nativity
[Storia
ispirata ad un particolare della OS “A
winter's tale” pubblicata nella raccolta “Bohemian
Rhapsody for an Angel and a Demon” di Stria93,
la quale ha
acconsentito
alla mia richiesta di utilizzare un suo brano come spunto per una mia
storia. Nello specifico, le frasi incriminate sono le seguenti: “-
A proposito, bel lavoro con quella stella cometa: davvero d'effetto,
anche se un po' pretenziosa come trovata. - / Aziraphale si strinse
nelle spalle. - Be', l'Onnipotente aveva detto di volere qualcosa
d'impatto e che fosse altamente simbolico. -”.
Stria,
perdonami!]
Nativity
Il meeting1 sarebbe
iniziato di lì a poco e l'Arcangelo Gabriel era appena tornato da
Nazareth. Calcolò di avere a malapena il tempo di ripulire la propria
tunica dalla polvere prima di anticipare gli altri nella Sala
Conferenze. L'aveva indetto lui, l'incontro, perciò sarebbe stato
profondamente scortese da parte sua presentarsi in ritardo o insieme
a tutti gli altri. Non passò nemmeno nel suo ufficio per prendere il
materiale necessario alla riunione: lo avrebbe miracolato
all'occorrenza.
Giunto nella Sala sventolò la mano
davanti a sé e l'abito tornò completamente pulito.
Se doveva essere sincero con sé
stesso, la visita alla vergine non era stata particolarmente
soddisfacente. Maria aveva detto di sì, non aveva opposto
resistenza, aveva accolto la proposta dell'Altissima: quello
era andato magnificamente; a non convincerlo del tutto erano state la
località e l'estrazione sociale della ragazza... Sembrava quasi che
Dio non volesse rendere la vita facile a suo Figlio. Se Gabriel
avesse potuto organizzare anche quell'aspetto della faccenda, di
sicuro avrebbe operato in maniera estremamente diversa:
l'avrebbe fatto nascere in una villa in mezzo agli agi.
Tuttavia, aveva fatto il suo dovere,
aveva eseguito il comando di Dio e aveva portato la lieta notizia.
Adesso doveva solo mettere al corrente di tutto i suoi collaboratori
più fidati.
Ebbe appena un momento per far apparire
sul tavolo dei veloci stuzzichini di manna prima che la porta della
Sala si aprisse per rivelare Michael, Uriel, Sandalphon e Aziraphale.
«Benvenuti» salutò allargando le
braccia, includendo in quella stretta virtuale tutta la squadra di
angeli. «Prego, sedete» disse, indicando il tavolo ovale senza
smettere di sorridere nemmeno per un secondo: sapeva che nessuno
avrebbe mai rifiutato un incarico, ma era anche certo che condire il
tutto con un po' di smancerie potesse aiutare tutti a impegnarsi di
più.
Quando tutti furono comodi, Gabriel
agitò una mano per far comparire dietro di sé un piedistallo con
una pergamena.
«Signori, abbiamo una missione»
rivelò, diretto, guardando tutti e nessuno. Indicò verso l'alto e,
se possibile, il suo sorriso divenne ancora più largo.
«L'Onnipotente ci ha incaricati di portare sulla Terra suo Figlio»
Gli angeli si scambiarono un'occhiata
compiaciuta prima di applaudire. Gabriel annuì, comprensivo: aveva
calcolato di fare una pausa drammatica, ma quello si era rivelato
persino un modo migliore di accogliere la notizia. Batté le mani a
sua volta fino a quando anche l'ultimo clap-clap si fu
esaurito.
«Ho già parlato con la madre
surrogata» proseguì nel rinnovato silenzio. «Ha acconsentito a
mettere a disposizione il proprio utero»
«Oh» fece Michael, moderatamente
stupita. «Sarà umano?»
«Si incarnerà, ad essere precisi»
Tutti annuirono.
«Terrò personalmente d'occhio il
padre putativo» disse ancora Gabriel. «In caso di reazioni
inconsulte, ho il diretto ordine di intervenire»
Mormorio di assenso.
«Bene. Si chiamerà Gesù. Yehoshua.
Dio-è-salvezza». Un guizzo di comprensione attraversò tutti
gli astanti. «Nascerà a Betlemme»
«Non a Roma?» domandò Uriel. La
domanda, pensò Gabriel, era più che ragionevole. Un luogo più
centrale sarebbe stato il minimo per il Figlio di una Regina come
quella, ma no, Dio era stata categorica: suo Figlio sarebbe nato in
una comunissima, insipida città sabbiosa.
«Non a Roma, no» confermò comunque,
unendo le mani meditabondo. «Ordini dall'Alto»
«Ineffabili» intervenne Aziraphale
all'improvviso, catalizzando l'attenzione generale su di sé.
Gabriel, vedendolo così soddisfatto per quello che aveva appena
detto, si pentì di averlo invitato alla riunione e si chiese se
dovesse aspettarsi ulteriori inutili contributi da parte sua.
«No» disse l'Arcangelo con una
smorfia di sufficienza. «È il Grande Piano, questo: non è
ineffabile»
Aziraphale aggrottò la fronte. «Questo
è il Grande Piano?»
Gabriel cercò l'approvazione degli
altri prima di dichiarare: «Certo»
Il Principato fece una faccia confusa.
«Credevo che il Grande Piano fosse ineffabile»
Gabriel lo fissò per un attimo con lo
smarrimento negli occhi. Non si era mai posto quella domanda, ma
l'idea che a farlo ragionare su quel punto fosse proprio Aziraphale
non lo allettava per niente. Non amava essere contraddetto,
soprattutto quando a farlo era un angelo che passava troppo tempo
altrove, lontano da loro, dal Paradiso. Come pretendeva lui di
capire i Piani di Dio quando era fuggito dalla sua Casa appena ne
aveva avuto l'occasione?
«Ovviamente non è così» disse, la
stizza nascosta dietro una maschera di elegante alterigia.
Aziraphale aprì la bocca in un muto
“Oh”, riducendosi al silenzio con un leggero rossore sulle guance
di cui Gabriel si sentì orgogliosamente responsabile.
«Torniamo a noi» suggerì. «Non ho
ancora tutti i dettagli, ma possiamo cominciare i preparativi.
Abbiamo nove mesi per organizzare la venuta del Figlio di Dio sulla
Terra»
Si voltò per prestare attenzione alla
pergamena. La picchiettò con una bacchetta di legno per far
comparire un elenco vuoto; al secondo tocco il primo punto si riempì
di una scritta che Gabriel subito sottolineò con un terzo colpo di
bacchetta.
