« Che cazzo
ci fai tu qui? » la domanda di Lovino era legittima. Ludwig
stesso se la stava ponendo, per quanto con toni più pacati.
Aveva frainteso il tutto, e ora ne stava pagando la conseguenza.
L’imbarazzo aveva preso il controllo della sua mente,
rendendolo incapace di articolare qualsiasi frase, facendogli solo
aprire bocca e richiuderla come farebbe un pesce rosso. « Ti
ho chiesto che cazzo ci fai qui. » ripete Lovino, facendo
diversi passi in sua direzione.
« Lovino,
calmati. Chi è? » Ludwig si sente grato per
l’intervento dell’altro uomo, che finalmente riesce
a identificare come il fratello minore.
«
È il tedesco. » brontola allora Lovino, mentre
l’altro sembra posare il suo sguardo su di lui. Emette un
lieve verso di sorpresa, per poi sorpassare il fratello e avvicinarsi.
Ora che lo vedeva più vicino, notava i capelli
più chiari e i lineamenti più delicati.
« Come mai
sei entrato nel nostro appartamento? » gli chiede lui, e
Ludwig riesce solo a boccheggiare di nuovo. Messo a confronto con
l’aria più disponibile dell’altro, la
sua mente sembra calmarsi e finalmente il raziocinio riprende la
direttiva.
« Ich- Io ho
sentito urla e mi sono preoccupato e… » il
fratello minore di Lovino alza una mano come per fermarlo, mettendolo
in pausa.
« Mi dispiace
se urlando abbiamo dato fastidio. » dice, con un sorriso,
facendolo sentire un po’ sollevato.
« Lo capisco,
ma io ho sfondato la porta- »
« Che cazzo
significa che hai sfondato la porta? » sbotta allora Lovino,
passandogli accanto per accertarsi dell’effettivo stato di
questa. Era in effetti fuori dai suoi cardini. « Sto stronzo
ha sfondato la porta. »
«
Sì, Lovino, lo vedo. » commenta l’altro,
che l’aveva raggiunto subito dopo. Il suo senso di colpa era
divenuto una voragine. Non avrebbe dovuto fare un’azione
simile.
« Mi
dispiace, domani stesso contatterò il falegname per farla
riparare- »
« E sarebbe
anche il minimo! » esclama Lovino, toccando la porta e
vedendola cadere definitivamente. Ludwig si avvicina, prendendola e
tentando di rimetterla sui cardini, riuscendoci. Non si chiudeva, ma
almeno poteva ancora rimanere in piedi. Sospira sollevato.
« Domani
mattina sarà la prima cosa che farò. »
Lovino continua a guardarlo male, e Ludwig non riesce a dargli torto.
Ha sfondato una porta che non andava toccata, ficcando il naso in una
faccenda dove lui non c’entrava per niente. La rabbia degli
altri due gli sembrava la reazione più spontanea a riguardo.
« Lo spero
per te. So dove abiti. »
« Lovino,
dai, non insistere, ha detto che già domani verrà
riparata. » nonostante il fratello cercasse di mantenere
un’aria di conciliazione, Ludwig non si sentiva a suo agio.
« Se la
situazione è a posto, credo sia meglio che io me ne vada.
»
«
Sì, decisamente. »
« Lovino!
» esclama l’altro, per poi voltarsi nella sua
direzione. « Buonanotte e a domani. »
Ludwig doveva sentirsi
più sereno, sapendo di non essere incappato nelle ire di
nessuno. Eppure anche una volta chiusa la porta dietro di sé
non riusciva a rimanere sereno. Aveva agito d’impulso. Non
era una cosa che faceva di solito. Non riusciva a spiegarsi come aveva
potuto sfondare una porta in quella maniera. Ormai aveva a che fare con
il fatto compiuto. Non gli rimaneva altro che aprire internet e cercare
qualcuno che potesse riparare quella porta prima che divenisse una
questione di stato.
