lights
Christmas
Lights
Aziraphale si arrampicò sull'ultimo
gradino della scala, vincendo la spiacevole sensazione che gli corse
lungo la schiena quando sentì il suo appoggio traballare sotto di sé
per l'ennesima volta. Qualcosa non andava in quella vecchia scala di
legno, ne era perfettamente consapevole – i tarli, aveva suggerito
Crowley –, ma quello era stato il meglio che era riuscito a tirar
fuori dal suo retrobottega e non v'era stato tempo per fare di più.
«Sul serio?» aveva detto il demone
allibito. «Aziraphale, sei un fottuto angelo. Uno stramaledettissimo
angelo. Creane un'altra!»
«Ma non sarebbe ugualmente divertente,
mio caro»
Crowley aveva alzato un sopracciglio.
«Ma certo, prego: divertiamoci! Sappi che non ti accompagnerò
ai Piani Alti quando dovrai richiedere un nuovo corpo perché questo
sarà senza vita sul pavimento della tua preziosa libreria»
Aziraphale doveva ammettere di aver
riso a quell'avvertimento, ma lì, in piedi sul gradino più alto e
più instabile di tutta la struttura, sperò seriamente di non dover
sbrigare le pratiche per ottenere un nuovo involucro umano. Attese
qualche secondo prima di issarsi in posizione eretta e portare a
compimento la sua personalissima missione: attaccare il festone sullo
scaffale più elevato. L'obiettivo, nello specifico, era posizionarlo
in modo tale che formasse un'onda piacevole alla vista, ma che allo
stesso tempo non gli impedisse di prendere i libri stipati in quel
ripiano: addobbare era bello, ma non al punto da intralciare sé stesso nella
sua attività preferita.
Quando fu soddisfatto del risultato,
l'angelo si azzardò a tirare la schiena indietro per ammirare
l'opera da una certa distanza e per verificare la centratura della
curva e la totale assenza di imperfezioni: tutto sembrava perfetto.
«Ecco fatto» disse con orgoglio di
fronte all'impeccabile lavoro prima di iniziare la prudente discesa
dalla scala. Quando finalmente toccò terra, si accorse di avere il
fiato corto.
«Hai intenzione di decorare
manualmente tutta la libreria?»
Aziraphale non si curò di alzare lo
sguardo per incontrare quello del demone: sapeva che Crowley aveva
osservato tutto il processo seduto su una pila di libri e conosceva
perfettamente il tipo di occhiata che gli stava riservando in quel
momento: disperata, ma comunque intrisa di rispetto. Aziraphale aveva
imparato a capire che quello era il suo modo di esprimere un'opinione
contraria alla sua senza dare per forza battaglia, senza imporsi su
di lui. L'angelo era conscio del fatto che di lì a poco Crowley
avrebbe smesso di tormentarlo e avrebbe semplicemente accettato quel
suo nuovo passatempo senza più fiatare. Era solo questione di
momenti.
«Non voglio esagerare» precisò,
dunque, sistemandosi il panciotto con mani sapienti. «Voglio solo
mettere qualche tocco di colore qui e là. Non sarà troppo faticoso,
credimi»
Sentì Crowley sbuffare sonoramente –
teatralmente. «Contento tu»
«Potresti aiutare, lo sai?» tentò,
trascinando la scala per avere spazio sufficiente per passare
agilmente tra le scatole delle decorazioni e i libri pericolosamente
accatastati negli angoli più improbabili della libreria. «Potremmo
uscire molto prima se venissi qui a darmi una mano»
«Oh no: voglio vedere quanto resisti
prima di risolvere tutto con il solo pensiero»
Aziraphale si concesse di guardarlo
prima di sorridere più amabilmente di prima: «Mio caro, almeno
dimmi cosa preferisci tra le stelline con i glitter e quelle opache».
Sollevò un esemplare di entrambe e attese che l'ostentata
indifferenza con cui Crowley si stava sforzando di studiare la
situazione lasciasse il posto a una decisione chiara e precisa.
