(I just) Died in your arms

di Nocturnia
(/viewuser.php?uid=13712)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


ffff
"But his love was too much for him;
he felt paralyzed, he wanted to sleep inside her lungs
and breathe her blood and be smothered."
- Tim O'Brien -




(I just) Died in your arms




"E così scegli di votarti ai Cinque Dèi."
"Sì."
"Un voto è un voto, Alexandra Wesker."
"Lo so."
"Lo onorerai?"
"Sulla mia vita.
Alex promette una menzogna su qualcosa che non è mai stato suo.


Non esiste un solo dio - un solo moto nell'universo.
Il Nord crede ancora in Kelora, la Grande Onda.
Attorno al fuoco racconta di questo mare che dominava tutto, salvo poi ritrarsi dalla terra e lasciarla libera, lambendola con la sua schiuma solo ogni tanto - un addio lungo secoli.
È un culto morto quello di Kelora - fatto di simboli bruciati e luoghi di preghiera abbattuti.
È una fede che Spencer aveva schiacciato sotto la sua egemonia, al suo fianco Edward Ashford e James Marcus.
Wesker fissa una vecchia reliquia del Nord, un medaglione sul quale brilla un'Arpia circondata dal mare - perché femmina era Kelora e tutto il suo potere.
"Nostra madre era una sacerdotessa del culto."
Alex si alza, lo raggiunge - pelle nuda che si tinge di rosso quando il fuoco la sfiora.
"I Cinque Dèi erano più importanti: i Cinque Dèi erano la maschera ipocrita dietro alla quale si nascondeva Spencer."
Alex tace, inclina appena il viso nella sua direzione.
"Viene raccontata come una grande guerra; una campagna d'epurazione degli infedeli. Marcus diventò un simbolo - la sua morte, il suo sacrificio."
E stringe, Albert; lei, il medaglione - tutto.
"Fu solo una lotta tra uomini armati e contadini."
Silenzio.
"Conosco la storia." lo interrompe Alex, le braccia lungo i fianchi, nessuna vergogna negli occhi.
"La conosco." ripete "L'ho studiata. Me l'hanno insegnata."
Albert incrocia il suo sguardo, negli occhi un'espressione cauta - attenta.
Alex si allunga verso di lui - gli cerca la bocca, morde.
Kelora è una leggenda che brucia nel loro sangue.


Carla è cresciuta nella miseria di un mondo devastato.
Il Nord non è mai stata una terra ospitale, ma i suoi genitori le hanno raccontato che una volta andava meglio; che prima, quando i denti del Serpente non erano affondati nel ventre morbido di Kelora, era bello vivere.
Simmons, Lansdale, Ashford: nomi che avevano un solo significato - il peggiore.
Carla è un uccellino sparuto di appena ventidue anni, le scapole leggermente estroflesse, la gambe magre.
Ha occhi lucidi, Carla: nerissimi, e che studiano ciò che la circonda con una brutalità sgradevole.
Sua madre le accarezza un braccio, la presenta il suo futuro sposo - Derek Simmons, l'erede dello Scorpione.
Carla gli sorride ed è la prima volta che il suo viso s'illumina.


Il ritratto di Spencer viene fatto appendere nei corridoi di palazzo un mese dopo la sua morte.
È grande, e Alex vorrebbe strapparlo via a mani nude.
Dietro di lui i sovrani che hanno posseduto l'Umbrella e Raccoon prima di lui - uomini quieti, votati più all'equilibrio tra le diverse nazioni che alla guerra.
Ha un viso terreo, Spencer; gli occhi infossati nelle orbite, i capelli radi e pallidi.
È un uomo malato, Spencer; un uomo che lei ha visto morire.
Albert l'affianca, alza lo sguardo verso il dipinto.
"Un giorno ci sarà anche il tuo." mormora Alex, e le labbra di Wesker si piegano in una strana smorfia.
Alex gli sfiora il polso, un contatto appena accennato - casto, quasi.
Albert le stringe la mano nella stessa morsa spaventata di quando erano bambini.


Sergei ha visto la storia essere cancellata, riscritta dalle mani dei vincitori.
Ha vissuto due vite, il Lupo Orbo; quella del Sud, ricca e agiata: Spencer e la sua avidità, la sua costante brama di potere.
Quella del Nord, parca e semplice; una realtà distrutta in poche notti.
Non possiede molto, Sergei, se non il Muro - e la conoscenza.
Osserva la neve cadere, tra le dita un bicchiere di idromele caldo.
Poche casate sono sopravvissute al veleno del Serpente, tra queste lo Scorpione e il Ragno - traditori entrambi.