Ludwig scorre la lista
sullo schermo del telefono, guardando minuziosamente le recensioni e i
servizi offerti da ogni singolo professionista, ma la sua mente
continuava a spostarsi altrove, al suo agire troppo impulsivo per
quella serata, al danno al quale cercava di rimediare il prima
possibile e anche al fratello di Lovino. La sua memoria confusa e piena
di adrenalina offuscava la sua mente, dandogli una vaga immagine del
soggetto, ma gli era apparso decisamente più conciliante del
fratello. Forse era un bene, oppure era un abbaglio preso dal suo stato
di agitazione. Non sapeva dirlo.
Ormai era vicino alla
mezzanotte, e doveva andare a dormire. Si segna il numero del falegname
più convincente che trova, e si mette a letto, cercando di
stemperare lo stato di ansia che continuava ad annebbiare la sua mente.
Domani sarebbe stata una lunga giornata.
Alzarsi era un incubo.
Non aveva dormito. Il
suo sonno era stato agitato e confuso, rendendogli impossibile un
riposo sereno. Non aveva idea di quando aveva dormito così
male l’ultima volta.
Con fatica Ludwig si
alza, infilandosi la tuta per la sessione di corsa mattutina. Correre
gli piaceva, e l’attività fisica aveva il potere
di rilassarlo. Si sentiva inquieto quella mattina, e soprattutto si
sentiva osservato. Non riusciva a spiegarselo. Con una certa
apprensione rientra in casa, infilandosi sotto la doccia. Si fa un
veloce piano della giornata, mettendo in cima alla lista la chiamata al
falegname. Questi, curiosamente, si dimostra ben disposto a venire nel
giro di mezzora. Era un comportamento atipico a detta della propria
esperienza, ma dentro di sé Ludwig è
profondamente grato di poter risolvere il problema così
velocemente. Prendendo dei grossi respiri raccatta coraggio e si avvia
verso la porta dei vicini. Questa, stranamente, gli appare intatta
dalla sua irruzione, ma ci bussa ugualmente.
Passa qualche istante,
e finalmente il pezzo di legno viene scostato, rivelando il viso del
fratello di Lovino. Questi lo osserva, inizialmente confuso, e poi gli
sorride.
« Buongiorno.
» gli dice, cercando di non morire di vergogna per ogni volta
che la sua mente tornava alla serata precedente.
« Buongiorno.
» gli risponde lui, con voce ancora assonnata. Probabilmente
l’aveva svegliato.
« Ho chiamato
per la porta, mi hanno assicurato che saranno qui tra mezzora.
» fa una pausa, in attesa di una reazione che non arriva.
« Ho pensato fosse giusto avvisare. »
L’altro si
appoggia alla porta ancora non scardinata, e Ludwig si sente scrutato.
« Visto che ci vorrà mezzora, perché
non entri per un caffè? L’ho appena messo su.
»
Una parte di lui non se
la sente di accettare, ma si ritrova a seguire l’altro quasi
ipnotizzato.
« Sai, Lovino
è già al lavoro e mi annoio a fare colazione da
solo. » gli dice lui, appoggiando la mano sullo schienale
della sedia. « Non stare in piedi, accomodati. »
Si ritrova ad obbedire
senza fiatare, osservando la cucina. Non era cambiata molto da quando
il signor Romolo abitava lì, ma aveva un’aria
diversa. C’era un tocco più delicato e accurato
nella tovaglia sul tavolo, e persino negli stracci che pendevano
accanto al lavandino.
« Ieri non
abbiamo avuto il tempo di presentarci. Io sono Feliciano. »
gli dice con un sorriso, allungando la mano che Ludwig stringe con
riflessi pronti. Aveva dita delicate e sottili, insolite per un uomo.
