L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello

di giulsisonfire
(/viewuser.php?uid=1123064)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


                     

Phoenix, Arizona

Immaginatevi un palazzo di tre piani tenuto abbastanza male in una strada piena di negozi cinesi in una zona periferica della città di Phoenix, Arizona, Stati Uniti. Immaginatevi, al secondo piano di quel palazzo, un appartamento piccolo con le finestre solo dalla parte sinistra, che poi è quella che dà sulla strada piena di negozi cinesi. Immaginatevi, dentro quell'appartamento, una stanza quadrata e buia; buia perché sono le cinque del mattino e le tapparelle della finestra sono ancora abbassate, ma in cui il poco chiarore che riesce a filtrare mostra tante piccole particelle di polvere e illumina debolmente i capelli ricci e scompigliati di un ragazzo che sta dormendo, mezzo nudo, nel suo letto alla francese, al centro della stanza. Ora immaginatevi, in quella stanza scura, un cellulare nero, appoggiato sul comodino accanto al letto, che si illumina, per un secondo, mostrando lo sfondo di un tramonto arancione e un messaggio su Instagram. Poi basta, niente; il ragazzo dorme e il messaggio lo vedrà solo più tardi, dopo colazione, ma la scena era bella e ve la volevo raccontare.

The sun will rise and we will try again, diceva quella canzone che aveva sentito in radio, ma in quella città di merda l'unica cosa che sorgeva ogni giorno era la sua voglia di morire. Letteralmente.
Una volta in cui sentiva l'umore particolarmente sotto i piedi, Harry aveva aperto la credenza della cucina - dove sua madre teneva le medicine - aveva scelto un barattolino a caso e aveva ingoiato senz'acqua una decina di pillole bianche e blu, perché voleva uccidersi. Purtroppo o per fortuna, dipende dai punti di vista, non era morto, ma aveva passato il resto della giornata disteso sul divano, con un forte mal di pancia e ancor meno voglia di vivere di quella che aveva prima. Però non aveva più tentato il suicidio.
La causa principale dell'umore di Harry era, a detta di lui, quella città, ed in particolare quella casa. Non credo che all'epoca sapesse che c'era qualcosa di più, sotto. Sua madre si era trasferita a Phoenix dall'Inghilterra due anni prima, quando lei e il padre di Harry si erano separati. Aveva provato a rifarsi una vita da zero ma non era riuscita nel suo intento, e dopo qualche mese di vagabondaggio in giro per i motel, con ovviamente Harry al seguito, si era decisa ad accettare un lavoro come cameriera in un ristorante cinese, e ad affittare una delle poche case che poteva permettersi con il suo stipendio. In ogni caso lei sembrava in qualche modo soddisfatta, felice com'era di essersi allontanata da quel marito che non sopportava più, che la trattava come un oggetto e non la rispettava. Harry soddisfatto invece non lo era per niente, perché per motivi legali a lui sconosciuti sua madre aveva ottenuto il pieno diritto ad occuparsi di lui, e lui era stato costretto a lasciare la scuola al penultimo anno, e insieme con la scuola gli amici e la sua amata Inghilterra piena di pioggia e di prati. In qualche modo, comunque, era riuscito a finire il liceo e si era fatto anche qualche nuovo amico, ma l'America non riusciva proprio a mandarla giù. Per quel poco che aveva visto - ovvero la frazione dove abitava, il quartiere della scuola e il centro di Phoenix - quel posto gli sembrava tutto uguale. Tutto costruito, tutto squallido, tutto finto, anche gli alberi si vedeva che erano stati messi lì dall'uomo, niente in quel posto lo ispirava. Non riusciva a farsi piacere nemmeno quei cereali al miele, che continuava a fissare mentre galleggiavano nella ciotola del latte.
Quella mattina Harry si era svegliato presto come sempre, nonostante come sempre non avesse niente da fare, perché come sempre il suo sonno era stato disturbato da sua madre che guardava la televisione in salotto a volume altissimo. Quella era un'altra delle cose che Harry non sopportava, la monotonia. 
Si riscosse dalla trance in cui era entrato, ingoiò velocemente la sua colazione e si alzò da tavola, attraversò la cucina e andò a staccare il cellulare dal caricabatterie in camera per portarselo in bagno, dove aveva intenzione di farsi una doccia. Si sedette sul water e controllò le notifiche prima di buttarsi sotto l'acqua.