Come lui.

Sergei inspira con forza, si tocca l'orbita ormai vuota.
Un pegno, l'aveva definito Spencer, per la tua fedeltà.
Un lupo senza branco non possiede altro che se stesso e ciò a cui decide di non opporsi.


La cerimonia di vestizione è stata rapida; essenziale.
Il sacerdote ha officiato il rito con poche parole, molte promesse - voti ai quali Alex ha giurato di adempiere e di onorare ogni giorno della sua vita.
Solo il re potrà liberarti da questo vincolo, era stato sancito, lui, e le necessità delle corona.
E Wesker sorride a quell'inganno, perché Spencer non aveva mai creduto nel potere spirituale, ma solo in quello temporale.
Sorride, perché il potere è una bestia che metti alla catena e poi tiri - la tieni al tuo fianco anche quando morde, e ti distrugge un poco alla volta.
Sorride, e osserva Alex togliersi il velo rosso, l'abito semplice della cerimonia - una stoffa ruvida a cui dovevano essere preceduti giorni di castità e penitenza.

"Quanti?"
"Almeno cinquanta." le aveva risposto, e Alex aveva grugnito qualcosa, mettendosi in bocca un'altra manciata di more.
Albert aveva alzato un sopracciglio, scivolando con le dita lungo la nuca scoperta.
"Non dovresti, sorella: la via per i Cinque Dèi è lastricata di sacrifici e mortificazioni."
Alex ride, rovesciando la testa all'indietro e attirandolo a sé per la fibbia della cintura.
"Certo." replica, e lo fissa negli occhi mentre lo cerca - già pronto, già duro "I Cinque Dèi sapranno perdonarmi, fratello."
Wesker affonda sulla sua bocca in un bacio umido e vorace.

"Nessuno potrà più chiedermi in moglie." cantilena Alex, raggiungendolo.
Albert l'accoglie tra lenzuola tiepide e soffici, solleva il viso verso il suo.
"Non è esatto."
Alex alza un sopracciglio, scivola contro il suo petto - lo sfiora con la punta della lingua.
"Qualcuno potrebbe farlo comunque." specifica Albert, reclinandosi all'indietro "Ma è una decisione della corona se sciogliere il voto o meno."
"Per un degno e sacro matrimonio." mormora Alex, flettendosi sotto le sue mani - accogliendolo in un'unica spinta.
"Per un degno e sacro matrimonio." ripete Wesker, ed è morbida Alex tra le sue braccia - umida e stretta attorno a lui come una promessa.
L'unica, invero, che intenda mantenere.


Simmons accoglie la notizia della consacrazione della sorella del re con una reazione tiepida - neutra.
Carla è un nodo di ossa e pelle inquieto al suo fianco - una famiglia caduta in disgrazia che Derek aveva deciso di riscattare solo per utilità.
Era intelligente, Carla - a modo suo.
Era spietata, e indurita dalla rovina di una terra sterile e inospitale.
Assomiglia al Nord, Carla; pallida, spigolosa. Che inghiotte tutto e non lo restituisce mai.
"Non mi piace quella donna." gli dice, aggrappandosi al suo braccio.
Derek la ignora, sposta con la punta del mignolo una focaccia d'avena.
"È un demonio, una bestia. È figlia del Serpente."
Vive per metafore, Carla; corre in un mondo che solo lei può vedere - allucinato, ossessionato.
"Si fotte suo fratello."
Simmons le riserva un'occhiata scettica, dubbiosa.
Carla si passa la lingua sulle labbra, allunga le dita verso una fetta di torta al limone.
Le lascia sospese a mezz'aria, si ferma: chiede il suo permesso.
Derek annuisce, la osserva divorarla in pochi istanti - ha fame, la Locusta.
Trattiene l'indice tra i denti, sospira appagata.
"Ne sono sicura." ribadisce, e ha una sua tetra bellezza, Carla - che assomiglia a quella delle cose morenti, o dei fiori che stanno appassendo.
"È un'accusa pesante." replica Derek, accavallando le gambe "Che prove hai per dimostrarlo?"
Carla aggrotta le sopracciglia, assume un'espressione confusa.
"Lo so." ripete, testarda.
"Non è abbastanza."
È il suo turno di annuire, e si allunga nuovamente verso una fetta di dolce.
"Un giorno lo sarà." ribatte "Un giorno avrò la prova che ti serve."
Vent'anni dopo la sua profezia diventerà una realtà spietata.


