"Guardia
del corpo?"
Ragnor
Fell rivolse all'ex collega un'espressione costernata, prima di
scoppiare a
ridergli in faccia senza alcun ritegno.
Per
quanto irritato, Magnus Bane non poté dargli torto. Se le
loro posizioni
fossero state invertite, anche lui si sarebbe sganasciato dalle risate.
Trangugiò
l'ennesima sorsata del suo drink, fingendo di ignorare le canzonature
dell'amico, e si appoggiò allo schienale del divanetto di
vinile rosso,
lasciando scivolare lo sguardo sugli altri clienti che affollavano il Taki's
Diner.
Negli
altri tavoli sedevano diverse coppie, mentre alcuni giovani, soli e con
il
bicchiere in mano, si spostavano da un gruppetto all'altro, cercando di
attaccare bottone con qualche bella ragazza. Della musica jazz, che
proveniva
da un vecchio jukebox, si propagava piacevolmente per tutto il locale,
permettendo ai clienti di chiacchierare tra di loro senza il bisogno di
alzare
la voce, mentre le cameriere, fasciate in minuscole minigonne di pelle
nera e
con gli ombelichi lasciati in bella vista da corti top di lycra rosso
fiammante, ondeggiavano su vertiginosi tacchi a spillo e tenevano in
bilico i
vassoi colmi delle ordinazioni da consegnare ai tavoli.
Una
bionda prosperosa gli fece l'occhiolino, mentre raccoglieva al volo il
suo
bicchiere ormai vuoto, e Magnus sorrise compiaciuto, sporgendosi poi
leggermente, mentre la ragazza si allontanava, per guardarle il sedere
tondo e
ondeggiante. Diavolo, avrebbe dato non sapeva cosa per saggiarne la
consistenza
e passare qualche oretta in sua compagnia.
Tornò
a far vagare lo sguardo per il locale e si soffermò sul
barista moro che,
chinato sul bancone, stava ascoltando, con sguardo attento, le
ordinazioni di
un paio di ragazze. Si leccò le labbra alla vista della
muscolatura ben
definita del petto, ingabbiata in una camicia nera, che ne accentuava
le
fattezze, con i primi tre bottoni slacciati. Magnus avrebbe scambiato
volentieri due chiacchiere anche con lui, magari appartandosi nella
stanzetta
che i dipendenti del locale usavano per riporre le proprie cose, che si
trovava
dietro il bancone. Gli sarebbe piaciuto davvero molto sganciare il
resto dei
bottoni di quella camicia e liberare finalmente quella pelle tutta da
leccare e
da mordere.
La
consapevolezza dei giorni d'inferno che lo attendevano,
però, lo deprimeva al
tal punto da inibire la sua consueta e sfacciata intraprendenza.
"Scusa,
amico." riprese Ragnor, asciugandosi una lacrima e continuando a
ridere.
"Proprio non ce la faccio a smettere."
Magnus
si incupì, riportando brevemente lo sguardo sull'altro. "Mi
fa piacere che
qualcuno trovi la cosa così divertente."
"Solo
a te possono capitare situazioni del genere!" affermò l'ex
collega, con
gli occhi neri che scintillavano dal divertimento e riprendendo poi a
ridere.
"Setan ha colpito ancora!"
"Stai
sicuro che questa è l'ultima volta che faccio loro
un
favore." borbottò Magnus, facendo cenno a una cameriera di
portargli un
altro drink e sorridendole poi, grato, quando la graziosa brunetta gli
mise
davanti un bicchiere colmo di liquido ambrato.
Poggiò
il mento sul palmo della mano, mentre i suoi occhi si spostavano
sull'ampia
vetrata del locale che si affacciava sulla strada trafficata. Anche in
quella
gelida serata di febbraio, New York pullulava di turisti. Con le
macchine
fotografiche appese al collo e le guide turistiche in mano, decine e
decine di
visitatori percorrevano a passo rilassato le vie infinite della
città,
dirigendosi verso i luoghi d'interesse più o meno famosi,
entrando nei negozi
di souvenir, che erano aperti tutto l'anno, e sperimentando i molti
ristoranti
della zona che, come i proprietari dei bar, potevano contare su un
flusso
costante di clienti che non diminuiva mai.
Magnus
adorava New York. Era cresciuto tra le sue strade colorate e brulicanti
di
vita, respirando a pieni polmoni gli odori e i profumi che ne
impregnavano
l'aria, godendosi la vita appieno. La sua amata città aveva
tutto quello che si
poteva desiderare: luci, colori, musica, feste, locali.
In
altre circostanze, Magnus avrebbe passato in rassegna questi ultimi per
tutta
la sera, per poi concludere la nottata in compagnia di qualche
newyorkese o
turista compiacente (uomo o donna, per lui non faceva alcuna
differenza), ma,
dannazione a lui, aveva accettato di fare un favore a suo padre e ora
si
trovava praticamente condannato all'ergastolo.
