Il
drappo sospeso del cielo, libero da nubi, era intessuto di stelle,
che inargentavano la superficie del mare, increspata da un lieve
vento.
Decine
di candele, collocate su foglie di loto, simili a piccole
imbarcazioni, galleggiavano sull’acqua e il loro chiarore
dorato si mescolava alla luce argentea delle stelle.
Di
tanto in tanto, nel silenzio cristallino della spiaggia, echeggiava
lo stridulo lamento delle fregate, che, fuggevoli, si gettavano
nell’acqua, per poi riemergere, i becchi contenenti pesci.
Maxi,
seduto sulla sabbia, contemplava le candele, gli occhi blu lucidi di
lacrime e le labbra serrate in una stretta spasmodica. Un anno era
trascorso dal combattimento contro Astaroth.
Il
carnefice dei suoi compagni era stato distrutto e le loro anime erano
libere di andare oltre.
Eppure,
tale consapevolezza non attenuava il suo dolore.
L’assenza
dei suoi compagni dilaniava il suo cuore, come una lama affilata.
Gli
sembrava di essere fermo a quell’orrenda giornata.
– Mi
mancate. – confessò, il tono amaro. Quei ragazzi
condividevano con lui la passione per i viaggi avventurosi e i
divertimenti.
Sulla
loro splendida nave, avevano attraversato gli oceani e visitato le
terre più lontane…
Quei
viaggi gli avevano permesso di comprendere culture ben diverse dalla
sua.
Si
alzò e, calmo, incrociò le braccia sul petto. Quelle
memorie, pur dolci, recavano in sé l’amarezza del
rimpianto e del rimorso.
In
quanto capitano, era suo dovere vigilare sulla sicurezza dei suoi
uomini.
Invece,
li aveva abbandonati ad un destino crudele.
Strinse
le dita sugli avambracci. Se fosse rimasto con loro, avrebbe potuto
mutare il loro crudele destino.
– Non
vi ho meritato. – mormorò, il tono amaro. Kyam, il suo
fratello adottivo, pur dilaniato da orride ferite, era riuscito a
sopravvivere…
Certo,
la sua sorte era segnata, ma, in quel momento, la vita scorreva
ancora nel suo corpo martoriato.
Disperato,
lo aveva stretto tra le braccia. Voleva credere ad una sua salvezza,
ma non ci riusciva.
La
sua mente, implacabile, decisa, gli rimembrava l’atroce realtà
di una futura morte.
Gli
occhi di Kyam, in quei momenti, avevano cercato il suo sguardo e le
sue labbra, livide di morte, si erano sollevate in un tenue sorriso.
– Sei
salvo… – aveva mormorato, il tono percorso dal sollievo.
Il
suo cuore, in quel momento, si era infranto. Kyam avrebbe dovuto
odiarlo…
Eppure,
sembrava gioire della sua presenza…
Le
lacrime fluirono sulle sue guance e i singhiozzi strinsero il suo
petto. Avrebbe preferito uno sguardo colmo di odio…
Ad
un tratto, un lieve tocco scosse Maxi dai suoi pensieri.
Colto
di sorpresa, il giovane pirata sussultò e si girò.
I
suoi occhi, sgomenti, si posarono sull’imponente figura di un
uomo, vestito d’una divisa marinara blu e, al suo fianco,
pendeva una spada dalla lama ricurva.
Una
bandana rossa copriva la parte superiore della sua testa e lunghi e
riccioluti capelli neri cadevano sulle ampie spalle.
Sul
suo viso, dai lineamenti duri, spiccavano gli occhi, dal taglio
allungato, simili a lame d’ossidiana,e le sue labbra sottili,
sormontate da lunghi baffetti neri, erano sollevate in un sorriso
gentile.
I
suoi polsi e le sue caviglie erano legate da catene di acciaio, a cui
erano legate delle sfere di acciaio, poco più grosse di una
anguria.
– Kyam…
Tu? – balbettò il giovane. Non riusciva a credere ai
suoi occhi…
Il
suo fraterno amico era davanti a lui…
Con
un cenno del capo, l’altro annuì e le sue mani, leggere,
si posarono sulle guance del pirata nipponico in una gentile carezza.
Lunghi
brividi scossero il corpo di Maxi. In quei momenti, gli pareva di
sentire il tocco franco del suo amico sulla sua pelle…
E
tale presenza acuiva il suo rimpianto.
– Sì,
capitano. Sono qui per chiederti un grosso favore. – cominciò
l’uomo. Il tempo non aveva lenito il dolore del suo capitano e
fratello giurato.