«Per il momento voglio che vi
occupiate del cielo» disse. «Il parto avverrà di notte e
l'Altissima esige che ci sia un segno, qualcosa di visibile e di
immediatamente comprensibile anche per i popolani»
«Magari una stella» azzardò
Sandalphon. «Nessuno se ne accorgerà senza una... luce nel buio»
spiegò prima di esibire un sorriso lezioso. «A parte la madre,
ovviamente: non puoi partorire senza rendertene conto»
Gabriel si illuminò: lo guardò con
estrema soddisfazione prima di aprire la mano per indicare l'angelo
agli astanti. «Signori e Signore, questo è lo spirito
giusto» si complimentò con orgoglio. «Per le stelle dovrete fare a
meno delle abilità di quel demone... quel Crawly... Era stato
d'aiuto all'Inizio...». Gabriel, se non altro, doveva riconoscergli
una certa praticità nel maneggiare il materiale gassoso
dell'Universo. Crawly si sarebbe rivelato davvero utile se si fosse
trovato ancora tra loro, ma si sforzò di assumere comunque un'aria
rassicurante.
«Crawly?» fece Michael con un
sopracciglio alzato. «Ne è passato di tempo da quando costruiva le
stelle, Gabriel» lo rimproverò bonaria. «L'istigatore di Bruto non
sarà una grave mancanza a questo tavolo, te lo assicuro»
L'Arcangelo sorrise e fece per
rispondere, ma fu costretto a tacere, sovrastato da una voce
stridula.
«È stato lui?!»
Gabriel si voltò, rivolgendosi ad
Aziraphale per la seconda volta da quando avevano iniziato.
«Prego?» chiese, confuso.
L'angelo ebbe almeno la decenza di
mostrarsi intimorito di fronte al suo cipiglio. «È stato lui a dare
il via alla congiura?»
«A quanto sappiamo, sì» rispose atono, più per dovere che per reale necessità: non era
quello l'argomento del meeting: perché
Aziraphale continuava ad accumulare un intervento più infruttuoso
dell'altro? Inoltre, a chi mai potevano interessare le gesta
demoniache di un insulso diavolo dell'Inferno?
La risposta gli fu presto chiarificata
dall'espressione dura di Aziraphale: sembrava quasi aver preso la
notizia sul personale e quello semplicemente non aveva senso.
Il Paradiso non aveva avuto alcun interesse nelle parti coinvolte
nella congiura, né tanto meno in Bruto. Che si fosse affezionato a
Cesare? Forse il Principato era stato davvero troppo tempo sulla
Terra e il contatto con gli umani lo stava rendendo molto meno
angelico del previsto.
Ma quello non spiegava lo scandalo nel
suo tono: perché sorprendersi tanto di fronte ad una tentazione come
un'altra? Insomma, era per quello che esistevano quelli come Crawly.
Crawly.
Gabriel assottigliò le palpebre:
Aziraphale era stato sorpreso dall'autore della tentazione.
Perché?
«Qualche problema?» domandò, cauto.
«Oh no, no» disse l'altro,
schiarendosi la gola con un'irritante goffaggine. «Crawly è un
tremendo avversario! Deplorevole, astuto avversario. Non
sapevo che... ecco... che fosse stato coinvolto nella congiura...»
Perché mai avresti dovuto saperlo?,
pensò l'Arcangelo, ma si guardò bene dal dirlo. Ripiegò su una
risposta classica: sorrise e inarcò le sopracciglia, invitandolo
implicitamente a continuare il suo discorso, ben consapevole che non
sarebbe mai accaduto. Aziraphale si zittì immediatamente e tornò a
guardare la pergamena sul piedistallo.
«In ogni caso,» riprese Gabriel,
guardando gli altri, «sono certissimo che saprete cavarvela da soli»
Michael fu la prima ad annuire con
decisione, seguita a ruota da Uriel e Sandalphon. Aziraphale fu
l'ultimo a fare un cenno di assenso.
«Per ora è tutto» concluse
l'Arcangelo, avviando la riunione alla chiusura. «Ci aggiorneremo
nei prossimi giorni». Si raddrizzò e fece cenno agli angeli di
alzarsi a loro volta. Lanciò un ultimo sguardo a Sandalphon e annuì
compiaciuto. La luce nel buio era davvero un'ottima immagine: con un
po' di fortuna l'avrebbero resa un'allegoria.
-
Chi mai avrebbe potuto rifiutare il
Figlio di Dio? Gabriel se l'era chiesto nel momento esatto in cui
l'Onnipotente aveva paventato l'ipotesi che non sarebbe stato facile
convincere entrambi gli umani coinvolti ad accettare quel fardello.
Se l'avessero chiesto a lui, l'Arcangelo sarebbe stato felicissimo di
soddisfare il desiderio di Dio.
Suo malgrado, nessuno aveva avuto
l'idea di dirgli delle leggi umane fino a quel giorno, quando
Aziraphale non era tornato in visita al Paradiso per vederlo con
urgenza e comunicargli in tutta fretta che Giuseppe avrebbe potuto
legittimamente accusare la ragazza di essere un'adultera e
ripudiarla.
«Ma non sono nemmeno sposati!» aveva
obiettato Gabriel, allibito più per essere venuto a
conoscenza dei fatti dal Principato e non da Dio che dalla notizia.
«Invece sì!» era stata la replica
accorata dell'altro che aveva preceduto una tediosa e ancora in corso
spiegazione sulle tradizioni umane2.
Quello avrebbe potuto costituire un
problema notevole: Maria aveva già detto il suo sì. Che cosa
avrebbe fatto Dio se fosse stata ripudiata? Avrebbe accettato di far
nascere un bastardo? Avrebbe semplicemente selezionato un altro
utero? Avrebbe aspettato un altro paio di millenni prima di
rilasciare il suo seme sulla Terra? Erano tutte domande a cui Gabriel
non aveva pensato quando aveva preso accordi con Lei e che non aveva
intenzione di farle adesso, non con il Figlio già nel grembo della
ragazza e con i progetti grafici del Grande Giorno già avviati.
«D'accordo, ci penso io» disse
l'Arcangelo quando finalmente fu in grado di inserirsi tra le
informazioni sciorinate da Aziraphale. Lo congedò immediatamente,
ringraziandolo in maniera altrettanto sbrigativa per le preziose
nozioni che gli aveva fornito.
Non aveva molto a cui pensare: doveva
agire in fretta e anticipare qualsiasi decisione drastica da parte
dello sposo. Se Dio l'avesse avvisato prima, si sarebbe recato da lui
subito dopo aver fatto visita a Maria, ma ormai arrotolare il tempo
per rimediare alla svista era impensabile.
Gli bastò concentrarsi un momento per
ritrovarsi sulla soglia dell'abitazione di Giuseppe. Un'altra umile
catapecchia. Troppo umile. Se quelli non fossero stati ordini
di Dio, Gabriel pensò che avrebbe avuto seriamente da ridire di
fronte a un piano così stranamente congegnato. Si chiese per un
attimo quali garanzie di vita avrebbero potuto dare a Gesù due
genitori sociali come loro, ma stabilì di avere qualcosa di più
importante da fare.
«Salve» disse, cordiale,
intrufolandosi in casa di Giuseppe senza attendere il permesso
dell'uomo. In cambio, ricevette uno sguardo a metà tra il sorpreso e
lo scandalizzato.