Tutto
era iniziato quella mattina, con la solita telefonata giornaliera da
parte dei
suoi genitori.
Ogni
giorno suo padre Asmodeus lo chiamava, prima di iniziare la propria
giornata di
lavoro, per parlare del più e del meno, conversando col
figlio di qualsiasi
argomento gli veniva in mente. Era una specie di rito mattutino, una
cosa loro
che normalmente durava dai dieci ai quindici minuti di telefonata.
Nulla di
elaborato o complicato, insomma.
Magnus
adorava quelle chiacchierate.. fino a quando non subentrava sua madre.
La
pacchia finiva nell'esatto momento in cui la donna spintonava, senza
tante
cerimonie, il marito fino a quando non riusciva a fregargli la
cornetta, o più
semplicemente l'uomo gliela consegnava con un sospiro rassegnato, per
poter
parlare con il figlio.
Non
ci sarebbe stato niente di male in tutto questo se, nel 99% delle
chiamate, sua
madre non avesse finito inesorabilmente col tentare di accasarlo con
perfetti
sconosciuti o con il figlio o la figlia di qualche collega del coniuge.
Erano
anni, infatti, che ci provava in tutte le salse e in tutte le maniere
e,
nonostante Magnus le avesse detto chiaramente, e fino allo sfinimento,
di non
voler frequentare nessuno in modo serio (figurarsi, quindi, se gli
passava per
l'anticamera del cervello anche solo ipotizzare di convolare a nozze
con
chicchessia), la donna non demordeva e continuava a scegliergli i
partner più
improbabili che trovava in giro.
Una
volta gli aveva combinato un appuntamento con una fiorista, che Dewi
trovava
davvero carina e simpatica, e alla fine Magnus aveva scoperto che la
donna non
solo era sposata, ma era anche madre di quattro figli!
E
voleva assolutamente dimenticare il giorno in cui gli aveva rimediato
un
chirurgo plastico che aveva avuto l'ardire di dire che il suo sedere
non era perfetto
e aveva insistito fino allo sfinimento per rifarglielo a un prezzo
scontatissimo. Magnus l'aveva liquidato dopo neanche dieci minuti di
conoscenza, mandandolo a quel paese.
Magnus
sapeva che sua madre lo faceva perché lo amava e voleva
esclusivamente la sua
felicità, solo che quell'esasperante ossessione di vederlo
sposato, che
rasentava ormai la maniacalità, stava diventando snervante.
Magnus
le voleva molto bene e si sarebbe buttato nel fuoco per quel
concentrato di
energia indonesiana alto appena un metro e sessanta, ma non era facile
avere a
che fare con lei.
Nonostante
fosse coniugata a uno degli ammiragli della Marina militare
statunitense più in
vista, talmente importante da essersi guadagnato sul campo la temibile
nomea di
Principe dell'inferno, Dewi
Maharani Bane non si faceva mettere i
piedi in testa da nessuno, né ambiva a giocare alla moglie
trofeo come invece
accadeva a molte compagne dei colleghi del marito, che non si facevano
problemi
a sfoggiare le proprie consorti alle varie feste a cui partecipavano.
No,
sua madre non era una bambola di plastica, muta e servizievole, ma una
donna
estremamente esplicita nell'esternare ciò che pensava e che
voleva, dicendolo
senza troppi giri di parole e aspettandosi che la gente agisse di
conseguenza,
soprattutto suo marito e suo figlio.
Logorroica
e spumeggiante, Dewi aveva fatto dell'immischiarsi nei fatti personali
altrui
una vera e propria arte, in particolar modo se quei fatti riguardavano
Magnus.
Si "interessava" della vita di suo figlio, infatti, continuamente e
costantemente, elargendo consigli non richiesti e mettendolo, il
più delle
volte, in situazioni estremamente imbarazzanti. Come quella volta, ad
esempio,
in cui si era sfiorato "l'incidente diplomatico" tra Indonesia e
Stati Uniti, quando sua madre, nel tentativo di procacciargli un
ghiotto
appuntamento a tre, aveva letteralmente sequestrato i figli del
generale
Blackthorn, i gemelli Tiberius e Livia, attirandoli nel loft di Magnus
e
rinchiudendoli poi nella sua camera da letto purché non
scappassero. Quando la
ragazza aveva chiamato il padre, raccontando il fattaccio, e l'uomo era
piombato come un carro armato nell'appartamento di Magnus, sradicando
la porta
di ingresso con un calcio poderoso (per la "gioia" di Magnus, che
aveva letteralmente tirato giù tutti i santi del Paradiso
con una sequela di
insulti e parolacce degni del Guinness dei Primati), Dewi aveva
sventolato una
mano con noncuranza e si era giustificata asserendo che la chiave si
era rotta
nella toppa e che stava giusto-giusto cercando un fabbro nella rubrica
del
telefono, per liberare i due giovani malcapitati, prima che il generale
combinasse un tale scompiglio. Asmodeus aveva dovuto usare tutta la sua
arte
oratoria per evitare che il generale e Magnus strozzassero la donna con
le loro
mani!
