
quanto caffè bevi?!" Fece lei osservando la scrivania
dell'uomo. "E
come fai a lavorare in mezzo a tutto questo casino?"
“Si
può
sapere da dove viene questa roba? Hai scoperto mica una nuova
civiltà?” Le
chiese l'altro eludendo la sua domanda e sventolando i fogli che si era
stampato dai dati recuperati nel flop. “Quel simpaticone di tuo marito mi ha detto che me
le hai mandate tu
e che sono da analizzare immediatamente, senza se e senza ma" aggiunse
ripetendo le testuali e perentorie parole dell'uomo. "Te lo dico
subito,
mi ci vorrà una vita per decodificare questa
merda.”
“Ah,
bene, quindi non riesci proprio a capirci nulla?” Fece lei
avvicinandosi.
“Capirci
nulla? Per capire queste scritture mi ci vorrà
l’eternità… e forse neppure
quella sarà abbastanza.”
“Ma
si
potrà fare qualcosa…"
"Un
miracolo, se fosse possibile".
"Bisogna
solo trovare una chiave per decodificare questi codici e crearne uno
nuovo col
nostro linguaggio, no?”
“Ci
ho
già pensato, ma è un casino. Ma si può
sapere dove l’hai presa questa roba?
Anche il computer ne aveva la nausea”.
Lei
fece la vaga. “Te lo racconterò se però
riesci ad aiutarmi”.
“Lo
farei volentieri, se non fosse che tra dieci giorni mi sposo e non
posso
rimanere in ufficio fino alle dieci di sera” fece
l’altro sfilandosi le cuffie.
“Quello
che so, è che sono mappe criptate in questo codice
informatico... alieno”.
“Mappe
aliene dici?”
“Sì,
tutti i vari dati dovrebbero corrispondere a punti che definirebbero
delle
mappature spaziali di una regione mai studiata della galassia, ad
ovest”.
L’altro
si passò una mano tra i capelli corti e castani, e non
trattenne un sospiro
scoraggiato. “Senti, domani ne parlo con Sana, lei magari
può aiutarmi visto
che rientra dalle ferie e sarà più che in
forma”.
“Ok,
non dimenticartene. Mi raccomando… Ricorda che ti ho assunto
perché sei il
migliore. Ah, e non impiegarci troppo” gli
rammentò uscendo da dove era venuta
e lasciando Kale nel caos più totale, a borbottare.
Quattro
ore a seguire, alle undici di sera ormai passate, era nel letto con suo
figlio
a raccontargli del suo ultimo viaggio. Stesa di fianco al bambino,
continuava a
narrargli come una favola della quantità di pianeti che
esisteva fuori il loro
sistema solare.
Trunks
alzò un dito indicando il soffitto dove c’era la
mappa dello spazio conosciuto
che teneva appesa sopra la testa, proprio come se fosse un piccolo
mercenario.
“E il pianeta di papà si trova più su
della stella K-8?”
“Oh,
molto, è dietro una grande nebulosa”.
“É
una
nebulosa grigia?”
“No.
Ha
molti colori, ma predomina il rosso. Quando la vedi ti sembra una
specie di dipinto
astratto, di quelli che ogni tanto vedi sui libri di scuola”
fece lei
accarezzandogli la testa e tirandogli indietro la frangetta.
“Ma
sulle stelle ci si può salire?”
“Non
proprio… Le stelle sono troppo calde per poterci arrivare,
perchè a differenza
dei pianeti abitabili producono energia tramite fusione
nucleare.”
“E
quando mi dai anche una mappa del sistema solare dove si trova il
pianeta di
papà?”
“Appena
riuscirò a farle elaborare…”
commentò lei accorgendosi che c’era Vegeta sul
ciglio della porta, appoggiato ad ascoltarli. Chiuse la conversazione
capendo
che si era fatto tardi, e dopo aver rimboccato le coperte e dato un
bacio al
bambino gli disse di addormentarsi. Fece per tirare le tende quando
Trunks le
chiese di lasciarle aperte.