«Meglio i glitter»
L'angelo annuì prima di afferrare la
scatola ricolma delle decorazioni più appariscenti. «Parole sante»
disse, godendosi l'espressione accigliata di Crowley: non avrebbe
parlato per la prossima mezz'ora.
Tre ore più tardi la libreria era
quasi del tutto pronta: tutti gli scaffali avevano ricevuto la loro
dose di festoni e palline colorate e persino il piano superiore era
stato considerato quasi alla stregua di quello inferiore, anche se ai
clienti era proibito andare fin lassù. Aziraphale, però, era stato
categorico sulla necessità di addobbare anche quello: gli avventori
della libreria avrebbero potuto anche ignorare la presenza di quella
sezione, ma Aziraphale avrebbe sempre saputo della sua
esistenza e l'idea di lasciare qualcosa di incompleto, di imperfetto
non lo aveva sfiorato nemmeno per un secondo.
Mancava solo l'albero. Alla pianta in
sé aveva pensato Crowley qualche giorno prima, quando, dopo
un'attenta visita a ogni vivaio di Londra, era ritornato in libreria
con un elegante bonsai di abete, profumatissimo e perfetto in ogni
suo ago, farneticando una serie di informazioni utili alla sua
conservazione, alla potatura, ai sali minerali e alla quantità di
luce necessaria perché stesse bene. Aziraphale lo aveva ascoltato
con estrema attenzione più per il piacere di vederlo così
interessato alla cura della pianta che per la reale esigenza di
comprendere come muoversi in un terreno che per lui non era così
familiare: era certo che ad occuparsene sarebbe stato lo stesso
Crowley, ma era stato felice di essere stato incluso in quel suo
hobby. Dopo un attento esame, l'avevano posizionato vicino al vecchio computer, l'unico
punto in tutto il negozio a non essere stato ancora preso d'assalto
dai volumi disordinati.
Ora dovevano solo decorarlo. O meglio:
l'angelo doveva decorarlo.
Aziraphale cominciò a sentirsi sotto
pressione per lo sguardo di Crowley non appena fece per prendere le
lucine dorate: era sicurissimo che adesso stesse propriamente
controllando ogni suo movimento in nome della salute della pianta. Il
segreto, continuava a ripetersi il Principato nella sua mente, era
rimanere calmi: aveva completato l'operazione in tutto il resto della
libreria, non aveva alcuna ragione di credere che avrebbe fatto un disastro proprio
adesso.
Si mise di fronte al bonsai e ne studiò
la disposizione dei rami, cercando di capire quale fosse il punto
migliore per iniziare e come collocare al meglio le luci perché il
filo nero non risultasse troppo ingombrante. Quando pensò di aver
trovato una soluzione a quell'increscioso problema, l'angelo si mosse
per mettersi definitivamente all'opera.
«Sai cosa?» disse di punto in bianco
il demone, facendolo sobbalzare. Come se quello non fosse stato
sufficientemente evidente, Aziraphale ruotò anche il capo per dargli
segno di averlo sentito, ma la sua mente continuò ad essere
tremendamente occupata dal gravoso compito di non distruggere il
bonsai con la catena di lucine. Avvertì distintamente la voce di
Crowley continuare ad emettere suoni, ma non capì nemmeno una
parola: fu costretto a fermarsi.
«Perdonami, caro: dicevi?»
«Dicevo che dovresti proprio
ringraziarmi, angelo»
Aziraphale si voltò del tutto,
intenerito. «Oh, Crowley» disse, gustandosi il momentaneo
disagio che attraversò le iridi serpentine del demone. In fondo
sperava di non veder mai passare quelle reazioni nel corso degli
anni. «Hai ragione. Questo abete è bellissimo ed è solo grazie a
te che è qui»
Il demone annuì. «Ma io intendevo in
senso più ampio»
Aziraphale attese di sentirlo
continuare, ma evidentemente Crowley era in vena di giocare.
«In che senso, allora?» domandò,
appoggiandosi con estrema cautela alla scrivania: l'unico oggetto davvero
sacrificabile lì sopra era il computer.