« Mi chiamo
Ludwig. »
« Un nome
insolito. »
« Sono
tedesco. » Feliciano fa un’espressione sorpresa,
forse un po’ troppo teatrale. Probabilmente uno scherzo della
sua mente stanca. Feliciano allora gli sorride, per poi volgere la sua
attenzione verso la caffettiera. Aveva una figura sottile, ora che
poteva osservarlo.
L’uomo si
volta verso di lui, appoggiando due tazzine sul tavolo insieme allo
zucchero, per poi versare il caffè. Lo faceva con
un’abilità che si scopre a invidiargli. Le poche
volte che aveva tentato di fare il caffè finiva per farci un
disastro.
Feliciano invece
finisce di riempire le tazze, per poi sedersi e prendere a sorseggiare
dalla sua. Lui fa lo stesso, rendendosi conto di non aver messo lo
zucchero, e si affretta a farlo, sotto lo sguardo dell’altro
uomo.
« Sei da
tanto tempo in Italia? »
« Ormai sono
tre anni. »
« Parli bene
l’italiano. » commenta Feliciano con un sorriso.
Era un apprezzamento che riceveva spesso, nonostante le gaffe fatte nei
primi mesi di permanenza.
« Mi piace
molto la lingua. » l’altro annuisce,
accondiscendente, riprendendo a sorseggiare il proprio caffè.
« Lavori qui?
Oppure sei all’avventura? »
« Lavoro
all’ambasciata. » non amava che gli si facessero
domande personali, ma l’uomo che aveva di fronte sembrava
avere il potere di ricevere ogni risposta che desiderava. Feliciano
abbandona la sua tazzina, appoggiandosi sulla mano.
« Quella
vicina a Villa Torlonia? »
« No, la mia
è dalle parti di piazza Repubblica. »
« Bel posto,
un mio amico abita da quelle parti. » Feliciano sembrava
avere amici particolari, e persino molto ricchi. Aveva cercato un
appartamento in zona, ma i prezzi erano decisamente da capogiro.
«
Sì, lo è decisamente. » la sua risposta
avrebbe certamente fatto calare il silenzio, probabilmente uno
imbarazzato, costringendolo a cercare una scusa per potersi defilare
velocemente.
« Lovino mi
ha detto che conoscevi mio nonno. » l’espressione
di Feliciano cambia, e Ludwig lo osserva alzarsi in piedi, raccogliere
la sua tazza e offrirgli ancora un po’ di caffè
che gentilmente rifiuta.
«
Sì, siamo stati vicini per… diverso tempo. Era
una brava persona. » non riesce a vedere
l’espressione dell’altro, impegnato a lavare le
stoviglie.
«
Sì, lo era. Dopo che ha lasciato questa casa a me e Lovino
sicuramente San Pietro gli aprirà le porte del paradiso
senza problemi. » Ludwig emette uno sbuffo, nel tentativo di
mascherare una risata divertita, e anche Feliciano ride, voltandosi
nella sua direzione dopo essersi asciugato le mani. « Spero
che anche noi due possiamo essere buoni vicini. »
« Spero non
mi porterai rancore per l’incidente di ieri sera. »
« Ma certo
che no! Quello che hai fatto è comprensibile, lo avrei fatto
anch’io se fossi in grado di buttare giù una
porta. »
Feliciano non
assomigliava per niente al fratello, e nel constatarlo Ludwig si sente
un po’ più sereno. Probabilmente la loro
convivenza non sarebbe andata così male. Feliciano non
sembrava un cattivo vicino, e non sembrava nemmeno condividere lo
stesso temperamento del fratello. Era piacevole.
Il rumore di un
citofono lo fa scattare in piedi. Era il suo.
« Credo sia
il falegname. Vado ad aprirgli. » Feliciano annuisce,
tornando ad asciugare il ripiano, e Ludwig si affretta a tornare al
proprio appartamento, dando le indicazioni all’operaio che ci
impiega un po’ a salire lungo le scale. L’uso
dell’ascensore non era contemplato. L’uomo esamina
i cardini, la struttura della porta, prende le misure con dei tempi che
sembrano durare un’eternità. Feliciano
è uscito sul pianerottolo e gli si è messo vicino
a rimirare il lavoro dell’artigiano. Non ha più
parlato, ed entrambi rimangono in attesa del responso.