Aziraphale lo aveva messo al corrente
della possibilità che presentarsi come un Arcangelo non avrebbe
sortito grandi effetti su un uomo maturo e finito come quello che
aveva davanti. Data l'incredulità che leggeva sul volto di Giuseppe,
Gabriel fu obbligato a riconoscere la verità di quell'avvertimento e
pensò di essere in una situazione alquanto problematica: la Fede
andava bene, sapeva quanto fosse devoto quell'uomo, ma rimaneva pur
sempre diffidente nei suoi confronti.
Gabriel, tuttavia, non aveva tempo per
la reticenza di un falegname: doveva trovare una soluzione in fretta,
doveva capire le intenzioni di quell'uomo nei riguardi di Maria e
doveva aggirare il fatto che il consorte non si sarebbe mai confidato
con un perfetto sconosciuto come lui. Sospirò sconfortato, ben
conscio di dover mettere in pratica l'unica alternativa che gli si
stesse presentando alla mente. Non amava farlo, ma ancora meno amava
essere rimproverato dall'Onnipotente.
Con un ultimo profondo respiro si
decise: ampliò la mente fino a raggiungere la coscienza di Giuseppe
e la trovò tutta aggrovigliata intorno al presunto adulterio di
Maria. C'era qualcosa di strano, però: da come Aziraphale gli aveva
presentato la questione, Giuseppe avrebbe dovuto essere semplicemente
furioso, ferito nell'orgoglio e nell'anima di fronte a un presunto
tradimento della moglie. Eppure, nonostante non le avesse
propriamente creduto riguardo alla storia di Dio, quell'uomo non era
arrabbiato. Dispiaciuto, forse, ma non arrabbiato. Non voleva nemmeno
ripudiare Maria in pubblico: stava soppesando l'idea di fare tutto in
segreto per arrecare il minor danno possibile alla giovane ragazza.
Gabriel si concesse di rilasciare un
sospiro di sollievo mentre abbandonava le stratificazioni della mente
di Giuseppe3. Prima o poi l'avrebbe fatta pagare a
quell'idiota di Aziraphale per lo spavento a cui l'aveva sottoposto.
L'aveva fatto preoccupare per niente: l'Arcangelo aveva trovato più
speranza del previsto e aveva ancora una miriade di possibilità per
convincere Giuseppe ad accettare quel bambino senza alcun timore di
contravvenire alla legge. Quel Principato era diventato davvero
troppo emotivo per i suoi gusti4.
«So quello che stai passando»
annunciò finalmente, accennando un sorriso di comprensione. Giuseppe
aggrottò la fronte, ma continuò a non fiatare. «So della
gravidanza di Maria, tua moglie»
Il falegname ebbe solo il tempo di
aprire la bocca prima che Gabriel riprendesse a parlare.
«Non sono stato io!» disse, infatti,
ridacchiando alla battuta. «Non avrei potuto». Giuseppe non si unì
all'ilarità dell'altro e indurì lo sguardo. «Comunque,
io sono Gabriel, l'Arcangelo che le ha portato la lieta novella»
Qualcosa nell'espressione del padrone
di casa mutò. Il dubbio era rimasto, ma ora era mescolato ad un
sacro stupore. Gabriel pensò che sarebbe stato più facile
convincerlo se si fosse presentato avvolto in un fascio di luce o
preceduto da un fulmine. Con Maria, pensò amaramente, era stato tutto più semplice.
«Ascoltami, figlio di Davide5»
ricominciò, conciliante: nominare la stirpe, forse, avrebbe potuto
sortire un qualche effetto calmante. «Non devi aver paura di
concludere il matrimonio. Quel bambino è figlio di Dio. Dico
sul serio!». Perché avrebbe dovuto mentire su una cosa del genere?
Perché qualcuno avrebbe dovuto considerarlo un bugiardo? «È
intervenuta Lei personalmente. Sai, lo Spirito Santo...»
Il volto di Giuseppe era un miscuglio
di emozioni assurde, tanto che Gabriel temette che non avesse
compreso nemmeno una singola parola di quelle che aveva detto.
«È la profezia» disse alla fine, ben
consapevole che, se quell'ultima constatazione non fosse risultata
vincente, avrebbe dovuto chiedere udienza all'Altissima per risolvere
la questione con metodi più drastici. «La vergine che dà alla luce
un figlio...» recitò più o meno a memoria una vecchia cantilena.
«Emmanuele, Dio-con-noi6... No? Non ti dice
niente?»
Da come Giuseppe trattenne il respiro e
si portò una mano sul petto, Gabriel capì che le sue affermazioni
gli dicevano ben più di qualcosa. Sorrise bonario, trionfante.
«Ah! Bene, bene. Tutto risolto,
immagino. Huh?»
Il falegname non rispose a parole, ma
le lacrime agli angoli degli occhi e il respiro appena affannato
contribuirono a dare all'Arcangelo un'idea più che positiva di
quanto tutto fosse andato per il meglio.
Si fregò le mani tra loro e annuì,
compiaciuto del colpo di genio che aveva appena avuto. «Sii
orgoglioso, Giuseppe! Questo bambino salverà il mondo, un giorno».
Fece una pausa prima di riprendere: «Dovrai chiamarlo Gesù. Ho già
informato tua moglie, ma so bene che la scelta del nome spetta
al padre». Doveva riconoscere che Aziraphale, nonostante
l'agitazione immotivata con cui l'aveva interpellato, era riuscito a
fornire un quadro piuttosto corretto delle usanze umane. Evitò di
sottolineare quanto non fosse libera quella scelta, ma immaginava che
il buon vecchio uomo davanti a sé avrebbe capito da solo.
«Bene» ripeté, guardandosi intorno.
«Ti vedo scosso: forse è meglio che riposi un po', che ne dici?»
Non attese risposte da Giuseppe: con un
gesto garbato, ma che non ammetteva repliche, lo condusse al suo
giaciglio e lo invitò a stendersi.
«Quando ti sveglierai, ricorderai
tutto come un sogno, un bellissimo sogno» assicurò Gabriel
passandogli una mano sulla fronte: quello avrebbe cancellato ogni
traccia di dubbio dalla mente del falegname.
«Auguri!» concluse prima di imboccare
l'uscita senza dire altro: Giuseppe già non lo ascoltava più7.
-
Raramente Dio era tanto chiara –
Gabriel ormai era venuto a patti con quell'aspetto della sua
Creatrice –, ma quella volta aveva proprio fatto un'eccezione: suo
figlio doveva venire al mondo, niente discussioni. Questo
implicava che anche l'Inferno non avrebbe dovuto interferire in alcun
modo con quel Piano.
A rigor di logica, Gabriel si era detto
che persino Satana avrebbe capito il Disegno Divino e li avrebbe
lasciati in pace, ma via via che i preparativi procedevano e le
riunioni si susseguivano, l'Arcangelo era giunto alla conclusione di
non poter rischiare e di dover parlare con qualcuno da Laggiù per
essere certo delle mosse dell'Opposizione.
Quando aveva preso questa decisione,
tuttavia, non si era aspettato di vedere arrivare in mezzo al
deserto un diavolo minore, un idiota in piena regola,
uno scagnozzo qualunque utile solo a compilare moduli incartapecoriti
nei recessi degli uffici infernali, che era esattamente quello
che aveva davanti.
