Stevash
Passeggiava e lasciava
ondeggiare le ciocche ricce e scure sulle spalle e
la schiena, coperte soltanto da una maglietta nera in cotone. Si
ostinava a non
legare i capelli ribelli e indomabili, nonostante la pressante afa di
agosto
che gli incollava i vestiti alla pelle e gli imperlava la fronte di
piccole
goccioline.
Saul non ci faceva caso,
mentre camminava col cono gelato stretto tra le
dita e un piccolo rivolo di crema che gli colava sul mento.
La strada polverosa, dalla
quale si levava la calura accumulata nel pomeriggio,
pullulava di ragazzi come lui, che giocavano tra loro, si rincorrevano
e si
sbucciavano le ginocchia. Divisi tra il desiderio di apparire grandi e
quello
di lasciarsi andare agli ultimi barlumi dell’infanzia.
Mentre il ragazzino si
portava una ciocca di capelli dietro l’orecchio,
giusto per darsi un tono, il suo sguardo venne attirato da una figura
che non
aveva mai visto prima: si trattava di un ragazzo all’incirca
della sua età, col
volto incorniciato da una cascata di capelli dorati e una maglietta
bianca
addosso.
Non poteva essere
più diverso da lui, eppure Saul avvertì una
scossa non
appena i suoi occhi si posarono sul biondo che si faceva largo per la
via sul
suo skate, schivando qualche persona che gli saettava di fronte.
Distolse lo sguardo e
scosse il capo: forse gli ricordava qualcuno,
chissà. Non era importante.
Allora perché,
quando quel ragazzino ruzzolò a terra con violenza e si
trovò disteso tra la polvere, il cuore di Saul fece un
balzo? Perché un brivido
di terrore gli increspò la pelle, nonostante il caldo? Non
lo conosceva, che
gli interessava se quel biondino era finito a terra?
Eppure nel giro di un
istante si ritrovò lì, accanto a lui, e poco gli
importava che le persone tutt’attorno lo stessero fissando
stranite; gli si
inginocchiò a fianco, col cuore in gola, e sgranò
gli occhi nel notare che un
piccolo rivolo di sangue si era intrecciato alle ciocche chiare dello
sconosciuto.
“Ehi, amico,
va… va tutto bene?” balbettò,
sporgendosi per osservarlo in
viso.
Lui si rigirò
appena, mettendosi supino; gli lanciò un’occhiata
attraverso le palpebre socchiuse e gli rivolse un sorriso – il
sorriso più
bello che Saul avesse mai visto, luminoso come il sole di
agosto.
Il moro si
sentì morire senza sapersi però spiegare quella
sensazione che
stava provando. Era come se qualcosa dentro di lui si fosse spezzato,
come se
una barriera fosse crollata, e non aveva assolutamente senso.
“Occhio con quel
gelato, mi sta sgocciolando addosso” commentò il
biondo
in tono allegro, per poi lasciarsi sfuggire una breve risatina. Fece
leva sui
gomiti e si rimise seduto a fatica, reprimendo un capogiro.
Saul intanto era arrossito
e aveva abbassato lo sguardo sul suo cono
gelato che si scioglieva inesorabilmente e gli colava tra le dita.
Ah, al diavolo.
Scaraventò la
sua merenda a terra e, in preda alla preoccupazione, posò
entrambe le mani sul petto del biondo nel tentativo di farlo nuovamente
sdraiare, ma finendo solo per impiastricciargli anche la maglietta di
gelato.
“Stai giù, non ti alzare, potrebbe essere
pericoloso! Tu stai sanguinando e…
e…”
“Sto
bene” lo interruppe l’altro, intenerito dal suo
balbettare. Gli
prese una mano e gliela strinse. “Piacere, sono
Steven” si presentò con
entusiasmo, aprendosi in un contagioso sorriso – Saul non
poté fare a meno di
notare le fossette che comparvero sulle sue guance paffutelle.
Il moro riuscì
soltanto a biascicare il suo nome, prima che lo sguardo
gli cadesse nuovamente sulla scia di sangue che si stava asciugando
rapidamente
sui capelli di Steven. “Senti, dobbiamo andare al pronto
soccorso, hai preso un
brutto colpo in testa. Ti fa male da qualche altra parte?”
gli domandò in tono
sommesso, stringendogli più forte la mano senza
neanche farci caso.
