Rosa Nera

di Aperonzina
(/viewuser.php?uid=1101843)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


La prima cosa che appresi della mia nuova convivenza con Carlo fu che la sua clinica era in città e quindi mi sarei trovata spesso da sola. Ne fui felice, l’idea di trascorrere del tempo con lui non mi faceva impazzire.
Mi aveva dato poche e semplici indicazioni quella mattina, che trovai scritte in un biglietto abbandonato sul tavolo in legno della cucina:
“Tieni tutto in ordine come l’ho lasciato, non fare casino, non uscire di casa, se hai fame prendi quello che vuoi dal frigorifero.”
Sbuffai divertita, non che avessi intenzione di organizzare una festa.
Era già mattina inoltrata e non mi disturbai ad aprire la dispensa, da parecchio tempo svegliarsi era un incubo e obbligami a mangiare qualcosa prima di sera era quasi impossibile.
Non che a nessuno importasse se io morivo di fame o mi abbuffavo dalla mattina alla sera.
 
Il sole era già alto nel cielo e io mi aggiravo incerta per le stazze da giorno, era interessante vedere l’arredamento e poter capire un po’ la personalità di Carlo.
A partire dalla stanza dalle pareti grigie e il materasso rigido in cui avevo dormito quella notte, supposi che non fosse abituato a ricevere ospiti.
Invece la cucina era immacolata, come se nessuno la toccasse da anni, mentre il salotto catturò maggiormente la mia attenzione.
Non che fosse più vissuto, l’intero arredamento sembrava essere stato creato appositamente per quelle mura. Mobili in legno massiccio decoravano la stanza e i sopramobili erano poggiati in maniera ordinata e meticolosa, un leggero filo di polvere li ricopriva.
A differenza delle stanze notturne della casa però, questa almeno era ben illuminata da una grande vetrata che dava al giardino sul retro.
Anch’esso era perfetto e senza un filo d’erba tagliato male, a giudicare dalla perfezione delle siepi, Carlo doveva aver assunto un giardiniere, chissà, magari quella sarebbe stata la mia unica compagnia, avevo sempre legato facilmente con i collaboratori domestici, molto più che con i miei coetanei, almeno.
 
Mi ritrovai davanti alle porte vetrate ad ammirare le seggioline in vimini e il tavolino dello stesso materiale.
Era bello, ma come tutto il resto privo di personalità. Mi percosse un brivido, era come trovarsi in una casa disabitata ma estremamente curata.
Sospirai, rilassando la muscolatura, non c’era traccia di vita in quella casa, ma andava bene così, forse qui mi avrebbero lasciata in pace.
Mi aggirai ancora un po’ nella stanza, ammirando i quadri e poi mi sedetti sulla poltrona. Solo allora mi accorsi che il cuscino sembrava leggermente sformato, forse quello era il posto di Carlo.
Accarezzai per un breve istante il tessuto chiaro dei braccioli, per poi circondarmi le gambe con le braccia e rannicchiarmi su me stessa.
Ero scappata di casa per trovarmi in un posto altrettanto inospitale e ora non c’era davvero più nessuno con me, appoggiai il viso alle ginocchia, i dubbi mi affliggevano, i pensieri si intrecciavano in un vortice infinito e confusionario.
Non faceva freddo, ma a me sembrava di congelare.
 
Note dell'autore: Eccoci con un nuovo e molto breve capitolo, la storia va avanti lentamente, ma presto spero di riuscire ad entrare nel vivo, grazie di essere passati :)




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3881849