“Sei
sicuro che non ti da fastidio il sole? All’alba lo avrai
tutto in camera.”
“Non
ho
sonno… Provo ad addormentarmi contando tutte le volte che la
scritta di quella
pubblicità fa illuminare le palline rosse” gli
spiegò il bambino indicando il
logo di un’azienda di scarpe che svettava sopra un
grattacielo più basso.
Bulma
gli sorrise. “Va bene, basta che non rimani sveglio. Domani
hai scuola”.
“Non
posso portare con me la spada vero? Ai miei amici piacerà
tantissimo...”
“Assolutamente
no! Dove vai girando con una spada… Guarda che non
è un giocattolo... Hai
promesso di usarla quando sarai più grande.”
La
sera
inoltrata, le mezza passata e una città trafficata anche di
notte, li ritrovò
stesi sul letto della loro camera, davanti a puzzle di luci accese e
spente.
Bulma se ne stava accucciata a pancia in giù, le braccia
piegate sotto al
petto, il viso rivolto a lui che era steso su un fianco con mollezza.
Con le
dita ruvide lui le accarezzava la schiena nuda, osservando il tatuaggio
del
drago. Poi si accorse che all'interno della piccola sfera erano stati
aggiunti
dei simboli.
"Non
avevi queste scritte prima di partire, dieci giorni fa”
constatò osservandole,
e notando che erano indecifrabili.
“No…
Le
ho fatte tatuare quando sei andato via”.
“E
che
significano?”
“Sono
delle iniziali… Però non te lo dico”.
L’altro
la guardò vagamente sospettoso. “Tutto questo
segreto per due lettere?”
Lei
allungò il collo e portò il viso verso il suo.
“Te lo dirò un'altra volta. Sono
iniziali di nomi di persona scritti in lingua Paozziana antica. Il
vecchio
tatuatore mi ha detto che inserirle nella sfera la trasforma in un
amuleto
protettivo”.
Vegeta
sembrò perplesso. “Se lo dici
tu…”
“Tu
non
ci credi, ma io sono sicura che questo drago esiste. La sfera che mi ha
dato
mio padre è una delle sette… Le
troverò prima o poi, e gli chiederò una
giovinezza lunga quanto la tua”.
“Finchè
non vedo il radar non ci crederò”.
“Tu
non
preoccuparti. Ho praticamente finito di elaborare il cip
interno…É un lavoro
iniziato una vita fa.”
“Quando
l’hai progettato?”
“Il
primo progetto del radar risale a quando avevo nove anni…"
"Nove?"
Vegeta non riuscì a reprimere una lieve nota di stupore
all'ennesima
rivelazione del suo genio.
"Sì...
Ma poi per molti motivi ho lasciato perdere... Mia madre ha subito un
intervento
all'utero e non ha più potuto avere più figli,
gli studi all'accademia dei
bambini prodigio mi hanno molto assorbita perchè mi facevano
studiare molto per
permettermi di sviluppare il potenziale... Alla fine
c’è sempre stato qualcosa
che mi ha distratta e non ho mai ultimato il radar...”
"Perchè
solo adesso l'hai completato?"
"L'incontro
con Freezer mi ha turbata molto... Ho paura di lui. Ho paura che venga
qui e
distrugga tutto... La mia casa, Trunks..." un lieve tremore da lui
percepito le costrinse ad abbassare lo sguardo, che fece scivolare inquieto sul suo petto caldo e ampio, che si sollevava placidamente.
"Ma
sei così sicura che le sfere funzionino? É solo
una leggenda..."
"Anche
quella del super saiyan lo è... Eppure tu ci
credi..." aggiunse
fissando i suoi occhi con sguardo dolce. La mano di lui si
aprì in silenzio
sulla sua schiena e le accarezzò il disegno lentamente,
percorrendolo come una
stampa su seta. Davanti i suoi occhi azzurri e luminosi si
materializzò solo un
volto che la offuscò.