“No, non mi fa
male per niente” mormorò in tutta risposta Steven;
solo
allora si rese conto del fatto bizzarro che era appena capitato.
Aveva sentito un dolore
atroce quando aveva battuto la testa al suolo,
era rimasto stordito per alcuni istanti e la vista gli si era
appannata, era
sicuro che sarebbe svenuto. Ma da quando Saul si era avvicinato a lui,
quella
sensazione si era attenuata fino a scomparire del tutto, nel momento in
cui le
loro mani si erano strette.
Era come se
avesse scacciato via il suo dolore.
Si morse il labbro mentre
faceva delicatamente ruotare la mano di Saul –
ancora stretta alla sua – fino a scorgere l’interno
del polso. Proprio in quel
lembo di pelle era impresso un piccolo e semplice 13 in inchiostro
rosso.
Il suo cuore perse un
battito mentre tornava a puntare i suoi occhi gonfi
di emozione sul viso di Saul.
Quest’ultimo
piegò appena il capo di lato con aria interrogativa.
“Io ho tredici
anni. E anche tu ne hai tredici, vero?”
Gli occhi scuri di Saul si
sgranarono. “Come fai a sapere che…?”
Ma le parole gli morirono
in gola quando Steven sciolse la stretta delle
loro mani e gli mostrò il suo polso, marchiato dallo stesso
identico 13.
“Siamo… noi siamo anime gemelle, Saul.”
“Stronzate, non
esistono le anime gemelle” sbottò
l’altro, allontanandosi
spaventato. Quella faccenda non gli piaceva, Steven doveva avere una
commozione
cerebrale e probabilmente stava delirando… e poi
perché quelle due piccole
cifre, che aveva sempre portato sulla pelle ed erano sempre state nere,
improvvisamente si erano tinte di rosso?
Ma soprattutto,
come poteva spiegare quella sensazione di completezza e
pace che provava accanto a Steven?
No, questa faccenda non
gli piaceva, decisamente.
Il biondo, vedendolo
così titubante, gli rivolse un sorriso rassicurante.
“Io ci sono nato, con questo tatuaggio. Anche tu,
vero?”
“Smettila, non
ci conosciamo” ribatté Saul in tono duro. La gola
gli si
era seccata all’improvviso.
“Ci siamo sempre
conosciuti. È tutta la vita che ti aspettavo, Saul, e so
che per te è lo stesso. Non credi nelle anime gemelle,
Saul?” proseguì Steven,
sempre più entusiasta. Improvvisamente era così
felice che gli veniva voglia di
piangere, l’incidente di poco prima era già
dimenticato e ora contava solo
l’impulso di stringere quel ragazzo a sé e non
lasciarlo più andare.
Ma Saul scattò
in piedi e gli rivolse un’occhiata glaciale, sperando
che il suo cuore non stesse battendo così forte da giungere
alle orecchie di
Steven. “Vaffanculo, ma che idee ti sei messo in
testa? Quel colpo deve
averti fatto davvero male. Fatti aiutare da qualcun altro!”
Corse via, veloce come
l’adrenalina che gli riempiva le vene. Ciò che
provava, ciò che Steven gli stava dicendo, era troppo
surreale e difficile da
accettare.
Le anime gemelle non
esistevano, punto e basta.
Anche se il suo stomaco si
rivoltava e lo faceva stare sempre peggio,
ogni passo che muoveva lontano da Steven.
Anche se, da quando i suoi
occhi l’avevano intercettato, era come se il
mondo si fosse illuminato.
Anche se la voce di Steven
continuava a rimbombargli nella mente con
insistenza: è scritto nelle nostre anime.
Aveva anche sprecato il
suo gelato per quel pazzo.
Steven non sapeva
spiegarsi perché, ma sapeva che quel giorno lui e Saul
si sarebbero rivisti. Non era una possibilità, non era una
sensazione, ma una certezza.
Semplicemente lo
attendeva, mentre stava sdraiato sull’enorme prato verde
del parco e ascoltava l’allegro vociare attorno a lui.