« Allora, i
cardini di mezzo sono andati, e vanno cambiati, ma è andata
bene che la porta non si sia ammaccata perché sarebbe stato
un casino portarne una fino a qua per cambiarla. »
Ludwig tira un sospiro
di sollievo.
« Quanto
tempo ci vorrà? »
« Mezza
mattinata, massimo. » Feliciano tira un sospiro di sollievo.
« Visto,
niente di grave. » Ludwig vorrebbe condividerne il buonumore,
ma non ci riesce appieno.
« Sono
contento. » risponde, controllando l’orario.
« A lavoro terminato mi lasci una fattura,
provvederò a saldarla. » il falegname non fa
domande, concentrandosi sulla sua mole di lavoro, ma Feliciano sembra
piuttosto contrariato.
« No, non
serve. »
«
È un mio dovere, è colpa mia se si è
rotta. » Feliciano sospira, apparendo per niente soddisfatto.
« Io ora devo prepararmi per il lavoro, ma passerò
stasera per ritirare tutta la documentazione. » Feliciano
allora gli sorride, dandogli il saluto prima che lui chiuda la porta.
« Buongiorno
Ludwig. »
« Buongiorno
Feliciano. »
« Anche oggi
al lavoro? »
«
Sì. » ormai erano diventate frasi di rito. Non
riusciva a spiegarsi il perché le sue tempistiche
coincidevano perfettamente con quelle di Feliciano, ma già
da diversi giorni ogni mattina si ritrovava a fare le scale insieme al
suo vicino. Una parte di sé era contenta di scambiare due
parole al di fuori dell’ambito lavorativo, ma
l’altro temeva di essere molto presto a corto di argomenti di
conversazione. Feliciano, però, sembrava intuire la sua
mancanza e compensava il loro dialogo di curiosità che lo
avevano interessato.
Ludwig gliene era molto
grato. Feliciano parlava tanto, e la sua dialettica era piuttosto
vivace. Aveva una cadenza insolita, diversa da quella a cui era
abituato. « …e quindi gli ho detto “non
puoi muovere un affresco” ma questo non voleva starmi a
sentire”. »
Feliciano faceva il
restauratore. Probabilmente aveva una vastissima conoscenza
dell’arte, e un po’ moriva dalla
curiosità e della voglia di rivolgergli sempre
più domande, costringendosi subito al contegno. Era
consapevole che sarebbe stato inappropriato approfittarsi della
gentilezza dell’altro in quella maniera.
« Mi stai
ascoltando? » gli dice allora Feliciano, fermandosi e
voltandosi a guardarlo. Ora che era qualche gradino più
sotto sembrava ancora più piccolo.
«
Sì. Mi interessa. » Feliciano lo scruta per
qualche istante, per poi sorridergli e tornare al suo racconto. Con
calma raggiungono il piano terra, e si danno il saluto.
« Ludwig,
buon pomeriggio. »
« Buon
pomeriggio Feliciano. »
« Tornato dal
lavoro? » ancora una volta aveva incrociato Feliciano.
« Io sono sceso per vedere se c’è posta.
» aggiunge, guardandosi imbarazzato le ciabatte. Non ci aveva
fatto caso, ma non importava. Si sentiva piuttosto stanco, ma una parte
di lui aveva bisogno di essere almeno un po’ sociale. Con
calma Ludwig si avvicina, dando un’occhiata alla propria
casella postale. In realtà sapeva che non vi avrebbe trovato
nessuna busta, ma si era ritrovato a mimare i gesti
dell’altro uomo che osserva con curiosità la busta
di plastica che teneva in mano. « Lì che
c’è? »
« Ho fatto un
po’ di spesa. » dice lui, alzandola, permettendo a
Feliciano di osservarla con curiosità.
