idea
A
Wonderful Idea
Lo trovò in poltrona, con il viso
comodamente poggiato sulle proprie nocche, gli occhi chiusi e il
petto che si alzava e abbassava al ritmo regolare del suo respiro.
Crowley ne ebbe incredibile tenerezza: Aziraphale assorto in un
pisolino pomeridiano era uno spettacolo troppo inconsueto perché il
demone fosse in grado di controllare il sorriso spontaneo che gli
compose le labbra.
Si chiese se non
fosse rientrato in
libreria troppo presto e se per caso non si fosse intromesso in un
momento privato, intimo ed esclusivo. Considerò di dileguarsi e
di
lasciare Aziraphale ai suoi sogni, ma non mise in pratica il
proposito: allontanarsi da lui non sembrava rientrare nei suoi
programmi per l'immediato futuro. Continuò ad ammirare l'angelo
e a
sorridere, la testa un poco inclinata di lato. Pensò che, se
fosse
stato cosciente, il Principato l'avrebbe rimproverato, ma Crowley
trovò che al momento fosse più importante sfilarsi il
cappotto e lanciarlo
sulla pila di libri più vicina per essere più libero nei
movimenti: al biasimo di Aziraphale avrebbe pensanto più tardi.
Si avvicinò alla poltrona a piccoli,
cauti passi, senza fare rumore, per guardare l'angelo da vicino.
Condividevano una camera e un letto, ma era raro che Crowley
riuscisse a svegliarsi prima di Aziraphale per poterlo cogliere
immerso in un placido sonno. Si piegò fin quasi a sedersi sui
talloni, fermandosi solo quando avvertì distintamente una giuntura
del suo corpo mortale scricchiolare con uno schiocco secco.
Smise di respirare all'istante e rimase
completamente immobile, scrutando Aziraphale come se da un momento
all'altro avesse potuto sollevare le palpebre e coglierlo in quella
posizione buffa e sofferente. Sarebbe stato alquanto ignobile da
parte sua farsi trovare così, accucciato sul pavimento, una mano sul
bracciolo della poltrona e l'altra lontana dal busto nel vano
tentativo di bilanciarlo. Sarebbe stato più dignitoso un solo veloce
rimprovero.
Il demone fece passare dieci secondi di
assoluta quiete prima di decidersi a muoversi di nuovo. Si stabilizzò
sulle punte dei piedi, cercando di ovviare alla scomodità della
posizione come meglio poté, senza interferire con il corpo di
Aziraphale.
Gli piaceva ammirare l'angelo. Gli
piaceva sempre, ma Crowley aveva scoperto con i millenni che vederlo
impegnato in occupazioni tutte umane aveva un gusto ancora più dolce
del solito. Se erano le sue preferite, poi, il demone non poteva fare
altro che concedersi una pausa da tutto quello che stava facendo per
dedicarsi alla contemplazione più sacra di cui un Rinnegato fosse
capace.
Quasi senza rendersene conto, Crowley
mosse una mano verso il viso di Aziraphale, raggiungendo i capelli
spumosi per arrotolarsi un ricciolo biondo intorno all'indice. Capì
di aver intensificato il proprio sorriso quando avvertì le guance
tirare, ma non se ne preoccupò: l'angelo non poteva vederlo, non
poteva dirgli quanto fosse adorabile e soprattutto non poteva
restituirgli uno sguardo di miele capace di portarlo sull'orlo della
discorporazione. Nonostante i trascorsi, infatti, Crowley si vantava
di avere ancora una certa propensione a preservarsi intatto per
l'avvenire.
Fu quando infastidì un'altra ciocca di
capelli che per poco non fu costretto a ricredersi.
«Mio caro ragazzo, è un po'
rude osservare e toccare qualcuno quando lo si crede
addormentato. Non sei d'accordo?»
«Bastardo!»
Crowley sussultò, incapace di
contenersi, vittima di un incantesimo spezzato e di un simbolico
infarto. Fissò colpevole gli occhi serpentini in quelli cerulei
dell'angelo, cercando disperatamente qualcosa da dire. Delle scuse,
ad esempio.
«Sei sveglio» constatò,
invece, alla fine, valutando solo in quel momento la possibilità di
ritirare la mano dai capelli di Aziraphale. Azzardò a muovere il
pollice in un cerchio delicato e quando l'angelo gli sorrise bonario
stabilì di poter rimanere con le dita intrecciate ai boccoli biondi
ancora un po'.
«Si può sapere che diamine stavi
facendo, allora?»
«Mi gustavo il tuo regalo di Natale»
rivelò Aziraphale, prendendo dal tavolino circolare accanto a sé un
involucro scuro che Crowley riconobbe all'istante: il tubetto di
crema per le mani che aveva accuratamente impacchettato per lui una settimana
prima.
«Ah!» esclamò il demone, sorpreso,
prima di sorridere come un serpente. «L'hai finalmente
trovato! Era ora!»
«Mi dispiace» disse subito l'angelo, afflitto. Crowley si affrettò a scuotere il capo e ad accarezzargli
lievemente la tempia. «Non me lo aspettavo: non ho mai controllato»
«Lo so» assicurò il demone,
spostando il peso da un piede all'altro, un po' impacciato. «Ho
pensato di rendere utile l'albero...» disse, indicando con la testa
nella direzione in cui era collocato il bonsai di abete. «Se no
tanto valeva non addobbarlo, ti pare?»