D’istinto si
portò due dita tra i capelli e si tastò la
cicatrice che
ancora gli segnava la pelle della tempia. Quella ferita aveva smesso di
sanguinare presto ed era guarita in pochissimo tempo, pareva quasi un
miracolo.
Steven sapeva che era
tutto merito di Saul e della sua presenza. Era
stata davvero una fortuna incontrare la sua anima gemella nel momento
in cui ne
aveva più bisogno.
Sospirò e il
suo sguardo si perse nell’azzurro del cielo, mentre la sua
mano sinistra si spostava dalla tempia al suo polso dentro:
tastò coi
polpastrelli quella porzione di pelle che scottava, bruciava, ardeva.
Non
faceva male.
Sapeva di aver spaventato
Saul. Sapeva – anche senza conoscerlo – che
quel ragazzo era troppo razionale e ci avrebbe messo un po’
ad accettare la
cosa, ma l’avrebbe aspettato; non poteva fare
altrimenti.
Per quanto lo riguardava,
non aveva nessun bisogno di fare i conti con la
realtà: lui lo sapeva, se lo sentiva da sempre, era certo di
essere il
predestinato di qualcuno, aveva solo dovuto attendere.
Così come stava
aspettando in quel momento.
Si sdraiò su un
fianco, socchiuse gli occhi e lasciò che i ciuffi
d’erba
gli accarezzassero e rinfrescassero la pelle.
Non si sorprese quando
sentì qualcuno urtare una delle sue scarpe e
inciampare goffamente. Non si sorprese nemmeno quando
spalancò gli occhi e si
ritrovò davanti Saul, che lo scrutava con fare critico e le
sopracciglia
aggrottate.
Lasciò scorrere
lo sguardo sui suoi capelli ricci e selvaggi, sul suo
viso ancora liscio e dai tratti fanciulleschi ma già molto
marcati, sui suoi
occhi scuri e profondi, sulle sue labbra carnose su cui erano rimaste
intrappolate alcune gocce di crema del suo gelato, sul suo corpo esile
e
fasciato da una canottiera e un paio di pantaloni neri, sulle dita
sottili che
stringevano il cono con un’inconsapevole grazia.
Gli sorrise.
“Ehi.”
“Ancora
tu?” sbuffò lui, fingendosi
infastidito.
“Sto bene,
sì, sono guarito perfettamente, grazie per avermelo
chiesto”
scherzò Steven, mettendosi a sedere con lentezza. Lo
invitò a prendere posto
accanto a lui e Saul accettò senza neanche rifletterci.
Perché non ne
aveva alcun bisogno, era così spontaneo stare accanto a
quel ragazzino così dolce e luminoso.
Ci aveva pensato, si era
crucciato per giorni, aveva represso quelle
sensazioni così strane e inedite per lui, si era ripromesso
– invano –
di non pensarci più.
Ma quando aveva realizzato
di essere inciampato proprio su Steven, quando
i loro sguardi si erano incrociati, tutti i buoni propositi erano
crollati
miseramente.
Una parte della sua anima
l’aveva già accettato.
“Te
l’ho detto, Saul: è scritto nelle nostre
anime” mormorò Steven
con un lieve sorriso, poi afferrò il cono dalle sue mani e
assaggiò un po’ di
gelato che colava a un lato.
Saul aggrottò
le sopracciglia. “Quello è il mio
gelato!”
“Si stava
sciogliendo e ho pensato di rimediare, altrimenti l’avresti
finita come l’altra volta” si giustificò
il biondo con un sorriso innocente.
Una goccia di gelato alla fragola gli imbrattò le dita, poi
piovve sulla sua
maglietta chiara.
Saul ridacchiò.
“È una tradizione che ti impiastricci la maglietta
ogni
volta che ci vediamo?”
L’altro diede
alcune lappate prima di rispondere, nella speranza che la
situazione non peggiorasse. “Non lo so, ma è
divertente.”
“Invece il fatto
che io non riesca mai a finire un gelato non è
divertente” replicò il moro, incrociando le
braccia al petto e lanciandogli
un’occhiata indignata – ma non poté
impedire alle sue labbra di incresparsi in
un lieve sorriso.
