The Dance

di GladiaDelmarre
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Le loro mani erano finalmente intrecciate.

 

Crowley e Aziraphale non vi racconteranno del loro matrimonio.

 

Il matrimonio è una giornata da ricordare, sicuramente bella e speciale, ma solo uno dei giorni che compongono la storia d'amore che li ha legati e che oggi è stata sancita con un “per sempre” che per loro assume un significato ancora più speciale.

 

Il “per sempre” di un angelo e un demone che hanno scelto di perdersi l'uno negli occhi dell'altro, e di proseguire mano nella mano verso un futuro che non è più scritto nelle profezie o dettato dalle regole di un libro. Un futuro forse incerto, ma in cui sarà l'amore a guidarli.

 

Quel giorno, finalmente, anelli di foggia simile cingevano l'anulare della mano sinistra di entrambi.

 

Li avevano scelti insieme, in una piccola gioielleria di Soho, una bottega artigiana gestita da una ragazza che avevano visto tante volte camminare da quelle parti.

Una mattina Aziraphale l'aveva sorpresa nella libreria immersa in un grosso manuale di gemmologia e si era fermato a parlare con lei. La giovane si chiamava Violetta, era chiaramente entusiasta del suo lavoro e aveva speso un quarto d'ora abbondante a mostrargli immagini su immagini delle pietre che più amava. Infine, aveva girato una delle pagine satinate e una gemma incredibile era apparsa nella foto successiva: tagliata a cabochon, liscia e lucente, dai colori che cangiavano dal rosso al giallo, passando per oro e arancio. Meravigliosa.

 

“Cara, è bellissima. Qual è il nome di questa pietra?” le aveva chiesto Aziraphale, affascinato.

La giovane, felice dell'interesse mostrato, gli rispose “Questo è un opale di fuoco. Una delle mie gemme preferite. E' splendida, sembra davvero che abbia del fuoco al suo interno”.

 

E' perfetta.

 

“Non te ne andare, aspettami qui un attimo per favore” le chiese. Aziraphale andò da Crowley, che era nel retro della libreria. “Caro, devo farti vedere una cosa, vieni”. Lo prese per mano e lo portò dalla giovane, che era rimasta ancora con il libro in mano seduta su una poltroncina solitaria.

 

“Violetta, puoi far vedere al mio fidanzato la pietra che mi hai mostrato prima?” le chiese Aziraphale.

Lei gliela mostrò. Crowley si voltò con uno sguardo interrogativo.

“Si chiama opale di fuoco. Lo stesso fuoco da cui tu mi hai salvato. Ed è dorata, come I tuoi occhi” gli disse l'angelo, guardandolo. Il demone rimase in silenzio per un attimo, poi si rivolse alla ragazza “Esiste qualche pietra che abbia a che vedere con l'acqua?”.

 

Si misero d'accordo e le commissionarono le fedi.

Due fascette d'oro semplicissime, ma con una piccola gemma incastonata: l'opale di fuoco per Aziraphale e l'acquamarina per Crowley, ognuna a simboleggiare quello che l'uno aveva fatto per l'altro.
 



Avevano camminato nel luogo più pericoloso per entrambi, per salvare l'uno dal fuoco dell'inferno, l'altro dall'acqua santa. Così ora li avrebbero portati per sempre con loro. Perchè in fondo quello era il simbolo della parte di uno che dimorava nell'altro.

Come il simbolo cinese dello Ying e dello Yang, come si erano detti ormai parecchio tempo prima quella sera al Ritz, come sempre avevano saputo, con una consapevolezza che era cresciuta nel tempo, che ognuno aveva qualcosa dell'altro in sè. Nella loro imperfezione, nel loro amore reciproco e per la Terra dove avevano scelto di dimorare, c'era quella piccola parte di ognuno nell'altro che le rispettive fazioni non potevano accettare, granitiche nella loro integrità.

 

Crowley non era mai stato un demone perfetto, così come Aziraphale non sarebbe mai stato un angelo perfetto. Avevano permesso all'umanità di entrare in loro da una microscopica crepa che esisteva nei loro cuori fin dall'Eden. Si erano cercati, persi, ritrovati, si erano fatti del male a vicenda e salvati centinaia di volte. Si erano allontanati e ritrovati, ma mai abbanonati del tutto.

 

Crowley e Aziraphale, il demone e l'angelo, uno la nemesi dell'altro, si guardavano, dimentichi delle persone attorno a loro, dimentichi del passato e ignari del futuro, coscienti solo che l'amore che li legava era forte ed indissolubile, quanto e più delle regole che avevano infranto, tutte, per condedersi di trovarsi di fronte l'uno all'altro in quel momento.

 

Le loro parole, il loro “lo voglio” risuonano scanditi, forti e sicuri.

 

Nessuno può esserlo più di loro, perchè hanno avuto migliaia di anni per scegliersi ogni volta che si sono persi. Migliaia di anni di “si, lo voglio” e “non te ne andare” e “non lasciarmi” e “ti troverò sempre” sussurrati dal cuore.

Migliaia di baci recuperati nel loro ultimo anno di vita, migliaia di abbracci e di risa complici, migliaia di volte in cui si erano detti finalmente “ti amo”, con la bocca e con il corpo, invece che solo pensandolo.

 

Crowley e Aziraphale non vi racconteranno altro.

Danzeranno il loro valzer, fino alla fine dei tempi.

 

Amateli, comprendeteli, fate tesoro del loro esempio.

Gioite della loro gioia, come me che ne ho raccontato e sognato tanto.






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