Lettere alla solitudine

di ShadeOfCool
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Caro Ettore,

ho aspettato un po’ prima di scrivere questa lettera. Diciamo che prima ho aspettato di svegliarmi, poi ho aspettato di poter utilizzare di nuovo la mia mano destra danneggiata nell’incidente e poi – Dio solo sa perché – ho aspettato degli anni inutili, in cui nulla mi impediva davvero di scrivere.

Il fatto è che ogni volta che provavo a prendere in mano la penna, qualcosa mi diceva che stavo per fare il passo falso più falso di sempre. E ancora non so dire con certezza quale fosse la verità.

Ho saputo che ti sei sposato. Bene, anch’io.

E sono felice di una cosa: io avevo ragione. Quando ti ho detto che ti avrei amato per sempre, forse non sapevo cosa significasse, come non lo so adesso, nonostante io abbia detto un sì che promette di durare per sempre. Ma credo che per sempre significhi questo: davanti all’altare, mentre mia madre piangeva in prima fila e il mio futuro marito mi guardava con occhi teneri, io ho sperato che tu, da qualche parte, stessi bene. Ti ho pensato con qualcuno che non ero io a tenerti la mano, a baciarti il viso, a cantarti canzoni. E te lo giuro sulla grazia che tiene vivo il mio cuore, insieme al dolore che mi devastava il petto, ho provato una strana pace nel saperti felice. Io ti amerò per sempre, amore mio, se per sempre significa “stranamente nei momenti che non ti aspetti”. Non ti ho mai amato quando te lo dicevo. Ti ho amato invece quando più credevo di non doverlo fare.

Ora non temere, sarò sempre tua nella città della nostalgia, di cui io e te siamo re e regina. Lì ci vedo danzare, in un cielo rosa di nuvole chiare, ed è vera la poesia, ed è vera l’eternità.

Ti amo sempre, amore mio. E se non so cosa vuol dire, allora ti amo insensatamente.

Non mi dimenticare,
non mi dimenticare mai,
Clara




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