Eh
già, non c'era mai un momento di pace con quella donna
esigente, imprevedibile
e leggermente prepotente, che Magnus aveva ribattezzato con affetto
(senza che
lei lo sapesse, ovviamente) Setan
[ndr. Demone].
Grazie
al cielo, oltre ai tratti somatici e al colore degli occhi, l'uomo
aveva
ereditato dalla donna anche il suo carattere spudorato e la sua
incredibile
faccia tosta, che gli permetteva di cadere sempre in piedi in ogni
situazione.
I
suoi amici gli avevano suggerito, in più di un'occasione, di
affrontarla, di
farle capire chiaramente e una volta per tutte che doveva smetterla di
intromettersi nella sua vita, ma la facevano così facile
loro! Era più
probabile che, un giorno, l'inferno si ghiacciasse piuttosto che Dewi
la
smettesse con la sua ossessione nuziale.
In
generale, Magnus non aveva niente di particolare contro il matrimonio,
ma anche
se il pensiero di passare tutta la vita da solo era desolante, non lo
era
abbastanza da fargli desiderare di legarsi a un uomo o a una donna solo
per il
bisogno di compagnia. O, peggio ancora, per compiacere sua madre!
Provava
una miscela di sentimenti contrastanti quando sentiva parlare di marcia
nuziale
e compagnia bella ed era certo che tutto quello non facesse per lui.
Non più,
almeno.
Una
volta ci era andato vicino, molto vicino. Troppo. Era successo quando
era
ancora un giovane, sciocco, sognatore che credeva di aver trovato
l'amore vero
in una bellissima francese dagli incantevoli occhi verdi. Per lei, era
arrivato
addirittura a inginocchiarsi sulla sabbia umida di una bellissima
spiaggetta
delle Maldive, sporcandosi i suoi meravigliosi e costosissimi pantaloni
bianchi
Armani, nuovi di zecca, pur di offrire il suo cuore e un anello
comprato con i
risparmi di una vita. Tutto ciò che aveva rimediato,
però, era stato un bel
calcio nel sedere e una vaga spiegazione che suonava più o
meno con "Non
sono ancora pronta a impegnarmi.", che l'aveva
risvegliato
bruscamente, facendolo scontrare con la dura realtà.
Non
aveva più alcuna intenzione di ripetere un'esperienza
simile. Aveva imparato la
lezione.
Dopo
quella rottura, si era chiesto spesso se le sue aspettative non fossero
state
un po' troppo alte, se quei brividi, quel batticuore incontrollato e
quelle
mani sudate di cui aveva sempre letto sui libri, o visto nei film
romantici,
non fossero tutta un'invenzione.
Con
gli anni aveva imparato che le persone non erano interessate a lunghe
storie
d'amore, anzi non sapevano nemmeno bene cosa volessero. Nel suo caso,
ad
esempio, uscivano con lui solo per divertirsi e finora nessuno di
quelli che
aveva incontrato aveva mai pensato di instaurare un rapporto che
andasse oltre
il sesso. Avere una relazione, talmente importante da portare
addirittura a
percorrere la navata di una chiesa, quindi, era pura utopia e non
rimaneva che
svolazzare di fiore in fiore e godersi la vita.
Allo
stato attuale, poi, non aveva il minimo desiderio di diventare
l'appendice di
qualcuno e di provvedere a ogni suo capriccio. Adorava la sua vita, la
sua
libertà e la possibilità di andare a letto con
chi voleva, senza rendere conto
a nessuno e senza alcun legame che gli incatenasse cuore e anima a
un'unica
persona.
Se
mai avesse deciso di sposarsi (ed era un grosso, gigantesco, abnorme se)
voleva farlo con qualcuno che riuscisse a metterlo letteralmente al
tappeto,
che lo facesse innamorare follemente e perdutamente, come mai gli era
accaduto
in vita sua. Dal momento che era certo che una persona del genere non
esistesse, non sul pianeta Terra almeno, Magnus si sentiva
relativamente sicuro
dal cappio matrimoniale.
Tra
l'altro, restare single non era di certo la cosa peggiore che gli
potesse
capitare! Poteva contare sulla sua magnifica avvenenza, sulla salute,
sugli
amici e su un buon lavoro. Non ci sarebbe stato niente di male, quindi,
se non
avesse incontrato la persona giusta e non avesse messo su famiglia, no?
Suo
madre, però, sembrava non capirlo ed era sorda a ogni sua
rimostranza.
"Tu
spezzi il cuore di tua madre, Mags! Lo fai sanguinare!" gli aveva detto
Dewi, neanche un mese prima, con una certa enfasi, portandosi la mano
al petto
e scuotendo piano la testa e confermando al figlio una volta di
più, se mai ce
ne fosse stato bisogno, che era la regina indiscussa e imbattibile del
dramma.