«Chiedo scusa: tu saresti...?»
domandò, le palpebre assottigliate in un consapevole moto di
disgusto.
«Il messaggero che hai chiesto di
vedere» sorrise il demone, mostrando una chiostra bianchissima di
denti che contrastava con la pelle bruna. Gabriel ricordava involucri
decisamente peggiori per i diavoli.
«Immaginavo che ci fosse stato un
errore» ribatté, mostrandosi più comprensivo. «Non ho chiesto un
messaggero: ho chiesto di parlare con Satana»
«Oh. No, non è possibile» disse il
demone, appena intimorito. «Satana non si fa scomodare dalle schiere
angeliche»
Gabriel si costrinse a prendere un
respiro profondo e a ricacciare indietro la risposta aspra che gli
era venuta in mente. Si limitò a serrare i pugni dietro le pieghe
della tunica e a inclinare la testa di lato.
«Vedi, raggio di sole, è Dio
che lo vuole» spiegò, calcolatore, con estrema ovvietà: se quella
era la situazione, doveva davvero benedire il momento in cui si era
convinto di dover specificare ai Caduti cosa stesse succedendo ai
Piani Alti. «Ho bisogno di parlare con un'autorità, non con... con
te, con un messaggero»
«Satana non è disponibile»
L'Arcangelo gonfiò il petto, le iridi
viola che scagliavano lampi: doveva venirne a capo in qualche modo,
quella faccenda non poteva essere lasciata al buonsenso dell'Inferno,
a quanto pareva. «Il Lord, allora»
Il diavolo annuì e si insabbiò così
in fretta che Gabriel temette di essere stato appena preso per il
naso da quel piccolo insolente. Fu quasi sorpreso, dunque, quando
vide la terra riaprirsi a poca distanza da sé. Fu ancora più
stupito nel sentire un inconfondibile ronzio di mosche.
«Lord Beelzebub» salutò, accennando
un sorriso di cortesia che non venne ricambiato.
«Datti una mossa.
Non zziamo ai tuoi ordini» disse il Lord con tono
strascicato. Gabriel si ricordò che era quando aveva a che fare con
gli abitanti dell'Inferno che rivalutava la compagnia esageratamente
gioviale di Aziraphale.
«Avremmo fatto molto prima se il tuo
capo si fosse presentato subito» ribatté l'Arcangelo senza
scomporsi e avendo cura di mantenere il sorriso ben stampato sulla
faccia. «Non ha imparato niente dagli errori del passato»
Con suo sommo dispiacere, Lord
Beelzebub non accolse la provocazione. «Sei zzolo un
Arcangelo: Satana non zzi presenta per gente come te»
spiegò con semplicità, godendo evidentemente nel pronunciare quelle
parole. «Nemmeno io, se è
per questo, ma vizzto che hai insizztito tanto... Che
vuoi?»
Gabriel decise coscienziosamente di
ignorare gli insulti: la missione che doveva compiere era molto più
importante di rendere conto a Beelzebub dei suoi meriti.
«Non io» disse, serio, per poi alzare
gli occhi al cielo. «Lei»
«Che vuole?» riformulò allora il
demone. Qualcosa nell'immutato sguardo del Lord fece capire a Gabriel
che nominare Dio al diavolo messaggero avesse sortito l'effetto
sperato.
«Suo figlio deve nascere»
iniziò l'Arcangelo, spiegando poi più o meno nel dettaglio il
Piano. Specificò di non avere nessun tipo di programma definitivo,
che i preparativi erano in fieri e avanzò persino l'ipotesi
di mantenere un contatto serrato nei mesi seguenti in modo da essere
certi che qualsivoglia pianificazione infernale non entrasse in
contrasto con la nascita di Yehoshua.
«Non potete esimervi dal rispettare
queste indicazioni» concluse perentorio. «Immagino che comprendi»
Lord Beelzebub ovviamente comprendeva
l'ineluttabilità del Disegno. «Perché ora?»
«È il Grande Piano»
Il Lord rilasciò un sospiro scocciato.
Gabriel non si era aspettato niente di diverso: gli ordini di Dio
erano indiscutibili tanto per il Paradiso quanto per l'Inferno.
C'erano cose a cui nemmeno Satana poteva dire di no.
Vi siete ribellati per niente,
pensò, ma non lo disse ad alta voce: l'interlocutore aveva mostrato
fin troppa collaborazione e non era il caso di rischiare adesso una
reazione devastante.
«Bene, perfetto» disse, invece,
lisciandosi le pieghe della tunica. Dal canto suo, Beelzebub si
limitò a squadrarlo con aria di sufficienza prima di raddrizzarsi
sulla testa il turbante pieno di mosche.
«Abbiamo finito?» chiese lamentosƏ.
Gabriel represse un moto irritato: così
piccolƏ, così bassƏ, così infimƏ, eppure così
insolente. Cadere non li aveva cambiati neanche un po'.
L'Arcangelo, tuttavia, giudicò ancora
una volta insensato mostrare il proprio disappunto di fronte al Lord.
Si apprestò dunque a chiudere ufficialmente l'incontro con una
stretta di mano, ma all'ultimo ci ripensò, colto da un quesito
improvviso.
«Ancora una cosa» disse, incassando
senza battere ciglio l'occhiata di puro tedio di Beelzebub. «Tieni
sotto controllo il demone Crawly»
Il Lord aggrottò la fronte e batté le
palpebre rapidamente, come se stesse cercando di ricordare qualcosa.
«Il demone Crawzly? Che ha fatto?»
Gabriel fece una smorfia. «Niente che
interferisca con l'arrivo del Figlio di Dio, per ora» garantì. «Ma
questo non significa che non possa fare danni in futuro»
Per la prima volta da quando era
arrivatƏ, Lord Beelzebub mostrò un'emozione diversa dalla noia: era risentitƏ. «Non zzono un coglione, Gabriel!» sbottò.
«Ti dico che per quezzta volta faremo come vuole Lei e cozzì
sarà. Che c'entra Crawzly? Non è lui che decide»
La domanda era più che legittima. A
ben pensarci, nemmeno Gabriel sapeva esattamente perché gli fosse
tornato in mente. Era un sospetto. O, meglio, una sensazione:
l'Arcangelo sentiva che qualcosa che non andava riguardo a
quel demone e che c'era di mezzo Aziraphale, ma non sapeva
spiegarselo. Giudicava semplicemente impossibile che in quattromila
anni di permanenza sulla Terra i due non si fossero mai incontrati:
dai resoconti del Principato risultava paradossalmente più assidua
la frequentazione tra Gabriel e Beelzebub.
L'Arcangelo non voleva insinuare che
Aziraphale gli nascondesse deliberatamente qualcosa, ma come rendere
partecipe il Lord infernale di quei pensieri senza risultare
accusatorio nei confronti della sua stessa fazione? Colpire Crawly
andava bene, era un nemico, ma Aziraphale, per quanto irritante,
rimaneva un angelo come lui. Sarebbe stato giusto tradirlo senza
nemmeno l'ombra di una prova concreta di qualche attività illecita?