Nulla può davvero metterla al sicuro dal potere; non un voto, non suo fratello.
Alex sospira contro la sua spalla, socchiude gli occhi nella penombra della stanza.
Il fuoco si sta spegnendo alle sue spalle e fuori si è alzato il vento - vibra contro le finestre, ruggisce.
Albert è un respiro quieto al suo fianco, e Alex si sposta tra le sue braccia fino a quando non vi è avvolta completamente.
Si raggomitola sotto le coperte, nascondendosi dentro una pelliccia pesante come i suoi pensieri.
Inspira, e il suo odore la fa sentire meno sola - maninka e cuoio.
Sfrega il viso contro il suo petto, chiudendo gli occhi - mai come in quel momento  Alex sembra giovane, indifesa.

Click.

Il fuoco muore, la camera scivola nel buio.
Alex spalanca gli occhi di scatto, inspira - la paura un grumo nerastro giù per la gola, tra le costole.
Albert si muove nel sonno, rafforzando la presa attorno al suo corpo - sovrastandola.
"Va tutto bene." le mormora, e Alex non riesce a capire se sta ancora dormendo o meno "Sono qui." e tace poi, il viso affondato tra i suoi capelli.
Alex si aggrapperà a quelle parole fino alla fine.


Ha quasi cinque anni, Chris, quando gli presentano sua sorella.
È piccola, e urla sempre.
Ha un ciuffo di capelli rossi sulla fronte, qualche lentiggine attorno al naso - ma sua madre sorride, e sembra contenta.
"Claire." gli dice, porgendogliela "Si chiama Claire, Chris."
La bambina aggrotta le sopracciglia, atteggia la bocca in una smorfia e ride.
Chris la tiene stretta al petto come se potesse rompersi da un momento all'altro.


Il culto dei Cinque Dèi è semplice; obbedisci, ascolta, chiedi.
Obbedisci al Credo, sempre.
Ascolta le loro parole, sempre.
Chiedi perdono, sempre.
Un sacerdote per distretto, un voto aperto a uomini e donne che volevano abbandonare la loro condizione mortale e trascendere.
Wesker conosce l'origine del culto, e sa che sono solo pedoni nelle mani della corona - un legaccio che Spencer si era premurato di annodare a doppio giro.
Accarezza distrattamente il fianco di Alex, una curva addormentata al suo fianco.
Il voto richiede anche misura, compostezza e castità.
Il voto permette ai suoi membri meno abbienti di elevarsi - imparare a leggere, a scrivere. Un pasto caldo, un reddito assicurato per la propria famiglia.
Ai nobili permette potere; uno scudo dietro al quale nascondersi all'occorrenza, salvo poi gettarlo via alla prima occasione utile.
Si sofferma sull'osso sporgente del bacino, lo massaggia con il pollice - assorto.
È una strana bestia, il potere; sfuggente, indomabile.
Spencer credeva di poterlo incatenare a un posto, una persona, ma non è così.
Albert fissa il cielo schiarirsi, si chiede per quanto i Cinque Dèi rimarranno cani fedeli e intimoriti dalla sua voce.
La risposta non gli piace per niente.


Neil non era ancora nato quando Spencer aveva conquistato il Nord.
Suo padre gli aveva raccontato che l'aveva fatto grazie alle sue macchine, ai suoi accordi; che questa terra non era abbastanza, un pugno di rocce e campi.
Simmons aveva avuto il nord estremo, ma grazie al matrimonio con la figlia dei Radames aveva ottenuto anche l'Edonia e un grumo di isole in cui spiccava solo Sushestvovanie per l'estrazione di metalli.
Gli Ashford dominavano Rockfort, un suolo fertile e in cui poter far prosperare un'intera dinastia.
Ma lui?
Oh, lui aveva avuto ciò che restava, cioè le briciole, nella sua furiosa opinione.
Neil sospira, addentando un pezzo di maiale.
È abituato alle lamentele di suo padre, al suo costante berciare contro la corona, contro Spencer, contro suo figlio - quell'arrogante figlio di puttana - e sua sorella - che dovrebbe solo esser grata di una simile offerta e mettersi in ginocchio, ringraziandolo come dovrebbe - ma è stanco.
Neil lo fissa spostare un servo in malomodo, sfiorarlo appena con lo sguardo - una rabbia che li stava consumando entrambi.
Nel piatto la carne continua a gocciolare sangue.


