14
ANNI
La
prima volta che me l’avevano presentato avevo quattordici
anni.
Eravamo
ad una festa e il mio migliore amico di allora aveva bevuto un po’
troppo. Il problema non era tanto il fatto che la mattina dopo avrei
dovuto pulire tutta casa perché già sapevo avrebbe
vomitato anche l’anima. No. Il problema era che quando era
sbronzo, quel cretino, aveva la chiacchiera facile e stava dicendo a
tutti quelli che gli capitavano a tiro che ero “dell’altra
sponda”. Gliel’avevo comunicato da poco, qualcosa come
quattro mesi prima, ed era stato bravo a mantenere il segreto ma
quello proprio non gliel’avrei perdonato. Mi sembrava logico
continuare a seguirlo per cercare di limitare i danni ma, forse,
ripensandoci ora, sarebbe stato meglio abbandonarlo a se stesso per
evitare di continuare a fare figure di merda. Dopo l’ennesima
occhiataccia (e non ho ancora capito se fossero rivolte a me che ero
omosessuale o a lui che era sbronzo perso), riuscì ad arrivare
da quello che sembrava il suo obbiettivo iniziale: un ragazzo che
doveva avere la nostra età, con i capelli neri, mossi e lunghi
fino alle spalle, gli occhi grandi e verdi. Sembrava il ritratto
dell’innocenza. La prima cosa che pensai di lui fu “ommioddio!”
e sono sicuro che, se avessi avuto il tempo di continuare a pensare
sarebbe venuto fuori un “che carino!”. Ma. ehy, vi avevo
detto del mio ex migliore amico sbronzo che dicevo a tutti che ero
gay?
CAMERA
N° 237
In
quarta superiore, per la prima volta, siamo andati in gita per una
settimana. Ed io ero finito nella camera 237…
Inquietante, no?*
Io
e quello scricciolo di ragazzo che avevo conosciuto alla festa, che
avevo poi scoperto chiamarsi Francesco proprio come me, eravamo
finiti nella stessa classe al liceo. Dopo circa sei mesi di scuola
sono riuscito a chiedergli un appuntamento e ci eravamo messi
insieme. Dio, uno dei momenti più esilaranti della mia vita…
Ma non è quello ci cui vi volevo parlare. Stavo dicendo della
camera 237,
no? Ecco, per uno scherzo del destino, cioè per il fatto che
nell’elenco fossimo il primo e il secondo maschio, siamo finiti
in camera insieme, nella 237
per l’appunto. Da quando ci eravamo messi insieme, cioè
da quattro anni, un mese e dodici giorni, le volte per dormire
insieme erano state veramente poche e il più delle volte non
eravamo comunque da soli in casa: o i miei o i suoi genitori…
Molte volte, dopo i concerti della band, inventavamo una dormita di
gruppo per poter stare insieme tutta la notte: una tenda al parco
urbano, una camera in un hotel, la casa di un amico… E
facevamo l’amore, l’amore e l’amore.
Il
problema della camera 237
è stato che io e lui avevamo già deciso di fare l’amore
lì ma c’erano ventitré persone che non erano
propriamente d’accordo con noi e che per la maggior parte del
tempo erano sbronze. Il barattolo di lubrificante non era ancora
stato aperto quando siamo tornati a casa…
VIA
CLODIO 67/B
Finito
il liceo ci eravamo iscritti entrambi all’università: io
a scienze della formazione a Cesena, lui a matematica* a Forlì.
All’inizio avevo pensato di andare ad abitare a Cesena, in un
appartamentino e di tornare a Forlì durante i week-end. Avevo
già guardato due o tre appartamenti quando nella cassetta
della posta della casa dove ancora abitavo con i miei genitori avevo
trovato uno di quei giornalini delle agenzie immobiliari. Era molto
spiegazzato ma ancora leggibile così l’ho preso e, una
volta in casa, seduto nel divano l’ho sfogliato. Così,
tanto per… A un certo punto c’era una casa cerchiata
varie volte e c’era scritto, vicino, “adorabile, sono già
andato a vederla, ce la compriamo?”
All’inizio
avevo guardato la scritta un po’ chiedendomi esattamente cosa
volesse dire. Poi mi ero alzato ed ero andato nell’ingresso
dove c’era il telefono.
