Quando
si prende una vita
(AryaxGendry)
Ci sono parti di sé che si perdono, quando si
prende una vita.
È il prezzo che si paga per aver ucciso: via un frammento
d’anima, via un pezzetto di cuore – taglia, recidi, via.
Ogni volta che infilza con
la parte aguzza, ogni
veleno versato è un nuovo squarcio anche in lei, a volte
inferto per necessità, altre per ferina vendetta, altre per
ordine di Jaquen.
È l’equilibrio precario su cui si regge un mondo
in cui i leoni decapitano i lupi, in cui si vince o si muore e non
possono esserci terre di nessuno.
“Esiste
un Unico Dio, e il suo nome è Morte.”
Ci sono parti di sé che si perdono, quando si prende una
vita.
Può essere un sogno a venire reciso, una maschera a
scivolare a terra, un’emozione a dissolversi nel vuoto: devi
dare qualcosa in cambio.
Quello che un assassino impara è come tornare nuovamente un intero pronto
a ghermire un’altra manciata di battiti – e
preparato a spaccarsi ancora e ancora e ancora.
Alla Casa del Bianco e del Nero insegnano come ricucire le fenditure
incise nel proprio spirito, come rattopparle insieme con la cinica
freddezza di chi tiene il conto di ogni uomo morto o ancora da uccidere.
“Joffrey,
Regina Cersei, Walder Frey, Meryn Trant…”
Ci sono parti di sé che si perdono, quando si prende una
vita.
Un bravo assassino sa rammendare le labbra dello strappo ma la stoffa
dilaniata non si può recuperare – ogni volta uno
scampolo in meno.
Forse è un monito per ricordarti chi sei adesso,
forse è la cura per dimenticare chi eri prima.
E allora l’anima si rattrappisce di qui e si altera di
là, in alcuni punti compare un bitorzolo e in altri
l’orlo viene lasciato sbrindellato.
Non è che sia particolarmente brava con ago e filo, lei, era
Sansa a ricevere le lodi compiaciute di septa Mordane.
“I
tuoi punti sono tutti storti, Arya!”
Ci sono parti di sé che si perdono, quando si prende una
vita.
Eppure ogni volta Arya si rialza in piedi, le mani insudiciate di
sangue e l’animo che le va sempre più stretto,
pulisce scrupolosamente Ago e attende il prossimo volto.
Ma cambia sempre più a ogni sospiro che sottrae –
cambia, si adatta, fa la muta.
Si trasfigura in punta di lama nel tempo del lancio di una moneta. Testa
o croce, spada o freccia, viva o morta?
È Arry, una coppiera dei Lannister, Una Ragazza, una
mendicante cieca, Nessuno – Arya Stark di Grande Inverno, di
nuovo.
“Piccola,
vado a nord. Finalmente torno a casa!”
Ci sono cose che non si può più essere, quando si
prende una vita.
Dopo essere stata un lupo tra le pecore, dopo aver cacciato, sbranato,
assaggiato la carne fresca.
Non si può più essere una lady – e
chi lo è mai stata? –,
non si può essere una principessa o un cavaliere che difende
i deboli, una bambina che gioca alla lotta o un’amante.
Non si può tornare ad essere nemmeno Arry, quando pondera la
possibilità di farsi fuorilegge insieme a Gendry o prova a
convincerlo a seguirla a Delta delle Acque.
“E
io non ho mai avuto una famiglia.” “Potrei essere
io la tua famiglia.”
Ci sono cose che non si può più essere, quando si
prende una vita.
Non si può tornare indietro dopo essere salpate su una nave
diretta a levante, dopo aver varcato le gambe dischiuse del Titano e
aver distribuito morte insieme a ostriche e molluschi.
Semplicemente ci sono persone che si smette di essere, pezzi di
sé che sono perduti per sempre – eppure...
Eppure ci sono laghi blu arsi dalle fiamme che le fanno vagheggiare di
essere di nuovo Arry, una servetta, chiunque fosse
la bambina che si accompagnava alla Fratellanza Senza Vessilli.
“Ti
trovo bene, intendo.” “Grazie, anche io.”
Ci sono cose che non si può più essere, quando si
prende una vita.
E cose che Arya non dovrebbe più desiderare: come
riavvolgere il tempo, essere lieve e innocente, perdonare – amare.