Non ha mai conosciuto sua madre; è venuta al mondo uccidendola.
Albert le ha detto che era elegante, fragile: una donna dal viso pallido e le labbra esangui.
Noi siamo diversi, aveva aggiunto, rigirandosi tra le dita una noce, siamo più vivi di lei.
Noi vibriamo di qualcosa di più, aveva continuato, fissando le fiamme, lei era sempre triste, stanca. Il perfetto ritratto della vittima.
E lo era, una vittima, sua madre.
Sposa di guerra, le sue parole non avevano mai significato niente, il suo voto a Kelora polvere.
Spencer l'aveva scelta perché era bella; perché il giorno in cui aveva abbattuto il suo tempio gli aveva sputato in faccia, ergendosi tra i corpi mutilati dei caduti.
Alex non sa cosa abbia poi piegato il suo spirito - se Spencer, o la vita a Raccoon.
Se la solitudine, o la comprensione d'essere nulla.
Albert non le ha mai saputo risponderle, ma nei suoi occhi aveva colto qualcosa - un'incertezza.
Anni dopo, quando tutto ciò che resterà di loro sarà consegnato al suo servo più fedele, Alex capirà: e mai consapevolezza sarà stata più terribile.


Ha corso spesso con la Serpe, il Falco.
Mia sorella, l'aveva presentata una volta Albert, indicando una bambina dagli occhi vuoti e la pelle pallida - un cipiglio contrariato sul volto ancora infantile.
Da oggi verrà con noi.
E la ricorda, Birkin.
La ricorda arrampicarsi con loro lungo le pareti del castello, cadere.
La ricorda pulirsi le ginocchia dal sangue e raccogliersi la gonna attorno alle cosce, stringendola poi in un nodo di seta e oro.
La ricorda non avere paura, gettarsi con Albert oltre mura e ridere - un uccellino di appena quattro anni e qualche giorno.
William sbatte le palpebre - una, due volte.
Wesker si volta, un profilo nudo - inequivocabile.
"Oh." dice solo, e richiude la porta.

Oh.

La Serpe è mutata sotto i suoi occhi per diventare una Lamia spietata.


Il nuovo re ha zigomi affilati, occhi artici.
Il nuovo re è un ragazzo della sua stessa età - ventidue anni.
Il nuovo re siede sul trono come se fosse sempre stato suo, alla sua destra lei - Alexandra Wesker.
Burton flette le ginocchia, si esibisce in un inchino impacciato.
È venuto a giurargli fedeltà, l'Orso, e la Serpe lo fissa con quella sua orrenda pupilla immobile.
"Ho saputo della nascita della tua seconda figlia."
Barry annuisce, si umetta le labbra.
"Polly, se non sbaglio."
"Esatto, sire."
Annuisce, Wesker, e lo invita a rialzarsi con un blando gesto della mano.
"È un nome... carino." mormora sua sorella, e Burton coglie una nota ironica nella sua voce.
"Grazie, mia signora."
Alex sorride, una piega che non le raggiunge  gli occhi.
Burton scivola con lo sguardo su entrambi - bianco e nero, seta e cuoio.
Il Serpente alle loro spalle gli sembra enorme da quella distanza, le sue fauci infinite.
Wesker lo studia, cogliendone la postura rigida, il lieve tremolio che gli agita le mani.
Nel giuramento di Burton i semi della sconfitta sono già stati piantati.


Alexander è un debole.
Alexander è un uomo privo di nerbo, incapace di governare come dovrebbe - senza una prospettiva forte, degna.
Alexia assomiglia a un fantasma di neve e ghiaccio, occhi vuoti - labbra bianche.
Porge il veleno ad Alfred, ciglia pallide, un viso uguale al suo.
"Domani." gli dice, e annuisce suo fratello, innamorato di un'illusione - di una bambola di vetro e diamante.
"Domani nostro padre morirà."
Alfred ride - un suono stridulo, infantile.
La Libellula ha appena compiuto la sua ultima, tremenda, trasformazione.