“Oh, scusami,
hai ragione, questo è tuo! Anche se a dirla tutta
l’altra
volta è stata colpa tua” precisò Steven
con un sorrisetto sghembo, mentre gli
porgeva nuovamente il cono.
Saul si prese qualche
istante per osservarlo: il viso rotondetto e ancora
infantile incorniciato dai capelli mossi, ai quali si erano intrecciati
dei
ciuffi d’erba, lo faceva sembrare quasi una creatura fatata.
Si lasciò rapire
dai suoi occhi chiari e cristallini, dalle guance rosa e piene, dalle
spalle
esili coperte dalla leggera maglietta macchiata di rosa.
Se la sua anima gemella
aveva quell’aspetto così delizioso, allora era
lieto di averne una, se ne sarebbe fatto una ragione.
“Grazie”
soffiò, sfilandogli il gelato dalle dita. Una scintilla
maliziosa gli attraversò gli occhi mentre gettava il cono
sul prato accanto a
sé – ed era già due volte che capitava.
“Ma preferisco assaporarlo in un altro
modo.”
Detto questo,
afferrò la mano sporca di gelato di Steven e gli fece
posare le dita sulle sue labbra, per poi far scorrere la lingua sui
polpastrelli e imprimere nella sua anima quel sapore dolce, di fragola,
di
Steven.
Da quel momento in poi,
furono solo brividi per loro due in quell’estate.
♥
♥ ♥
Prompt 6 dall’elenco
“Prompt vari”, della “Infinity Prompt
Challenge”:
Soulmates!AU dove il tatuaggio
è numerico e indica l'età in cui ci si
incontrerà.
BONUS (facoltativo): mani che si
cercano, dita che
si intrecciano.
Pacchetto
“Terra” per il contest
“Elements”, così composto: Prato,
Sanguinante, Inciampare
Va bene,
diciamo che questa è la mia prima storia Soulmates!AU e
diciamo
anche che sono piuttosto agitata, perché non so se sono
riuscita bene a rendere
quest’universo, non sono molto esperta!
Ma se penso
a due soulmates, mi vengono subito in mente Slash e Steven.
Loro sono due anime gemelle, a prescindere da tutto,
dall’amore, dalla musica,
dall’amicizia; secondo me il loro rapporto è
più forte di tutto, può
sopravvivere anche a un terremoto.
Anche se Slash si è
divertito a distruggere il suo povero soulmate…
ehm…
Mi sono
divertita un sacco a immaginare questi due cucciolini a tredici
anni, precisamente l’età in cui si sono incontrati
anche nella realtà ^^ SONO
TROPPO MORBIDOSI QUESTI DUE A TREDICI ANNI *____*
Basta, mi do
un contegno XD
Chi di voi
conosce la loro storia, sa che l’incidente di Steven
è
accaduto davvero (anche se l’ho leggermente modificato per
riadattarlo al
contesto, ma su per giù è attinente alla
realtà) ed è proprio in
quest’occasione che i due si sono conosciuti!
E anche
nella realtà hanno sicuramente capito dal primo istante di
essere
soulmates… VERO? (Voi, lettori, nel dubbio datemi corda XD)
All’epoca,
tra l’altro, il soprannome di Slash non era ancora nato, per
cui ho deciso di utilizzare il suo vero nome (Saul) nel testo ^^
Per quanto
riguarda il banner, invece, non mi sono basata su
quell’immagine
per scrivere la storia, l’ho cercata dopo aver finito, ma
appena l’ho vista il
mio cervello si è completamente spento e ho deciso che
DOVEVA stare in cima alla
shot *-* (mi scuso per la scritta di gettyimages, ma ehi, almeno ci
sono i
credits XD)
In sintesi,
ammetto che non so cosa ne sia venuto fuori, so solo che
avevo immaginato una storia ancora più leggera di questa, ma
spero comunque di
essere riuscita a trasmettermi quell’atmosfera di estate,
innocenza e
spensieratezza che avevo in mente ^^
Ringrazio
chiunque sia giunto fin qui e spero con tutto il cuore di
scrivere presto e ancora su questi due pandorini (perché
anche Slash qualche
volta riesce a essere dolce) :3
Alla
prossima!!! ♥
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