Crowley si umettò le labbra prima di
rivelare: «Mi dovresti ringraziare per il Natale»
Fu difficile trattenere una risata.
«Credo di non seguirti»
«Ho inventato io il Natale» ribadì
il demone, per un momento estremamente fiero di sé. Fece subito una
smorfia: «Be', non in senso tecnico... A quello hanno pensato Sua Signoria dei Cieli e Costantino1, non io. Io ho
inventato questo». Crowley allargò le braccia, indicando con
lo sguardo e le dita le decorazioni che abbellivano la libreria,
soffermandosi in particolar modo sul filo di luci che
giaceva, intrecciato, tra le mani di Aziraphale.
All'angelo servirono degli attimi di silenzio
e il prolungato sorriso da serpente del demone per comprendere
pienamente il significato delle parole appena ascoltate. Si staccò
dalla scrivania con un gesto stizzito e la bocca spalancata, dimentico della delicatezza del bonsai. «Questa
è un'invenzione demoniaca?!» esclamò brandendo le lucine con accoramento tra i pugni chiusi.
«Ma è ovvio, angelo!» disse Crowley,
deliziato. «Pensi che tutto questo sia in linea con i principi del
Paradiso? Il consumismo, lo spreco, le feste?»
Sì!, avrebbe esclamato
Aziraphale se solo il tono del demone non avesse reso abbastanza
chiaro il pensiero del tutto contrario di Crowley. Scelse
di giocare un'altra carta a sua disposizione.
«Non me l'hai mai detto!» gli
rinfacciò con un'inclinazione vocale che persino alle sue orecchie
giunse fastidiosa.
«Non me l'hai mai chiesto»
«Non fare il furbo
con me. Sono decenni che mi vedi festeggiare il Natale in questo
modo» sputò fuori, irritato, appena consapevole del guizzo nervoso
che ebbero le sue labbra. «Non ti è mai venuto in mente che per me
potesse essere importante saperlo?»
Crowley rise.
«Andiamo, non prendertela sul personale! Non mi pare che
l'Onnipotente abbia mai reclamato, no?»
Aziraphale
serrò le labbra, reprimendo l'impulso di far notare al demone che
l'Altissima non si era fatta sentire nemmeno in situazioni ben
peggiori di qualche lucina intermittente. L'intervento divino non era un
metro di giudizio affidabile per discernere Bene e Male sulla Terra,
Crowley tra tutti doveva esserne al corrente - e dal sorriso
con cui lo stava bonariamente canzonando doveva essere per forza così.
«Questo non cambia
la sostanza» sentenziò l'angelo, più diplomatico. «È opera
vostra»
«Mia,
di grazia» sottolineò Crowley, come se quello risolvesse la
questione. Aziraphale ne fu colpito, tanto da lasciare che la
risposta piccata che gli era salita alle labbra morisse nel silenzio.
In effetti... In effetti quello risolveva
la questione. Non riusciva a ricordare nessuna tentazione davvero
malvagia operata dal demone; per di più, gli umani erano sempre
stati più bravi di lui a far danni e ad essere cattivi, questo
glielo avevano dimostrato in moltissime occasioni.
Guardò meglio
l'entità che aveva davanti: Crowley aveva l'aria di un bambino che
metteva alla prova un adulto con una marachella, non di un diavolo in
grado di assicurare anime all'Inferno con lo spirito natalizio. Si
chiese se anche il demone fosse consapevole di apparire così, o
almeno di apparire così ai suoi occhi, ma decise di tenere per sé
il quesito. Piuttosto rilassò la postura e sentì la tensione sul
viso sparire via.
«Dunque,»
cominciò, più pacato, «hai suggerito tu a quel Johnson2
l'idea di usare le luci elettriche al posto delle candele?»
Crowley smise di
sorridere in un lampo, ma Aziraphale sapeva di non averlo intristito.
«Sì»
«Di tua
iniziativa?»
Il demone non
parlò: si limitò ad annuire.