Non c'era nemmeno bisogno di porre la domanda: doveva risolvere quel
problema da solo, con i suoi mezzi.
Gabriel scosse il capo ed esibì un
sorriso di scuse. «Ma certo che non decide lui, hai ragione»
«Abbiamo finito?» ripeté il demone,
quasi meccanicamente.
«Sì. Ti ringrazio per il tuo tempo»
disse l'Arcangelo, infondendo nella frase tutta l'ironia di cui era
capace. Tese il braccio affinché il Lord stringesse la sua mano, ma
l'unica reazione che ottenne fu una smorfia schifata.
«Fottiti. Tu e tutti i tuoi amichetti»
cantilenò Beelzebub prima di venir risucchiatƏ dalla sabbia.
-
L'Arcangelo si era preoccupato di
convocare almeno una riunione ogni sette giorni per analizzare i
progressi fatti nel campo figurativo con l'organizzazione del cielo
in quella fatidica serata. L'idea della stella era stata accolta con
piacevole clamore da tutta la squadra e nessuno si era tirato
indietro dal dare il proprio contributo all'operazione. Le
discussioni sul tipo di stella da costruire avevano tenuto occupato
il team per diversi mesi:
da quella rappresentazione dipendeva un simbolo e tutti si erano
dimostrati concordi nel dichiarare di non poter ammettere
nell'immagine divina ogni tipo di ammasso di gas. Alcune proposte
vennero rapidamente giudicate troppo insignificanti per il Figlio di
Dio, altre, invece, eccessive e rischiose per l'incolumità non solo
del bambino, ma anche di una buona porzione della Terra. Eppure, nonostante le linee generali fossero ben definite, le pergamene
ricolme di grafici e proiezioni della volta celeste che Gabriel
passava al vaglio, pur non essendo sgradevoli, non riuscivano mai a
toccare le vette della perfezione a cui sperava di arrivare.
«Servirebbe qualcosa di più elegante»
aveva suggerito in chiusura di una riunione. «Di più... alla
moda, di più accattivante, che lasci gli esseri umani senza
fiato... Capite cosa voglio dire?»
Sette giorni dopo, seduto al tavolo
della Sala Conferenze, Gabriel seppe di essere stato capito: Michael
aveva presentato una cometa, ne aveva illustrato il progetto, il
viaggio, i tempi di realizzazione, l'estetica, lo scopo. Snella,
fugace e affascinante: quelle le parole chiave della relazione
dell'Arcangelo. Gli umani, aveva sostenuto, sarebbero stati in grado
di intenderla esattamente per quello che era, cioè un segno divino,
un annuncio, una conferma, un miracolo.
Il discorso era stato così convincente
e appassionato che, quando Michael ebbe finito di parlare, Gabriel fu
fiero di essere l'iniziatore di un meritatissimo applauso tutto per
lei. Si alzò e le andò incontro per stringerle le mani sulle
spalle.
«Perfetto!» la elogiò, invitando i
presenti con un gesto ad intensificare il battito di mani. Attese che
tutto tornasse tranquillo prima di riprendere. «Useremo questa
splendida idea per guidare il popolo dal bambino. Potete cominciare
anche da oggi a costruirla!»
Gabriel li osservò mentre si
apprestavano all'uscita.
«Aziraphale?» chiamò quando nella
stanza rimasero solo loro due. «Una parola, per favore»
L'angelo gli si avvicinò con
un'espressione così timorosa che Gabriel in un primo momento se ne
compiacque, ma la soddisfazione fu presto sostituita dalla pena:
faticava sempre a riconoscere in lui il Guardiano del Cancello Est
del muro di cinta dell'Eden. Così impaurito, così codardo...
Avrebbe potuto essere un leone, come lui. Superbo, guerriero,
valoroso, nobile. Ma no: Aziraphale aveva scelto l'agnello, aveva
preferito la mitezza e la sottomissione e Gabriel non se ne
capacitava. Chi mai avrebbe preferito quel destino di fronte alla
possibilità di essere migliore?
C'era davvero da chiedersi perché Dio
lo tenesse in considerazione per operazioni così delicate.
«C'è qualche problema?» chiese
titubante il Principato mentre si portava le mani in grembo e un
guizzo nervoso gli animava gli occhi.
«No, al contrario» disse Gabriel, non
potendo fare a meno di domandarsi perché ogni santa volta che
parlavano faccia a faccia Aziraphale sospettasse l'esistenza di
problemi. «L'Onnipotente ha un compito per te»
Il volto dell'angelo si illuminò
all'improvviso di stupore e meraviglia. «Davvero?»
Gabriel annuì. «Mi ha parlato e mi ha
fornito più dettagli del Piano. È arrivato il tuo momento!»
Aziraphale sorrise, sinceramente grato.
«Oh, è un grande onore per me»
«Lo è, lo è» confermò l'Arcangelo
mentre faceva apparire una mappa della Giudea su una pergamena
altrimenti intonsa e la consegnava all'altro. «Come sai, suo Figlio
nascerà a Betlemme, non a Nazareth». Evitò di specificare che
l'Onnipotente gli aveva gentilmente ricordato che a Betlemme era nato
anche re Davide e che il luogo era fortemente simbolico. Gabriel,
comunque, continuava a credere che a Roma avrebbero fatto una figura
più imponente, e ora che aveva avviato l'assemblaggio di una cometa
ne era sempre più convinto. «Il tuo compito è quello di trovare un
motivo valido perché possano affrontare il viaggio»
«Oh» esalò Aziraphale, già
industrioso. «Che ne dici di un censimento8? Potrebbe
essere una soluzione adeguata?»
L'Arcangelo lo guardò con tanto
d'occhi. «Perché non suggerire loro una vacanza?»
Aziraphale alzò le sopracciglia e
deglutì rumorosamente. «Be', lei è incinta» sorrise, imbarazzato.
«I rischi per sé e per il bambino aumentano con un viaggio a dorso
di mulo e... non si muoverebbe da Nazareth senza una motivazione...
seria. Un obbligo istituzionale per il marito, invece,
potrebbe far cambiare loro idea»
Gabriel aveva perso il filo del
discorso dall'ovvietà sulla gravidanza della ragazza: Eva non aveva
avuto tutti quei problemi alla cacciata dall'Eden. Si limitò
comunque ad annuire e a stringersi nelle spalle. «Tutto quello che
credi necessario» concesse, dubbioso ma consapevole che se fossero
insorte complicazioni, Dio si sarebbe fatta di nuovo viva per
rimediare.
Il Principato esibì un sorriso tirato
e chinò lievemente il capo in segno di commiato, ma Gabriel lo
trattenne con una mano aperta.
«C'è un'altra cosa di cui ti dovrai
occupare». Aziraphale tornò a guardarlo con estrema serietà, in
attesa di delucidazioni. Gabriel congiunse le dita sotto al mento
prima di proseguire. «Dovrai fare in modo che suo Figlio nasca in un
posto umile, semplice»
«Un albergo fatiscente?»