"Mamma.."
aveva sospirato Magnus, alzando gli occhi al cielo. "Lo sai che non
è mia
intenzione ferire te.. o papà!" precisò,
allargando le braccia in un gesto
esasperato. "Ma tu continui a ossessionarmi con questa storia che devo
sposarmi e fare dei figli e io non sono pronto." E forse non lo sarebbe
mai stato, aveva pensato, guardandosi bene dall'esternarlo a voce alta
per non
annientare definitamente le speranze di sua madre.
"Cosa
significa che non sei pronto?" gli aveva chiesto Dewi, sgranando gli
occhi, e facendosi il segno della croce più e più
volte come se il figlio
avesse appena bestemmiato. "Mags, quest'anno compi trentanove anni! Non
stai ringiovanendo.. e nemmeno io! Se permetti, mi piacerebbe
accompagnarti
all'altare prima di diventare un vecchia rintronata che cammina a
malapena con
il bastone! Vorrei vederti sistemato prima di morire! E' chiedere
troppo?"
aveva domandato, con tono melodrammatico.
Agitare
lo spettro della morte, per farlo sentire in colpa, era uno dei
trucchetti
preferiti di sua madre e poco importava che, in realtà, la
donna avesse
compiuto da poco i cinquantasei anni e che fosse sana come un pesce. Se
le cose
non andavano come voleva lei, la morte non poteva che essere vicina!
"Mamma,
smettila! Non stai per morire!" aveva ribattuto Magnus, alzando per
l'ennesima volta gli occhi al cielo. "Sì, ho trentotto anni
e tu, alla mia
età, avevi già un figlio maggiorenne, ma io sto
bene così e devi smetterla di
tentare di pilotare la mia vita! Forse un giorno incontrerò
qualcuno.."
aveva continuato, facendo spallucce. "..ma, in ogni caso, per il
momento
non voglio avere una relazione seria. Ci sono altre cose a cui voglio
dedicarmi, prima di mettere su famiglia! Viaggiare, conoscere gente
interessante, visitare posti che non ho mai visto, avere successo nel
lavoro.
Non sono pronto a sistemarmi. Non ancora, almeno, e sono felice
così. Non è
questo che conta?"
Dewi
aveva sospirato profondamente e gli aveva preso le mani tra le proprie,
stringendole. "Tutte cose molto belle, malaikatku [ndr.
Angelo mio], davvero, ma nella vita nulla è più
importante di avere un compagno
e dei figli."
Magnus
aveva scosso piano la testa e roteato gli occhi. "Ibu
[ndr.
Mamma], i tempi sono cambiati. Le persone non sentono più
l'esigenza di
giurarsi amore eterno in una chiesa e di avere una famiglia per
sentirsi
realizzate! Tu sei felice con papà, e questo è
bellissimo, ma non è ciò che
voglio io."
"Ahhh,
voi giovani d'oggi!" aveva esclamato Dewi, mollando le mani del figlio
con
un gesto improvviso e gesticolando con le proprie con stizza. "Vi
riempite
la testa con tutti quei film e libri romantici, convincendovi che
quella è la
vita reale. Beh, Mags, non è così!" lo
apostrofò, sventolandogli l'indice
sotto il naso. "La vita vera è fatta di sacrificio, di cose
belle, di cose
che non sempre ci piacciono e anche di cose che ci fanno soffrire.
Significa
prendersi cura delle persone che si ama, assicurarsi che stiano bene e
che
abbiano tutto ciò di cui hanno bisogno."
Magnus
aveva sorriso, dandole un buffetto sul naso. "Mamma, tu e
papà siete
fantastici. Non mi avete mai fatto mancare niente e non avrei potuto
chiedere
due genitori migliori, davvero. Però non puoi aspettarti che
le mie scelte e i
miei desideri siano identici ai tuoi. Non è giusto."
Dewi
aveva emesso un brontolio di disappunto, sospirando pesantemente.
"Neanche
invecchiare da soli è giusto, malaikatku."
aveva ribattuto,
accarezzandogli una guancia con sguardo preoccupato.
Magnus
le aveva baciato il palmo della mano. "Me la caverò, Ibu."
le avevo sorriso dolcemente, facendole l'occhiolino.
Dopo
quella conversazione, sua madre l'aveva lasciato respirare.. almeno
fino a
quella mattina!
Quella
domenica di febbraio, infatti, la telefonata era proceduta normalmente
e Magnus
era rimasto addirittura sorpreso dal fatto che sua madre non avesse
tentato di
combinargli un appuntamento al buio, come faceva sempre. Se lo sentiva
che era
una cosa insolita, che qualcosa non andava, ma ingenuamente non aveva
dato
ascolto al suo sesto senso. Che grosso errore aveva commesso!