L'angelo prese un
bel respiro dal naso prima di far schioccare la lingua sul palato.
«OK»
Crowley
gesticolò insensatamente per qualche secondo prima di riuscire a
parlare. «Sul serio? Hai quasi fatto una scenata prima e adesso
OK?! Solo perché l'ho fatto
io?»
Aziraphale fu
felice di constatare che l'espressione del demone era mutata mentre
parlava, mano a mano che la consapevolezza di quello che diceva si
faceva strada dentro di lui. L'angelo adesso era sicuro che la sua
conferma non fosse necessaria, ma volle comunque dirlo a voce alta.
«Sì»
Crowley deglutì e
fece una smorfia rassegnata. «Davvero? Solo perché l'ho fatto io?»
Il Principato
sorrise più intensamente. «Che posso dire? Tentazione riuscita»
Il
demone lo fissò senza fiatare per un momento che all'angelo
parve non finire mai. Avrebbe venduto una delle sue preziosissime prime
edizioni senza duplicarla pur di conoscere i pensieri dell'altro, ma si
accorse ben presto di non aver bisogno di ricorrere a metodi
così estremi: Crowley scosse la testa prima di alzarsi,
raggiungerlo e
cominciare a prendere la catena di luci dalle mani di Aziraphale.
Questi rimase interdetto per un attimo, colpito dal fatto che Crowley
non fosse ricorso a un miracolo, ma sentì un'ondata di calore
avvolgerlo subito dopo: gli stava dimostrando rispetto.
«Faccio io,
angelo» disse il demone, la voce più bassa del normale. «Non
voglio vederlo spelacchiato prima ancora dell'inizio delle feste»
Aziraphale annuì
comprensivo, emozionato. «Ma certo». Si portò le mani di Crowley alle labbra
per depositarvi un fugace bacio sul dorso prima di farsi da parte. Il
demone impiegò giusto un paio di momenti prima di riprendersi dalla
confusione e cominciare ad allestire l'alberello, che, una volta
terminato, venne acceso di comune accordo con un miracolo.
«E comunque non
capisco che cosa tu abbia visto di demoniaco in questo»
Aziraphale se l'era
chiesto già in libreria, mentre aveva osservato Crowely che
sistemava le luce intorno all'abete, ma aveva trattenuto la domanda
per non rovinare l'atmosfera di intima gioia che era venuta a crearsi
nell'ambiente. Passeggiando per Londra, però, aveva trovato impossibile non
riportare in auge l'argomento: la città era già in festa, già
illuminata e già pronta per il Natale. Tutti tenevano il naso
all'insù per ammirare le decorazioni e le luci. Lo stesso Aziraphale
non finiva mai di sorprendersi, ogni anno, di fronte alla
magnificenza dell'addobbo. Ed era tutto così bello e festoso da
rendere quantomeno improbabile pensare di essere circondati dal Male.
«Sono veramente
curioso: cosa c'è di malvagio nel Natale?» rimarcò quando
finalmente Crowley tornò a camminare al suo fianco porgendogli una
cioccolata calda da asporto.
Il demone
ridacchiò, prendendo un sorso dalla sua tazza prima di rispondere.
«Nel Natale in sé niente, angelo» disse con semplicità. «È il
modo di festeggiarlo che è un tripudio di vizi». Fece una pausa
prima di indicare discretamente la folla intorno a loro. «Mai
sentito parlare di frenesia del Natale? La corsa ai regali? Hai una
vaga idea di quanti soldi ogni anno vengano spesi per il Natale? E le
interminabili cene?! Tutte queste persone saranno isteriche tra
qualche giorno»
Aziraphale si
guardò intorno con curiosità. Indubbiamente il demone aveva
ragione, quelli erano tutti vizi belli e buoni, ma qualcosa
continuava a non tornare nel ragionamento. «L'avevi previsto già
più di cento anni fa?»