Il
peso della loro morte gravava sul suo cuore e aveva indebolito, fin
quasi a spegnerla, la viva fiamma ardente della sua anima.
Lo
scintillio dei suoi occhi d’oltremare, un tempo così
vivo, era offuscato dalla tristezza.
E
tale malinconia lo amareggiava.
– Sì…
Qualsiasi cosa, amico mio. – mormorò Maxi, d’impulso.
Kyam,
sentendo quelle parole emise un debole sospiro, ma le sue mani non si
spostarono dal viso dell’amico.
– Capitano,
la mia morte e quella degli altri ragazzi non è stata colpa
tua. Siamo anche contenti della morte di Astaroth. Ma ancora la pace
non ci è concessa e restiamo bloccati in questo mondo. –
cominciò.
– Co…
Cosa intendi? – chiese Maxi, gli occhi fissi nelle iridi
dell’amico.
– Le
tue lacrime appesantiscono le nostre anime e non ci permettono di
passare oltre. Ci incatenano a questa terra. – concluse.
Turbato
da quelle parole, Maxi abbassò la testa e i suoi occhi si
posarono sulle catene, che imprigionavano i polsi e le caviglie
dell’amico.
E
così li ho fatti soffrire…, pensò,
amareggiato. Aveva cercato di andare oltre la sua sofferenza, ma non
ci era riuscito.
Come
una spessa muraglia, il senso di colpa si frapponeva tra lui e la
serenità e tormentava il suo cuore.
Tale
sentimento, però, aveva gravato le anime dei suoi uomini d’una
ulteriore pena, che non meritavano.
Ma
non riusciva a non provare rimorso per l’ingiusto sterminio del
suo equipaggio.
– Capitano,
te lo ripeto ancora: tu non hai nessuna colpa. E’ stata una
lugubre coincidenza del Fato. – decretò l’altro.
Voleva liberare Maxi dal peso immeritato del rimorso.
Desiderava
la felicità del suo fratello giurato.
Loro
erano morti, ma Maxi aveva la possibilità di godere delle
gioie dell’esistenza.
Le
iridi di Maxi si specchiarono nello sguardo dell’amico. Nessuna
ombra oscurava gli occhi neri di Kyam…
Non
lo incolpava per la morte sua e dei suoi compagni!
Ad
un tratto, un senso di leggerezza si impadronì della sua anima
e un empito di commozione invase il suo animo. Quelle parole, prive
di odio, liberavano la sua anima da un crudele senso di colpa…
Loro
lo incoraggiavano a vivere nuove avventure e a godere dell’allegria
della vita.
Il
loro affetto per lui, malgrado la morte, era rimasto immutato.
– Grazie…
Cercherò di vivere anche per voi. – promise, le labbra
sollevate in un sorriso sincero. L’incoraggiamento del suo
amico più caro gli donava la possibilità di una nuova
vita.
Le
catene, con uno scatto metallico, si aprirono e, con un tonfo,
caddero sul terreno.
La
figura di Kyam, lenta, cominciò a dissolversi e il suo braccio
destro si sollevò in un gesto di saluto.
– Addio,
capitano… Quando ci raggiungerai, voglio che tu ci racconti le
tue avventure. Vivi anche per questo. – dichiarò, la
voce allegra.
– Grazie
ancora per tutto, Kyam! Cercherò di essere felice anche per
voi! – promise Maxi
Il
sorriso di Kyam si accentuò e, poco dopo, la sua immagine
scomparve, come un miraggio in un rovente deserto.
Maxi,
per alcuni istanti, rimase immobile e fissò davanti a sé.
Finalmente,
la serenità spirava nel suo cuore.
Calmo,
si girò e spostò lo sguardo sulla superficie del mare.
Un
lieve vento si sollevò, increspando la superficie dell’acqua,
e mosse le candele.
Il
giovane inspirò, poi espirò, godendo dell’aspro
effluvio del mare. Gli sembrava di essere libero da uno stato di
apatia…
I
suoi sensi, prima ottenebrati dalla pena, si erano acuiti, pronti a
cogliere qualsiasi stimolo esterno.
Fissò
lo sguardo sui ceri, che, sfiorati dal vento, si allontanavano verso
occidente, simili ad una flotta, palpitante di luce dorata.
– Arrivederci,
amici miei. – mormorò il giovane.
Osservò
per alcuni istanti il mare, poi girò le spalle e si allontanò
a passo rapido dal porto.
|