"Oh,
Mags! Quasi dimenticavo.. tuo padre ha un favore da chiederti!" aveva
detto Dewi, con noncuranza, quando si erano già salutati e
il figlio stava
quasi per riattaccare. "Vero, sayang
[ndr. Tesoro]?"
Magnus
aveva sentito suo padre mormorare un rassegnato "Dewi.. no!" e aveva
alzato gli occhi al cielo, sorridendo. Si era sentito sollevato di
essersi
sbagliato sul fatto che sua madre fosse meno stramba del solito e si
era
preparato mentalmente a ricevere la solita e consueta tiritera. "Ok, di
cosa ha bisogno?" aveva risposto, con un sorriso che la sapeva lunga,
pronto a ribattere.
"Aspetta
che metto in vivavoce, puteraku
[ndr. Bambino mio]!" l'aveva
avvisato sua madre.
"Dewi..
no!" aveva sussurrato nuovamente Asmodeus.
"Ma
come no?!"
"Si
arrabbierà!"
"Ohhh,
sciocchezze!"
"Vuoi
scommettere?"
"Non
lo farà!"
"Ah-ahhh!
Vedi che non vuoi scommettere?"
"Perché
è una cosa sciocca."
"Ahn-ahn.
E allora perché non glielo dici tu?" l'aveva sfidata
Asmodeus, alzando
appena il tono di voce.
"Perché
è amico tuo, sayang!
Gliel'hai promesso!"
Magnus
aveva sentito chiaramente suo padre emettere un verso sdegnato. "Ma non
è
vero! L'hai fatto tu!" aveva ribattuto, sottovoce.
"Io..
tu.. E' stata fatta una promessa, no?" aveva tergiversato furbescamente
Dewi.
"No,
ma fate pure con comodo, eh." si era intromesso Magnus, tamburellando
le
dita sul bracciolo del divano su cui era seduto, mentre ascoltava il
battibecco
dei genitori. "Tanto non ho niente da fare." aveva borbottato, con
uno sbuffo.
I
genitori lo avevano ignorato, continuando a parlottare tra di loro,
sempre più
animatamente, fino a quando Magnus non si era schiarito rumorosamente
la voce,
tossendo più del dovuto. "Così, giusto per farvi
sapere che sono ancora in
linea e non vi ho sbattuto il telefono in faccia, come una persona con
un po'
più di amor proprio avrebbe invece già fatto da
un pezzo!" aveva spiegato,
spazientito.
"Avanti
diglielo!" aveva insistito Dewi.
"No,
fallo tu."
"No,
tu."
"Demi
surga [ndr. Per l'amor del cielo]! Dirmi cosa?"
aveva chiesto
Magnus, sbuffando sonoramente.
"Diglielo!"
aveva sussurrato imperiosamente Dewi.
"Uff!
E va bene! Glielo dico, glielo dico." aveva sospirato, rassegnato,
Asmodeus. "Mags? Ecco, sì.. a proposito del gala a cui io e
tua madre
siamo stati ieri sera.."
"Sììì..?"
"Ho
incontrato Robert, un mio ex collega."
"Ok."
aveva ribattuto Magnus, cauto. "Ma, tanto per essere chiari, sappiate
che
non uscirò con nessuno dei suoi figli!"
Suo
madre aveva sbuffato sonoramente, mentre il padre aveva ridacchiato,
prima di
continuare il suo racconto. "E' un caro amico, sai? Pensa, eravamo
commilitoni nella stessa divisione e.. ti ho mai raccontato di quella
volta
che.."
"Ayaaaah
[ndr. Papàààà]! Mi sta
crescendo la barba! Arriva al punto!" aveva
sbuffato Magnus.
"Beh,
erano anni che non ci vedevamo e.. mi ha aggiornato sugli ultimi
avvenimenti
della sua vita."
"Ahn-ahn."
"Pensa,
vorrebbe diventare Senatore!"
"Ahn-ahn."
"Mi
ha parlato del suo lavoro."
"Ahn-ahn."
"Della
sua famiglia."
"Ahn-ahn."
"Dei
suoi figli."
"Ahn-ahn."
"E
tua madre.. cioè io.." si era corretto Asmodeus, con un
verso strozzato,
dopo che la moglie gli aveva tirato una gomitata nel costato. "Io,
gli ho parlato di te.. Già.. io..
D'altra parte, quale padre non
inizierebbe a vantarsi del proprio figlio, nel bel mezzo di un'animata
conversazione sulla difesa nazionale del proprio Paese?"
Magnus
aveva ridacchiato. "La mia risposta è no." aveva poi
risposto, con
tono tranquillo.
"Mags!"
era intervenuta sua madre, indignata. "Non sai neanche cosa sta per
dire!"
"Sì
che lo so. E ve l’ho detto, non uscirò.."