Messaggio da louist91: lol sono io in quella foto, faccina sorridente.

Dovete sapere che Harry, quando era in Inghilterra, fotografava le cose.
Lì in America non l'aveva mai fatto perché, come ho detto prima, non si sentiva ispirato, ma quando ogni due o tre mesi tornava nel Cheshire da suo padre e camminava da solo per le strade, oppure andava a passeggiare o a divertirsi insieme ai vecchi amici, ogni tanto tirava fuori dallo zaino la sua macchina fotografica e scattava; scattava a tutto quello che gli faceva sentire qualcosa dentro, spesso elementi naturali, ma a volte anche persone. Poi, quando tornava a casa, le foto prescelte finivano sulla sua pagina Instagram, molte volte un po' modificate, e questo secondo lui bastava a conferirgli il titolo di fotografo, scritto bello grande nella descrizione del profilo. D'altronde, al momento, Harry non era nient'altro che quello. In più gli piaceva l'idea che un giorno lontano avrebbe potuto vivere della sua passione. A volte, dopo aver pubblicato un post, gli era capitato che qualcuno gli avesse scritto, chiedendogli di mandargli in privato qualche determinata foto in cui erano ritratti: spesso erano amici o amici di amici; in ogni caso sempre nomi che conosceva o che aveva sentito dire. Quella volta no. Aprì il messaggio.
Quando vide la foto a cui la fraseseguitadaemoji era riferita gli si fermò un attimo il cuore e si ricordò di quel giorno, qualche mese prima, in cui, seduto su una panchina mentre era a telefono con sua madre aveva visto passare un ragazzo che aveva attirato la sua attenzione e aveva deciso di seguirlo e fotografarlo fino a quando non lo aveva perso dentro un negozio di scarpe. Non era la prima volta che una cosa del genere succedeva. Aveva molte foto di quel ragazzo nella sua macchina fotografica, ma siccome sapeva che lo stalking è un reato punibile, aveva deciso di pubblicarne su Instagram solo una, insieme ad altre immagini di foglie varie scattate sempre lo stesso giorno che secondo lui potevano starci bene insieme.
Insomma, dopo quasi due mesi dalla pubblicazione, probabilmente dopo un lunghissimo passaparola, dopo una quantità in fi ni ta di ehi, ma quello lì non è il fratello dell'amico del fidanzato di tua cugina?, la foto era arrivata al diretto interessato. E il diretto interessato aveva pensato bene di avvertire il fotografo e farglielo sapere.
Harry chiuse subito il messaggio sperando che se avesse fatto finta di niente quella frase sarebbe sparita da sola e lui non avrebbe dovuto rispondere, che più in grande voleva dire affrontare la realtà (cosa che lui non era abituato a fare) e poggiò il cellulare sul lavandino.
Forse avrebbe trovato la forza di rispondere, ma adesso gli serviva un po' di tempo per riflettere. Entrò in doccia.

Spazio autrice.
Buongiorno o buonasera, mi chiamo Giulia e questo è il primo capitolo di una fanfiction che da un po' mi ronzava in testa e che finalmente ho deciso di pubblicare. Non so se va più di moda adesso scrivere uno spazio autrice, non so nemmeno in realtà se va più di moda scrivere fanfiction. In ogni caso volevo chiarire un paio di cose: 1) il titolo è un tributo ad un libro che mi sta molto a cuore che raccoglie un piccolo numero di casi clinici, e si ricollega alla storia perché anche il nostro Harry soffre di un piccolo disturbo di personalità, (anche se per ora non lo sa), spero che abbia attirato la vostra attenzione come un tempo ha fatto con me; 2) non sapevo cosa scrivere nella descrizione quindi ho riportato una frase di una canzone che mi piace tantissimo, perdonatemela. Ci saranno anche dei riferimenti alla serie tv Euphoria, che consiglio.
Non voglio dilungarmi troppo quindi mi fermo qui. Spero che la storia vi piaccia e che vi invogli a continuare, non so quando aggiornerò ma sicuramente lo farò.
Bacioni.





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3865924