L'arcangelo sbuffò. «No, quelli
saranno tutti pieni»
«Davvero? Come fai a saperlo già?»
Oh, Cielo.
«Perché te ne occuperai tu»
disse, incredulo, sottolineando l'ultima parole con un indice
appuntato sulla spalla di Aziraphale. «Sono sicuro che farai un
ottimo lavoro»
Gabriel doveva ammettere di condividere
lo sconvolgimento che traspariva sul volto dell'angelo. Sapevano di
già che Gesù sarebbe nato povero, ma quando Dio gli aveva fatto
sapere che non sarebbe nato nemmeno in un posto consono Gabriel non
aveva potuto che confermare l'idea che si era già fatto in partenza:
sua Madre non aveva intenzione di rendergli la vita facile.
«Ma-» iniziò l'altro, perplesso.
«Quella povera creatura... La notte è fredda, sarà tremendo!
Nemmeno nel più brutto degli alberghi?»
Gabriel scosse il capo.
«Perché devo farlo io?» piagnucolò
allora il Principato, la voce più alta del normale, e per un attimo
l'Arcangelo rimase interdetto. Lo fissò, sfidandolo a continuare,
chiedendosi cosa avrebbe potuto dire di più. Aziraphale avrebbe
osato contravvenire agli ordini di Dio? Avrebbe osato
mettere in dubbio quel suo Disegno? Si sarebbe rifiutato di
eseguire un comando diretto? Il buonsenso diceva a Gabriel che no,
l'angelo, l'agnello che aveva di fronte non avrebbe mai fatto
una cosa del genere, ma quella domanda di per sé era già risultata
eccessiva alle sue orecchie.
Vuole diventare un leone nel più
stupido dei modi?, pensò l'Arcangelo, incerto sui suoi stessi
desideri. Avrebbe voluto vederlo riluttante ad accettare il proprio
posto e il proprio dovere?
Per un lungo momento Gabriel sperò
irrazionalmente di ricevere quel diniego pericoloso e quando nulla di
tutto ciò accadde si sentì deluso. Il Principato si limitò a
tacere, a ricomporsi e a chinare il capo, mansueto come sempre: si
era accorto di quello che aveva detto e aveva fatto un passo
indietro, compiacente. L'Arcangelo fu imprudentemente tentato di
indagare e di scoprire se l'avesse fatto per umiltà o furbizia, ma
decise che non ne valesse la pena: se avesse voluto, l'altro avrebbe
potuto mentirgli.
«È il tuo palcoscenico, Aziraphale»
si sforzò di dire suonando neutrale. «Dovresti essere orgoglioso di
aver ricevuto questo incarico»
L'angelo annuì rapido. «Lo sono. Ti
ringrazio. La ringrazio. Farò il possibile»
«Bene. Buon lavoro, allora»
Quando Aziraphale lasciò la Sala,
Gabriel si sentì libero di rilasciare un sospiro a lungo trattenuto.
-
Su una cosa il Principato aveva avuto
pienamente ragione: la notte era fredda. Per quanto l'involucro umano
di Gabriel non rappresentasse un vero impedimento alla sua essenza,
l'Arcangelo cominciava a soffrire il clima rigido della serata. Di
sicuro il fatto che fosse rimasto fuori dalla mangiatoia che
Aziraphale aveva allestito per la famiglia influiva sulla sua attuale
temperatura corporea, ma non poteva farsi vedere dai coniugi per
l'ennesima volta, soprattutto non in quel momento: se l'avessero
cacciato via o se gli avessero aizzato contro il maledettissimo
asino che non aveva smesso di ragliare nemmeno per un attimo, avrebbe
capito.
Partorirai con dolore,
considerò Gabriel soffiandosi sulle mani per riscaldarsi, era
stato uno dei comandi divini più riusciti, a giudicare dalle urla di
Maria in travaglio. Del vagito di un neonato, invece, ancora non
v'era traccia. Appoggiò stancamente la testa contro il muro di
pietra, reprimendo a fatica un brivido e l'impulso di intervenire con
un miracolo per chiudere in fretta quella faccenda. La serata era
ancora ricca di impegni, ma senza l'avvenuto parto Gabriel aveva
semplicemente le mani legate. Immaginava che il Figlio di Dio avesse
tutto il diritto di farsi attendere quanto voleva, ma così stava
esagerando. Quella, agli occhi dell'Arcangelo, stava diventando una
ripicca: Gesù stava facendo scontare a tutti la facilità con cui
era stato infilato nell'utero di una vergine e nessuno poteva farci
niente. Dovevano solo continuare ad aspettare.
I sensi di Gabriel erano rimasti vigili
per tutto il tempo e tuttora l'angelo non accennava ad abbassare la
guardia: Beelzebub era statƏ chiarƏ, non avrebbe interferito con la
venuta del bambino ed era statƏ di parola, ma il timore che Satana
potesse aver preso il tutto come un grande scherzo del Paradiso lo
aveva incupito e preoccupato. Inoltre, se qualcuno si fosse
presentato dall'Inferno proprio in quel momento, Gabriel avrebbe potuto anche ingannare
l'attesa scambiando quattro chiacchiere velenose.
Invece era tutto estremamente perfetto: ognuno aveva fatto il proprio
dovere e l'Arcangelo non aveva davvero nulla di cui lamentarsi. Se
solo Maria avesse spinto con più convinzione...!
Ma Gabriel dovette attendere un'altra
ora intera prima di distinguere nettamente il disperato grido di un
bambino appena nato. Allargò le braccia al cielo e guardò in alto.
«Grazie a Dio» disse e probabilmente aveva avuto ragione: in Lei
avrebbe perso la pazienza molto prima.
Non si curò di controllare le
condizioni di salute del piccolo e della madre, certo che, arrivati a
questo punto, l'Altissima non avrebbe permesso a nessuno di loro di
morire malamente per le complicazioni del parto: ora doveva
diffondere la notizia. Spiegò le bianche ali e si alzò in volo
pattugliando la zona alla ricerca di un qualunque capannello di
persone. Era notte: quante probabilità aveva di incontrare della
gente? Preferì non pensarci e continuare a svolazzare con gli occhi
bene aperti.
Non ebbe idea di quanto tempo fosse
passato quando, finalmente, riuscì ad adocchiare del
movimento sotto di sé. Planò subito, mettendo a fuoco mano a mano
che perdeva quota: pastori! Per la seconda volta in una notte fu
lieto di avere Dio dalla sua parte.
«Salve!» salutò, atterrando in un
turbinio di piume. Le pecore intorno belarono così forte da
sovrastare lo stupore dei pastori – si disse che prima o poi
avrebbe capito perché tutti fossero così spaventati di fronte alla
visione di un angelo. Purtroppo per loro, tuttavia, non aveva il
tempo di spiegarsi: emanò un fascio di luce intensa che ammutolì i
presenti, animali compresi.
«Vengo in pace!» assicurò, cercando
di apparire molto meno seccato di quanto in realtà fosse. «Sono qui
per darvi una bella notizia: è nato Cristo il Salvatore a
Betlemme!». Si era aspettato quantomeno un verso stupito, non il
silenzio più attonito che avesse mai sentito. Inclinò appena la
testa, incapace di comprensione: perché non erano tutti come Maria?