"..con
uno dei suoi figli. Sì, hai già chiarito il
concetto." aveva esclamato
Dewi, con un sospiro esagerato. "Ma questa è una faccenda
molto più grave
e seria!"
"Davvero?"
aveva risposto Magnus, con un tono poco convinto.
"Sì,
davvero!" gli aveva fatto il verso sua madre.
"Comunque,
in parole povere, tua madre si è vantata di te e.. ahio! La
smetti?" aveva
sussurrato Asmodeus.
"Raccontala
bene!" aveva preteso la moglie.
Asmodeus
aveva sospirato. "Gli ho raccontato di te, che sei il miglior militare
che
la Marina abbia mai potuto vantare tra le sue fila."
Magnus
sorrise. "Ero un militare, ayah!"
l'aveva
corretto. "E non direi il migliore, vista la velocità con
cui mi hanno silurato."
"Tzè!
Solo perché quei quattro dementi, che hanno messo al
comando, sono un branco di
incompetenti con un grosso bastone conficcato nel sedere, bonekaku
[ndr. Pulcino]!" aveva ribattuto acidamente Dewi, con prontezza, mentre
Asmodeus concordava con un mormorio.
Magnus
aveva riso apertamente, sentendo il cuore scaldarsi d’affetto
per le due
persone dall'altra parte della cornetta, "leggermente" di parte. Ma
giusto un po'.
Arruolatosi
nella Marina militare all'età di vent'anni, con la seria
intenzione di seguire
le orme paterne, Magnus aveva sempre saputo di non essere adatto a
quello stile
di vita rigido e inflessibile, che ti formava e, al tempo stesso, se
non avevi
un carattere tosto e volitivo, ti schiacciava a terra come un mozzicone
di
sigaretta. Fin da bambino, però, aveva sempre voluto essere
come suo padre,
forte e coraggioso, ed era riuscito a resistere per ben dieci anni a
quella
vita dura e stressante, toccando con mano ogni sorta di bruttura:
dolore,
angoscia, tristezza, disperazione. Non era stato facile, anzi, in
più di
un'occasione si era chiesto cosa stesse facendo e perché, ma
aveva tenuto duro.
Poi
tutto era finito quando l'avevano licenziato per aver disubbidito agli
ordini
dei suoi superiori, dopo una missione disastrosa.
Non
si era mai pentito di quello che era successo, della sua decisione di
ribellarsi. Mai, neanche per un secondo. Dopo otto anni, il tempo gli
aveva
dato ragione. La sua vita aveva preso una piega soddisfacente e
gratificante e
meno dolorosa a livello emotivo: aveva trovato lavoro come mistery
client
per un'importante catena di hotel di lusso.
Era
il lavoro adatto a lui: gli piaceva da matti andare negli alberghi,
ispezionare
le camere e testare il servizio clienti. Sì, era
dannatamente portato a farsi
massaggiare da mani sapienti, a provare le varie Spa messe a
disposizione per
la clientela e a collaudare il servizio in camera che offriva l'hotel
in cui
soggiornava. Non sarebbe tornato indietro per tutto l'oro del mondo.
“Te
l’ho dico io, Mags! Quei quattro pezzi di sterco.." aveva
ripreso suo
madre.
"Mamma,
lascia perdere." aveva sorriso Magnus, scuotendo piano la testa. "E'
stato meglio così." aveva asserito, convinto.
"Uff!
Va bene! Va bene! Comunque ho accennato all'amico di tuo padre..
cioè.. tuo
padre gli ha raccontato di che fantastico figlio abbiamo." aveva
continuato Dewi, entusiasta. "Del cuore del nostro cuore, del sole del
nostro sole.."
"Mamma,
ti prego, smettila!" l'aveva interrotta Magnus, alzando gli occhi al
cielo. "Arriva al dunque!"
Suo
padre aveva sogghignato piano, prima di sganciare la bomba. "Tua madre
gli
ha promesso che avresti fatto da guardia del corpo a suo figlio." aveva
esalato, tutto d'un fiato. "Ahio! Smettila di tirarmi pugni sul
braccio!" si era poi lagnato, in direzione della moglie.
"Te
lo meriti!" aveva sentenziato Dewi.
Magnus
era rimasto in silenzio, allibito, per un lungo momento. "Tu.. voi..
COSAAA???" aveva sbraitato infine.
"Hai
visto? Te l'avevo detto che si sarebbe arrabbiato!" aveva sussurrato
Asmodeus, trionfante. "Te l'avevo detto! Te l'avevo detto!"
"Mags.."
iniziò sua madre, con voce calma, ignorando il marito.
"No!"
aveva tuonato Magnus.
"Mags.."
"N.O.
No!"
"Magnus
Bane!"
Quando
sua madre usava il suo nome per intero non era mai un buon segno, ma
Magnus era
troppo arrabbiato per badarci. "Ho detto di no. E con questo, vi
saluto."
"Per
favore, Mags!" l'aveva pregato allora Dewi, con tono accorato. "E' un
caro amico di tuo padre."
