the dirt of laydust

di beechleaf
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 I quattro agenti salirono le scale che conducevano al piano superiore. 

Butch annusò l'aria, c'era qualcosa di strano nel suo sguardo, un misto di concentrazione e disgusto. Effettivamente l’aria aveva qualcosa di strano, un odore acre, misto al freddo pungente dell’inverno,  permeava la stanza, ma se non fosse stato per Butch, Elmorn non se ne sarebbe mai accorto. Butch si voltò quasi di scatto, cercò lo sguardo di Henry, che annuì in risposta . Il volto di Henry era contratto in uno sguardo spaventato. 

Elmorn si guardò intorno, si trovava in una specie di largo corridoio, pieno di foto alle pareti, che divideva due stanze, una a destra e una sulla sinistra. In fondo al corridoio c’era una finestra aperta, che si affacciava sul giardino. Abrìl, leggera come una piuma, saltellò verso la porta di sinistra, coltello alla mano, e appoggiò l’orecchio alla serratura. Butch fece lo stesso, anche se con passo ben più pesante, avvicinandosi alla porta di destra. Che spettacolo buffo vedere un gigante come Butch e uno scricciolo come Abrìl muoversi all’unisono. Elmorn invece, si guardò intorno: la moquette grigia ormai vecchia e ingiallita era piena di piccoli frammenti di vetro, oltre che sporcata da qualcosa che probabilmente era caduta a terra. Una grossa macchia si intravedeva davanti alla porta di sinistra, posizionata poco dietro a Butch. 

L’agente Henry si chinò un attimo per controllare un grosso pezzo di vetro vicino a lui: 

-So che Swith ha un eccentrico gusto nell’arredamento, ma non sapevo che le schegge di vetro siano un MUST negli arredamenti alla moda. Fate attenzione, non sappiamo questo vetro da dove provenga, evitiamo di tagliarci.- 

Henry prese la spalla di Elmorn con fare quasi paterno, bisbigliando:

disse stizzito Elmorn fissando il viso rabbuiato di Henry, che anche se visibilmente scocciato, non rispose e si limitò ad un cenno con il capo.

Elmorn si accostò a Butch, in posizione dietro alla porta, aspettando il segnale di Henry. L’agente Fitch incominciò con le dita il conto alla rovescia. 

TRE… 

DUE… 

UNO… 

SBAM… . 

Le due porte furono aperte di scatto con tanta foga che Elmorn potè giurare di aver visto il pomello della porta piegarsi per un istante di fronte alla ferrea presa di Butch. Le due porte non erano state chiuse a chiave, “bene” pensò Elmorn “almeno non dovremo recuperare le schegge di legno”.

Un intenso odore di Morte invase le narici di Elmorn, che si coprì il naso con la manica, cercando di non respirare. Elmorn guardò la buia stanza che si parava dinnanzi, era la camera da letto di Swith. Cercò con la mano il glifo-luce della stanza, accese le lampade e gettò uno sguardo d’insieme. Era una stanza particolare, più simile ad un magazzino di mobili dalle fattezze più disparate che una camera vera e propria. L’elemento “atipico” però non era lo sfatto letto a baldacchino di un orribile verde pisello, o gli armadi in ciliegio che poco avevano a che fare con le pareti azzurrine, la cosa “strana” era più che altro la presenza di un cadavere sul pavimento. Il corpo apparteneva indubbiamente all’agente Swith, stessi capelli ricci e baffoni che aveva visto in foto, ma il viso gonfio e la pelle bianca e secca del defunto agente non incoraggiavano di certo ad avvicinarsi per accertarsene. 

Da dietro le sue spalle sentì prima la voce di Abrìl declamare poi i passi affrettati di Henry che cigolavano verso le sue spalle.

Disse Butch, era a disagio, era chiaro che quella situazione non gli piaceva per nulla.

L’agente Fitch però non stava ascoltando, fissava il cadavere con occhi spenti, il suo sguardo guizzava dalla pozza di sangue sul tappeto al volto dell’amico. stava bisbigliando con un filo di voce. 

provò a dire Abrìl avvicinandosi all’agente Fitch.

Disse Abrìlsi fece da parte, lasciando il passaggio per Butch e Henry. Henry seguì passivamente Butch fino al piano di sotto, calpestando per sbaglio delle schegge di bottiglia che erano sul pavimento, Elmorn prese mentalmente memoria della cosa e si girò a fissare Abrìl.

Elmorn fissò il pallido cadavere dell'agente Swith. La ferita sul petto era strana, come se fosse "sporca". Si avvicinò a grandi passi, non poteva resistere, ogni cellula del suo esile corpo voleva indagare. stava per toccare la ferita per studiarlo da vicino quando la minuta mano di Abríl lo prese per la collottola e con forza inaudita lo scaravento di un paio di metri più in dietro. 

La gnoma con si avvicinò cautamente al cadavere,continuando a fissare Elmorn con sguardo torvo. incominciò quindi a studiarne la ferita (con i guanti, e, ovviamente, ben attenta a non lasciar tracce) e, nel mentre, mugugnava, come quando si pensa ad una canzone e la si canta a bocca chiusa e ripeteva ogni cosa che scopriva. Dopo qualche minuto si mise a parlare con voce forzatamente più calma:

disse Elmorn a denti stretti, odiava la sensazione di essere in qualche modo “controllabile”, di prendere ordini.

Abrìl scattò in piedi, aveva gli occhi iniettati di sangue, Elmorn quasi trasalì per l’orrore. 

Quell'ira era un pugno ghiacciato nello stomaco di Elmorn

provò a spiegare Elmorn, quella conversazione lo aveva messo sulla difensiva.

per cortesia smettila di gongolare e renditi utile. Controlla i pezzi di vetro che si trovano vicino alla porta> La gnoma aveva detto “per cortesia” ingoiando un grosso rospo che aveva in gola. La discussione era chiusa.




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