Freezer.
..
La
lucertola si portò lungo il perimetro vetrato della sala
comandi e osservò
l’immensità dello spazio in cui galleggiava
accompagnato dal fedele e dissoluto
esercito. Il suo pianeta di origine, piccolissimo più della
metà della Terra e
povero di risorse, era lontanissimo da lì. Ormai
da anni vagava nel suo vascello, avido e bramoso di potere, come fosse
un’anima
in pena. Suo padre Re Cold, anima maligna vissuta per quasi
centoquaranta anni,
aveva messo in piedi i primi eserciti di mercenari corrotti promettendo
conquiste a tutti, ed era stato semplice vederli andare a lui come api
al miele
quando grazie a mezzi illeciti e brutali aveva concretizzato le proprie
promesse. Il mercato dei pianeti era fruttato moltissimo e proprio lui
aveva
avuto l'illuminante idea di rendere parte del proprio esercito anche i
rozzi e
bellicosi saiyan, migliori in assoluto e forze della natura. Tuttavia,
negli
ultimi anni della sua vita, aveva rivelato al figlio che doveva ben
guardarsi
da loro, perchè erano indomiti e troppo fieri per accettare
di avere una guida
autoritaria che li trattasse alla stregua degli altri
eserciti.
Per
Freezer quelle parole erano state un campanello di allarme. I saiyan
erano il suo tallone d'Achille, l'unico esercito che non riusciva a
controllare
mai completamente, nonostante portasse a compimento fedelmente le sue
disposizioni. Era riuscito persino a farsi lasciare il piccolo Vegeta
da suo
padre, anni prima, per tenerlo con sè qualche anno con lo
scopo di irretirlo
tramite lusinghe e compiti sempre più difficili, bramando
ancora per asservirli
completamente. Ma crescendo Vegeta aveva mostrato non solo una certa
insofferenza verso gli altrui comandi, ma la totale inattitudine a
sentirsi
parte della sudditanza. Le sue abilità da fuori classe, lo
spirito indomito e
l'educazione fiera ricevuta lo avevano reso un bambino prodigio e un
adolescente sprezzante e bramoso di aumentare il proprio potenziale,
portandolo
a desiderare di superare Freezer in potenza e facendo a tutti capire
che non
gli sarebbe stato impossibile riuscirci. E Freezer sapeva che era
così, perchè
i saiyan miglioravano ad ogni combattimento, come prodigi naturali,
assimilando
per osmosi nuovi poteri e nuove tecniche. Sostanzialmente, alla fine,
aveva
capito che eliminare i saiyan rimaneva la scelta più
sensata, anche se
equivaleva al perdere il migliore esercito di cui
disponeva.
La
struttura della base militare ambulante era di smisurata grandezza,
disponeva di numerosi ponti di attracco esterni ed interni distribuiti
sui
centoventi livelli di profondità. La
rimessa interna delle centinaia di navicelle che salivano e
discendevano su e
giù per la profonda pancia dell'astronave occupava quasi
cinquanta livelli di
altezza, e dagli ottanta punti di attracco i soldati imboccavano i
corridoi
esagonali in carbonio lucido superando infine le barriere cariche di
ossigeno.
Sporgendosi dal parapetto dei ponti, provvisti delle opportune maschere
di
ossigeno, i soldati potevano vedere l'immensità senza fondo
dello spazio. Non
pochi ci erano precipitati laggiù, quasi sempre per essere
fatti sparire con le
prove del loro assassinio. Da giovanissimo Vegeta ci aveva stazionato
quasi sei
anni terrestri lì dentro e di omicidi ne aveva visti e
compiuti senza
vergognarsene. D'altronde perchè avrebbe dovuto vergognarsi
di far fuori
gentaglia mediocre e inetta, e totalmente corrotta. Anche lui da quei ponti ci aveva fatto
precipitare qualcuno, l'ultima vittima che rammentava era stata una
spia che si era ritrovata a penzolare attaccata alla balaustra, aggrappata ai suoi piedi e scansionata dal suo sguardo spietato. Vegeta gli aveva rotto le ossa delle dita con la suola della scarpa, attendendo poi con l'opportuna lentezza di un sadico torturatore
che le
mani di quello cedessero facendolo scivolare via.
