Rosa Nera

di Aperonzina
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Il mio primo giorno di scuola fu singolare.
Per ironia della sorte, il ragazzo che qualche mattina prima aveva suonato alla porta di casa, frequentava la stessa scuola a cui Carlo mi aveva iscritta e sotto sua richiesta, era venuto a prendermi quella mattina per accompagnarmici.
Era stata una passeggiata alquanto imbarazzante, i suoi occhi verde chiaro si posavano fin troppo spesso su di me, scrutandomi dalla testa ai piedi, la sua freddezza, completamente celata da un sorriso educato.
Non mi piaceva. Elia, così aveva detto di chiamarsi, era una di quelle persone impeccabili, quella mattina avevo scoperto che aveva due anni in più di me e avevo potuto notare dal suo sguardo la sicurezza che regnava in tutta la sua persona, era un bel ragazzo, a modo e sicuramente molto bravo a scuola. Ad una persona imperfetta come me, tutto questo faceva solo una gran paura.
 
Elia mi salutò appena fuori dalla mia aula «se hai bisogno di qualsiasi cosa, sono al terzo piano, 5°A» era gentile da parte sua, ma volevo evitare un altro incontro con lui, almeno finché non avrebbe dovuto riaccompagnarmi a casa, mi sentivo un po’ come se fosse la mia guardia del corpo e questo incominciava ad irritarmi,
 
Quando feci il mio ingresso in classe, ancora non c’era nessuno, le scuole di Brescia non erano poi tanto diverse da quelle di casa, stessi luoghi putridi e stesse pareti dai colori da ospedale.
Ciò che notai di differente erano sicuramente i compagni di classe, la freddezza che avevo riconosciuto sia in Carlo che in Elia, era chiara anche in praticamente tutte le persone che poco a poco entravano nella stanza.
C’era chi mi lanciava occhiate di sfuggita, chi mi squadrava apertamente e chi mi ignorava semplicemente.
Io restavo seduta in quell’angolo senza guardare in faccia nessuno.
Ero scappata di casa e stavo vivendo con una persona che non conoscevo, sapevo tener testa a Carlo, ma l’angoscia del primo giorno di scuola era sempre la stessa.
Brescia non era un posto rassicurante, quella scuola non era rassicurante, Carlo più di tutti non lo era e proprio mentre sentivo di dover rendere conto a tutti quegli sguardi, salutare o magari presentarmi, uno spiraglio di luce illuminò quell’aula buia.
Due occhi celesti incontrarono i miei, non so esattamente da quanto quella ragazza si trovasse difronte a me, ma mi rivolse un sorriso gentile, non falso o di circostanza come quelli di Elia, era reale, sincero, amichevole «Primo giorno di scuola?» mi rivolse la parola, notando che anche io la stavo guardando.
Sentì i muscoli rilassarsi un po’, ricambiai il sorriso.
 
Note dell’autore: Salve! Scusate se ci ho messo tanto! Visto quanto son corti i capitoli dovrei pubblicare più spesso, ma è davvero difficile lavorarci, soprattutto perché devo essere molto ispirata per scrivere in questo modo, breve e molto introspettivo.
Spero vi sia piaciuto, al prossimo capitolo!
PS: ho fatto una piccola modifica all’ultimo capitolo che avevo pubblicato, non cambia molto, ma come mi è stato consigliato, ho accorciato un po’ la parte iniziale e l’ho resa un po’ più fluida.
 
 
 




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