LA FORESTA DELLE PUNTINE
VOLANTI
Secondo le statistiche, durante le feste di Natale il tasso dei suicidi
si alza terribilmente. Era colpa della solitudine, del
carattere consumistico che aveva assunto questa meravigliosa
ricorrenza.
Qualsiasi cosa fosse, Ayame pensava che presto si sarebbe aggiunta
anche lei a quei numeri sul giornale.
Seduta sulla scomoda sedia di casa sua e china sul tavolo da lavoro,
Ayame si chiedeva cosa le avesse suggerito il cervello il giorno in cui
si era iscritta alla facoltà di architettura. Eppure la sua
famiglia glielo aveva detto “Ayame, ma cosa fai? Non
è facile trovare lavoro così!”.
Ma lei no, aveva dovuto fare di testa sua.
E tale decisione era stata costellata da: notti insonni piegata su
disegni da consegnare, torcicollo perenne, sonno altalenante e umore
irritabile, il tutto condito dal rischio di perdita di diottrie
preziose. E si sprecavano anche i dolori alle dita e le mani sporche di
matita.
Alla fine ce l’aveva fatta, quel tanto agognato pezzo di
carta lo aveva preso. Non solo, era anche riuscita ad andare a
convivere con il suo fidanzato perché un lavoro subito dopo
la laurea lo aveva pure trovato.
Ma ovviamente non bastava, Ayame voleva di più. E Koga la
supportava pure. Dopo appena sei mesi di lavoro nel piccolo studio che
l’aveva accettata, lei aveva raccolto le sue cose, fatto ciao
ciao con la manina e si era messa alla ricerca di uno studio
più grande dove poter realizzare le proprie aspirazioni. E
la ricerca aveva dato i suoi frutti, peccato che il pacchetto includeva
un capo capriccioso e lunatico.
Pochi giorni prima aveva salutato i colleghi augurando loro buone
feste. Le venne la nostalgia a pensare alla spensieratezza con cui se
n’era andata. Era felice, perché il lavoro che le
era stato assegnato lo aveva portato a termine e avrebbe potuto godersi
le vacanze con il suo fidanzato.
Invece no!
Quella mattina alle 7 in punto il telefono aveva squillato, scatenando
la gelosia di Koga che immaginava chissà quale amante, e la
voce gracchiante del capo le aveva chiesto di svolgere un lavoro
urgente perché “solo lei può
farlo”, le aveva detto.
E che fare quando sei una giovane aspirante donna in carriera? Niente,
ti rimbocchi le maniche e disegni, ossessivamente e religiosamente,
rigirando tra le dita, ogni tanto, le puntine che lei usava come
antistress e che, nei giorni particolarmente duri, scaraventava contro
il muro e qualcuna, delle volte, si infilzava nella parete rimanendo
lì in bella mostra. Con il passare del tempo,
quell’angolo della casa era diventato
un’installazione di arte contemporanea, che attirava amici e
parenti come una calamita.
Per avere un po’ di calma, aveva spedito Koga al supermercato
più vicino: quella sera ci sarebbe stata la cena a casa di
Rin. Era una tradizione che andava avanti da almeno quattro anni: il 23
dicembre si riuniva tutto il gruppo di amici per augurarsi buone feste
e scambiarsi i regali. Quell’anno però Rin avrebbe
inaugurato la sua nuova casa… sua e del suo futuro marito,
Sesshomaru. Che poi Ayame non capiva come la sua migliore amica potesse
chiamare quella casa “sua”: era la casa del freddo
youkai, lei ci si era solo trasferita subito dopo la proposta di
matrimonio.
A quel pensiero, Ayame si portò una mano sulla
fronte e sospirò sconsolata: certa gente aveva davvero una
gran fortuna.
A quel pranzo avrebbero partecipato anche gli altri membri della
compagnia: in prima linea ci sarebbero stati Inu-Yasha, fratellastro
del padrone di casa, e Kagome, amica sua e di Rin dai tempi
dell’università; Miroku e Sango, con al seguito il
fratello di lei, Kohaku; chiudevano la carovana di gente Shippo,
Bankotsu e Jakotsu.
Tutti i membri si erano aggiunti per i motivi più disparati:
al centro della vicenda c’erano lei e Rin, amiche fin
dall’infanzia, le quali avevano conosciuto Sango e Kagome
all’università, la stessa Kagome che poi aveva
conosciuto Inu-Yasha , portandosi dietro gli altri ragazzi, anche il
suo.
Mentre controllava alcuni dati, Ayame si chiese come se la stesse
cavando la sua amica nella cucina super accessoriata, ma immacolata, di
Sesshomaru. E chissà lui che faccia aveva alla vista della
sua compagna con il viso sporco di zucchero e cioccolato.
Ringraziò gli dei che quell’anno si era data una
mossa con i regali di Natale e non doveva farli all’ultimo
momento.
La serratura della porta fece uno scatto: Koga era rientrato.
-Ciao, amore. Come procede?- chiese poggiando le buste per terra e
togliendosi cappotto e cappello.
La demone lupo lo guardò con sguardo sconsolato. Non sapeva
se sarebbe mai riuscita a finire quel progetto per quel pomeriggio. Il
fidanzato capì all’istante e, con una
velocità mai vista, si materializzò accanto a lei
con due bicchieri in una mano ed una bottiglia di vino rosso
nell’altra.
-Koga, non posso prendermi pause…- fece finta di protestare
lei.
-Dieci minuti, stacca la spina per soli dieci minuti e vedrai che ti
sembrerà più facile dopo- la rassicurò
lui.
Ayame sorrise grata. Il suo ragazzo aveva la capacità di
calmarla nel giro di un nano secondo. Prese il bicchiere che le stava
porgendo e se lo portò alle labbra. Il liquido rosso,
fruttato e caldo le avvolse le papille gustative.