Che cosa doveva fare per risultare credibile agli occhi degli umani?
Minacciarli?
Ma sai che...?
Schioccò le dita e i pastori dovettero
coprirsi gli occhi per la luce più intensa che avessero mai visto.
Parte della meraviglia, però, era sicuramente dovuta anche
all'esercito celeste che ora torreggiava su Gabriel e intonava un
Gloria. Il Generale aveva accennato che sarebbe stato a sua
completa disposizione per quella notte se si fosse dimostrato
necessario, ma di certo Gabriel non si era aspettato tutta
quell'organizzazione artistica dal Dipartimento Militare del
Paradiso. Sorrise loro e fece un occhiolino al Generale: un vero
talento, non c'era che dire.
Si voltò di nuovo verso i pastori,
attoniti e rapiti dalla visione, tanto che dovette agitare una mano
davanti al loro viso per richiamare a sé l'attenzione. «Quello che
stiamo cercando di dirvi è che è nato Gesù Cristo, Figlio di Dio.
È nato per voi, letteralmente! Per il popolo». Ancora nessuna
reazione. «Bene, d'accordo: se non credete a me – quello
era semplicemente assurdo –, c'è un bambino in una mangiatoia. È
lui»
«Dobbiamo andare a vederlo?» chiese
alla fine uno dei popolani. La domanda di per sé era stupida, ma
Gabriel rilasciò un sospiro di sollievo: non erano sordomuti.
«Sì!» esclamò, lieto che
avessero cominciato a ragionare. «Perché mai sarei venuto a
dirvelo, altrimenti?» chiese, retorico, allibito.
I pastori si scambiarono uno sguardo di
pacata comprensione e annuirono.
L'Arcangelo si protese verso di loro a
stringere le spalle dei più vicini a mo' di incoraggiamento. «Su,
forza! Andate, non perdete tempo!»
Gli uomini, seppur frastornati,
eseguirono: radunarono le loro cose, richiamarono le pecore e, armati
di bastone, studiarono il cielo per indirizzare il loro cammino verso
Betlemme. Si erano già messi in marcia quando Gabriel, la mandritta
a coppa intorno alla bocca, urlò loro: «Avvertite chiunque
incontriate sulla strada! Tutti devono saperlo!». Quello
avrebbe fatto riposare il Paradiso per almeno qualche giorno.
Tornò a guardare il Generale
dell'esercito e la divisione che si era presentata nel suo splendore
scintillante. «Complimenti, ottima trovata» si congratulò,
battendo le mani e incitando i guerrieri a fare altrettanto: se
l'erano meritato9.
-
Michael non aveva avuto alcun problema
a posticipare l'esecuzione della cometa, nonostante il promemoria le
fosse arrivato a pochi giorni dalla nascita del bambino. Si era
dimostrata molto comprensiva nei riguardi degli ordini di Dio e aveva
accettato di buon grado di renderla il segno divino che avrebbe
guidato i Magi dall'Oriente e con loro il resto del popolo che avesse
desiderato rendere omaggio al Figlio di Dio nei giorni successivi.
Quando in Paradiso avevano saputo che
il Piano avrebbe coinvolto personalità umane così importanti, la
gioia era esplosa e qualche angelo si era azzardato a speculare sui
possibili significati politici della vicenda: la possibilità che la
venuta di Cristo non fosse solo per il popolino ma anche per gli
umani più influenti della Terra aveva acquistato un certo consenso
tra le creature eteree. Gabriel non si era lasciato trascinare da
quelle fantasie, ma il pensiero che gli angeli credessero che la sua
squadra si fosse distinta nella creazione di qualcosa di così
grandioso per l'umanità l'aveva gratificato non poco.
Sull'onda dell'euforia, molti avevano
insistito per darsi ai festeggiamenti subito dopo la nascita del
futuro Salvatore, ma l'Arcangelo si era opposto: l'arrivo dei Magi,
da come Dio glielo aveva presentato, sarebbe stato foriero di
problemi e Gabriel non aveva faticato a capirlo da sé. Quei tre
idioti se ne andavano in giro a cercare il re della stirpe
di Davide! Non c'era da stupirsi che Erode fosse alquanto
alterato dalla piega che gli eventi avevano preso. Non che il
Paradiso fosse stato propriamente discreto a riguardo, ma almeno non
aveva cercato di spodestare legalmente tutti i re della Terra in
favore del Figlio di Dio.
L'Arcangelo aveva spedito Sandalphon e
Uriel a risolvere la questione e aveva proposto che avrebbero fatto
festa dopo il loro ritorno se le notizie si fossero rivelate
positive.
La loro entrata trionfale era prevista
per quella sera e Gabriel non aveva voluto che fosse eccessivamente
pubblica. Aveva radunato Michael e Aziraphale nella Sala Conferenze e
aveva chiesto segretezza ad entrambi, anche a costo di far attendere
il coro per tutta la notte.
Senza dire una parola, aveva cominciato
a misurare la stanza ad ampi passi e aveva continuato fino a quando
il cuoio dei sandali non era diventato troppo scomodo per i suoi
piedi. A quel punto si era seduto, impaziente, e aveva preso a
fissare nella memoria ogni singolo particolare del locale, cercando
di distrarsi il più possibile dall'attesa snervante e fallendo
miseramente.
Quando i due angeli, finalmente, si
materializzarono all'interno della Sala, Gabriel si alzò in piedi di
scatto, andando loro incontro e studiandoli sommariamente. Sembravano
sereni: era buon segno.
«Ebbene?» incalzò, curandosi poco di
nascondere la trepidazione. «È andato tutto secondo i piani?»
«Ogni cosa» confermò Uriel con
soddisfazione. «I Magi sono stati avvisati: non torneranno dal re»
«E il bambino?»
«Salvo» si intromise Sandalphon, le
mani dietro la schiena in una posa orgogliosa. «È già in viaggio
verso l'Egitto con la famiglia»10
Gabriel si protese in avanti per
abbracciare entrambi: sapeva che Dio non avrebbe lasciato morire suo
Figlio, almeno non appena nato, ma sentire l'esito favorevole della
missione dai suoi angeli fu davvero un toccasana.
«Possiamo finalmente celebrare»
decretò, invitando tutti con un cenno del capo ad uscire dalla Sala.
«Gloria a Dio e a suo Figlio!»
esclamò una volta uscito, le braccia allargate in un simbolico
abbraccio di gruppo.
Il coro angelico attese che tutti
ebbero preso posto prima di cominciare la sua performance.
L'Arcangelo non smise di sorridere per tutta la durata del concerto:
aveva nell'anima la consapevolezza di essere stato coinvolto nella
genesi di una nuova era. Si chiese quanto tempo avrebbero impiegato
gli esseri umani per capirlo a loro volta, ma era sicuro che prima o
poi sarebbe accaduto e che non l'avrebbero deluso.
«Innalzeranno monumenti» garantì
prima di ingollare una tartina di manna. «Gli umani sono così...
così...»