Crowley rise. «Be',
non sono così bravo, angelo» si schermì, infilando la mano libera
nel cappotto. «Gli umani lo sono di più: devo riconoscere loro che
hanno fatto un ottimo lavoro»
Aziraphale lo
guardò divertito. «Perché dici questo?»
«Pensaci: dovrebbe
essere la più grande festa del Paradiso, ma nessuno se lo ricorda
più: sono tutti troppo tentati da... da questo per
pensare alla nascita di Cristo. Cos'è Cristo che nasce quando puoi
avere tutti i pacchi che vuoi sotto l'albero?»
L'angelo rimase in
silenzio qualche minuto, gustandosi il sapore avvolgente della
cioccolata. «Te lo concedo, non hai tutti i torti» disse infine,
calmo. «Eppure...»
«I tuoi capi non
fanno caso agli umani, Aziraphale» lo interruppe Crowley. «Dovresti
saperlo, ormai. Non hanno idea di come funzionino. Per loro
basta che ci sia la festa e fine del discorso»
Non era quello che
avrebbe voluto dire il Principato, ma ne riconobbe comunque la verità
intrinseca: quello spiegava perché nessuno dei suoi superiori gli
avesse mai chiesto di intervenire in merito alla festività. A
nessuno era venuto in mente, ad esempio, di lamentarsi di quanto
fossero poco tradizionali tutti quegli addobbi: insomma,
Aziraphale non aveva avuto occasione di assistere al Grande Evento,
ma era piuttosto sicuro che luci elettriche, bonsai e Babbo Natale non
fossero stati esattamente all'ordine del giorno. Il ragionamento del
demone non faceva una piega e rimaneva da chiedersi soltanto perché
Aziraphale non si fosse accorto da solo dell'influenza
dell'Opposizione nella creazione di tutto quello sfarzo
contemporaneo. Nell'intimità della sua coscienza, tuttavia, l'angelo
sapeva darsi una risposta più che soddisfacente: i vizi del Natale
non gli erano del tutto estranei. Se la frenesia non faceva per lui,
di certo non poteva dire altrettanto per i dolci, per i menu tematici
nei ristorantini sfiziosi, per i colori, per le storie di Natale...
Tutte inutili banalità, lo riconosceva, che però avevano arricchito il periodo ogni
anno e gli avevano regalato sorrisi e ricordi teneramente preziosi.
Non si accorse di
aver addolcito l'espressione finché Crowley non sbuffò accanto a sé
un allibito: «Che c'è adesso? Perché ridi?»
Aziraphale non
perse tempo a negare l'evidenza. «Come mi spieghi la gioia, allora?»
disse, invece. «Questa festa rende le persone felici. Tutti
sorridono quando vedono un albero pieno di luci colorate. Questo deve
essere positivo»
Crowley aggrottò
la fronte. «Mi sembra più uno slogan che altro, angelo»
«Io sono felice a
Natale». Nei suoi pensieri aveva contemplato il concetto con
profonda convinzione, ma esprimerlo ad alta voce lo fece sentire un
poco infantile e fu grato a Crowley per aver avuto la delicatezza di non
ridere e di accennare solo un sorriso.
«Perché è
Natale?» gli chiese, divertito.
«Perché è
Natale»
Crowley scosse la
testa esasperato prima di prendere un sorso di cioccolata. «Va bene,
tu sei felice perché è Natale. Ma queste persone intorno a
noi, con i loro piccoli grandi problemi umani, non sono davvero
felici: recitano una parte perché si deve essere più felici
e più buoni a Natale»
Aziraphale
considerò la possibilità di ribattere con la logica e di far notare
al demone come fosse impossibile da parte sua dimostrare che per
tutti valesse lo stesso discorso, ma alla fine decise di cambiare
tattica.
«E tu?» chiese,
innocente.
«Cosa?»
«Sei felice a
Natale?»
Crowley si fermò,
costringendo anche Aziraphale ad imitarlo. L'espressione confusa sul
suo volto era piuttosto eloquente e l'angelo temette che non avrebbe
ricevuto alcuna risposta. Quando il demone parlò, tuttavia, non
sembrò affatto arrabbiato.