« Sento odore
di fragole. » commenta questi, sorridendogli. «
Spero tu abbia preso la panna. »
« No, me ne
sono dimenticato. » dice, sospirando scocciato. Aveva fatto
di tutto per evitare la calca alle casse e si era scordato una cosa
così importante. « Me le mangerò
così. »
« Io ne ho da
prestarti. » Ludwig scuote la testa.
« No, non
potrei mai chiedere una cosa simile. » Feliciano sospira,
mentre lui prende la strada delle scale.
« Ma siamo
buoni vicini! Se io ne avessi bisogno sono sicuro tu faresti lo stesso.
» non aveva idea come ma Ludwig sapeva che Feliciano aveva
centrato il punto. Si trova a girarsi nella sua direzione, e guarda
Feliciano che sembra in attesa di una sua risposta. « Non
farti pregare. »
Ludwig sospira,
riprendendo a salire le scale, sentendo Feliciano seguirlo. Gli
sembrava di approfittarsi della sua gentilezza. Una volta sul piano
Feliciano lo intercetta, sparendo dietro la porta
dell’appartamento. Era davvero un sacco gentile con lui,
tanto che aveva la sensazione di non meritarselo.
« Ecco qui!
» esclama Feliciano, apparendo sulla porta e dandogli in mano
la bomboletta di panna montata. « Puoi ringraziarmi dopo!
»
« Sei sicuro
di volermela dare così? »
«
Massì, le fragole vanno assolutamente mangiate con la panna.
Te lo dice un esperto, fidati! » Ludwig sorride, stringendo
meglio l’oggetto che aveva nelle mani.
« Allora ti
ringrazio. »
Un lieve bussare alla
porta lo distoglie dalla lettura del romanzo. Era insolito che qualcuno
bussasse alla sua porta, soprattutto di domenica mattina. Confuso si
alza sul divano, mettendo un segnalibro nella pagina dove si era
fermato, e a lunghi passi si avvicina alla porta.
C’era
Feliciano all’uscio.
« Scusami
Ludwig, so che è domenica e che forse hai da fare, ma avrei
bisogno di un favore. » non sapeva dire se fosse una sua
impressione ma l’altro gli appare un po’ teso.
« Dimmi.
»
« Non
è che hai un po’ di zucchero da prestarmi? Mi sono
accorto che è finito, e oggi sicuro non
c’è qualcuno aperto qui vicino, forse potrei
provare dallo spaccio- »
« Te lo posso
prestare, ho un pacco in più. » il viso di
Feliciano si distende, ma l’uomo pare mantenere una vaga
tensione nel suo corpo. « Entra pure. »
Ludwig si dirige verso
la dispensa, in cerca dello zucchero di scorta, non prestando
particolare attenzione a quell’ospite inusuale. «
Hai una bella casa. Molto tedesca. » commenta allora
Feliciano, per poi portarsi la mano alla bocca imbarazzato. «
Intendevo dire che ha un’aria molto organizzata. »
« Sono stato
cresciuto con l’ordine. Se c’è qualcosa
fuori posto non riesco a dormire la notte finché non
è tornato tutto ordinario. » Feliciano ride,
più sollevato, e poi guarda un’altra volta
l’interno della casa.
« Certo che
la forma è identica alla casa del nonno, ma ha
un’aria completamente diversa. Forse è per via
delle finestre. Qui non si sente il rumore del traffico. »
Ludwig arrossisce, come se fosse stato colto in flagrante. Non
c’era niente di imbarazzante nel desiderare una casa
tranquilla. Era più il pensiero che lui e Feliciano
pensassero in maniera affine, oppure che notassero gli stessi dettagli,
a metterlo in imbarazzo.