-Scusami,
cosa intendi con “ce la compriamo?”?- La voce dall’altro
capo del telefono mi rispose entusiasta:
-Hai
trovato il volantino? Non è bella quella casa? Potremmo
andarci a vivere insieme io e te…- L’idea geniale
che
aveva avuto il mio ragazzo mi sorprese. Non era mai stato tipo da
“romanticherie” come “andiamo a convivere, cosa ne
pensi?”. In fondo avevamo solo diciannove anni compiuti da poco
e l’idea che la nostra storia non sarebbe continuata
all’infinito mi era già balenata in testa altre volte…
Cosa gli passava per la mente?
-Amore…
Andiamo a convivere?- Molto probabilmente la mia voce sorpresa e poco
convinta gli fece fare un marcia indietro che gli costò anche
ingoiare gran parte del suo orgoglio:
-Solo
se vuoi, logicamente…-
Il
doversi svegliare ad orari assurdi per prendere il treno e l’arrivare
a casa ad orari improponibili non furono per nulla colpa del fatto
che non sapevo dirgli di no… La casa di Via Clodio 67/b
mi piaceva davvero…
LA
TUANOSTRA
500 NUOVA
Avevamo
litigato come non ci era mai capitato. Io ero tornato a casa dei miei
genitori per dormire. Poi, un giorno, l’avevo visto sotto casa
appoggiato ad una 500
nuova e, soprattutto, rossa. La macchina perfetta, insomma.
Mi
aveva chiesto di venire in casa per parlare. Insomma, quello che
succede di solito dopo aver litigato… Si era seduto sul divano
come l’avevo visto fare tante altre volte poi aveva preso fiato
ma non aveva detto niente. Aveva preso fiato di nuovo e non aveva
detto niente un’altra volta. Così per altre tre volte,
come se ci fosse qualcosa che gli impedisse di parlare. Poi era
caduto, letteralmente, per terra e si era messo a piangere: aveva
fatto l’unica cosa che non mi sarei mai aspetto di vedergli
fare. Doveva aver finito l’orgoglio per quanto ne aveva
ingoiato ultimamente. Avevo pensato di fingere indifferenza ma
vederlo lì, per terra, mentre piangeva, dilaniato da un dolore
interno grande almeno quanto il mio per la nostra momentanea
separazione mi ha fatto capire… Mi ha fatto capire che lui era
l’unica cosa che mi importasse di questa vita mortale (e molto
probabilmente anche di quella immortale), che il nostro futuro era li
davanti a noi, che il nostro futuro era insieme e che non avrei fatto
la cazzata di sbagliare strada. Mi ero avvicinato a lui, mi ero teso
sul pavimento e l’avevo abbracciato. Lui si era stretto a me
come se fossi l’unico punto a cui aggrapparsi per non cadere e
piano piano aveva smesso di piangere e di singhiozzare. L’avevo
guardato negli occhi e in quell’istante avevo capito che anche
lui mi avrebbe seguito per la strada giusta.
Ci
siamo alzati, l’ho preso per mano e siamo saliti in macchina,
per andare a casa, in Via Clodio 67/b. Prima di scendere entrambi
dalla macchina mi ha guardato e mi ha detto:
-Sai…
Avevo comprato la macchina come regalo di riappacificazione ma, a
quanto pare, non mi è servito…-
-Meglio
così, no?-
-Sì,
anche perchè a me il rosso fa cagare e avevano detto in
concessionaria che non me l’avrebbero cambiata…!-
E
scoppiammo a ridere finalmente di nuovo insieme.
√81
MESI PER ORGANIZZARE UN MATRIMONIO E TROVARE IL CORAGGIO DI PROPORSI
Non
so esattamente da dove mi fosse venuta l’idea ma alla suonata
età di ventiquattro anni avevo pensato che forse era ora di
sposarci. L’unione di coppie gay, in Italia, era stata
accettata da circa sei mesi. La chiesa, logicamente, continuava a
fare polemiche su polemiche ma chissenefrega! L’avevo detto a
Luca che avrei voluto come mio testimone e mi aveva appoggiato a
pieno… Insomma erano dieci anni che stavamo insieme e cinque
che convivevamo… Che problema c’era?