«Secondo te?»
Aziraphale lo
guardò dritto negli occhi e si prese qualche attimo per riflettere.
«Penso di sì» azzardò, il petto tenuto fieramente in fuori e la cioccolata stretta tra
le mani con fermezza. «Penso anche,» proseguì, cogliendo il lampo
di divertito stupore di Crowley, «che tu abbia influenzato Johnson
per omaggiare Cristo. Ricordarlo ti rende felice»
Il demone rimase in
silenzio ad osservarlo, indecifrabile, e dopo qualche attimo si portò
la cioccolata alle labbra. Aziraphale sospettò che l'avesse fatto per
nascondere un sorriso.
«Ho ragione?»
insistette.
Crowley prese un
possente respiro. «Forse» concesse alla fine, un'occhiata al
cielo a completare la reazione sconsolata.
L'angelo annuì,
non potendo fare a meno di pensare di essere di fronte al peggior demone
dell'Inferno. Si curò di non dirlo apertamente e preferì
guardarsi intorno, improvvisamente colpito da una inaspettata
consapevolezza: si erano fermati in mezzo al marciapiede e nessuno li
aveva presi a male parole per aver interrotto così bruscamente
il
flusso di gente. Ora che guardava meglio, le persone
sembravano evitarli come se nemmeno si accorgessero di loro:
semplicemente, in prossimità dei loro corpi deviavano la loro
corsa
per poi riprenderla dopo averli oltrepassati esattamente nella stessa
direzione. La cosa più incredibile, però, era un'altra: i
passanti avevano addirittura smesso di fare rumore.
«Dovevi davvero,
mio caro?» disse indicando il cerchio perfetto che era venuto a formarsi intorno a loro.
Crowley
lanciò uno
sguardo attorno a sé e parve riscuotersi all'improvviso.
«Ho perso il controllo» si giustificò mentre tutto
tornava alla
normalità, la gente riprendeva a schiamazzare intorno a loro e
un
passante urtava l'angelo con malagrazia per reclamare il passaggio e
costringerlo a riprendere il cammino.
Non erano passati
che pochi secondi quando avvertì il braccio del demone circondargli
le spalle con gentilezza e stringerlo a sé.
Aziraphale sorrise
e non disse niente. Si limitò ad appoggiare la testa sulla spalla di
Crowley e ad aggrapparsi al suo fianco con la mano per rimanere in
equilibrio durante la passeggiata. Ebbe l'accortezza di tenere la
bocca chiusa per un po', permettendo ad entrambi di godere
dell'atmosfera e del calore di quell'abbraccio. Ma quando Crowley gli
passò la sua cioccolata ancora calda, dandogli il silenzioso
permesso di finirla al posto suo, Aziraphale capì di non potersi più
trattenere.
«Oh, Crowley!
Sei così adorabile!»
«Chiudi il becco»
intimò l'altro, burbero, ma l'angelo poté distintamente sentire la
sua voce increspata dal sorriso.
Note:
[1]: Nel 330 Costantino è
il primo imperatore a rendere il 25 dicembre la data ufficiale della
nascita di Cristo.
[2]: Edward Hibberd
Johnson, collaboratore di Thomas Edison, fu il primo, nel 1882, a
mettere un filo di lampadine elettriche sull'albero di Natale (il
suo) al posto delle candele.
Angolino di
Menade Danzante:
Salve a tutti!
Voglio
precisare due cose: la prima è che il titolo non intende richiamare
l'omonima canzone dei
Coldplay, ma ve la linko lo stesso per diffondere il Verbo delle
canzoni tematiche che in questo periodo ci porteranno allo
sfinimento; in secondo luogo, segnalo che la parte finale della shot
è parzialmente ispirata a questa
fanart. Purtroppo non sono stata capace di risalire ad un
autore, ma se foste in grado di dirmelo aggiungerei immediatamente i
dovuti credits.
Spero
che la OS vi sia piaciuta!
Un
abbraccio!
Menade
Danzante
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