Se
n'era rimasto lì, davanti gli occhi soddisfatti di Freezer,
a compiere i suoi
atti vili di soldato violento e annoiato, abituato a fare solo quello,
conscio
di doversi mettere in mostra davanti a tutti quegli spettatori spietati
che si
valorizzavano con quel tipo di abbiette
qualità.
“Zarbon…
Voglio approfondire questa storia riguardante la moglie di
Vegeta… Nessuno mi
aveva detto che su Virgus ci fossero donne così".
"Da
quando vi interessano le umane?"
"Le
avremmo potute rivendere come schiave.”
"Non
ricordo se ve ne fossero, mi dovete scusare, ma non ho seguito io
quella
spedizione che risale ad anni fa. A che scopo vi interessa,
potente
Freezer? ”
“Mi
sembra strano, conoscendo quella scimmia violenta, che si sia presa in
moglie
un’ umana solo per una questione di bellezza”.
“Bella
lo è, però”.
“Ovviamente,
per essere un'umana credo lo sia molto. Ha una presenza che
definirei..."
"Piacevole?"
"Armonica.
Non mi disturba guardarla. Vegeta è sempre stato
uno schizzinoso
d'altronde,avrei dovuto immaginare si sarebbe trattato bene anche in
questo
caso. Ad ogni modo… Non saprei che farmene di una donna
umana. Tu potresti
divertiti invece…” insinuò
malignamente. “Siete quasi compatibili a livello
fisico”.
Zarbon
annuì corrispondendo la malignità del suo padrone
con un luccichio di sadismo
negli occhi. Bulma sarebbe potuta finire nell'elenco di una delle tante
umane
che avrebbe seviziato per soddisfare i propri appetiti, ma
ciò che lo faceva
eccitare era che avrebbe potuto farlo sulla donna di Vegeta, del
commilitone
che più aveva odiato in assoluto durante gli anni passati,
quindici anni prima,
quando Freezer, di cui Zarbon era assurdamente geloso, aveva prediletto
quel
bambino preferendoglielo per molto tempo. Re Vegeta gli aveva ceduto il
figlio
in prestito con lo scopo che quest’ultimo rinforzasse la
propria tempra, ma in
realtà non aveva ammesso che era stato obbligato a farlo. Ne
era venuto su un
giovanotto violento e sprezzante di ogni pericolo, forse persino troppo
presuntuoso, che però era stato la macchina
d’assalto più ingestibile della
lucertola bianca, finanche la più attaccabrighe.
“Voglio
liberarmi dei saiyan una volta per tutte… Ma per farlo senza
perdere troppe
risorse, dovrò metterli l’uno contro
l’altro. Ho notato che Vegeta era molto
presente vicino a quella donna, e non è da lui…
Ma voglio indagare a
fondo."
"Non
mi va proprio a genio l'idea di starmene in mezzo tutte quelle scimmie
a fare
indagini" lamentò Zarbon.
"Non
le hai mai sopportate vero?"
"Se
potessi le ucciderei una per una, e il primo sarebbe Vegeta".
Continua…
Ricordo
un paio di termini ai
malintenzionati : © le
mie storie sono
tutelate dal diritto di autore e registrate abitualmente a mio nome in
quanto
persona fisica nonchè tutelata giuridicamente.
Dunque, avviso chi non
ha di meglio da fare che copiare, prendere parti, spacciarle per proprie di
pensarci due volte a provare a plagiare o a rubare la farina del mio
sacco: non rischiate solo un
brutto bannaggio su questo sito,
ma rischiate anche in termini legali .
Fate attenzione.
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