Sì, aveva bisogno di una pausa. E il vino era la soluzione.
Posò il calice, stando ben attenta a non metterlo in una
posizione tale da poter intaccare il suo lavoro: sarebbe stata una
tragedia.
-Hai comprato tutto quello che c’era scritto sulla lista?-
domandò la ragazza, guardando il ragazzo.
Koga posò anche lui il calice sul tavolo da lavoro, ma
Ayame, lesta e ansiosa, spostò il bicchiere, tenendolo a
debita distanza dal progetto.
-Sei matto? Se cade anche una sola goccia di vino dovrò
rifare tutto daccapo!!!- ringhiò lei, fulminandolo con lo
sguardo. Il diretto interessato alzò le mani al cielo, in
segno di resa. Era ben consapevole della furia di Ayame, non era il
caso rischiare fino a quel punto. L’unica cosa da fare era
passare sopra sul rimprovero e riprendere la conversazione come se
niente fosse.
-Preso tutto: biscottini di pan di zenzero, che diremo che hai cucinato
tu, una bottiglia di vino italiano e una confezione grande di sakura
mochi!-
-Benissimo! Almeno per stasera siamo salvi!- battè la mani
Ayame entusiasta con gli occhi che le brillavano di gioia.
-Poi, mentre tornavo verso casa, sono passato da un negozio ed ho preso
anche il regalo di Natale per Inu-Yasha!- le comunicò Koga
euforico.
Ayame lo guardò stupita.
-Non lo avevi già comprato?-
-Sì, ma quello che ho preso oggi è il regalo
perfetto!- continuò Koga ancora più divertito. Si
alzò di scatto e sparì dalla vista della
fidanzata. La rossa non aveva la benchè minima idea di cosa
avesse potuto trovare di così perfetto da farlo regredire
allo stato di bambino.
Si voltò e riprese il calice per prendere un altro sorso di
vino.
-Eccolo qui!- urlò, tirando fuori dal sacchetto un oggetto
color verde acido.
Ayame mise a fuoco e storse il naso: non riusciva a capire cosa potesse
essere. Koga le si avvicinò e le mise il
“trofeo” sulle gambe.
Ayame prese l’oggetto tra le mani: lo osservò
attentamente, rigirandolo più e più volte. Era
fatto interamente di silicone e dalla forma cilindrica e con due manici
alle estremità.
Si voltò verso Koga interrogativa.
-È un giocattolo per cani!!!- esclamò il demone
lupo, sempre più su di giri.
La fidanzata era sempre più perplessa: ma che gli diceva il
cervello?
-E cosa se ne fa di un giocattolo per cani?-
-Beh… ho pensato fosse divertente!-
Ayame alzò gli occhi al cielo, esasperata. Erano anni, da
quando li aveva conosciuti e molto probabilmente già da
prima, che Inu-Yasha e il suo ragazzo si stuzzicavano con nomignoli
assurdi e infantili, al limite del ridicolo e del demenziale. Qualsiasi
incontro tra di loro esordiva con un “lupastro” e
terminava con “botolo ringhioso”. In quei momenti
lei e Kagome non potevano che guardarsi sconsolate.
La ragazza lo tirò addosso al fidanzato.
-Smettila di essere così infantile! Meglio che torni al
lavoro!- esclamò lei prendendo nuovamente in mano la matita.
Koga, con il giocattolo ancora in mano, si avvicinò di
soppiatto alla fidanzata, presa dal suo lavoro. Non aveva intenzione di
renderla più nervosa di quanto non fosse già.
Lentamente si accucciò e si diresse verso lo schienale della
sedia. Con un gesto fulmineo e con il giocattolo per cani in mano,
assalì Ayame, cercando di farle il solletico in ogni punto
strategico del suo corpo, in particolar modo sui fianchi.
-Koga…ahahah! No, dai…. Smettila!- urlava la
ragazza divertita e cercando di dimenarsi per scampare a
quell’attacco.
Koga continuava imperterrito.
La lotta andò avanti per qualche minuto, quando un gesto
troppo brusco fece accadere l’inevitabile: talmente preso
dalla lotta, Koga agitava il regalo di Inu-Yasha senza alcun timore,
come se fosse un’arma e non si rese conto di aver urtato il
calice di vino.
Fu una frazione di secondo: tutto il liquido rosso si espanse sul
progetto di Ayame, occupò ogni centimetro del foglio.
Si fermarono di scatto. Ayame si girò lentamente, sperando
di non vedere quello che temeva. Chiuse gli occhi e poi lentamente li
aprì. Pregò il cielo di trovarsi di fronte il
foglio bianco.
Ma così non fu.
La chiazza rossa troneggiava sul tavolo da lavoro.
I ragazzi trattennero il respiro, Koga più di Ayame
perché era ben conscio di quello che sarebbe successo.
La rossa si voltò lentamente nella direzione del suo
ragazzo, gli occhi ridotti a dure fessure, le labbra serrate e
un’aura omicida pronta ad esplodere.
Koga pensò a diversi modi per farla franca: scappare?
Emigrare al polo nord? Diventare un tutt’uno con il
pavimento?
Ma non potè finire di elencare tutte le
possibilità, che subito si vide travolto da una raffica di
puntine. Quelle maledette puntine che Ayame usava come freccette contro
il muro, solo che stavolta il muro era lui.
-Tu sei un uomo morto!!!- urlò la ragazza, stando ben
attenta a prenderlo in pieno!
E fu così che il giorno prima della vigilia di Natale la
casa di Ayame e Koga si trasformò ne "La foresta delle
PUNTINE volanti!".
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