"Si
può sapere cosa ti è saltato in mente?" era
esploso Magnus. "Hai idea
di quante agenzie offrono un servizio del genere? Perché
diavolo gli hai fatto
il mio nome?"
"Perché
sei il migliore!" aveva risposto Dewi, senza indugio.
"Non
mi interessa! La mia risposta è no!" aveva ripetuto Magnus,
deciso.
"Mags.."
"No!"
aveva detto Magnus, testardo. "E non ti ha minimamente sfiorata l'idea
che
potrei aver del lavoro da fare? Che potrei avere degli impegni?"
"Certo,
ma visto che giusto ieri ci hai informato che per un po' sei libero da
qualsiasi incarico.. è perfetto!" gli aveva ricordato Dewi,
con una certa
soddisfazione.
"No
che non lo è!"
"Mags,
lo so che tua madre avrebbe dovuto consigl.. ti ho detto di piantarla
di darmi
gomitate!" aveva ringhiato Asmodeus alla moglie. "Mags, purtroppo le
minacce sono serie. Quel ragazzo è in pericolo!"
"Beh,
non mi interessa! Ora chiami il tuo amico e lo informi che si deve
rivolgere a
qualcun altro."
"Magnus
Bane!" aveva tuonato Dewi, alzando il tono di voce. "Da quando in qua
sei diventato così cinico e insensibile?"
"Da
quando mia madre mi scombina la vita obbligandomi a fare da babysitter
a un
moccioso!"
"Non
è un moccioso, Mags.
Ha ventotto anni." aveva precisato
Asmodeus.
"Fa
lo stesso. Il risultato non cambia. Sempre il babysitter devo fare!"
"Mags,
quel povero uomo non dorme la notte per la preoccupazione di ritrovarsi
il
figlio assassinato!" aveva rincarato Dewi. "Se dovessi trovarmi nella
sua situazione.. cielo, ne morirei!" aveva esclamato, con drammatica
enfasi.
"Ma
fammi il piacere!" aveva sbuffato Magnus. "Se è tanto
preoccupato,
perché non chiede a uno dei suoi scagnozzi di proteggere il
suo moccioso? Eh?
Perché? Se è vero che vuole fare il Senatore,
significa che ha un entourage con
i controfiocchi!" aveva sottolineato, irremovibile.
"Digli
qualcosa!" aveva mormorato allora Dewi al marito.
"E
cosa?"
"Qualsiasi
cosa! Convincilo!"
"Convincerlo?
Dewi, non so se tu ti sia mai resa conto che è tale e quale
a te!"
"Ohhh,
ma piantala!" aveva brontolato Dewi. "Mags.."
"NO!"
Dewi
aveva sospirato pesantemente. "Sayang!"
aveva allora
insistito, rivolta al marito.
"Così
poi tiene il muso solo a me? No!"
"Asmodeus
Bane! Ora!"
"Tiranno.."
aveva mormorato Asmodeus, rassegnato. "Per favore, Mags!" lo aveva
allora pregato suo padre. "Non te lo chiederei se non fosse
importante."
aveva mormorato, con tono accorato. "Fallo per me.
Ti
prego, Magnus!"
Se
sua madre usava il suo nome per intero per sgridarlo, suo padre lo
utilizzava
solo quando la situazione era davvero seria, al limite del drammatico.
Magnus
sapeva benissimo che quell'uomo non avrebbe più avuto un
secondo di pace, nella
sua vita, se lui non avesse accettato. Dewi avrebbe tartassato il
marito da qui
all'infinito, stressandogli l'anima per il resto dei suoi giorni, se
Magnus non
avesse detto sì!
"E
va bene!" sospirò infine, rassegnato.
"Oh,
tesoro, è fantastico!" aveva esultato Dewi, raggiante.
"Grazie,
Mags." aveva risposto Asmodeus, con un tono chiaramente sollevato.
"Sì,
sì. Prego, prego." aveva ribattuto Magnus, con il broncio.
"Quando
devo iniziare?"
Scoprire
che non solo doveva presentarsi dal moccioso-non-moccioso
l'indomani
mattina, ma anche che avrebbe dovuto convivere con quel perfetto
sconosciuto,
era stato il colpo finale per il povero cuore di Magnus. Sua madre era
certa di
morire giovane, ma Magnus era altrettanto sicuro che sarebbe schiattato
prima,
se la donna avesse continuato a intromettersi nella sua vita in quella
maniera!
Quel
che era peggio, era che i suoi genitori pretendevano che si
trasferisse, così,
senza un minimo di organizzazione, quando sapevano benissimo che gli ci
voleva
un'infinità di tempo, per preparare la valigia, anche quando
doveva partire
solo per due giorni! Come potevano pretendere che riuscisse a decidere
in meno
di ventiquattro ore quale vestiti portarsi e quali no? Era impossibile!