Di
nascosto, in pratica, avevamo cominciato ad organizzarlo: la lista
invitati, il vestito per me, il ristorante, le bomboniere e, dopo tre
ore e mezza di gioiellerie, l’anello. Nel frattempo, lui si era
accorto che tutti stavano complottando alle sue spalle così,
in un pacifico sabato sera che stavamo passando insieme sul divano
davanti alla televisione, si decise a farmi la fatidica domanda:
-Cosa
stai combinando ultimamente? Non sono cieco, sai?- Lo guardai,
deglutii due o tre volte a vuoto e decisi che era ora di dirgli
qualcosa:
-Sto
organizzando un matrimonio…-
-Ah,
e di chi?- mi chiese perplesso, anche se dal tono della sua domanda
mi sembrava che avesse già capito qualcosa. Non sapevo cosa
dirgli… Provai con un:
-Amore,
è dieci anni che stiamo insieme… Avevo pensato che…-
Lui mi interruppe con un gesto della mano, mi guardò negli
occhi e aspettò. Capii dopo poco che cosa intendeva. Mi
inginocchiai davanti a lui e ai piedi del divano tirando fuori da una
tasca una scatolina da gioielliere. Presi fiato (e coraggio) e gli
chiesi:
-Francesco
Rossi, vuoi sposarmi?-
Mi
guardò un po’ per farmi stare sulle spine poi prese
l’anello, se lo mise al dito, lo guardò un po’,
come per vedere se gli stava bene, e mi rispose con un sì
prima di baciarmi… E il peggio era andato…!
283
INVITATI (E MEZZO)
In
comune eravamo in undici: io, lui, mia sorella e Luca come miei
testimoni, il nostro batterista e il suo migliore amico come suoi
testimoni, i miei, i suoi genitori e una personcina curiosa. Alla
fine del rito le nostre genitrici* si misero a piangere come nei
migliori copioni e mi era sembrato di vedere anche gli occhi di mio
babbo inumidirsi prima che venisse ad abbracciarmi.
Saliamo
in macchina (io e il mio neo marito sulla nostra Fiat 500 nuova
fiammante, Luca, la simpatica personcina curiosa a.k.a.** la Jade, il
nostro batterista e il migliore amico di Fra Jeyas sulla tre porte di
Luca con un po’ di sano rock a palla e tutti i genitori in una
macchina con i padri che chiacchierano allegramente e le madri che
ancora piangiucchiano…) e arriviamo al ristorante dove ci
aspettano veramente tante persone: i miei e i suoi parenti, la band
al completo con cui dopo suoneremo e che ci toccherà anche
lasciare momentaneamente per almeno il tempo di cinque o sei balli
(ommioddio…), tutti i grandi del centro estivo, i miei e i
suoi amici. 283
persone, me e lui escluso. Anzi, 283
e mezzo
visto che mia sorella ha dietro anche suo figlio, sei mesi compiuti
due giorni fa.
Passano
veloci antipasti, primi, secondi e contorni e siamo arrivati al
fatidico momento della torta. Riusciamo miracolosamente a tagliarla
senza combinare casini, a bere lo champagne incrociando le braccia e
ci baciamo ancora, tutto a favor di foto e tele camere. Tutto questo
con gli smoking (io nero e lui bianco) e fra meno di cinque minuti
dobbiamo suonare con gli Adagio Veloce e questo equivale a doversi
cambiare (e a trovare il mio basso e i suoi strumenti che io ancora
non so dove sono). Ci rifugiamo in un bagno del ristorante e il più
velocemente possibile ci cambiamo e, quando usciamo, troviamo gli
altri componenti degli Adagio Veloce che ci aspettano con il mio
basso e la valigetta di Fra.
Facciamo
gli scongiuri del caso e ci avviamo verso la sala dove dobbiamo
suonare. Abbiamo deciso di fare scegliere al pubblico le canzoni e la
prima spetta alle nostre madri che, per una volta nella loro vita (ci
hanno fatto penare per tre mesi su giallo o azzurro; alla fine si è
deciso verde) sono d’accordo nel scegliere Amore Lasco. I
nostri padri si mettono d’accordo per Lupita e poi è
“pubblico time” come ha detto quello scemo di mio marito…
Il pubblico se ne sta fregando altamente e vorrebbe soltanto che
suonassimo. La nostra fan n°1 pone fine al problema: Ubriaco
canta amore, I matti, Danza d’estate e la Gallinella. Dopo aver
dato il massimo e fatto i cretini come al solito, Fra mi guarda e io
deglutisco a vuoto: è il momento dei balli di coppia…!