"Oh." ripete William quando la vede - sorpreso.
"Oh." lo prende in giro lei, sfilandosi il cappuccio.
"Non... non mi aspettavo una tua visita."
Alex alza un sopracciglio, lo fissa.
"Mi fai entrare?"
William sembra ridestarsi all'improvviso, facendole spazio.
Alex varca la soglia delle sue stanze come se ne fosse la padrona, si toglie i guanti.
"Annette?"
"È tornata da sua madre per qualche giorno."
"Uhm."
"Per i preparativi."
Alex posa lo sguardo su una ciotola di mele, ne prende una.
"Del matrimonio." specifica Will, e Alex annuisce - distratta.
Birkin si schiarisce la voce, sposta il peso da un piede all'altro.
"So che ci hai visto, Will."
Silenzio.
"Ci conosciamo da troppo tempo per concederci il lusso di fingere."
Un colpo di tosse.
"Se la cosa ti disturba..."
"No." si affretta a rispondere William, e la risposta stupisce entrambi.
"No." continua Birkin "Ed è stato proprio questo ad avermi lasciato interdetto."
Alex incide la buccia della mela con le unghie, lo studia.
"Me lo aspettavo, quasi." e si avvicina al calore del camino, Will, allungando le mani verso le fiamme.
Alex ne segue ogni movimento, aspetta.
"Non dirò nulla, se è questo che temi."
"Bene."
"Non potrei comunque."
"Perché hai paura di essere ucciso nel sonno?" lo canzona, arricciando le labbra suoi denti.
William abbozza un sorriso, inclina il capo verso destra.
"No; perché Al è un mio amico, Alex. Forse l'unico che ho mai avuto."
Alex sembra soppesare la sua affermazione, arrotolarsela nella mente, valutarla.
Birkin si volta, un ragazzino che non invecchierà mai - non nella pelle, fin troppo nel cuore.
"Certo però che quella posizione non l'avevo mai vista; dovrei chiedere ad Al..."
La mela gli schiva la fronte di pochi centimetri.


È notte quando Stuart percorre la stretta caletta che conduce al porto di Sushestvovanie, un cielo spento e privo di stelle.
Il traghettatore lo conosce bene (sono cresciuti insieme nello stesso gruppo di baracche) e lo sguardo che gli riserva è di pura disapprovazione.
"Vai a servire una puttana."
Stuart lo ignora, controlla di non aver dimenticato nulla.
"Sai cosa si dice di lei; e del re."
Sospira, si stropiccia le palpebre pesanti.
"Nysskel ha parlato."
"Nysskel è morto, Teon; forse non è neppure mai esistito."
Teon spalanca gli occhi, si tocca il petto tre volte, proprio sopra il cuore.
"Non bestemmiare, Stuart; il dio della paura potrebbe sentirti."
E vorrebbe ridere, Stuart, perché lui non ci hai mai creduto in Nysskel.
Vorrebbe dirgli che no, non gli succederà niente; che non cadrà un fulmine dal cielo per punirlo, e che neppure gli marcirà la lingua in bocca.
Vorrebbe dirgli che nessun dio possiede la loro vita - ma forse Alexandra Wesker lo farà.
"Salpa." lo esorta, arrotolandosi attorno al collo la pesante sciarpa grigia "Raccoon è lontana."
Teon piega le labbra in una smorfia, alza le vele - lo consegna al suo destino.
Stuart abbandona Sushestvovanie senza alcun rimpianto.


È nata una Rosa nel sud del regno dell'Umbrella.
È bella, e piena di vita.
Possiede petali brillanti, floridi; diventerà un fiore elegante e che in molti vorranno cogliere - possedere.
Sarà donato alla Serpe, e ne morirà.
Appassirà tra le sue spire, diventerà nera di sangue e tristezza.
Lyas fissa sua figlia sorridere nel sonno, le scosta una ciocca di capelli dal volto.  
"Un giorno sarai regina, Excella." promette, e già bruciano quelle parole - diventano cenere e polvere.
Tra le sue dita uno scettro d'ossa e sogni infranti.


****


Lo trova sul balcone della sua camera, un profilo che sfida la notte e il cielo gonfio di pioggia.
Studia l'orizzonte, Wesker; si aggrappa ai suoi angoli, ne strappa i contorni - distrugge, fino a quando non rimane altro che la verità.
"Non sarà facile." gli dice.
Albert tace, ascolta il rumore della tempesta che monta in lontananza.
"La corte mormora; il Nord complotta."
Wesker inspira, inclina appena il mento nella sua direzione.
Alex segue il suo sguardo, coglie un primo lampo illuminare il cielo.
"Il trono è fragile sotto di noi, fratello."
Un tuono percuote il silenzio, tra i suoi capelli gocce di pioggia dense come il sangue.
Alex si volta, lo cerca - sempre.
"E noi, sorella?"

Noi lo siamo?

La risposta muore su labbra che hanno il suo stesso sapore.





"Tell me again how Rome burned,
how our bodies became the sun -
in those moments, with our legs tangled in bedsheets,
my fingertips catching rays of light from your skin -
tell me again how our ashes were too holy for this universe to taste."
- Anonimo -



















Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3870522