«Materiali» suggerì Sandalphon.
Gabriel gliene fu pienamente
riconoscente. «Materiali, esatto. E le arti figurative! Uno splendore». Cercò di scambiare un'occhiata
complice con tutti, ma si ritrovò suo malgrado a incrociare lo
sguardo sconcertato di Aziraphale.
«Non è contrario a una vecchia legge
di...?» disse, facendo un cenno con il capo verso l'alto.
«Oh, hai ragione» concesse Gabriel
con una smorfia che durò molto poco. «Ma non è detto che
l'Altissima non cambi idea! Chi può dirlo adesso?»
«Giusto» annuì il Principato con
aria incerta, ma l'Arcangelo decise di farselo bastare per quella
notte. A Gabriel sarebbe davvero piaciuto vedere il proprio ruolo
riconosciuto in un affresco, in un bassorilievo o in una statua. Una
degna gratificazione per tutto quello che aveva fatto in quei nove
mesi di lunga attesa. Confidava che gli umani l'avrebbero stupito,
con o senza il diretto permesso di Dio.
«Ad un nuovo mondo!» disse, alzando
il proprio calice di acqua santa. Gli angeli lo imitarono e in tutto
il Paradiso risuonò una tintinnante nota argentea che sfumò con una
calma imperturbabile, come a suggellare il brindisi con un'angelica
melodia.
Quando l'Arcangelo smise di bere lasciò
vagare le iridi viola sulla folla con fierezza ed ebbe un'altra
improvvisa certezza: non si sentiva così felice dalla Cacciata dei
Ribelli.
Note:
[1]: Questa è stata una mia precisa
scelta di linguaggio che
voglio motivare brevemente. Ho voluto lasciare la parola meeting – sia qui che più avanti – per due motivi principali: l'ho scritta subito e non
ho cambiato mai questo incipit (di solito lo prendo per un buon
segno); nell'opera originale, nel 4004 a.C. Crowley dice “that went down like a lead balloon”, che non solo è un'espressione altamente
metaforica che di fatto dovrebbe risultare incomprensibile per mancanza di esperienza, ma è anche attestata
per la prima volta solo nel 1924 e deve aspettare il secondo
dopoguerra per affermarsi nel linguaggio comune. Meeting, in
confronto, è una parola normalissima per il PoV di un arcangelo.
[2]: Il matrimonio all'epoca era diviso
in due cerimonie distinte: la prima era una sorta di fidanzamento
ufficiale che aveva valenza legale anche se la sposa continuava a
vivere in casa dei genitori. La seconda fase, invece, iniziava con la
convivenza dei due coniugi. Giuseppe e Maria al momento
dell'annunciazione sono nella prima fase: vivono separatamente, ma
sono già sposati, motivo per cui Giuseppe può ripudiare quella che
è a tutti gli effetti sua moglie.
[3]: Pur non essendomi ispirata
consapevolmente a loro, sono sicura che il concetto di ampliare la
mente per toccare un'altra coscienza sia influenzato da Eragon
e da Harry Potter, letture
che ho fatto più volte e a cui mi sento debitrice per questo
particolare.
[4]: Aziraphale ha, invece, tutte
le ragioni del mondo per essere preoccupato per le sorti di Maria –
e del nascituro. Gabriel non conosce le consuetudini umane e non sa come rapportarsi a
loro senza essere totalmente fuori luogo. Il punto di
svolta qui è Giuseppe. Il Vangelo secondo Matteo ce lo descrive come
un uomo giusto e questo ha due significati: è giusto perché segue
la legge ed è giusto anche in senso cristiano, cioè è buono e
misericordioso. Da qui deriva il suo comportamento: deve ripudiare
Maria perché è quello che gli comanda la legge, ma allo stesso
tempo preferisce non incidere troppo sulla vita della ragazza perché
è un buono. Maria sarebbe stata comunque un'emarginata dopo un atto del
genere, anche se segreto, ma la condanna sociale sarebbe stata
inferiore.
[5]: Questo è importantissimo, ma non
per calmare Giuseppe, come suggerisce Gabriel qui: è importante che
Gesù venga riconosciuto giuridicamente come figlio di un discendente
di Davide, il re di Israele, per segnare la continuità tra il
Vecchio e il Nuovo Testamento e per far avverare la profezia del
Messia.
[6]: “Ecco,
la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato
il nome di Emmanuele, che
significa Dio
con noi” (Isaia,
7,14).
[7]:
Tutta la scena è un'indebita rivisitazione dell'annunciazione a
Giuseppe narrata in Matteo 1,18-25.
[8]:
Purtroppo, le datazioni storiche non combaciano con la narrazione
biblica, in particolare quella di Luca, unico evangelista che parla
di questo censimento. Probabilmente è quello del 6 d.C., anno che
vede già la Giudea sotto il completo controllo romano. Dal momento
che siamo in un universo narrativo in cui non solo Gesù è esistito
come figura storica, ma è anche certamente il figlio di Dio, e in
cui la creazione della Terra solo nel 4004 a.C. è un dato di fatto,
far nascere Cristo prima o dopo Cristo, come vuole
invece la ricostruzione storica, non ha senso. Per esigenze di trama
e di coerenza mi attengo alla Bibbia, ma segnalo comunque che questo
è un errore storico, che nell'anno 0 non c'è stato nessun
censimento e che Giuseppe all'epoca non era nemmeno un cittadino
romano e non aveva motivo per andare a Betlemme per un censimento
voluto da Augusto.
[9]: La scena dei pastori è una
rivisitazione di Luca 2,1-20.
[10]: Rivisitazione e sinossi di Matteo
2,1-15.
Angolino di Menade Danzante:
Non ho alcuna giustificazione per aver
scritto questa storia. Stria93 ha involontariamente fornito
questo prompt (davvero, non ha responsabilità alcuna) e purtroppo io
ho colto la palla al balzo.
In questa occasione molto più che in
altre voglio precisare di non aver avuto mai, nemmeno per un secondo,
l'intento di ridicolizzare la Fede cristiana, quella ebraica, i
personaggi della Bibbia o gli eventi in essa narrati. Il punto di
riferimento è sempre Good Omens, un'opera di fantasia che di
certo non è oggetto di culto. Nel caso qualcuno di voi si fosse
sentito offeso da questa rivisitazione ignobile della Natività,
chiedo scusa con tutta me stessa.
Scusate le note lunghe e tediose,
ma purtroppo con questi temi non me la sono sentita di lasciare al
caso determinati punti interpretativi che è bene rimangano ben
chiari per chi legge, soprattutto perché il PoV di Gabriel (che spero con tutto li
cuore di aver centrato) è molto lontano dall'esegesi biblica, motivo
per cui ho cercato di essere il più chiara possibile con gli
strumenti a mia disposizione.
Chiudo qui questa storia che mi ha
divertita tantissimo e che spero possa avervi strappato un sorriso.
Ringrazio chiunque abbia letto fin qui e chiunque desideri lasciarmi il proprio parere!
Un bacio,
Menade Danzante
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