«
Sì ho scelto questa casa anche per la calma. »
« Anche
quando quelli del piano di sopra scendono le scale. »
« Quello
purtroppo era compreso nel pacchetto. » Feliciano ride, e
persino lui si scopre a sorridere. L’altro si appoggia sullo
schienale del divano, guardandolo direttamente.
« Ti piace
vivere qui? » era una domanda personale. Solitamente lui si
sarebbe infastidito e avrebbe cercato di chiudere la conversazione il
prima possibile. Invece aveva di fronte lo sguardo chiaro di Feliciano
che lasciavano trasparire una sincera curiosità, e lui non
si sentiva messo a disagio.
«
Tralasciando Francis e Antonio che urlano per le scale, sì.
» Feliciano ride, torna dritto in piedi e gli si avvicina.
Era raro che gli fosse così vicino. Ludwig deglutisce,
lasciando che l’altro entri nel suo ambiente vitale.
Feliciano allora allunga le mani, e prende il pacco di zucchero che
ancora aveva con sé. Se n’era completamente
dimenticato.
« A me piace
vivere qui. » gli dice, sorridendo. « Spero potremo
essere buoni vicini. Tu sicuramente lo sei. »
« Non sono
certo di esserlo. » stranamente aveva la gola secca.
« Certo che
lo sei! » esclama allora Feliciano, assumendo
un’aria seria. « Sei disposto a prestarmi lo
zucchero. È la prima regola da rispettare se vuoi essere un
buon vicino. » Ludwig non era certo che fosse la
verità, ma vedendo il viso sorridente di Feliciano non se la
sentiva minimamente di argomentare almeno per quella volta.
« Credo sia
saltata la luce a tutto il quartiere. » era una bella
scocciatura. Certo non era la prima volta che succedeva, ma quei
improvvisi e gratuiti black-out non facevano mai piacere. Ormai erano
le nove passate, il buio avvolgeva la casa. A tentoni aveva raggiunto
il mobile dove teneva la torcia, accendendola una volta presa, e si era
diretto verso il pianerottolo dove c’erano già i
due fratelli. Lovino nel vederlo aveva assottigliato lo sguardo, mentre
Feliciano gli si era avvicinato, commentando su quanto
l’esperienza fosse pessima. Non gli dava torto.
« Ehi, la
sotto, va tutto bene? » era la voce di Elizaveta, dal piano
di sopra. Ludwig vedeva una luce muoversi, probabilmente anche la donna
aveva una torcia.
«
Sì, qui tutto bene. »
« Qualcuno
chiami l’amministrazione. L’acea. La nasa!
» era stato Arthur. Si era affacciato alla tromba delle
scale. Sembrava piuttosto irritato.
« Oppure
chiamiamo il tuo assistente e lo facciamo correre per generare energia.
Diventeremmo energeticamente indipendenti. » dice Laura, che
si era affacciata. « Comunque mio fratello ha delle torce,
vengono due euro l’una. »
« Come
è possibile che tuo fratello riesce a fare lo strozzino pure
in una situazione del genere? » esclama Antonio.
«
È per questo che sei povero, spagnolo! » replica
la ragazza, defilandosi sotto le risate divertite di gente che Ludwig
non riesce a definire. Lovino allora si avvicina al corrimano,
guardando in alto e tentando di fulminare qualcuno al piano di sopra.
Ogni volta che c’era un black-out tutti loro si riversavano
nel corridoio, rendendo il palazzo un po’ più
vivace del solito.
« Se i black
out qui sono così, potrei abituarmi. » dice a
bassa voce Feliciano, che era rimasto accanto a lui per tutto quel
tempo. « Non mi piace molto il buio. »
« Non
durerà molto. » le poche luci illuminavano il viso
teso di Feliciano, che allunga la propria mano nella sua direzione e
tocca il bordo della sua maglia. In genere il contatto fisico lo
infastidiva, ma poi guardava il viso nervoso dell’altro e non
se la sentiva di scacciarlo. « È una cosa normale.