Ripongo il più lentamente possibile il mio basso nella sua
custodia mentre lui raccatta tutti gli strumenti. Li portiamo in
macchina e la voglia di prendere su e fuggire è grande ma
guardo l’orologio e mi accorgo che sono già le cinque
quindi massimo mezz’ora poi scappiamo sul serio o perdiamo
l’aereo.
Parzialmente
rincuorati da questa constatazione, rientriamo nel salone dove i 2/3
degli Adagio Veloce stanno suonando musica da lento ma nessuno balla.
Non sarà mica che tocca a noi aprire le danze? Ancora con i
vestiti di scena ci guardiano, ci togliamo i cappelli e partiamo.
Dopo poco, per fortuna, arrivano anche i nostri genitori e altra
gente (noto subito Luca che fa il cretino per convincere Franco, poi
si arrende e trascina suo cugino in pista… non ci sono
speranze!) Un solo ballo e poi ci toccano le suocere, i generi e chi
più ne ha più ne metta. Dopo quello che mi sembra il
millesimo ballo, ritorno a ballare con il mio neo marito che mi
guarda, provato da questa consuetudine delle danze e poi da
un’occhiata al mio orologio. Le cinque e trentacinque. Il più
furtivamente possibile fuggiamo dalla sala senza salutare nessuno,
saliamo in macchina e torniamo verso casa a prendere le valigie e a
lasciare i cellulari: siamo in luna di miele, se ne faranno una
ragione, o almeno spero…
25
MINUTI FA…
Siamo
tornati dalla nostra luna di miele (un tour negli Stati Uniti sulle
tracce del rock all’insegna di relax e sesso sfrenato) due
giorni fa e siamo tornati alla normalità delle nostre vite. E’
sera tardi e mi ritrovo a scrivere alcuni dei momentii salienti del
nostro rapporto… Come in una specie di diario. Venticinque
minuti fa, mio marito è venuto a sedersi a tavola con me e mi
ha chiesto che cosa stavo facendo. Gliel’ho detto e mi ha
guardato un po’ prima di sbirciare il mio lavoro e poi
chiedermi:
-Perché
in tutti i titoli ci sono dei numeri?-Lo guardo un po’ mentre
mi fissa con un’espresione curiosa, nei tratti del suo viso non
c’è più l’innocenza del nostro primo
incontro ma i suoi occhi sono ancora così brillanti…
-Perché
è il collegamento… Sono tutti episodi legati a numeri:
la 500, i 283 invitati…-Mi interrompe con un – e mezzo…
E perché lo stai facendo?-Ed ecco il momento della verità:
volevo farglielo trovare, era una sorpresa per lui, un modo per
dirgli grazie per tutto quello che abbiamo passato in questi quasi
undici anni. Mi sorprende quando lo sento parlare:
-Mi
sa di aver capito… Sei un romanticone, sai? Grazie anche a te
per questi undici anni… Ci stavo pensando proprio ieri, a come
sarebbe stata diversa la mia vita se quel coglione del tuo amico
sbronzo non ci avesse presentato. Quindi dovrei ringraziare anche lui
ma, non potendo, ringrazio solo te…-
Lo
guardo e decido che è ora di chiudere qui questo mio racconto
mentre mi avvicino a lui, lo bacio e, mentre ci avviamo verso la
nostra camera, gli sussurro un –grazie- che lui, per fortuna
sente… Mi stringe un po’ più forte la mano e
chiude la porta della camera matrimoniale…
…(NON
CREDO CHE SARA’ LA) FINE…
NOTE
Mi sembra doveroso
dirvi che i protagonisti di questa storia sono gli stessi di Ubriaco
canta Amore... Dimenticate però quello che è successo
in quella fan fiction perchè, fra l'altro, in dei punti (il
primo incontro, la band...) sono totalmente incompatibili...
*Inquietante
perché la camera 237 quella di Shining, quella dove non si può
entrare…
*Madri
o mamme, per dirla schietta schietta…!
*Vale
a dire vale a dire…
|