Perché è altro ormai,
e forse questo gli altri non
possono capirlo, lui non
può capirlo. E se non può comprendere allora non
può nemmeno amare – amarla.
Sa che ha ucciso – Jon le ha raccontato della spedizione
oltre la Barriera e dell’apprendista fabbro che è
voluto andare con loro – ma una cosa è farlo per
autodifesa, un’altra essere stata membro della cerchia degli
Uomini senza Volto. Una cosa sono i Non Morti, un’altra
l’intera casata Frey – non tutte le morti hanno lo
stesso peso.
E se non sa, se non coglie, allora non può nemmeno guardarla
veramente. Non può amarla.
Ma se riuscisse a vedere… oh, se ci riuscisse!
“Conosco
la morte,” primo centro. “La morte ha molti
volti,” secondo centro. “Sono ansiosa di vedere
questo,” terzo centro.
Ci sono cose che non si può più essere, quando si
prende una vita.
Cose che non dovrebbe desiderare e aneliti che non dovrebbero
infiammarla fin dentro le ossa, perché lei è
stata lupo, è stata Nessuno, è stata Morte.
Ma Gendry annuisce e sorride – ammirato, ammaliato, stupito?
–, annuisce e sorride e viene a cercarla prima della
battaglia. Ha guardato, compreso, accettato – può
amarla, forse.
Può farlo anche lei per una sola notte, l’ultima
prima di danzare sul ciglio che divide vittime e predatori –
silenziosa come un’ombra, leggera come una piuma, veloce come
una vipera.
Domani tornerà impenetrabile e irriducibile, forte come un
orso e feroce come un furetto, metalupo pronto a dilaniare le pecore.
Stanotte può concedersi il lusso di riesumare il vecchio
abito da ragazzino in marcia verso la Barriera, in fuga da Harrenhal.
E Gendry è di nuovo il suo branco.
“Voglio
sapere cosa si prova, prima di andarmene.”
Ci sono brame che possono divampare nella notte e si può
amare per una notte – almeno provarci.
Si possono sciogliere i lacci della camicia e fingere di non essere
un’anima stretta e rappezzata da assassina, finché
il desiderio scivola ustionante tra le loro carni e i gemiti si
infrangono sulle labbra dell’altro.
Poi cala la Lunga Notte e inizia la guardia – si uccide.
E, di nuovo, ci sono cose che non si può più
essere quando si prende una vita, nemmeno a volerlo.
“Ma
io non sono una lady. Non lo sono mai stata: non fa per me.”
NdA
Non
so bene cosa io ci faccia qui a pubblicare sul fandom di Game of
Thrones, mai mi sarei sognata di scrivere qualcosa a riguardo
decisamente ben oltre il mio confortevole angolino di Harry Potter. Ma
ho iniziato a leggere la saga dopo il finale dell’ottava
stagione (urgh!) e i personaggi hanno iniziato ad avere per me una
consistenza vera,
poi ho scoperto la “Challenge
delle sei coppie” di
LadyPalma e niente, frittata fatta (in realtà dovevo
studiare filologia d’autore e cercavo un motivo per non
farlo).
Questa
breve sciocchezzuola partecipa quindi alla challenge come coppia OTP e
non ha niente a che vedere con l’idea iniziale di un finale
felice che mi ero proposta di regalare a Gendry e Arya, e che spero
possa esserci almeno nei libri (?). Bisogna anche dire che non sarebbe
stato molto coerente farlo avvenire nella serie, dato come hanno reso
Arya nelle ultime stagioni. Per cui il mio è un mezzo
tentativo di giustificare il canon della serie e lasciarmi comunque uno
spiraglio di speranza che qualcosa ci
fosse sotto sotto.
Unica
cosa: la terza stagione l’ho vista mezza vita fa, non ricordo
se Arya valuti la possibilità di entrare nella Fratellanza
come Gendry, nel caso prendetela come una piccola licenza. I dialoghi
sono ovviamente tratti dalla serie (tranne quello della septa che la
sgrida per il cucito, ricordo la scena vagamente ma non sono riuscita a
ritrovarla per trascriverla esattamente).
Direi
che è tutto, grazie mille per aver letto fin qui!
A
presto (spero)!
|