Dovreste comprare delle torce, succede quasi regolarmente. »
non era incoraggiante da dire, se ne rendeva conto, ma la sua mente era
rimasta fissa alle dita di Feliciano che gli sfioravano
involontariamente la pelle del braccio, impedendogli di fare pensieri
completamente razionali.
« Non
costringermi a venire lì sopra, stronzo! » lo
strillo di Lovino lo riporta alla realtà, e probabilmente
anche Feliciano che toglie la sua presa.
«
Sì, rissa! » sente esclamare Laura, e poi quella
più pacata di Ned che accettava scommesse su un eventuale
scontro. Non preannunciava niente di buono. Feliciano allora si
incammina verso il fratello, prendendolo per le spalle.
« Dai Lovino,
non ti ci mettere anche tu. Già la situazione non
è delle migliori. » l’altro scatta come
se fosse stato colpito, ma sembra dare retta al fratello, ritirandosi
dal corrimano. Finalmente la luce torna, e Lovino allora corre ad
affacciarsi, vedendo probabilmente il suo contendente.
« Ti vedo,
stronzo. » Antonio non sembra replicare, forse era stato
portato via da Francis alla stessa maniera, ma non ha molta voglia di
rimanere a indagare sulla faccenda. Era stanco e voleva solo tornare
alla sua lettura, dimenticando il contatto con Feliciano che ancora
bruciava. Non voleva pensarci.
« Ludwig.
» la voce dell’altro lo riporta alla
realtà, facendogli almeno spegnere la torcia.
«
Sì? »
« Grazie.
» gli sorride, facendolo arrossire imbarazzato.
« Non ho
fatto niente di speciale. » Feliciano di fronte a lui
sospira, ma riprende a sorridergli.
« Buonanotte
Ludwig. »
« Buonanotte.
» ignorando le nuove strilla, questa volta uno scambio di
battute tra Arthur e Francis, chiude la porta di casa dietro di
sé e si passa una mano sul volto. Si sentiva troppo stanco.
Non riusciva a capire cosa l’avesse esaurito così
velocemente. Per una volta non era lui a dover sedare le discussioni,
di rito, tra i vari condomini.
Con calma ripone la
torcia al suo posto, guardando poi il suo libro abbandonato sul divano.
Non aveva più desiderio di leggere per la serata. Forse
doveva provare ad andare a dormire.
Anche infilarsi a letto
non lo stava aiutando. Continuava a rimanere lì, sdraiato, a
fissare il soffitto con tante domande e, raro evento, senza alcuna
risposta da dare. Certo la sua esistenza era cambiata da quando i due
fratelli si erano trasferiti. Poteva dire di avere
un’interazione che era condizionata da semplice interesse che
Feliciano sembrava avere nei suoi confronti. Più ci pensava
e più si rendeva conto che non sapeva molto di lui.
L’altro faceva tante domande e forniva poche risposte alle
sue, sembrava essere circondato da un velo di mistero minuziosamente
costruito che gli faceva voglia di indagare per sapere.
No, non doveva. Lui
stesso non amava rilasciare informazioni personali, ficcare il naso
nelle faccende private di altri individui era un suo personale veto. Se
Feliciano non voleva andare oltre al suo amore per la pasta,
l’arte e la siesta non sarebbe stato di certo lui quello a
insistere.
Sì, la
faccenda non lo riguardava.
Per una volta era
contento di andare d’accordo con i propri vicini nonostante
le premesse e non avrebbe permesso a se stesso di rompere
l’equilibrio che si era formato.
Ludwig sospira,
rigirandosi nel letto. Era la cosa giusta da fare, e ora persino la sua
nascente curiosità era stata sedata senza alcun problema.
Poteva dormire tranquillo, eppure il sonno non sembrava giungergli in
alcuna maniera. Con una certa stizza si alza dal letto, riprendendo il
romanzo. Ora era sicuro di poter poi dormire.
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