"Vedila
così: tuo madre smetterà di starti addosso con la
storia del matrimonio almeno
per un po'!" sorrise Ragnor, divertito, facendolo tornare al presente.
Magnus
fece una smorfia, storcendo il naso. "Ci credi che l'altro giorno stavo
cercando
una sciarpa, che mi aveva fregato, in uno dei suoi cassetti e ho
trovato una
lista di possibili mogli e mariti per me? C'era Jonathan Morgenstern su
quella
lista, te ne rendi conto? Jonathan Morgenstern!
Quel tizio è
inquietante! E' un serial killer a piede libero!"
A
Ragnor andò di traverso il drink che stava bevendo e
iniziò a ridere e a
tossire convulsamente.
Magnus
lo guardò in cagnesco. "Demi Tuhan
[ndr. Sant'Iddio]! Cosa
crede? Che sia così disperato? Ho il mio orgoglio, cazzo!"
"Beh..
è che quell'idiota respira e quindi è un
candidato come un altro!" rispose
Ragnor, scrollando le spalle e continuando a ridacchiare.
"Non
c'è niente da ridere." lo fulminò Magnus,
imbronciato. "Gliel'ho già
detto mille volte! Non voglio sposarmi! Non voglio! Non voglio! Non
voglio!" ripeté, come un bambino che faceva i capricci.
"Voglio solo
rimorchiare e fare sesso. Chiedo forse troppo?"
"Forse
dovresti provare a dirle di smetterla."
Magnus
lo guardò, scettico. "Ancora con questa storia? Hai mai
provato a dire di no
a mia madre? Ma se è persino riuscita a convincermi a fare
questa cazzata della
guardia del corpo!" dichiarò, con enfasi. "E' un rullo
compressore
che passa e spiana tutto ciò che trova sul suo cammino! Non
molla mai. Mai! Ti
sta addosso fino allo sfinimento e alla fine ti ritrovi a dire di
sì a
qualunque cosa, pur di farla smettere!"
Ragnor
scosse la testa, sorridendo. Non lo invidiava per niente. "Allora,
quand’è
che devi presentarti da questo tizio?" chiese, sorseggiando il suo
bicchiere, nel tentativo di distrarre l'amico.
"Sono
un uomo libero fino alle otto di domani mattina." rispose Magnus, cupo.
"Fantastico!"
esclamò Ragnor, entusiasta. "Allora abbiamo tutta la notte
per noi!"
"Non
devi vederti con Raph?"
"No,
lavora. Questa sera, amico mio, sono tutto tuo!" sorrise Ragnor,
brindando
nuovamente. "Ci diamo alla pazza gioia come ai bei vecchi tempi?"
Magnus
lo fissò, sorridendo. In passato, quando erano in licenza
entrambi, l'avevano
fatto un sacco di volte, anche con gli altri compagni di divisione.
Notti da
sballo in cui si divertivano a passare al setaccio i locali di mezza
città,
facendo a gara a chi si portava a letto la ragazza o il ragazzo
più sexy o a
chi si sbronzava di più, aspettando poi, ubriachi, il
sorgere del sole.
Era
passata una vita dall'ultima volta che l'aveva fatto con l'ex collega.
Più
precisamente, loro due avevano smesso quando Ragnor si era accorto di
essere
innamorato cotto di un altro loro compagno di divisione, Raphael
Santiago, ed
era quindi diventato un fidanzato assennato e responsabile. Robe che,
se non
l'avesse visto con i propri occhi, Magnus avrebbe giurato che l'amico
era stato
sottoposto a qualche tipo di lobotomia.
"Allora,
che ne dici?" chiese Ragnor, in attesa di una sua risposta, facendo
balenare i denti bianchi in un sorriso malizioso.
Un
sorriso luminoso danzò sulle labbra di Magnus.
Perché no? Avrebbe avuto il piacere
di conoscere la sua croce, di cui aveva già
dimenticato il nome, solo la
mattina successiva. Mancavano quindi ancora diverse ore allo scoccare
del suo
supplizio e quell'incarico non era uno di quelli per cui lui aveva
bisogno di
presentarsi lucido e concentrato.
"Sai,
Ragnor, ogni tanto succede anche a te di avere delle buone idee." lo
canzonò Magnus, alzando il bicchiere nella sua direzione per
brindare.
===
Note
dell’autrice
Con
questo capitolo svelo il motivo del perché ho preferito
mettere OCC
tra le note della storia: i genitori di Magnus sono liberamente
ispirati ai
miei (soprattutto Dewi) e ai lori tentativi di accasare me e i miei
fratelli
con il primo che passa ;-P
Ne
approfitto per ringraziare chi ha letto il primo capitolo, chi
l’ha commentato
e chi ha inserito la storia tra le preferite, ricordate e seguite.
Grazie
mille per la fiducia e spero che vi piaccia anche il secondo capitolo!
Un
bacio e a presto! :-*
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