Il discorso gli era sembrato
incredibilmente logico, ma il sorriso prezioso che ricevette in
cambio gli fece capire di aver fallito con la finta giustificazione.
«È stato un pensiero delizioso, mio
caro»
Crowley prese un respiro profondo,
teatrale, che lo costrinse ad inarcare la schiena e a gonfiare il
petto. Era un demone, non faceva cose carine per definizione, ma non
poteva negare di aver agito come un qualunque altro idiota sentimentale. E
poi aveva perso il conto di quante volte avesse ribadito all'angelo
di non poter fare gesti amorevoli per natura: Aziraphale sapeva
meglio di lui quanto fosse falsa quell'affermazione. Discutere ancora
su quel punto gli parve profondamente insensato.
«Eh già» esalò, scuotendo appena il
capo.
«Vieni qui» disse l'angelo battendo
la mano aperta sulle proprie gambe. «Non sei scomodo lì giù?»
Crowley dovette compiere uno sforzo
enorme per rimettersi in piedi prima di caracollare sulla poltrona in
braccio ad Aziraphale: le sue caviglie nel processo avevano crepitato
così sinistramente da far credere al demone che se fosse rimasto a
terra ancora per qualche minuto, avrebbe dovuto ricorrere a un
miracolo per cambiare posizione. Aziraphale sollevò le sopracciglia,
ma gli riservò l'accortezza di non commentare.
Crowley gli si accoccolò contro,
circondandolo con le braccia sia per mantenere l'equilibrio che per sentirlo più
vicino.
«Allora, ti è piaciuto?» chiese una
volta sistematosi.
«Moltissimo». Aziraphale non aggiunse
altre parole e porse la destra a Crowley perché la esaminasse tra le
sue mani. Il demone la sentì subito morbida al tatto, vagamente
oleosa ma così soffice e nel complesso vellutata che si chiese come
l'avrebbe percepita se l'avesse premuta contro la propria guancia.
Lanciò un'occhiata all'angelo, chiedendogli implicitamente il
permesso di agire. Al breve cenno di assenso che ottenne si portò la
mano al viso e si abbandonò subito al tocco delicato della carezza
di Aziraphale.
Fu allora che l'odore avvolgente di
mandorle gli invase le narici, fornendogli una risposta più che
soddisfacente all'espressione beata con cui aveva sorpreso
l'angelo: il profumo era così intenso ed esile allo stesso tempo che
nessuno, si disse Crowley, soprattutto Aziraphale, avrebbe
potuto resistere alla tentazione di inebriarsene in santa pace.
Inspirò a fondo prima di ruotare
appena il volto e depositare un morbido bacio sul palmo aperto.
«Oh, adesso capisco» disse
l'angelo, la voce colorata da un sorriso sornione. «Questo è un
regalo anche per te»
Touché.
Crowley si riscosse subito, sfoderando
il suo migliore sguardo indignato. «A te piacciono le tue mani!»
esclamò. «È un regalo perfetto per te»
Ma l'angelo ridacchiò. «Certamente.
Questo, tuttavia, non esclude il tuo gradimento: stai già
beneficiando fin troppo della mia crema per le mani, mio caro»
Crowley boccheggiò nella speranza di
riuscire a dire qualcosa di valido per tirarsi fuori d'impaccio, ma
il suo angelo aveva ragione: comprando il tubetto alle mandorle il
demone aveva davvero preventivato il gravoso compito di
ricevere morbide coccole profumate da quelle mani dolci e curate e,
suo malgrado, aveva gioito al solo pensiero.
Offeso da quella sottolineatura
dell'ovvio, Crowley, come se l'arto fosse stato il suo, si portò
nuovamente la mano di Aziraphale contro la guancia e vi si appoggiò
contrito. La messinscena durò al massimo un paio di secondi, il
tempo di sentire le dita dell'angelo muoversi contro la sua pelle in
una carezza lieve.
«Devo riconoscere che ha un odore
piuttosto succulento» disse Aziraphale dopo qualche minuto di
rilassato silenzio. «Appetitoso, quasi. La mangerei volentieri al
posto del dessert»
Crowley rise contro la sua spalla. «Te
l'ho detto, angelo: è perfetta per te». Percepì l'altro scuotere
la testa con rassegnazione. «Ho ragione e lo sai»
Aziraphale si allontanò appena e gli
sollevò il mento quel tanto che bastava perché i loro occhi si
incrociassero. Crowley poté leggere nello sguardo dell'angelo il
desiderio di contraddirlo, ma in capo a qualche secondo fu costretto
a sorridere di fronte all'espressione arrendevole che si ritrovò a
fronteggiare.
«Suppongo che questo sia vero» ammise
alla fine Aziraphale, addolcendo i tratti. «E immagino che tu voglia
sentire un... wahoo per il
tuo intuito. Corretto?»
Crowley emise una risata gutturale
prima di rannicchiarsi ancora più stretto intorno al corpo
dell'angelo e chiudere gli occhi per godere al meglio delle
attenzioni che gli venivano riservate. Quando la mano di Aziraphale
scivolò lieve alla base del suo ciuffo, il demone seppe definitivamente di
aver avuto una delle idee più brillanti di tutta la sua esistenza.
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